EMA-ROMA - Presso l'Azienda Ospedaliera San Filippo Neri
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Archivio Generale

.:: IL PERSONALE DEL SAN FILIPPO NERI HA FESTEGGIATO IL SUO PATRONO ::.
Alle ore 10,00 di martedì 6 giugno 2006 sono stati consegnati i premi messi in palio da EMA.S.F. in occasione della manifestazione svoltasi il 24 maggio 2006, in ricorrenza della festività del San Filippo Neri. I particolari sono descritti nel comunicato allegato.

GIORNATA PROMOZIONALE PER LE DONAZIONI DI SANGUE
Cecchignola, 27 Aprile 2006. L'incontro ha avuto una valenza regionale con le Forze Armate e la loro Sanità Militare e le componenti della sanità regionale: Assessorato alla Sanità, ASL, Strutture Trasfusionali e Associazioni di volontariato del settore. Clicca

 .:: Mercoledì 31 maggio 2006, 1° GIORNATA SU "SICUREZZA E SOLIDARIETA'"

.:: Il Bilancio 2005
Vedi il Bilancio EMA.S.F. 2005

.::: L'ANDAMENTO NEL TEMPO DI ACOSFN :::.

.::: IL PUNTO SU ACOSFN! Al giugno 2006 Clicca

.::: ACOSFN progredisce - Maggio/Luglio 2006
Anche ACOSFN, che associa i donatori dipendenti del San Filippo Neri, procede alla grande. Il grafico allegato, aggiornato al 31 Maggio 2006 lo dimostra. Da notare la buona performance di maggio con ben 15 donazioni che, ad eccezione di una, provengono da ex donatori o divenuti periodici nel tempo. La continua opera di informazione e promozione del movimento pazientemente portata avanti dalla D.ssa Patrizia Magrini, Direttore Sanitario di presidio del SFN, unita all'effetto sortito dall' "Operazione Lotteria" della recente manifestazione in occasione del patrono, hanno sicuramente contribuito al risultato. E visto il successo conseguito, la festa continua. EMA.S.F, infatti, nella persona del Presidente Vincenzo Magalotti, ha accettato la disponibilità a concedere un premio analogo per la stessa occasione, cioè per il 26 maggio 2007.

.::: ACOSFN PROGREDISCE

Le donazioni dei dipendenti del San Filippo Neri proseguono, malgrado il periodo estivo. Il grafico allegato evidenzia l'andamento del mese di settembre.
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.::: IL PUNTO SU ACOSFN
Il grafico mostra la situazione ad Ottobre 2006, durante il quale sono state effettuate ben 10 donazioni. Si tratta di un dato positivo che, inoltre, dimostra la costanza del movimento donatori del SFN. Bene così. Clicca
 
.:: IL PUNTO SU ACOSFN ::.
Il grafico mostra la situazione a novembre 2006. Clicca
 
Situazione donatori dipendenti S. Filippo Neri, aggiornata al 31 agosto 2007.
Il numero dei donatori è sostanzialmente stabile, eguagliando i valori dello scorso anno. Si nota l'assenza di alcuni occasionali compensata da altri "periodici"diventati "attivi"e da nuove "entry", che assicurano vitalità al movimento. Le donazioni, invece, sono in media diminuite rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, provocando l'inevitabile calo dell'indice di donazione. Necessita una operazione di rilancio per mantenere i ritmi incalzanti fin qui registrati.
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La prima serata del donatore - 27 settembre 2006. Clicca.
 

Progetto per la prevenzione di EMOCROMATOSI e PORFIRÌE
Si tratta di malattie, lo avrete certamente intuito da loro nome. Altra cosa, invece, è sapere di cosa si tratta e perché parlarne. L'Emocromatosi, come descritto più avanti, è "la malattia ereditaria più comune nel mondo occidentale" e colpisce dai 20.000 ai 50.000 italiani, mentre i portatori sono compresi tra i 900.000 e il 1.500.000. Le Porfirie, invece, sono ancora meno diffuse, tanto da essere tranquillamente definite tra le "Malattie rare". Ma perché ignorarle, quando le Istituzioni Sanitarie hanno appena messo a punto una azione preventiva di "screening" sulla popolazione del Lazio e quando, soprattutto, si evitano così conseguenze persino letali?
Per questi motivi EMA.S.F. invita i propri donatori e simpatizzanti ad esaminare seriamente l'ipotesi di adesione al Progetto, così come è avvenuto con il "Progetto Cuore", che sta ottenendo un eccellente andamento e così come avverrà in futuro, quando ci verranno proposte operazioni vantaggiose per la nostra salute. Ancora una volta il Centro Trasfusionale dell'Ospedale S.Spirito, con il quale operiamo in stretto contatto, ha assunto un ruolo di centro operativo, ed è sufficiente chiamare il numero telefonico 06/6835.2278 chiedendo della Dott.ssa Carla Gargiulo, per prendere appuntamento. Riportiamo due documenti descrittivi delle patologie nella sezione Progetti: clicca.
 

ISS: diffusi i dati del Registro Sangue 2005 del 10/11/2006
Questi sono i dati elaborati dall'ISS (Istituto Superiore Sanità) e prelevati dal Sito FIDAS, presente nella nostra Home-page, relativi all'andamento nazionale "Sangue" del 2005. L'indice di donazione è ancora fermo all'1,6, anche se c'è stato un piccolo incremento di donatori. La posizione italiana è difforme, denotando, come spesso accade anche nell'economia e nello sviluppo, situazioni positive in certe zone del nord contrapposte a quelle deficitarie di altre regioni del Centro e del Sud. Sardegna e, purtroppo, Lazio, seguite in misura minore da altre, figurano come le Regioni con maggiori problemi. A rendere meno "amara" la situazione di Roma, ha contribuito anche EMA.S.F., almeno dal 2002, anno della sua costituzione. Ad essa, infatti, sono stati riconosciuti ufficialmenti meriti di efficenza che intendiamo intensificare, come lo dimostra la nostra attività, puntualmente evidenziata sul Sito in generale e su "Eventi" in particolare:
1.492.858 donatori totali (1.254.322 donatori periodici e 238.536 nuovi) con un incremento del 2,8% rispetto al 2004; 2.347.000 donazioni di sangue intero (+ 3,2%); 759.056 litri di plasma raccolto (il 26% da plasmaferesi) di cui 718.267 distribuiti (564.000 all'industria e 154.267 per l'uso clinico); 383.399 donazioni in aferesi (+ 2,7%); 75.000 unità di emazia acquistate da altre regioni per soddisfare il fabbisogno nazionale: questi i dati più significativi del Registro Sangue 2005, diffusi ieri mattina dall'Istituto Superiore di Sanità. E', insomma, un quadro in chiaro scuro quello che emerge dalle ultime rilevazioni dell'ISS. Ancora fermo a 1,6 l'indice di donazione, pochi i nuovi donatori che sono tornati a donare nel corso dell'anno (circa 85.000), e troppe le emazia non utilizzate (117.793 di cui 45.000 perché giunte a scadenza). In riduzione la raccolta delle staminali, sia periferiche che cordonali, la cui raccolta è stata rispettivamente di 5240 e 7374 unità (nel 2004 furono 5487 e 12.554). Lazio e Sardegna le regioni con più problemi, ma risultano carenti anche Abruzzo, Sicilia, Basilicata e Marche. Sostanzialmente in equilibrio Calabria, Campania, Molise, Umbria e Puglia. In attivo tutte le altre. Nelle sue considerazioni finali, l'Istituto Superiore di Sanità consiglia gli operatori del settore di chiamare i donatori periodici in base alle esigenze cliniche programmate; di promuovere le donazioni in aferesi in base alle condizioni cliniche del donatore; di ridurre l'uso clinico del plasma (che ha poche indicazioni cogenti, mentre in tutte le altre si potrebbero applicare terapie alternative).

STADIO OLIMPICO - 7 GENNAIO 2007 - Breve cronaca dell'avvenimento
Avrete certamente letto sui giornali e visto in televisione quanto di bello è successo domenica 7 gennaio scorso. Ma ancora più delle immagini e dei commenti, valgono le impressioni di chi, come noi di EMA.S.F. ha vissuto in prima persona, sia in qualità di operatori, che in quella di spettatori.
Si trattava della seconda edizione, essendosi svolta la prima nel 2006, voluta ed organizzata dalla Regione Lazio, con il patrocinio della Società Sportiva Roma Calcio. Ad essa hanno partecipato i Centri Trasfusionale dei principali ospedali romani, con i propri mezzi ed il personale specializzato, formato da medici ed infermieri. Ai vari Centri Trasfusionali sono stati assegnate altrettante postazioni dove sono avvenute le operazioni di contatto dei moltissimi volontari, seguite dai prelievi. Oltre 5.000 persone sedute sugli spalti hanno potuto seguire un allenamento dei giocatori della Roma, seguito da una partitella. Da notare la composizione degli spettatori formata soprattutto da intere famigliole, così come ci ricordano vecchie immagini di repertorio. Ma il dato che più ci riempie di soddisfazione, è dato dal fatto che ben 1.100 prelievi di sangue prelevati da altrettanti donatori, la dicono lunga sull'adesione dimostrata dai tanti partecipanti alla manifestazione. E noi ci auguriamo che questo avvenimento si ripeta negli anni a venire, magari, suggeriamo, con la partecipazione anche della Lazio, tanto per riconfermare il fatto che il volontariato non ha colore.

Il testo che segue è contenuto in un volantino realizzato e distribuito in molte farmacie da "Farmacie Federfarma".
L'argomento è così attuale e ben descritto che la Redazione ha pensato di proporlo ai propri lettori".

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L'ISS, Istituto Superiore di Sanità, ha pubblicato i dati sulla sorveglianza delle malattie infettive trasmissibili con la trasfusione di sangue (09/02/2007). Li proponiamo alla vostra attenzione, non nascondeno la nostra soddisfazione nel constatare che il grado e la qualità di sorveglianza a cui viene sottoposto il settore delle trasfusioni, ha ridotto il pericolo di contaminazioni a livelli davvero rassicuranti. Non resta che augurarci che i continui progressi portino ad una ulteriore diminuzione dei pur validi risultati attuali.

Sono stati pubblicati nell'ultimo notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità i dati relativi alla sorveglianza delle malattie trasmissibili con la trasfusione. Nel 2004 (anno cui si riferisce la rilevazione) come nel biennio precedente, l'infezione più diffusa tra i donatori periodici è stata la Lue, con 6 casi ogni 100 mila donazioni, mentre l'incidenza degli altri marcatori rimane invariata, senza differenze significative negli ultimi anni: 2,1 casi per 100 mila donazioni per l'HIV; 2,1 per l'HBsAg e 2,3 per l'HCV. Dai dati raccolti attraverso le Strutture Trasfusionali è stata calcolata anche la prevalenza delle infezioni da HIV, HBC, HCV e Lue (intesa come rapporto fra le donazioni positive provenienti da donatori al primo screening e il totale delle donazioni provenienti da donatori nuovi, sempre per 100 mila donazioni). In questo caso i dati danno un 16,6 per l'HIV; 214,2 per l'HBsAg; 205,7 per l'HCV e 89,9 per la lue. I fattori di rischio segnalati più frequentemente sono stati: "rapporti sessuali occasionali" (39%); "interventi chirurgici" (25%); "cure odontoiatriche" (12,2%). Le schede pervenute hanno riguardato il 74,9% delle Strutture Trasfusionali e l'83,2% delle unità donate, con una riduzione delle prime di quasi il 10% rispetto al 2003 (84,4%). La sorveglianza delle malattie trasmissibili con la donazione è svolta dall'Istituto Superiore di Sanità dal 1989 e fa parte del più ampio sistema di movigilanza. Il sistema raccoglie le informazioni relative ai donatori risultati positivi ai marcatori delle malattie infettive eseguiti nelle strutture trasfusionali secondo gli obblighi di legge, e ai possibili fattori di rischio che possono aver determinato la positività. La prevalenza e l'incidenza sono le due misure comunemente usate per stimare il rischio di infezioni trasmissibili con la trasfusione e che oggi è considerato molto basso. Maggiori informazioni sul sito: www.iss.it

 

Una Raccolta di Sangue Speciale


Si è svolta Domenica mattina 2 Dicembre presso la Parrocchia Santa Maria del Carmelo, situata in Piazza Beata Vergine del Carmelo in Roma, a cura dell'Associazione EMA-ROMA formata da Donatori Volontari di Sangue e con la partecipazione dei medici ed Infermieri del Centro Trasfusionale dell'I.F.O.
E' stata la nostra prima Raccolta di Sangue in quella bella Parrocchia e, come spesso succede in occasione di ogni "prima" eravamo timorosi, seppure ottimisti, circa l'afflusso di donatori volontari. E invece è stato un successo testimoniato da ben 28 donatori distribuiti nella mattinata. Uomini e donne di ogni età, garbati, sereni, disciplinati e, quello che più conta, coscenti di compiere un gesto di comunione a favore di amici sconosciuti, ma bisognosi di aiuto. Insomma, un vero atto di solidarietà globale. EMA-ROMA e il Centro Trasfusionale dell'I.F.O. ringraziano tutti i donatori, anche quelli che, rammaricati, questa volta non hanno potuto donare, per impedimenti di vario tipo. E ringraziamo i coniugi Elisabetta e Sergio Rubichi, che hanno funzionato da "camera di risonanza" dell'avvenimento, affiggendo locandine nei negozi della zona e divulgando la notizia. Ma un ringraziamento speciale va a Padre Giuseppe, Parroco della Chiesa, che ci ha messo a disposizione strutture capaci e, soprattutto, partecipazione convinta, informando direttamente i parrocchiani, spingendosi, perfino, da vero capo, a dare l'esempio, donando egli stesso. E' stata la prima volta, come abbiamo affermato, e, con l'adesione di Padre Giuseppe e, soprattutto dei suoi parrocchiani, contiamo di fare ancora meglio nelle prossime occasioni, che si susseguiranno nel tempo.
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Assemblea straordinaria - Il verbale


