Routine, timori (anche legali), inappropriatezza diffusa: la Fondazione Gimbe lancia l’allarme sull’eccesso di esami prima degli interventi chirurgici e pubblica la sintesi italiana delle Linee Guida del Nice
Troppi esami prima degli interventi chirurgici. Non sempre indispensabili, ma prescritti comunque. Per varie ragioni: timori medico-legali ingiustificati, routine professionali consolidate e resistenti al cambiamento, limitata condivisione dei rischi operatori con i pazienti. Un “pezzo” di sanità da tenere sotto osservazione secondo la Fondazione Gimbe, che presenta in Italia la traduzione delle “Linee guida per la richiesta appropriata dei test pre-operatori nella chirurgia elettiva” del britannico National institute for health and care excellence (Nice).
“L’utilizzo routinario – spiega Nino Cartabllotta, presidente della Fondazione Gimbe – di test preoperatori da sottoporre a chirurgia elettiva non incide sulla gestione chirurgica e il riscontro di risultati falsamente positivi genera un ulteriore sovra-utilizzo di prestazioni, quali terapie inappropriate, consulti specialistici ed esami invasivi che possono determinare danni ai pazienti. Inoltre, i conseguenti sprechi non sono dovuti solo all’eccesso di esami, ma anche ai ritardi generati nel processo chirurgico”.
La linee guida del Nice prendono in considerazione lo stato fisico del paziente secondo le classi di rischio Asa(American society of anesthesiologists) e la complessità dell’intervento chirurgico (minore, intermedia, maggiore), forniscono le raccomandazioni per i test diagnostici con un pratico schema che utilizza i colori del semaforo: rosso (non di routine), giallo (raccomandato in casi particolari), verde (sempre raccomandato).
“Il Nice – continua Cartabellotta – raccomanda di includere i risultati di tutti i test pre-operatori effettuati dal medico di famiglia quando si richiede un consulto chirurgico, oltre che considerare tutti i farmaci assunti dal paziente prima di effettuare qualsiasi test pre-operatorio, al fine di evitare inutili duplicazioni di esami, in particolare quelli eseguiti per specifiche comorbidità o terapie assunte dal paziente”.
La Fondazione Gimbe pone l’accento anche sul ruolo delle linee guida nella nuova legge sul rischio clinico (24/2017). L’articolo 5 fa riferimento alla tutela medico-legale del professionista che si attiene a “linee guida elaborate da elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie e, in assenza di queste, da buona pratiche clinico-assistenziali”. Il lavoro del Nice è, per la Fondazione, un esempio da seguire.