Cliccando su questo link avrete la possibilità di visionare i documenti relativi alla Convocazione dell'Assemblea Straordinaria ed il Verbale della stessa.Convocazione dell'Assemblea Straordinaria ed il Verbale della stessa
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Intervista ad Augusto Battaglia, Assessore alla Sanità della Giunta Regionale del Lazio
A cura de Il Pensiero Scientifico Editore


A che punto siamo con il "piano di rientro" del deficit sanitario della Regione Lazio?
Il cosiddetto "piano di rientro" della Regione Lazio in realtà rappresenta l’accelerazione di un lavoro iniziato da anni. Si tratta di un processo che è all’inizio ma che è decisivo per l’intero Servizio Sanitario Nazionale. Tante strutture sanitarie del Lazio, per dirne una, funzionano al 30 per cento per assistere cittadini di altre Regioni italiane; il Lazio è un punto di riferimento sanitario per l’intero Mediterraneo e abbiamo missioni sanitarie umanitarie nelle più remote regioni del mondo. Ciò non toglie che circa 9 milioni di euro di debiti, 18.000 miliardi di lire, rappresentino un peso drammatico, insostenibile. Se il Governo non si fosse mostrato sensibile al grido di dolore della Regione Lazio, nei prossimi mesi avremmo avuto scadenze per 3,5 milioni di euro, con conseguenze a dir poco catastrofiche. Le risorse e le energie liberate dall’accordo con il Governo non serviranno, però, a continuare a fare quello che la Sanità del Lazio faceva, ma per cambiare decisamente rotta.

Eppure, a fronte di cotanta spesa, non è che gli ospedali laziali siano in forma così strepitosa, come evidenziano i recenti scandali. E anche a livello di assistenza extra-ospedaliera le carenze ci sono, e grosse...
Ci sono circa 3000 posti-letto in più nelle strutture sanitarie della Regione Lazio rispetto alla media stabilita, e questo crea importanti problemi. I processi di cronicizzazione delle patologie modificano l’assistenza sanitaria, e la spingono verso il territorio, fuori dalle mura degli ospedali. Altre Regioni hanno dato vita da tempo a sistemi più moderni, riequilibrando la spesa fino a fare in modo che quasi il 50 per cento di questa venga utilizzato per l’assistenza extra-ospedaliera. E allora sì che ci sono gli hospice, i poliambulatori, l’assistenza domiciliare. Per raggiungere anche noi questo obiettivo, solo entro il 2007 dobbiamo tagliare circa 1000 posti-letto, e lo faremo. Ma non è solo un problema di letti. Abbiamo strutture vecchie anche di centinaia di anni. Strutture fatiscenti e non sempre adattabili alle nuove esigenze dei cittadini (esigenze sacrosante, sottolineo), che vogliono stanze singole e luminose, con tv, aria condizionata e bagno.


A Roma fioccano le polemiche sull’annunciata chiusura di alcuni di questi ospedali "storici", come ad esempio Forlanini e San Giacomo: come risponde alle proteste che arrivano da più parti?
Le polemiche sulla chiusura di alcuni ospedali romani sono del tutto pretestuose: noi non chiudiamo, noi riequilibriamo una situazione inaccettabile. Possibile che nel centro storico di Roma ci siano ben sette, dico sette ospedali, dei quali alcuni enormi, senza contare che a due passi c’è l’ospedale pediatrico Bambino Gesù e a tre passi il complesso S. Camillo/Forlanini/Spallanzani? I romani non abitano più nel centro storico. I romani vivono sulla Tiburtina, la Prenestina, la Nomentana, l’Appia, la Casilina, e hanno diritto a strutture sanitarie moderne ed efficienti vicino a casa loro. E della provincia di Roma ne vogliamo parlare? Vecchi ospedaletti su cocuzzoli isolati e totalmente inadeguati. E poi la rete di assistenza va aggiornata e alla svelta: non è che in tutti gli ospedali si può fare tutto, la Sanità moderna va verso poli di eccellenza di riferimento collegati a una rete territoriale non necessariamente fatta di ospedali, ma anche di strutture ambulatoriali. Stiamo disegnando una rete regionale individuando le eccellenze e modificando di conseguenza i servizi sul territorio.

La Sanità non è fatta solo di strutture, ma anche di persone. Come dovrà cambiare il modo di fare Sanità nel Lazio?
La sfida successiva è razionalizzare l’utilizzo del personale e intervenire con durezza per eliminare alcune storture. Ma le pare possibile che siamo nel 2007, abbiamo tutti il bancomat e quasi tutti il conto bancario o postale on-line e negli ospedali il personale abbia 2 ore mensili di permesso per ritirare lo stipendio? E poi io ho un chiodo fisso: le prestazioni che costituiscono il cuore di un’azienda sanitaria devono essere gestite in tutto e per tutto da quell’azienda. Non è possibile che in una sala operatoria ci siano contemporaneamente il chirurgo assunto a tempo indeterminato, il chirurgo Co.Co.Co., l’infermiera a tempo determinato e l’infermiera mandata da una cooperativa.

Segnali positivi intanto vengono dal calo della spesa farmaceutica...
La spesa farmaceutica della Regione deve calare, ed è già calata vistosamente, anche grazie alla collaborazione dei medici di base. Deve calare anche la spesa per la diagnostica: si fanno decisamente troppe MRI nel Lazio, per esempio. Se riusciamo a portare a termine tutti questi sforzi, prende corpo il progetto di riforma della Sanità regionale che sogniamo da anni, e siamo in grado di fornire ai cittadini servizi sempre migliori. Questa è la sfida e la scommessa per il futuro.

david frati
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16 Gennaio 2008 - una Raccolta di Sangue

Una fase del prelievo


La compilazione del questionario
Al Reparto Volo della Polizia di Stato di Pratica di Mare, è ancora viva l'emozione ed il dolore per la scomparsa del Dott. Giovanni LIGUORI, Dirigente Pilota e di Eliano FALIVENI, Ispettore Capo Pilota, periti in servizio, in occasione di un incidente di volo, le cui cause sono ancora al vaglio di una Commissione appositamente istruita. Ed è a loro che i colleghi del Reparto volo di Pratica di Mare, su proposta degli Ass. Capo Carmelo MANDALARI e Daniele CRISTOFANO dell’ADVPS, hanno dedicato questa giornata di solidarietà.

La Raccolta si è svolta in una Autoemoteca della Regione Lazio, ad opera dei Medici ed Infermieri del Centro Trasfusionale dell’IRCSS IFO - SAN RAFFAELE, coadiuvati dai volontari dell’Associazione Donatori di Sangue EMA-ROMA.

E’ il primo incontro con il Reparto e, grazie all’intervento di ADVPS ve ne saranno altri, il primo dei quali tra 90 giorni c.a. In quella occasione opereremo preventivamente per coinvolgere anche donatori volontari dei Reparti dell’Aeronautica di Pratica di Mare, dai quali abbiamo già ottenuto segnali positivi.
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6 gennaio 2008 - Raccolta di sangue con l'A.S. ROMA

Donatore tifoso in procinto di donare pesso la struttura dell'IFO


INSIEME ALLA ROMA PER DONARE UNA VITA
Così era intitolata la manifestazione promossa dalla A.S. Roma, svoltasi all’Olimpico il sei gennaio 2008, che ha visto la presenza di tutte le Associazioni di volontariato per la Raccolta di Sangue.

E per questo aggiungiamo un bel Grazie Roma, senza con ciò apparire necessariamente tifosi di questa grande squadra, che pure ammiriamo sportivamente. Ed è con piacere che ringraziamo la Società, nella persona del suo Amministratore Delegato, Sig.ra Rosella Sensi, che ha visitato tutti gli stand presenti, nonché i giocatori, che si sono esibiti in campo in una seduta di riscaldamento seguita da una partita, malgrado la pioggia.

L’Associazione EMA-ROMA era presente in ognuno degli stand dei Centri Clinici per i quali si occupa di ricerca e conservazione di donatori di sangue: l’Azienda Ospedaliera San Filippo Neri, l’Ospedale S.Spirito e l’ IRCSS IFO, in aiuto ai medici ed infermieri dei loro Centri Trasfusionali.

Certo la concomitanza con l’Epifania, il primo giorno dei saldi e, soprattutto, l’inclemenza del tempo, hanno contribuito pesantemente a limitare l’afflusso dei visitatori, soprattutto se si raffrontano con quelli della passata edizione. Ma i donatori non sono mancati ed è stato comunque uno spettacolo piacevole e confortante, quello offerto da genitori, nonni e bambini di ogni età, molti dei quali con sciarpe, cappellini e distintivi della Roma, la loro squadra del cuore. Grazie a tutti loro.

E, ovviamente, va ringraziata la Regione Lazio, il cui Assessore alla Sanità, Dott. Augusto Battaglia, ha visitato gli stand, intrattenendosi con i responsabili e presenziando in mattinata, con il Prof. Tartaglione e la Sig.ra Rosella Sensi, ad un incontro con i giornalisti.

E’ una manifestazione che, ci auspichiamo, debba far parte stabile del calendario degli appuntamenti annuali, scegliendo con maggiore attenzione la data più idonea, il cui soggetto, fin quando perdura il problema, sarà ancora costituto dalla "Emergenza sangue".
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Anche l'Unità di Raccolta Sangue dell'Aurelia Hospital è seguita da EMA-ROMA

L'ingresso dell'Aurelia Hospital


L'Aurelia Hospital
L’Aurelia Hospital, gestita dalla Soc. Aurelia ‘80 S.p.A., è sita in Roma, Via Aurelia 860.

Il complesso, posto all’interno di uno spazioso parco adibito a giardino e parcheggio macchine (6 ettari), si articola su due fabbricati comunicanti, di cui uno dedicato interamente all’emergenza, che costituisce la vocazione specifica della struttura.

L’Aurelia Hospital si caratterizza come una struttura per pazienti definiti “acuti”, ma è dotata anche di un reparto di riabilitazione motoria e respiratoria, usato principalmente per il trattamento precoce dei pazienti provenienti dai reparti per “acuti” (in particolare del Dipartimento di Emergenza).

D.E.A. (DIPARTIMENTO DI EMERGENZA)

Premessa
L’Aurelia Hospital è dotata da oltre 25 anni (precisamente dal 1981) di Pronto Soccorso, la cui realizzazione fu allora condizione determinante della convenzione regionale, vista la particolare collocazione della struttura, situata su un importante nodo stradale (Via Aurelia – Raccordo Anulare).
Nel 1996 è entrato in funzione il reparto di Terapia Intensiva e Rianimazione.
Con delibera della Giunta Regionale n.713 del 7.3.2000, la struttura è stata riconosciuta sede di D.E.A.
Nel 2001, l’Aurelia Hospital ha provveduto ad un’ampia riorganizzazione degli spazi e di tutti i servizi, per meglio adeguarsi all’esigenza di assistere malati in gravi e gravissime condizioni e alla costituzione, quindi, di un Dipartimento di assistenza di emergenza unitario, con totale integrazione di tutti i settori dell’emergenza.

Presentazione del D.E.A.

Il D.E.A. insiste su una intera ala esclusiva di 1.550 metri quadrati, articolati su 4 piani, dove sono collocati i settori di Pronto Soccorso, Osservazione Breve, Terapia Subintensiva, Terapia Intensiva e Rianimazione, Terapia Intensiva Cardiologica (U.T.I.C.): l’intero edificio costituisce una “torre tecnologica” ove sono collocate le attrezzature diagnostiche appresso indicate, necessarie a valutare esattamente ed immediatamente le condizioni del paziente d’emergenza.

Tre posti dell’Osservazione Breve sono specificamente dedicati all’assistenza e all’osservazione neurotraumatologica e neuropatologica, essendo dotati, oltre che del rilevamento di tutti i parametri vitali, di elettroencefalografo.

L’utilizzazione del coordinamento e della collaborazione rappresenta l’elemento costante dell’interazione tra le unità operative afferenti al Dipartimento, al fine di migliorare, mediante una totale integrazione, l’utilizzo delle risorse professionali, logistiche e strumentali, allo scopo di stimolare l’elaborazione e l’applicazione di protocolli diagnostici e terapeutici unitari, nonché delle linee guida che riguardano l’insieme delle attività assistenziali e di ricerca.

Eliporto
L’Aurelia Hospital intende rispondere con sempre maggiore efficienza e rapidità alle situazioni di emergenza regionali. A questo scopo, un’apposita area del parco è stata destinata a base di atterraggio per eliambulanze, anche nelle ore notturne.
L’eliporto è stato costruito secondo le indicazioni specifiche del Ministero competente.
E’ anche attivo il servizio di emodinamica 24 ore su 24, per il trattamento dei pazienti con patologie cardiache gravi.

ATTIVITA’ ASSISTENZIALE DI DEGENZA

Attività svolta nei reparti
L’assistenza medico-chirurgica svolta presso l’Aurelia Hospital è la seguente:

Reparto IA:
Unità funzionale di Chirurgia Plastica Ricostruttiva
Unità funzionale di Chirurgia Vascolare
Unità funzionale di Urologia
Unità funzionale di Oculistica
Reparto IB:
Unità funzionale di Medicina Generale
Unità funzionale di Cardiologia
Unità funzionale di Nefrologia
Reparto IIA:
Unità funzionale di Chirurgia Generale
Unità funzionale di Chirurgia Toracica
Unità funzionale di Neurochirurgia
Reparto IIB:
Unità funzionale di Ostetricia e Ginecologia
Unità funzionale di Chirurgia Generale
Unità funzionale di Terapia Intensiva Neonatale
Nido
Reparto IIIA:
Unità funzionale di Riabilitazione
Reparto IIIB:
Unità funzionale di Ortopedia e Traumatologia
Unità funzionale di Riabilitazione
Tutte le camere di degenza sono dotate di servizi igienici privati.

I pazienti possono richiedere l’uso della linea telefonica diretta e dell’apparecchio televisivo.

Le camere singole sono dotate di posto letto per gli eventuali accompagnatori.

Attività svolta nel Dipartimento di Emergenza

Unità di Osservazione Breve
Unità di Terapia Intensiva
Unità di Terapia Subintensiva
Unità di Terapia Intensiva Coronarica
Unità di Terapia Subintensiva Coronarica
Unità di Terapia Intensiva Neonatale

Altri servizi
Servizi di Diagnosi e Cura
Laboratorio Analisi
Diagnostica per immagini (Radiologia, TAC a spirale, Risonanza Magnetica Nucleare di ultima generazione, Angiografia digitale, Ecografia, Ecocolordoppler)
Diagnostica Cardiologica (Holter, Ergometria, Ecocardiografia)
Coronarografia ed Emodinamica
Endoscopia
Litotrissia
Fisiokinesiterapia
Poliambulatori aperti anche all’esterno: Medicina, Oncologia, Angiologia, Cardiologia, Nefrologia, Diabetologia, Endocrinologia, Chirurgia digestiva e proctologia, Otorinolaringoiatria, Chirurgia generale, Chirurgia toracica, Ortopedia e Traumatologia, Chirurgia maxillo facciale, Chirurgia plastica e ricostruttiva, Oculistica e Laser Terapia, Riabilitazione Oculistica, Chirurgia Cardiovascolare, Urologia, Gastroenterologia, Ginecologia e Ostetricia, Riabilitazione Neuromotoria, Riabilitazione Respiratoria, Neurologia, Neurochirurgia, Pneumologia, Pediatria, Dermatologia, Odontoiatria, Reumatologia, Endoscopia, Litotrissia, Fisiokinesiterapia, Diagnostica Cardiologica (Holter, Ergometria, Ecocardiografia), Coronarografia ed Emodinamica
Servizi di supporto
Servizio farmaceutico
Servizio ristorazione
Posto di Polizia


Day-Hospital
L’attività sanitaria si svolge, oltre che in regime di ricovero ordinario, anche in regime di Day-Hospital, laddove la patologia del paziente e le sue condizioni consentano tale forma di assistenza.
Per quanto riguarda l’attività di Day-Hospital, sussiste apposito regolamento.
Dal 2006, alcune prestazioni sono state trasferite in regime ambulatoriale (APA), secondo le disposizioni regionali.

Riabilitazione

L’Aurelia Hospital svolge una rilevante attività di riabilitazione, in particolare destinata al trattamento precoce dei pazienti dimessi dai propri reparti per acuti o dal D.E.A.
L’attività di riabilitazione risponde pienamente ai requisiti previsti dalla recente delibera regionale n. 434 del 27.3.2001, per quanto riguarda sia il personale in organico (medici, terapisti, infermieri, ecc.), sia le attrezzature a disposizione dei pazienti.
Presso l’Aurelia Hospital si svolge attività di Riabilitazione motoria, urologica e cardiorespiratoria: quest’ultima, destinata in particolar modo ai pazienti provenienti dai settori della Terapia Intensiva e Subintensiva, che richiedono appositi trattamenti per riprendere tempestivamente la respirazione autonoma.
La Riabilitazione motoria si svolge, oltre che in regime di ricovero ordinario, anche in regime di Day-Hospital, se le condizioni del paziente rendono possibile questa particolare tipologia di assistenza.

CAPACITA’ RICETTIVA:

CAPACITA’ RICETTIVA DELLA CASA DI CURA AUTORIZZATA IN CONFORMITA’ ALLA L.R. 64/87 (Delibera 655 del 10.3.1998) 360 p.l. + 5 DI ISOLAMENTO TEMPORANEO.

ATTUALMENTE LA STRUTTURA DISPONE DI352 posti letto.
POSTI LETTO ACRREDITATI S.S.N.322 posti letto


ORGANIGRAMMA

AVV.MARIA LAURA GAROFALO
DIRETTORE GENERALE GRUPPO GAROFALO

DOTT.SSA FERNANDA BORIONI GAROFALO
DIRETTORE AMMINISTRATIVO E DEL PERSONALE DELLA CASA DI CURA

PROF.RAFFAELLA GAROFALO
RESPONSABILE COORDINAMENTO MEDICO-SCENTIFICO DELLA CASA DI CURA

DR. EZIO PATRISSI
DIRETTORE SANITARIO DELLA CASA DI CURA

MEDICI RESPONSABILI
DR.SSA VALERIA MARIUCCI- RAGGRUPPAMENTO RIABILITATIVO
PROF. PAOLO INNOCENTI- RAGGRUPPAMENTO CHIRURGICO
DR. RENZO CIANI- PRONTO SOCCORSO –OSSERVAZIONE BREVE E CH.TORACIA
PROF.ROMANO GRECO- SERVIZIO DI NEUROCHIRURGIA
DR.GIOVANNI D’ANTINO- OCULISTICA
DR.ROBERTO CUSUMANO- UROLOGIA
PROF.RAFFAELLA GAROFALO- D.E.A.
PROF.MARIANO GAROFALO- CHIRURGIA VASCOLARE
DR. VALERIO BASILI- RAGGRUPPAMENTO MEDICO
DR.PAOLO BARONE- NEFROLOGIA E DIALISI
DR.AGOSTINO VEGA- DIALISI
DR.AGOSTINO VEGA- DIALISI
DR.ROBERTO BOCCADAMO- CARDIOLOGIA
DR.FABRIZIO PROIETTI- U.T.I.C.
PROF.HUMBERTO ZANETTI- RAGGRUPPAMENTO OSTETRICO-GINECOLOGICO
DR.MELPIGNANO- T.I.N. E NIDO
PROF. FABRIZIO TOMAI- SERVIZIO EMODINAMICA
PROF.ENRICO PESCATORE- ORTOPEDIA
PROF.MICHEL ORANSKY- TRAUMATOLOGIA
DR.LEONE DELFINO- SERVIZIO ANESTESIOLOGICO
DR.FRANCO TURANI- TERAPIA SUBINTENSIVA E RIANIMAZIONE
DR.FEDERICO MASPES- SERVIZIO DI RADIOLOGIA TRADIZIONALE –TAC E RM
PROF.ANNEO VIOLANTE- LABORATORIO ANALISI


A questa imponente stuttura sanitaria, dal mese di settembre 2007 si è aggiunto il nuovo Centro U.D.R. (Raccolta Sangue) fisicamente ubicato al piano rialzato "Reparto 1^ B-Raggruppamento Medico", nelle stanze 151 e 152.

L'Unità è gestita direttamente da EMA-ROMA, Associazione Donatori di Sangue San Filippo e la sua direzione sanitaria è affidata al Dott. Donato De Stefanis. Medici responsabili della emoteca interna all'Aurelia Hospital, invece, sono le Dr sse Elisabetta Caprara e Laura Fratticci, appartenenti all'Unità Funzionale di Chirurgia Vascolare.

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Raccolta di Sangue esemplare all'Istituto Superiore di Sanità.


Si tratta di un appuntamento oramai consolidato, quello tra il Centro di Medicina Trasfusionale dell'Azienda S.Filippo Neri e l'Istituto Superiore di Sanità. Ad intervalli di 3/4 mesi i medici ed infermieri del CT del San Filippo organizzano una Raccolta di Sangue, nei locali dell'Istituto, con risultati sempre ottimi. Ma l'incontro di venerdì 22 Febbraio, merita una menzione speciale: 86 sacche di sangue raccolte!
EMA-ROMA ed il Centro di Medicina Trasfusionale del S.Fiilippo Neri vi ringraziano per almeno due motivi, il primo per la quantità di sangue, che va a rimpinguare le scorte mai sazie, ed il secondo per l'esempio fornito con tanta spontaneità, da parte di un Istituto così importante nel mondo dlla Sanità, che, ci auguriamo, serva da stimolo ai pigri e agli indecisi ai quali ricordiamo che l'emergenza sangue, malgrado gli sforzi profusi, resta una amara e sconcertante realtà italiana e, ancor di più, regionale.
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Regole e trasparenza nel mondo delle Trasfusioni di sangue nel Lazio. Diritto di Assistenza Trasfusionale per il Donatore.


I vertici della Direzione Sanitaria della Regione Lazio, hanno firmato ed inviato ai Centri Trasfusionali, ai Direttori dei Dipartimenti ed alle Associazioni di volontariato, una importante comunicazione (clicca qui) contenente una serie di "raccomandazioni" che, in realtà, costituiscono le procedure alle quali i CentrTrasfusionalei del Lazio dovranno attenersi per gestire il complesso ed estremamente delicato mondo delle Trasfusioni di Sangue. Queste "Raccomandazioni", peraltro da tempo richieste ai vertici della Regione dal nostro Presidente, Vincenzo Magalotti e dal Prof. Menichella, Direttore del CT di Medicna Trasfusionale dell'Azienda Ospedaliera S.Filippo Neri, nonché Direttore del Dipartimento Roma Nord, finalmente sgombrano il campo da malintesi e strane interpretazioni da parte di alcuni operatori.Tutta l'intera nota è estrememente interessante, ma desideriamo attiriare l'attenzione dei lettori soprattutto su quanto descritto negli ultimi 2 capoversi del capitolo "Premessa", nonché al punto "a" di "Procedura". Ora possiamo affermare pubblicamente che "il donatore o un suo prossimo congiunto, che abbia necessità di supporto trasfusionale", può ottenerlo per diritto adempiendo alle regole descritte ed EMA-ROMA, inoltre, quale Associazione di volontariato, può essere interpellata in "prima persona" dal donatore ad essa afferente. Tanto basta per dichiarare che tutto è descritto e normalizzato nel settore delle Trasfusioni di Sangue, per rendere meno incerto e, finalmente cautelato, anche il lavoro degli operatori volontari. Sarà nostro compito informare, sia i soci donatori, sia coloro che intendono diventarli.
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Seconda Raccolta di Sangue presso il Centro Polifunzionale Scuola Tecnica di Polizia

Il Generale Comandante del Centro, Dott. B.Angelotti, attorniato dai sanitari dell'FO e dal PR di EMA-ROMA


Si può donare anche in compagnia della famiglia, lo dimostra papà Galeone, con la bellissima Lucrezia di sette mesi in braccio
Si è svolta con successo, venerdì 29 febbraio, la seconda Raccolta di Sangue presso il "Centro Polifunzionale Scuola Tecnica di Polizia", coordinata dal Gruppo Donatori ADVPS, a cura dei sanitari del Centro Trasfusionale di Medicina dell'Istituto IFO e dell'Associazione EMA-ROMA. Ricevere la visita del Generale Dott. B.Angelotti, Comandante di questo splendido complesso, come è avvenuto durante la Raccolta, ci ha confermato l'adesione del Corpo al nostro lavoro di volontariato, proteso a contrastare l'Emergenza Sangue in Italia e nel Lazio in particolare. Accompagnato da Dirigenti della struttura, si è intrattenuto a lungo con il PR di EMA-ROMA e con il gruppo di sanitari dell'IFO. Oltre a fornire agli allievi una formazione tecnica di alto profilo, frutto dell' esperieza acquisita arricchita dai costanti contatti con le forze Internazionali di Polizia, il Centro, grazie alle sue strutture sportive, forgia e prepara atleti di varie discipline, alcuni dei quali campioni del mondo e campioni olimpici nelle loro specialità. Sarebbero troppi i nomi da menzionare in questo poco spazio e, sperando di non fare loro torto, ci limiteremo solo a ricordare la schermitrice Valentina Vezzali, ovviamente delle "Fiamme Oro", l'atleta femmina più medagliata, e parliamo di oro, nella storia dello sport olimpico e mondiale.
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EMA-ROMA incontra la dirigenza dello Stendahl, Istituto Professionale di Stato

Vincenzo Magalotti, Presidente di EMA-ROMA, consegna una targa-ricordo al Prof. Luigi Pagliarone, Dirigente Scolastico dello Stendhal


Vincenzo Magalotti, il Prof. Pagliarone ed il Prof. Ottavio Nano, Coordinatore del Gruppo Donatori dello Stendhal
Ubicata in Via Cassia, 726, la Sede Centrale dell’ ”Istituto Stendhal” trasforma giovani studenti in esperti di “Servizi Sociali Commerciali, Turistici, Sociali e Pubblicitari” Tutte scienze moderne indispensabili per lo sviluppo tecnico e sociale di una società in linea con i tempi, in grado di competere con i Paesi a maggior sviluppo tecnologico e industriale. Sono quattro i corsi previsti, della durata di 5 anni ciascuno, che costituiscono l’offerta formativa dello Stendhal, al termine dei quali gli allievi conseguono un Diploma di Qualifica di “Operatore dei Servizi Sociali”, di “Operatore della Gestione Aziendale”, di “Operatore dell’Impresa Turistica” o di “Operatore della Grafica Pubblicitaria”, a seconda dell’orientamento intrapreso. Il diploma, a sua volta, consente a coloro che lo desiderano il proseguimento degli studi verso l’Università, o altri orientamenti qualificanti. I corsi prevedono esperienze formative sul campo, presso Aziende leader nel settore competente. Oltre alle conoscenze scientifiche, gli studenti, soprattutto i maturandi, grazie soprattutto alla lungimiranza della Dirigenza dell’Istituto, partecipano ad incontri su temi importanti per la loro vita futura quali: la Solidarietà, la Salute, la Sicurezza, proposti da medici del Centro di Medicina Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliera S. Filippo Neri, coadiuvati da volontari di EMA-ROMA, Associazione di Donatori di Sangue Volontari. Molti dei partecipanti, una volta compiuti i 18 anni di età, si recano al Centro Trasfusionale del S. Filippo Neri, per donare il loro sangue e partecipare così, attivamente, al programma al quale ogni cittadino in grado di donare dovrebbe aderire, quello di contrastare l’Emergenza Sangue”, che flagella molte regioni italiane, come il Lazio.
Al Prof. Luigi Pagliarone, Dirigente Scolastico dello Stendhal ed al Prof. Ottavio Nano, coordinatore del Gruppo Donatori, va la riconoscenza di EMA-ROMA, meglio raffigurata in una “targa”, consegnata per mano del Presidente dell’Associazione, Sig. Vincenzo Magalotti.
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Prima Raccolta al Ministero del Commercio Internazionale

Ore 08,00, il primo prelievo di sangue


Incontro con i medici
Nella mattinata di giovedì 20 marzo, i sanitari del Centro di Medicina Trasfusionale dell' IFO, il più importante Centro Oncologico e Dermatologico del Lazio, guidati dalla responsabile, Dssa Maria Laura Foddai e coadiuvati dai volontari di EMA-ROMA, hanno effettuato una Raccolta di Sangue destinata al personale del Ministero del Commercio Internazionale, impiegando tende ed attrezzature approntate da una equipe della "Associazione Nazionale Vigili del Fuoco in Congedo" Sez. Roma 1, guidati da Roberto Iacobazzi."

Gli accordi per una periodica e duratura serie di Raccolte di Sangue, sono stati siglati con una semplice stretta di mano, tra Giuseppe Avellino, PR di EMA-ROMA ed il Direttore Generale del Ministero per i Servizi Generali, Dott. Angelo di Stasi. A lui ed a tutta la sua equipe, in particolare al Sig. Loreto Bonomo, Capo Economo del Ministero, che ha garantito la disponibilità degli spazi dove sistemare le strutture necessarie, va tutta la gratitudine della Direzione dell'IFO, nonché quella della nostra Associazione, anche a nome degli ignoti beneficiari del sangue raccolto.

Operazioni come queste, messe a punto da Associazioni di volontariato, come EMA-ROMA, con la disponibilità di Enti importanti, quali il Ministero del Commercio Internazionale e, ovviamente, le prestazioni tecnico-scientifiche dei Centri di Medicina Trasfusionale, come quello dell'IFO, costituiscono la dimostrazione che l'"emergenza sangue" che impegna quotidianamente la Sanità della nostra regione può essere contrastata e ricondotta a condizioni accettabili. Il contrario di tanta operatività, sostenuta dalla solidarietà e la latitanza di costanti azioni di sensibilità generale ad un problema che appartiene all'intera comunità e non solo alla sanità regionale, obbliga talune strutture ospedaliere a gravosi acquisti di sangue ed emocomponenti da centri più approvvigionati, ubicati nel nord Italia e, spesso, a mortificanti rinvii di interventi chirurgici per mancanza di scorte. A questo deprimente scenario, EMA-ROMA si oppone ogni giorno.
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Prima Raccolta di Sangue nella Parrocchia “San Pio da Pietrelcina

Il piccolo Nicola osserva la mamma che dona!


La mia prima donazione!
Non si tratta della semplice cronaca di una mattinata dedicata alla raccolta di sangue dei fedeli di una Parrocchia romana, ma anche del racconto di un avvenimento “speciale”.
Speciale, perchè è la prima volta che succede alla Parrocchia San Pio da Pietrelcina di Via G. De Lullo e questo grazie all’entusiasmo ed alla propulsione imposta da Don Roberto Zammerini, giovane Parroco-donatore. Speciale, per l’adesione dei tanti parrocchiani che hanno offerto il loro sangue con invidiabile serenità, anche quando, come nel caso di Antonella, Elena, Teresa e Tiziana, si è trattato della prima volta.
Per tutta la manifestazione aleggiava buonumore ed entusiasmo in dosi tali da coinvolgere anche gli operatori che, a vario titolo, hanno reso possibile la raccolta. Mi riferisco ai medici ed infermieri del Centro di Medicina Trasfusionale dell’IFO, guidati dalla D.ssa Maria Laura Foddai, e dal personale dell’Associazione Nazionale Vigili del Fuoco Roma 1, guidati da Roberto Iacobazzi, che hanno fornito le strutture necessarie e, ovviamente, ad EMA-ROMA, Associazione di Donatori di Sangue Volontari. E non si tratta dell’impressione di chi commenta l’avvenimento, ma anche di quella di tutta l’equipe. La “Solidarietà”, dunque, che contraddistingue chi davvero ama il prossimo e lo rispetta fino al punto di donare qualche cosa di se, come il sangue, per aiutarlo, esiste e scaturisce spontanea al solo sollecitarla, come una sorgente d’acqua sotterranea. Dovrebbe essere uno dei compiti delle istituzioni, sollecitarla, ma non è così, neppure quando, come nel caso del sangue, si tratta di “emergenza”, oramai endemica. Gli ospedali del Lazio e di Roma, in particolare, soffrono di carenza di scorte e sono costretti, spesso, a deprimenti rinvii di interventi chirurgici e, nello stesso tempo, ad acquisti di sacche di sangue presso Centri Clinici (tutti nel Nord del paese) così organizzati da permettersi di venderne una parte. L’opera delle Associazioni di volontariato, come EMA-ROMA e la splendida adesione di Aziende, Caserme, Scuole e di Parrocchie, come quella di San Pio da Pietrelcina, riducono l’effetto dannoso dell’emergenza e fanno ben sperare per il futuro. A tutti EMA-ROMA rivolge un ringraziamento, anche a nome degli sconosciuti destinatari del loro Sangue e li invita al secondo incontro, che si terrà in Ottobre, in data da definire con Padre Roberto. In quella occasione, nella quale speriamo di annotare una maggiore partecipazione dei maschi, potranno donare anche coloro che per motivi diversi (colazioni troppo abbondanti e a ridosso dell’evento, soprattutto con assunzione di latte, terapie farmacologiche in atto, ecc.) hanno dovuto rinunciare. Arrivederci ad Ottobre.

Anche il parroco dona

Ore 13,30 La raccolta termina
con la benedizione di Don Roberto
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Raccolta di sangue alla Parrocchia di Trigoria

Don Caludio, Parroco della Chiesa, da il via alle operazioni


Ore 8,15: Pronti, via!
Molti romani, soprattutto quelli tifosi della Roma, penseranno che si è trattato di una azione che ha coinvolto la loro squadra del cuore ed invece non è così. Si è trattato, invece, di una splendida azione di solidarietà compiuta da molti parrocchiani della Chiesa dei SS Maria Assunta e Michele di Trigoria, voluta e guidata dal Parroco, il dinamico Don Claudio. Domenica 25 Maggio, infatti, preannunciata da avvisi durante la settimana precedente, molti parrocchiani, si sono avvicendati nelle postazioni predisposte per il prelievo del loro sangue, effettuato dai medici ed infermieri del Centro di Medicina Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliera IFO di Mostacciano, il più grande Centro Oncologico e Dermatologico del Lazio. Tutti desiderosi di partecipare alla richiesta di aiuto invocata dai volontari di EMA-ROMA, Associazione di Donatori Volontari di Sangue, per fronteggiare l’”emergenza sangue”, che imperversa in Italia, soprattutto nel Lazio. Un piccolo-grande aiuto che, unito a quello di altri Centri, come la Parrocchia di Trigoria, costituisce una risposta immediata e solidale, a favore dei tanti sconosciuti sfortunati, che non potrebbero sopravvivere senza una trasfusione di sangue. Durante la mattinata, EMA-ROMA ha potuto incontrare anche il Gruppo dei Boy Scout della Parrocchia, intrattenendo i giovani appartenenti sul tema Solidarietà e Salute.
E’ stato il primo incontro con loro e, d’accordo con il Parroco, a distanza di ca 4/5 mesi l’uno dall’altro ne seguiranno altri che, grazie anche all’ ”effetto emulazione” ed alla comunicazione bocca-orecchio, nei quali, siamo certi, si presenteranno ancora altri nuovi donatori. Il prossimo incontro sarà preceduto da avvisi ed affissioni curate da Pino Lancellotti, nominato dal Parroco, coordinatore del Gruppo dei Donatori della Chiesa.

Alcune fasi della raccolta

Se poi le donatrici sono anche belle!

Incontro con i Boy Scout della Parrocchia

Lettini esauriti fino alle 12,00
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Seconda Raccolta all'ACI Informatica

L'incontro con un medico precede la donazione


Il Direttore, Dr Luigi Carbonari a fianco del Dr. De Laurenzi
Martedì 27 Maggio 2008, si è svolta la seconda Raccolta di Sangue presso l’ACI INFORMATICA di Via Fiume delle Perle. Il risultato è stato ancora superiore a quello precedente: ben 43 donazioni, susseguitesi senza sosta dalle 08,30 alle 12,00! Efficacemente coordinati dal collega Sig. Falcetti, i donatori, molti dei quali non presenti al primo appuntamento, lasciando intuire la costituzione di un importante Gruppo, si sono mostrati convinti della propria scelta basata sulla “solidarietà” e decisi a continuare nel tempo.
La raccolta è stata eseguita dai medici ed infermieri del Centro di medicina Trasfusionale dell’Azienda IFO di Roma, il più grande centro Oncologico e Dermatologico del Lazio, coadiuvati da EMA-ROMA, Associazione di Volontari Donatori di Sangue e dal Gruppo1 dell’ ANVFC, Associazione Nazionale Vigili del Fuoco in Congedo. Il Dr. Luigi Carbonari, Direttore del Cento Affari Amministrativi e del Personale, ha assistito ad alcune fasi della raccolta e si è compiaciuto con noi e con i dipendenti ACI, per la qualità e l’efficacia delle operazioni. A lui, a tutti i donatori ed a coloro che operano attivamente nell’organizzazione, il Centro Trasfusionale dell’IFO ed EMA-ROMA, porgono i loro ringraziamenti, anche a nome di coloro, perfetti sconosciuti , che riceveranno il loro sangue. Il prossimo appuntamento è previsto per il mese di Novembre, previo conferma del Sig. Falcetti.
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EMERGENZA SANGUE


"EMERGENZA SANGUE"
Non siamo solo noi di EMA-ROMA ad affermare che negli ospedali del Lazio manca il sangue, tanto da costringere i chirurghi a rinviare alcuni interventi, ma anche giornali, come "La Repubblica", del quale riportiamo questo recente articolo che sintetizza con efficacia l'emergenza sangue, oramai endemica, in cui viviamo. EMA-ROMA, al pari di altre Associazioni, conduce una vera lotta quotidiana alla ricerca di donatori, imbattendosi, troppo spesso, nell'indifferenza generale, interrotta, per fortuna, dalla adesione di persone singole, Aziende, Enti, Scuole, Parrocchie, la cui collaborazione ci rinfranca e ci incoraggia a continuare. Ma le quantità di sangue raccolto non bastano a costituire le scorte indispensabili a far fronte alle richieste in continuo aumento. E come se non bastasse, stiamo affrontando il periodo dell'anno più preoccupante, cioè quello estivo, nel quale le richieste aumentano storicamente in modo esponenziale.

Vuoi partecipare ad arginare questa emeergenza? Contattaci e ti forniremo tutte informazioni necessarie:


  • Segreteria SFN - Via Martinotti, 20 (c/o ACO San Filippo Neri - 06/3306.2906
  • Gruppo S. Spirito - Via Borgo S.Spirito, 3 (c/o CT Osp.S.Spirito) - 06/6835.2278
  • Segreteria IFO - Via Chianesi, 53 (c/o CT IFO): 06/5266.2831
  • Unità di raccolta Aurelia Hospital - Via Aurelia 860 (Ospedale Aurelia Hospital) - 06/66492/451/452
  • EMA-ROMA - infosfn@emaroma.it

Clicca qui per leggere l'articolo


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IPPODROMO TORDIVALLE IL GIORNO DEL DERBY

Lo Stand di EMA-ROMA


Il Derby dei pony

Eravamo decisi a descrivere la cronaca di una giornata eccezionale per il Trotto italiano, con ben 4 Derby, uno dei quali, l'81° Derby Italiano, l'avvenimento più importante in Italia del settore ed uno dei più seguiti nel mondo e invece niente di tutto questo. Sospensione di ogni attività ippica in Italia per motivi economici!
Siamo una Associazione Onlus di Volontari Donatori di Sangue ed in quanto tali, apolitici così come aconfessionali, ma la visione desolante della grande struttura sportiva romana semideserta, senza il classico rumore di fondo dei purosangue che calpestano la pista, senza quello trasmesso dagli altoparlanti che comunicano costantemente il susseguirsi delle gare e del loro svolgimento, senza quello della folla delle migliaia di appassionati che gridano incitando i loro beniamini, il tutto trasmesso in diretta RAITV, ci ha coinvolto ed emozionato. Come già accennato, non dobbiamo ne possiamo inoltrarci in giudizi, ma una domanda ce la poniamo: era davvero inevitabile?

EMA-ROMA, presente, al pari di altre Associazioni di Volontariato, ringrazia la Direzione dell'Ippodromo, nella persona della gentilissima Sig.ra Tamara Papiccio, Responsabile dell'Ufficio Stampa, che ci ha invitato e ci ha procurato anche lo stand, augurando a lei e tutti coloro che, in misura diversa, operano nel settore dell'ippica italiana, una soluzione dignitosa di questo grave problema sociale e sportivo.
Per la cronaca, alcune centinaia di famiglie con i loro bambini, informate a tempo, sono comunque accorse per partecipare ad alcuni avvenimenti di corredo, già previsti nel programma originale, quali: il Derby dei Pony, il raduno e la sfilata di auto d'epoca del Veteran Car Club di Roma, la presentazione di libri dedicati a i cavalli, un'aria divulgativa sugli sport equestri e alcune iniziative dedicate ai bambini con animazione e spettacoli, il battesimo dei pony ed altre ancora.

Almeno per loro è stata "Una giornata vincente", come riportato nel programma originale.

La Redazione



Giuseppe.Avellino e Tamara Papiccia responsabili Ufficio Stampa, rispettivamente di EMA-ROMA e IPPODROMO di TORDIVALLE


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Il nemico della donazione di sangue? La disinformazione


Informazione molto carente o inesistente nel pubblico generale e persino tra i donatori: ecco il principale ostacolo alla diffusione della pratica della donazione del sangue nel nostro Paese. Lo rivela un'indagine realizzata dall'associazione per la difesa dei consumatori Altroconsumo.

Soltanto metà degli intervistati ha sentito parlare della possibilità di donare il sangue nell'ultimo mese. Questo è già molto significativo: chissà quanti potenziali donatori potrebbero nascondersi nell'altra metà della popolazione… Poster, cartelloni pubblicitari, televisione e passaparola fra amici e parenti sono i principali canali attraverso i quali le persone sono venute a conoscenza dei diversi aspetti legati alla donazione. Lascia perplessi che soltanto un risicato 17 per cento degli intervistati ne abbia sentito parlare durante una visita medica. Eppure i medici sarebbero probabilmente le voci più autorevoli, in grado anche di convincere e rassicurare chi può avere timori immotivati, legati a rischi per la propria salute connessi alla donazione. "Motivi di salute" è infatti la ragione principale cui si fa ricorso per giustificare la propria scelta di non donare. Siamo proprio sicuri che la risposta sia data a ragion veduta? Probabilmente una corretta informazione (anche da parte del medico) permetterebbe di scoprire che si tratta di falsi timori.

Di questa disinformazione sembrano essere consapevoli i donatori, se è vero che alla stessa domanda ("Quali le ragioni per non donare il sangue", riferita a cosa pensano secondo loro i non donatori) la risposta "Informazione non buona" raccoglie il 74 per cento dei consensi. Carenza informativa confermata dal fatto che solo un quinto degli intervistati ha dichiarato di aver ricevuto, prima della donazione, ragguagli relativi ai possibili rischi, mentre un terzo dichiara di essere stato messo al corrente dei benefici.

Scopriamo per esempio che meno della metà degli intervistati sa quanto sangue viene prelevato nel corso di una donazione (circa mezzo litro), che soltanto uno su tre è a conoscenza del fatto che un uomo in buona salute può donare sangue intero non più di quattro volte all'anno (devono passare infatti almeno tre mesi fra una donazione e l'altra, sei mesi per le donne). Ma si possono donare anche soltanto determinate parti del sangue (le piastrine, il plasma): meno del 50 per cento di chi ha risposto al questionario lo sa. Quanto ai gruppi sanguigni, uno su tre sa che il più comune è il gruppo 0, uno su cinque è invece informato del fatto che il più raro è il gruppo AB. Sono soltanto alcuni esempi, che confermano la necessità di una informazione più capillare, che magari avrebbe fra le sue conseguenze anche quella di aumentare il numero di donatori.

"La donazione di sangue è l'unica soluzione perché ci siano scorte sufficienti a coprire le esigenze dei malati che hanno bisogno di trasfusioni. È un atto di grande altruismo e utilità sociale, che alle persone che hanno i requisiti per farlo costa davvero poco, giusto il tempo del prelievo (pochi minuti)", spiegano ad Altroconsumo. "Ottenendo in cambio, oltre alla gratificazione che nasce dal compiere un gesto davvero utile, la possibilità di sottoporsi periodicamente a esami di controllo approfonditi. La disinformazione, purtroppo, è il motivo principale che alimenta infondati timori e rende molti ancora restii a donare il sangue. La nostra indagine internazionale lo dimostra: quasi il 70 per cento dei nostri intervistati non è sufficientemente informato sulle trasfusioni, percentuale che è ancora più elevata negli altri Paesi europei che hanno partecipato all'indagine".

Una maggiore sensibilizzazione può venire da più parti, a cominciare dai medici di base. Per far cambiare idea a quel 50 per cento di non donatori che dichiara che non lo farà mai e per rafforzare il convincimento del 9 per cento che ha affermato che probabilmente (o molto probabilmente) inizierà a farlo. Un dato che può sembrare poco significativo, ma fa sperare che nuove persone (grazie anche a una informazione più capillare e al passaparola fra amici e conoscenti) potranno aggiungersi alla schiera dei donatori.

Fonte: Newsletter Consumatori 6/11/2008 - Ufficio stampa Altroconsumo 2008.

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JOHAN STRAUSS - VIENNA DUE ORE DI SERENITA' CON STRAUSS ALL'IFO


EMA-ROMA, Associazione di Donatori Volontari di Sangue ed il Servizio Trasfusionale dell'IFO, hanno il piacere di invitare i pazienti ricoverati, i loro parenti, i visitatori e chiunque mostri interesse verso il nostro "movimento di volontariato", ad un "Concerto pianistico a quattro mani" che si terrà Lunedì 8 Dicembre 2008, alle ore 18,00 nella Hall dell'Ospedale. Si esibiranno per noi ben 7 eccellenti pianisti della ALTS, Associazione per la Lotta ai Tumori del Seno, che dal 15 Dicembre 2000 ha nominato i Pianisti della Scuola di Musica Laura Paolini suoi "Testimonials" in Italia. Il repertorio sarà costituito dalle splendide musiche di J.Strauss.

Per ulteriori informazioni, è possibile contattare il Servizio Trasfusionale dell'IFO (piano-1) al numero 06/52.666.999, la segreteria di EMA-ROMA dell'IFO, al numero 06/52.662.831, EMA-ROMA, al numero 06/33062906, oppure l'URP dell'IFO (Ufficio Relazioni con il Pubblico) al numero 06/52.666.527.

IFO - Istituti Fisioterapici Ospitalieri - Regina Elena e San Gallicano, Via Chianesi, 53
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LA PRIMA VOLTA DI OMIKAMISPORT

Il maestro Di Gennaro do Omikamisport e G.Avellino di EMA-ROMA, nella hall dell'IFO


Il primo a donare è il maestro, ovviamente.
Si tratta di una organizzazione sportiva dove si pratica il "Dojo", un'arte marziale fatta di tecnica e disciplina rigorose. Creata, diretta ed animata dal maestro Mauro Di Gennaro, Omokamisport recentemente ha sottoscritto un accordo con EMA-ROMA, per promuovere le donazioni di sangue tra i suoi iscritti, distribuiti in ben 7 palestre ubicate ad ovest di Roma, da Mostacciano, ad Acilia e Colleferro.
Sport, e Solidarietà, dunque, sentimenti che spesso contraddistinguono le attività di praticanti di alcune attività sportive, come il "Dojo", appunto. E a proposito di Solidarietà, sabato 22 ottobre, accompagnati dal maestro Di Gennaro, 10 atleti di Omikamisport si sono recati presso il Servizio Trasfusionale dell'IFO ed hanno donato il loro sangue. È stata la prima volta, alla quale ne seguiranno sicuramente altre, con ancora più partecipanti. EMA-ROMA ed il Servizio Trasfusionale dell'IFO ringraziano il maestro Di Gennaro e tutti i donatori, anche a nome degli ignoti riceventi.
Alcune foto documentano l'avvenimento.

In attesa di donare

Solo solidarietà?

La sua prima donazione!
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Una nuova iniziativa di BUTTERFLY


Abbiamo stretto da poco un nuovo rapporto di collaborazione con Butterfly, Associazione che, in memoria di una amica recentemente scomparsa, porta i suoi soci-donatori di sangue all'IFO. Di Butterfly abbiamo già effettuato un servizio, ma ora desideriamo sottoporre alla vostra attenzione una iniziativa, perchè degna di risalto: si tratta, per Butterfly, di organizzare eventi culturali con la partecipazione del pubblico, il cui ricavato sarà devoluto per l'acquisto di una poltrona-attrezzata destinata al Servizio Trasfusionale dell'IFO.
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Una iniziativa encomiabile

I partecipanti di Butterfly alla consegna del premio


I nostri amici donatori di Butterfly, come già descritto in un precedente articolo, si sono costituiti da poco e già si sono fatti notare per alcune iniziative degne di risalto. La prima, avvenuta il 24 Ottobre 2008, è stata quella di effettuare la loro prima donazione di sangue presso il Servizio Trasfusionale dell'IFO, Regina Elena-S.Gallicano, alla quale ne seguiranno metodicamente altre. La seconda, avvenuta il 20 Dicembre scorso, è stata quella di organizzare, con pieno successo, una visita guidata nella misteriosa ed affascinante "Città dell'Acqua Vicus Caprarius", situata nel centro di Roma, come descritto nella locandina e raccogliere così una somma di denaro, e questa è la terza azione, per donare una poltrona attrezzata alle donazioni di sangue, al Servizio Trasfusionale dell' IFO. La somma ricavata è stata consegnata Venerdì 9 Gennaio, da Riccardo Finocchi, promotore e coordinatore di Butterfly, al Dott. Francesco De Laurenzi, medico del Servizio Trasfusionale dell'IFO, in occasione di una cerimonia alla quale hanno partecipato amici e simpatizzanti, come dimostrato dalla foto. Azioni come queste hanno il benefico effetto di dare una carica di entusiasmo e di ottimismo a chi, come noi, pratica il difficile lavoro di volontariato nel settore della Salute.

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Lettera aperta alla Regione Lazio
EMERGENZA SANGUE


Da anni, oramai, da più parti si dichiara "emergenza sangue" per evidenziare la situazione, spesso critica, che costringe alcuni ospedali italiani in generale e del Lazio in particolare, ad acquisti di sangue presso strutture più organizzate (sempre al Nord) oppure, nei casi peggiori, al rinvio di alcuni interventi chirurgici per mancanze di scorte. Lo dichiara lo Stato attraverso le Regioni, lo dichiarano i Comuni, lo confermano le Associazioni di volontariato, come EMA-ROMA, che opera nella capitale.
Ma cosa si è fatto nel Lazio e, soprattutto, cosa si prevede di fare per eliminare questo problema, le cui conseguenze, oltre che economiche per le strutture ospedaliere coinvolte, è immorale verso i pazienti in attesa di intervento? Aimè, ben poco. Solo sporadiche campagne pubblicitarie di breve durata quando l'emergenza raggiunge limiti insostenibili, seguite da silenzio. Metodo che ricorda l'inveterata tecnica italiana di gridare, "al lupo, al lupo" in caso di pericolo, per poi dimenticare non appena si calmano le acque! Non sta a noi decidere cosa fare, eppure di idee ne avremmo tante, anche se nessuno ce le chiede. Ma sta a noi affermare, tenuto conto degli scopi che si prefiggono le Associazioni di Volontariato come la nostra, che così non va bene!
Ad aggravare la situazione del Lazio si è aggiunta da alcuni mesi l'assenza di figure istituzionali in Regione senza le quali non sappiamo a chi rivolgerci. Ci riferiamo all'Assessore alla Salute, ad un Direttore Regionale, ambedue da alcuni mesi licenziati e non sostituiti e ad un Responsabile dell'area sangue, andato in pensione e anch'egli non rimpiazzato. E non solo. Cosa pensare quando la struttura Trasfusionale di un importante Ospedale romano e ci riferiamo all'IFO - Regina Elena, presso il quale EMA-ROMA ha stipulato una Convenzione di lavoro e dove ha stabilito una postazione operativa, lavora con un organico medico dimezzato (3 medici di cui una in maternità). E quando questo organico è composto solo da medici precari ai quali, secondo le informazioni correnti, a dicembre 2009 non verrà rinnovato il contratto, la cui conseguenza, se non si provvede, è la chiusura del Servizio?
Insomma, cosa deve pensare un osservatore esterno quando un Settore Sanitario così importante viene dimenticato? Che per i responsabili è di scarso interesse, pur rappresentando, invece, uno dei punti sanitari la cui funzionalità sta particolarmente a cuore alla cittadinanza. Non vogliamo credere che sia davvero così, perché allora dovremmo rivedere i nostri programmi, ma di dubbi ne abbiamo molti. Sta a voi dissiparli.

La Redazione di EMA-ROMA
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Raccolta di sangue Associazione Volontari per Cesano

Riempimento del questionario


Una fase delle donazioni
Domenica 22 marzo scorso, nei locali dell'A.V.C. (Associazione Volontari per Cesano) si è svolta la terza raccolta di sangue, coordinata dal Gruppo Donatori di Cesano, affiliata ad EMA-ROMA, Associazione Donatori Volontari di Sangue ed effettuata dai suoi sanitari. Ancora un successo per la piccola borgata cesanese, testimoniato dalle 44 sacche di sangue donato che, unite a quelle precedentemente raccolte direttamente dal Centro di Medicina Trasfusionale dell'Azienda Ospedaliera San Filippo Neri di Roma, costituiscono un cospicuo aiuto per rimpinguare le scorte del prezioso liquido, mai sazie! Altra nota positiva è sicuramente costituita dall'incremento del gruppo donatori che, nell'occasione, è aumentato di ben 10 unità. La raccolta si è svolta in concomitanza con l'inaugurazione della nuova sede dell'A.V.C. alla quale ha partecipato anche l'On. Alfredo Antoniozzi, che si è complimentato con i responsabili del Gruppo Donatori esaltandone l'opera meritoria svolta a sostegno del movimento che agisce in favore di persone meno fortunate ed evidenziando che, nonostante gli sforzi sostenuti dalle associazioni di volontariato, ancora non si riesce a far fronte ad una emergenza come quella del Sangue, che mortifica la sanità del Lazio.
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ACOSFN - ASSOCIAZIONE DONATORI DIPENDENTI AZIENDA OSPEDALIERA SAN FILIPPO NERI


Bilancio 2008 e primo trimestre 2009: considerazioni

Dal grafico si evince che "le azioni sono in ribasso: i donatori sono in diminuzione e sono sempre più periodici (aumenta la percentuale dei periodici sugli occasionali)", come afferma la D.ssa Patrizia Magrini, Direttore Sanitario di Presidio dell'Azienda, madrina dell'Associazione, fin dalla sua nascita, avvenuta nel 2002. I dati riportati sono emblematici di una situazione di "recessione", quasi anche le donazioni risentissero della crisi socio/economica che investe il mondo. Non è certamente questa la causa che va ricercata, invece, a nostro giudizio, in una fase di stanca, dopo anni di progressione. Cosa succede, amici di ACOSFN? Siete distratti? Il sangue, aimè, non tiene conto delle crisi economiche, anzi, serve in misura sempre maggiore. Ed il vostro, in particolar modo, testimonia solidarietà, non solo verso il movimento, ma anche verso il lavoro dei volontari, sempre in prima linea, appagati solo da dati in crescita. Sveglia, dunque!
A Maggio, come è consueto, in occasione della ricorrenza del Santo Patrono del nostro Ospedale, ripeteremo la giornata ACOSFN che comprende, tra l'altro, l'estrazione di due bei premi tra i donatori più assidui, offerti da EMA-ROMA, L'Associazione di Donatori di Sangue che dal 2001 collabora con il Trasfusionale. E' una nuova occasione di incontrarci, durante la quale ci piacerebbe comunicare un nuovo impulso nelle donazioni, magari degustando insieme un buon piatto di "pasta e fagioli", come è nostra tradizione.

Cliccate quì per il grafico: Donazioni e donatori al 31/03/2009
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PRIMO INCONTRO CON ENEL

L'attesa per le fasi preliminari


Una fase della donazione

E' avvenuto martedì 21 Aprile, presso la Sede dell'ENEL di V.le Regina Margherita, ed è stato un successo. Protagonisti quasi 100 dipendenti dell'ENEL, i medici ed infermieri del Centro Trasfusionale dell'IFO, Regina Elena-San Gallicano, coadiuvati dai volontari di EMA-ROMA, Associazione di Donatori di Sangue Volontari.  Ben 70 donazioni andate a buon fine, senza contare quelle che sono state rinviate ad altra data per vari motivi e senza contare anche quei candidati pieni di buona volontà che hanno dovuto recedere a causa del protrarsi dell'attesa, pressati da impegni di lavoro. Per ovviare a questo inconveniente, per le prossime occasioni contiamo di rinforzare l'organico e di ottenere maggiori spazi dedicati, a cura dell'ENEL.

Certo, l'organizzazione mediatica messa in atto dall'Istituto, incentrata sul messaggio portante "Enel per l'Abruzzo", e la dedizione dimostrata dalla D.ssa Totaro, responsabile operativa del progetto, hanno certamente contributo al successo, ma gli operatori, formati dai sanitari e dai volontari, avvezzi a forme di solidarietà, hanno notato in tutti entusiasmo, pazienza e determinazione nel desiderio di donare, per assecondare gli sforzi effettuati da chi, come noi, ogni giorno si batte per contrastare l'emergenza sangue, che mortifica il Lazio e Roma in particolare. Peccato non ci fosse una telecamera per registrare l'evento!

Vorremmo raccontarvi anche qualche aneddoto, maturato durante gli incontri con i volontari, ma così facendo violeremmo la privacy di molti, ci limitiamo, quindi, a descrivere la soddisfazione palese di tutti coloro che hanno donato, così come il rammarico di coloro che non hanno potuto. Ci soffermiamo solo a menzionare un caso su tutti, che ci ha impegnato sentimentalmente in modo particolare: quello di un signore assai dispiaciuto perché non gli è stato concesso di donare, semplicemente per il fatto che 5 anni orsono ha subito un intervento a cuore aperto, con l'applicazione di 3 by-pass! Non è un grande esempio di Solidarietà?

A tutti, l'IFO, il Regina Elena-S.Gallicano ed EMA-ROMA, porgono il loro ringraziamento, anche a nome di coloro, perfettamente ignoti, che beneficeranno del loro dono e inviamo loro un arrivederci a data da destinare.



L'espositore Enel


Enel per l'Abruzzo ed EMA-ROMA, due simboli di solidarietà

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DA CINQUANTANNI DONIAMO VALORE AL FUTURO


E' il motto scelto da FIDAS per festeggiare in modo coerente i suoi primi 50 anni di vita.
Nata a Torino nel 1959 su impulso del Prof. Achille Mario Dogliotti, famoso pioniere di fama internazionale della cardiochirurgia italiana, FIDAS, Federazione Italiana Donatori Associati di Sangue, raggruppa ben 65 Associazioni suddivise in 16 Regioni. Oggi FIDAS comprende c.a 500.000 donatori di sangue, 15.000 dei quali, provenienti da ogni parte d'Italia, parteciperanno a Roma, alla "Giornata del Donatore" , che si terrà in Piazza NAVONA, Domenica 17 maggio prossimo.
Ore    8,00 - Raduno dei Donatori partecipanti e dei simpatizzanti;
Ore    9,15 - Celebrazione Messa del Donatore;
Ore 10,00 - Saluto della Presidenza Nazionale e delle Autorità;
Ore 10,30 - Sfilata dei partecipanti verso Piazza S. Pietro, con bandiere, labari e
                      bande musicali;
Ore 12,00 - Celebrazione dell'Angelus da parte del Santo Padre, con saluto ai
                      partecipanti;
Ore 13,00 - Termina la Celebrazione del "Cinquantenario".

EMA-ROMA Vi invita a partecipare

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Donare il sangue, non solo un atto di generosità


Vi proponiamo questo interessante articolo apparso su "Salute News", quindicinale spedito ai medici e scritto dal Dr. Giancarlo Carbone, Dirigente medico UOC medcina Trasfusionale - Azienda Complesso Ospedaliero - San Filippo Neri. Ve lo proponiamo per due motivi: il primo, perchè tratta con competenza scientifica un tema che sta molto a cuore a chi, come noi di EMA-ROMA, si occupa costantemente di "Emergenza Sangue", il secondo perchè il Dr. Carbone sostiene EMA-ROMA fin dal suo esordio, contribuendo spesso alla promozione tra i donatori ed uscendo con noi in occasione di molte "Raccolte di Sangue". Non solo un medico Trasfusionista, ma anche un medico che scende in campo al fianco di noi volontari.

Leggi l'articolo completo

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FESTA PATRONALE AZIENDA COMPLESSO OSPEDALIERO SAN FILIPPO NERI


Martedì 26 maggio 2009

Per il piacere di trascorrere un paio d'ore conviviali con ACOSFN,  Donatori di Sangue Dipendenti del San Filippo Neri 
e nello stesso tempo, per promuovere ulteriormente il  loro "movimento" di solidarietà, EMA-ROMA conferma il proprio contributo alla realizzazione della mattinata dedicata alla manifestazione, dalla Direzione Generale dell'Ospedale .

  • Ore   8,00       Donazioni volontarie di sangue, da parte degli Associati ACOSFN - Gruppo Donatori del Personale Dipendente ACO San Filippo Neri. Per motivi operativi le donazioni valide per l'estrazione dei premi, si arresteranno alle ore 9,30, come stabilito dalla Direzione;
  • Ore  11,00       Celebrazione della S. Messa, presso la Chiesa dell'Ospedale, celebrata da Monsignor Augusto BRAMBILLA, Vescovo Ausiliario                      incaricato per la Pastorale Sanitaria, per la Diocesi di Roma;
  • Ore   12,15    Strutture esterne allestite da EMA-ROMA.  Estrazione dei due premi messi in palio da EMA-ROMA, destinati esclusivamente ai soli Donatori ACOSFN, secondo il regolamento emanato dalla  Direzione dell'Ospedale. I due primi nominativi estratti a sorte vinceranno, ognuno, due biglietti di poltronissima in uno dei teatri Romani, a scelta dei vincitori;
  •  Ore 12,30      Rinfresco all'aperto offerto da EMA-ROMA, con il contributo dal Gruppo 1 di  ANVFC, Associazione Nazionale Vigili del Fuoco in Congedo. Non mancherà nelle tavole imbandite, la famosa "Pasta e facioli" delle Signora Paola!
Partecipare all'avvenimento, donatori o no, rappresenta pur sempre un atto di solidarietà verso coloro, Associazione e Medici ed Infermieri del Trasfusionale, che si adoperano quotidianamente, ognuno nelle proprie funzioni, a contrastare l'"Emergenza sangue" che mortifica il Lazio e, soprattutto, la città di Roma. Una forma di contributo è rappresentato anche dal "passa-parola", forma di comunicazione dagli effetti eccezionali. Se ognuno dei donatori riuscisse a convincere un collega a donare, assisteremmo ad una evoluzione dei dati insperabile. Perché non provarci?

Per scaricare questo programma cliccate quì
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Secondo appuntamento con ENEL

L'esempio. Anche Iliana Totaro dona.


Una fase preliminare

Con i suoi 87.000 dipendenti, dei quali 37.000 in Italia e ben 40.000 in altri paesi del mondo, ENEL è, in assoluto, una delle più importanti Aziende italiane, leader mondiale nella produzione ed erogazione di energia elettrica. Un vanto per ogni italiano, capace anche di produrre solidarietà "che cresce e non si ferma mai", prendendo spunto da una efficace campagna pubblicitaria prodotta dall'Enel, attualmente in esecuzione. E lo conferma la recente donazione di sangue svoltasi venerdì 16 ottobre presso la Direzione Generale dell'Azienda, effettuata dai medici ed infermieri del Centro Trasfusionale dell'Istituto Tumori Regina Elena e Istituto Dermatologico San Gallicano, coadiuvati da EMA-ROMA, Associazione di Donatori Volontari di Sangue di Roma. La prima Raccolta si tenne a fine aprile, quando 70 dipendenti donarono il proprio sangue per l'Abruzzo, colpito da un terribile terremoto.

Iniziate alle 8,15 del mattino, le operazioni necessarie alla donazione si sono succedute ininterrottamente fino alle 14, con il risultato che ben 81 dipendenti, parzialmente a digiuno, hanno donato pazientemente il loro sangue, con convinzione e determinati a proseguire le operazioni nel tempo, confermando la loro solidarietà verso chi ne ha bisogno, "che cresce e non si ferma mai".

I componenti del Centro Trasfusionale ed EMA-ROMA, ringraziano l'ENEL, la D.ssa Iliana Totaro, coordinatrice, animatrice e donatrice e, ovviamente, tutti i donatori, compresi quelli che per vari motivi questa volta non hanno potuto donare, anche a nome di tutti i perfetti sconosciuti che riceveranno il loro sangue.

Appuntamento nel 2010


La donazione


Paura? Nessuna!

L'informazione ENEL
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ENEL - SEDE DI VIALE EGEO

La compilazione dei questionari


Il colloquio con un medico

Ancora donazioni di sangue da parte del neo gruppo donatori ENEL, dislocati nella Sede di Viale Egeo. Più di trenta donazioni; risultato soddisfacente, soprattutto se si pensa che è la prima volta in  questa sede. Molti i donatotii alla loro prima esperienza, affrontata con molta serenità. Il prossimo appuntamento, fissato per il 25 Giugno 2010, saranno sicuramente d più. Parola di Iliana Totaro, efficacissima e convinta responsabile del Gruppo ENEL. EMA-ROMA li ringrazia tutti ed augura a loro ed alle loro famiglie, un sereno Natale ed un ottimo 2010.

 


Parte dell'equipe dell'IFO


La Capo sala... al posto di comando

Una bella donatrice alla sua prima esperienza
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UNA SPECIALE RACCOLTA DI SANGUE AL 6 NAZIONI DI RUGBY


IL SERVIZIO TRASFUSIONALE DEL REGINA ELENA/S.GALLICANO, ED EMA-ROMA, ASSOCIAZIONE DI DONATORI DI SANGUE VOLONTARI, GRAZIE ALLA  CONCESSIONE DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DI RUGBY, DOMENICA 14, IN OCCASIONE DELL'IMPORTANTE INCONTRO ITALIA-INGHILTERRA, HANNO ORGANIZZATO UNA POSTAZIONE PER LA RACCOLTA DI SANGUE MONTATA DA A.V.V.F.R. ASSOCIAZIONE DEI VIGILI DEL FUOCO DI ROMA VOLONTARI IN CONGEDO, PRESSO GLI INGRESSI 4 E 5 DELLO STADIO FLAMINIO. 
UNA POSTAZIONE PER LA DONAZIONE DI SANGUE AD AVVENIMENTI INTERNAZIONALI SPORTIVI, COME IL "6 NAZIONI" DI RUGBY,  E' INSOLITA. OCCASIONI COME QUESTE RAPPRESENTANO IL TRIPUDIO DELLO SPORT E POCHI, SE NON INFORMATI IN TEMPO ADEGUATAMENTE, TEMPO CHE A NOI E' MANCATO PERCHE' AVVISATI SOLO POCHI GIORNI PRIMA, VENGONO INTENZIONATI A DONARE IL PROPRIO SANGUE. SOPRATTUTTO POCO DOPO IL PRANZO, CHE NON PREDISPONE CERTAMENTE ALLA DONAZIONE, CHE, E' NOTO, SI ESEGUE LONTANO DAI PASTI, O SOLO DOPO L'ASSUNZIONE DI CAFFE', O TE, O SUCCO DI FRUTTA E UN PAIO DI FETTE BISCOTTATE.
MA ALLORA, VI DOMANDERETE, PERCHE' ANDARE? SEMPLICEMENTE PERCHE' NON ERA LA QUANTITA' DI DONAZIONI, IL NOSTRO OBBIETTIVO, MA LA PARTECIPAZIONE AD UN EVENTO SPORTIVO INTERNAZIONALE CHE SI SVOLGE A ROMA OGNI ANNO, IN INVERNO.  UNA SORTA DI INVESTIMENTO A FUTURA MEMORIA. GIA' DALL'EDIZIONE 2011, INFATTI, MOLTI SAPRANNO CHE NOI CI SAREMO, GRAZIE ANCHE AD UNA CAMPAGNA DI INFORMAZIONE MEGLIO ORGANIZZATA. INTANTO OCCUPEREMO LA STESSA POSTAZIONE, PRESSO LE ENTRATE 4 E 5, PER LA PARTITA ITALIA-SCOZIA DI SABATO 27, AVVENIMENTO CHE SARA' COMUNICATO ANCHE DA DUE STAZIONI RADIO, "RADIO 101" E "RADIOTIRICORDI".
MA VENIAMO A DOMENICA. IL RISULTATO E' NOTO, L'INGHILTERRA CI HA BATTUTO, SEPPURE DI MISURA. NESSUN RAMMARICO PARTICOLARE TRA GLI SPETTATORI, ERA L'INGHILTERRA. MA L'ITALIA SI E' COMPORTATA BENISSIMO, E AD OGNI EDIZIONE DEL TORNEO MIGLIORA. ANCHE LORO, COME NOI, STANNO INVESTENDO; ARRIVERA' IL TEMPO DI RACCOGLIERE, STATENE CERTI!.
LO STADIO ERA COLMO E L'AMBIENTE DEL RUGBY E' DAVVERO SPECIALE. PER CHI, COME ME, NON VI AVEVA MAI PARTECIPATO, E' STATA UNA SORPRESA TOTALE. COLORE, SUONI DI TROMBETTE DI OGNI TIPO, VOLTI DIPINTI CON I COLORI DELLE DUE NAZIONI, GRIDA DI INCITAMENTO, PARTECIPAZIONE INCREDIBILE, MA SENZA MAI UN'OMBRA DI CATTIVERIA, COSI' COME I GIOCATORI DELLE DUE EQUIPE SCESI NELL'ARENA LOGORANDOSI PER 80 MINUTI INFINITI. UN VERO  SPETTACOLO. UNA GIORNATA CHE NON DIMENTICHERO' MAI!


La nostra postazione

La tenda adibita alle donazioni

La compilazione dei questionari

L'Onorevole Mario Baccini nella nostra postazione

Giovanna Sassu, dirigente della Federazione Italiana Rugby con la nostra equipe

Tifosi inglesi

Tifosi italiani

Tifosi inglesi..romanizzati

Tifosi italiani

Un piccolo tifoso italiano
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Assemblea Ordinaria dei Soci


13/04/2010
A Roma
 
EMA-ROMA - ASSEMBLEA ORDINARIA DEI SOCI Sabato 13 aprile, con inizio alle ore 18,00, presso la Sala-Teatro del "Padiglione 90", palazzina Direzione Generale del San Filippo Neri, prospicente l'Ospedale Santa Maria della Pietà, si terrà l'Assemblea ordinaria dei Soci di EMA-ROMA.

Questi i temi nell'ordine del giorno:

•Relazione attività 2009;
•Approvazione del "bilancio consuntivo 2009";
•Descrizione ed approvazione del "bilancio preventivo 2010";
•Determinazione delle linee programmatiche 2010;
•Varie ed eventuali.
Tutti i soci sono invitati a partecipare e, se necessario, ad intervenire. La loro presenza e la loro parteciazione varranno quale sostegno ed approvazione dell'operato del Direttivo.

Il Presidente di EMA-ROMA Vincenzo Magalotti

Segreteria EMA-ROMA - 0633062906 - email - info@emaroma.it
 

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Donazione di sangue: serve maggiore responsabilità


A cura de Il Pensiero Scientifico Editore
22/04/2010 9.08.00
In occasione del suo 49° Congresso nazionale, che dal 30 aprile al 2 maggio 2010 riunirà a Fiera di Primiero (TN) e Feltre (BL), oltre 300 delegati in rappresentanza di 69 associazioni autonome, la FIDAS (Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue), invita tutti i soggetti coinvolti nel gesto della donazione solidale ad una maggiore responsabilità.

"In un momento storico che ci vede ancora sul filo del rasoio in quanto a raccolta di sangue ed emocomponenti, e con un parco donatori che, a breve, richiederà un forte ricambio generazionale, l'assunzione di maggiori responsabilità da parte delle associazioni di volontariato è la risposta più concreta e positiva", spiega Aldo Ozino Caligaris, presidente nazionale della FIDAS.

In attesa dei risultati di un'indagine commissionata dalla FIDAS al CENSIS (che sarà presentata durante il congresso), dati della Federazione dimostrano un progressivo invecchiamento dei donatori di sangue e la fuoriuscita dalla donazione attiva di 30-40 mila donatori ogni anno.

"Oggi più di ieri - prosegue Ozino Caligaris - è necessario passare da una donazione motivata da un vago "buonismo", ad una donazione intesa come risorsa per gli ammalati, che devono ricevere la loro trasfusione come e quando serve. E' necessaria una maggiore responsabilità nella partecipazione alla programmazione dei fabbisogni nazionali, nella gestione e nella chiamata del donatore al centro trasfusionale, nel monitoraggio del corretto utilizzo della risorsa sangue, che non è una risorsa infinita".

Malgrado dal 2003 l'Italia sia autosufficiente in termini di componenti labili, il 15% delle donazioni proviene ancora da donatori occasionali (specie nelle regioni carenti, quali Lazio, Sardegna e Sicilia), mentre per quanto riguarda il plasma da avviare all'industria farmaceutica per la produzione di farmaci emoderivati si continua ad importare dall'estero il 35% del fabbisogno nazionale.

Fonte: FIDAS

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RICORRENZA DELLA FESTA PATRONALE DELL'AZIENDA OSPEDALIERA SAN FILIPPO NERI


Il 26 Maggio di ogni anno la Chiesa ricorda San Filippo Neri, Apostolo Romano e, come di consueto, l'Azienda Ospedaliera San Filippo Neri di Roma, commemora il prorio Santo Patrono.
A questa manifestazione, voluta dalla Direzione Generale, costituita dalla celebrazione di una Messa, per l'occasione officiata da Monsignor Armando Brambilla, Vescovo Ausiliario incaricato per la Pastorale Sanitaria per la Diocesi di Roma, da diverse edizioni EMA-ROMA mette a disposizione dei donatori di sangue volontari, dipendenti dell'Azienda, due premi estratti  a sorte, costituiti da due bigliettti omaggio in teatri romani a scelta dei vincitori ed un simpatico e  conviviale "buffet" allestito all'aperto, a cura dei propri volontari, "in servizio permanente", alcuni dei quali appena rientrati da una raccolta esterna di sangue, mentre altri erano in procinto di prepararne una per il giorno seguente.
I nomi dei due fortunati vincitori sono i seguenti:
 
1° estratto: Elisabetta GIORGETTI - Direzione Sanitaria di Presidio
2° estratto: Giuseppe BONACCORSO - Fisioterapista
A loro vanno i sinceri  complimenti di EMA-ROMA.
 
Questa manifestazione ha il compito di consolidare il "patto di solidarietà" stretto da anni tra il San Filippo Neri e i propri dipendenti, con la costituzione di un Gruppo di donatori dipendenti dell'Azienda, denominato ACOSFN, con la collaborazione attiva di EMA-ROMA.
La Solidarietà, a nostro parere, è un sentimento indispensabile per aiutare le tante persone che hanno bisogno del nostro sangue per sopravvivrere e per coloro, come i dipendenti di un Ospedale, come il San Filippo Neri di Roma, costantemente in prima linea nel curare ed alleviare le sofferenze altrui. In loro questo sentimento, nella accezione più diffusa, lo si imagina parte integrata del loro corredo genetico. L'intervento effettuato dal Direttore Generale dell'Azienda, Dott. Domenico ALESSIO, al termine della S.Messa, contiene tutta una serie di considerazioni circa il ruolo di chi opera in questo settore, comprese quelle appena accennate, così ben espresse che lo sottoponiamo integralmente all'attenzione dei lettori.  Potete scaricare il testo cliccando qui.
 
EMA-ROMA  ringrazia i donatori e i partecipanti alla manifestazine e li invita alla celebrazione patronale del 26 Maggio 2011.

 

Clicca sulle immagini!

Elisabetta Giorgetti - Direzione Sanitaria di Presidio, a sinistra, prima estratta, in compagnia di Giuliana, segretaria di EMA-ROMA.

Giuseppe Bonaccorso - Fisioterapista. Secondo estratto.

Monsignor Armando Brambilla celebra la S. Messa

Un momento della celebrazione

Il Direttore Generale del SFN Dott. Domenico Alessio, durante il suo intervento

Le strutture esterne per il buffet

Il gazebo di EMA-ROMA

Il Direttore generale del SFN estrae il nome del primo vincitore

Monsignor Brambille estrae il nome del secondo vincitore
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OSPEDALI, MANCA IL SANGUE


Apparso su Repubblica del 28 scorso, a firma di Laura Serloni, con la testimonianza qualificata di Antonio D'Urso, Responsabile del Centro Regionale Sangue, questo articolo descrive con precisione quanto da noi dibattuto da anni con scarso risultato, ovunque si trovino orecchie per ascoltare, Stato, Regione, Comune, Ospedali. Ieri ed oggi il quotidiano ha replicato con servizi sul tema e Renata Polverini, governatrice della Regione Lazio, nonché Assessore "ad acta" della Sanità regionale, appositamente interpellata, ha assicurato che sta eleborando un programma di sensibilizzazione verso il pubblico per affrontare il grave problema che affligge la nostra regione, da anni ultima in Italia per i risultati conseguiti. Ci auguriamo che oltre a campagne di sensibilizzazione (non isolate, aggiungiamo noi) si pensi anche alla elaborazione di un piano di lavoro ben congegnato, che preveda, tra l'altro, regole ed azioni comuni, con la collaborazione dei protagonisti ed esperti del settore, coloro che ogni giorno, sia lavorativo che festivo, si battono sul campo e cioè con le Associazioni di Donatori Volontari di Sangue, rappresentati dal CIVIS, organismo costituito da C.R.I., AVIS, FIDAS e FRATRES. Torneremo sul tema per tenervi al corrente.
 

Leggi l'articolo

 

Non Emergenza Sangue. Si Emergenza Uomini, Idee, Programmi, Organizzazione.

 

Lettera aperta alla stampa

 

 

 

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SERATA DEL DONATORE EMA-ROMA


SECONDA SERATA DEL DONATORE EMA-ROMA
"EMA-ROMA Ieri, oggi, domani" 
 
Alle ore 17,30 di sabato 13 Novembre,  presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Via degli Aldobrandeschi 190, si svolgerà la seconda serata del donatore di sangue di EMA-ROMA, durante la quale verranno premiati con oro, argento e bronzo i circa 1000 donatori che si sono distinti per assiduità. Numerosi personaggi, leader del mondo della sanità, interverranno alla manifestazione, durante la quale verrà trattato un tema che ci sta assai a cuore, quello dell'Emergenza Sangue, che mortifica da troppo tempo la nostra città e la nostra Regione. Due complessi musicali romani contribuiranno ad allietare la serata, che si concluderà con un buffet.Tutti i donatori di EMA-ROMA sono invitati ad intervenire.
Per informazioni contattare:
06/3306.2906 - info@emaroma.it
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UNO SPLENDIDO GRUPPO


Il gruppo donatori dell'A.V.C. (Associazione Volontari Cesano) da un paio di anni sta cercando di contribuire in maniera fattiva alla causa "Emergenza Sangue nel Lazio". Nato nel 2008 con circa 40 donatori, oggi ne conta ben 144 fra abituali e occasionali. In due anni, in un crescendo esponenziale, ha raccolto ben 320 sacche di sangue. Nell'ultima donazione del 26 settembre u.s. ha raggiunto un grandissimo traguardo raccogliendo ben 70 sacche di sangue e incrementando di 26 unità il numero degli associati. Il Presidente dell'EMA ROMA, che ha presenziato alla manifestazione, e gli stessi medici ed infermieri del Centro di Medicina Trasfusionale dell'Azienda Ospedaliera San Filippo Neri che hanno contribuito con estrema professionalità e competenza alla realizzazione di questa stupefacente raccolta, hanno manifestato la propria soddisfazione elogiando l'intera organizzazione. Per l'obiettivo raggiunto non ci si può esimere dal ringraziare di vero cuore ogni singolo donatore di questo meraviglioso gruppo che, nonostante il tempo di attesa, sicuramente un po troppo lungo, è rimasto ad attendere il proprio turno con estrema compostezza e determinazione, palesando un convinto sentimento di solidarietà alla base del generoso gesto che da due anni lo vede protagonista. GRAZIE ancora anche a nome dei tanti bisognosi che possono tornare a sperare in una condizione di vita migliore.
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SERATA DEL DONATORE EMA-ROMA


Sabato 13 novembre 2010
Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, via degli Aldobrandeschi, 190 – Roma

Alla presenza di un vasto pubblico che ha gremito la sala, costituito da donatori, loro familiari e simpatizzanti, alle 17,30 di sabato 13 Novembre 2010, presso l'Auditorium dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Via degli Aldobrandeschi 190 in Roma, si è svolta la seconda "Serata del donatore EMA-ROMA" denominata "EMA-ROMA, ieri, oggi e domani".
La serata è stata divisa in due parti, la prima delle quali destinata alla premiazione dei circa 1000 donatori che si sono distinti per assiduità, mentre la seconda, invece, è stata dedicata al tema "Emergenza sangue o emergenza organizzazione"? Alla manifestazione hanno preso parte numerosi personaggi leader delle istituzioni e del settore sanitario, alcuni dei quali sono intervenuti per trattare il tema in programma, visto dalla loro posizione sociale.
Presentata da Danilo Zuliani, funzionario del San Filippo Neri, ma anche attore impegnato e presidente dell'Associazione "NOMENOMEN", la serata ha preso il via alle 17,45 ed è iniziata con l'intervento di Vincenzo Magalotti, Presidente di EMA-ROMA.
Dopo aver rivolto un saluto agli ospiti ed al pubblico, il Presidente ha letto un messaggio di augurio e di compiacimento verso il nostro operato inviato dall'On. Gianni Alemanno, Sindaco di Roma, impossibilitato a partecipare, quindi ha descritto i quasi 10 anni di attività della nostra Associazione, nata con il nome di EMA.S.F. (EMA San Filippo), partendo da ieri, settembre 2001, anno di nascita, 114 donatori, convenzione con un Ospedale, il San Filippo Neri, tuttora sede di EMA-ROMA, per arrivare ad oggi , convenzione con 3 Ospedali: San Filippo Neri, Santo Spirito, Regina Elena/ San Gallicano ed Aurelia Hospital, importante Clinica romana. Per questo motivo nell'ottobre 2007 l'Associazione assume la denominazione attuale, più consona alla sua operatività generalista. Già dal 2003, nel frattempo, l'Associazione si è dota di un sito internet, www.emaroma.it nel quale vengono elencati date ed indirizzi delle nostre raccolte esterne di sangue programmate, servizi riguardanti la nostra attività ed il mondo del settore sangue, notizie di attualità ed altre, assai apprezzate dai lettori, riguardanti il mondo della salute (patologie, nuovi farmaci, terapie, ecc) provenienti da Agenzie giornalistiche e giornali nazionali ed esteri. Il sito comprende una rubrica "newsletter" destinata agli attuali 2066 iscritti ai quali periodicamente vengono inviate notizie di particolare rilevanza.
Scopo della nostra Associazione è quello di:

  • Promuovere la donazione di sangue e contribuire al raggiungimento della autosufficienza dei Trasfusionale con i quali opera;
  • Tutelare il donatore ed il malato;
  • Collaborare con tutte le strutture del settore (i Trasfusionali, il CIVIS, composta da C.R.I. AVIS, FIDAS, FRATRES, il CNS, Centro Nazionale Sangue ed il CRS, Centro Regionale Sangue)

.
Con l'aiuto di immagini, quindi, ha elencato i numerosi Gruppi esterni, costituiti da Enti, Ministeri, Aziende, Forze Armate (Aeronautica, Esercito, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza) Parrocchie e Scuole, che contribuiscono in modo determinante a garantire le scorte di sangue necessarie all'autonomia dei Trasfusionali, altrimenti costretti, come talvolta succede, a gravosi acquisti esterni di sacche. Acquisti che risultano sempre più difficili da realizzare a causa della inarrestabile diminuzione della popolazione in grado di donare, quella compresa tra i 18 ed i 60 anni (65 per i donatori periodici) conseguente all'invecchiamento generale della popolazione degli ultra sessantacinquenni, che attualmente tocca il 20% del totale. Tale criticità non è compensata dall'afflusso di giovani donatori, distratti da altre ambizioni e non informati a sufficienza circa la necessità di donare periodicamente e non solo in occasione di particolari situazioni di emergenza.
E' seguita la cerimonia delle premiazioni dei 3 ori presenti , 40 donazioni per gli uomini e 20 per le donne, equivalenti a 10 anni di attività continua, degli oltre 40 argenti, 20 donazioni per gli uomini e 10 per le donne e dei circa 900 bronzi, 10 donazioni uomini e 5 per le donne. La consegna delle medaglie e degli attestati è stata eseguita da:

  • Dr. Fabio Armeni, Assessore alle Risorse Umane, Demanio e Patrimonio della Regione Lazio;
  • Padre Paolo Scarafoni, Rettore dell'Università Europea di Roma; sede dell'Auditorium;
  • D.ssa Amalia Allocca, Direttore Sanitario Aziendale dell'IRCSS Regina Elena/San Gallicano;
  • Prof. Giacomo Menichella, Direttore del Distretto dei Centri di Medicina Trasfusionale del Lazio Nord e Primario del Centro di Medicina Trasfusionale dell'Azienda Ospedaliera San Filippo Neri;
  • Dr. Luca Pierrelli, Direttore del Distretto dei Centri di Medicina Trasfusionale del Lazio Ovest e Primario del Centro di Medicina Trasfusionale dell'Azienda Ospedaliera San Camillo;
  • D.ssa Maria Laura Foddai, Responsabile del Centro Trasfusionale dell'IRCSS Regina Elena/San Gallicano;
  • Dr. Aldo Ozino Calligaris, Presidente Nazionale di FIDAS ITALIA.


Ognuno dei quali, contestualmente alle premiazioni, ha espresso al pubblico il compiacimento per il nostro operato e la propria opinione circa l'emergenza sangue e la convinzione che operando con compattezza ed organizzazione, il problema verrà risolto.
La manifestazione è stata allietata da due complessi musicali romani; il duo di voce e chitarra "Ricciotto e er Sor Capanna", che con la loro ironia "pasquiniana", hanno aperto e chiuso i lavori divertendo e coinvolgendo il pubblico, che ha partecipato attivamente, quindi il complesso di ottimo livello i "MOSBANDA, composto da 9 elementi, 8 fiati ed una batteria, che si sono esibiti in un repertorio composto da pezzi noti ed altri di loro composizione.
La serata è terminata alle 19,15 circa seguita da un buffet organizzato all'entrata dall'Auditorium.
EMA-ROMA ringrazia tutti partecipanti che hanno compensato gli sforzi profusi dagli organizzatori, ognuno nel proprio ruolo e spera, in un futuro non lontano, di inserire in programma la prossima edizione.


L'Auditorium dell'Ateneo gremito

Danilo Zuliani, presentatore e Attore.

Il Presidente EMA-ROMA V.Magalotti

Fabio Armeni, Assesore Risorse Umane, Demanio e Patrimonio della Regione Lazio

Amalia Allocca, Direttore Sanitario Aziendale dell'IRCSS, Regina Elena e San Gallicano

Padre Paolo Scarafoni, Rettore dell'Università Europea di Roma

Giacomo Menichella, Primario Centro di Medicina Trasfusionale del S.Filippo Neri e Direttore Dipartimento Centri Trasfusionali Lazio Nord

Luca Pierelli, Primario Centro di medicina Trasfusionale del San Camilloe Direttore Dipartimento Centri Trasfusionali Lazio Ovest

Aldo Ozino Calligaris, Presidente Nazionale di FIDAS ITALIA

Maria Laura Foddai, Responsabile Centro Trasfusionale Regina Elena e San Gallicano

L'Assessore Armeni premia una donatrice

Padre Paolo Scarafoni, premia una donatrice

La D.ssa Amalia Allocca, premia una donatrice

Il Dr. Pierelli premia una donatrice

La D.ssa Foddai premia una donatrice

Il Presidente Ozino premia una donatrice

Da sinistra, in alto. Vincenzo Magalotti, Presidente di EMA-ROMA, Giuseppe Avellino, PR di EMA-ROMA, Il Prof. Giacono Menichella, il Dr. Luca Pierelli. In basso, da sinistra la D.ssa Laura Foddai e la D.ssa Amalia Allocca.

il duo voce e chitarra "Ricciotto e er sor Capanna". Alle spalle, il complesso musicale "I MOSBANDA"
"Fotografie di RICCARDO FINOCCHI".
Il servizio fotografico è stato offerto gratuitamente dall'amico Riccardo, valente fotografo, assiduo donatore, nonchè creatore ed animatore del Gruppo "MYBUTTERFLY" composto da suoi amici che vengono periodicamente a donare all'IFO.
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CONSACRAZIONE DELLA NUOVA PARROCCHIA SAN PIO DA PIETRELCINA


Sabato 23 Ottobre, con inizio alle ore 18,00, è avvenuta la Consacrazione della nuova Parrocchia dedicata a San Pio da Pietrelcina, situata a Malafede, grande Confessore e santo molto amato e venerato dagli italiani. Pur essendo un edificio sacro, anche la Parrocchia, i cui lavori sono iniziati 3 anni fa, non si è sottratta al classico ritardo di esecuzione, provocando ansia e attesa nel Parroco, Don Alfio e nei fedeli del quartiere. Questo importante avvenimento, inoltre, cade proprio nell'anniversario dei primi dieci anni di attività della prima Parrocchia, vissuti in un appartamento sito a piano terra, dove si è formata e cementata la comunità religiosa del quartiere.
Chi come me, pur non essendo da tempo più giovane, non ha mai partecipato alla Consacrazione di una nuova Chiesa parrocchiale, non può immaginare l'importanza della cerimonia, che trasforma un edificio di cemento, ferro e marmi nella Casa di Dio e dei suoi fedeli, pur se nelle debite proporzioni, al pari di una cattedrale di fama mondiale. Oltre due ore di intensi avvenimenti sacri, accompagnati da uno splendido coro, celebrati da S.E. Cardinale Agostino Vallini, Vicario di Sua Santità per la Diocesi di Roma, coadiuvato da presbiteri, diaconi e ministri della Chiesa. Fuori intanto, nell'ampio sagrato, la banda musicale dei Vigili Urbani di Roma, dotata di ben 50 elementi, accoglieva i partecipanti, prima della cerimonia, salutandoli al termine esibendosi con grande bravura.
Non ci dilungheremo a commentare l'intervento augurale di S.E. Vallini, che ha fornito numerosi spunti di riflessione, ma ci limiteremo a sottolineare l'augurio, espresso pubblicamente, che il nome del quartiere, Malafede, così in antitesi con un avvenimento così sereno, assuma finalmente un nome più consono alla voglia di serenità che oggi pervade ognuno di noi, magari trasformandosi in Buonafede! Concetto che riteniamo possa essere condiviso da chiunque ami il proprio quartiere, a prescindere dalle sue tendenze religiose.
Sorto circa 10 anni orsono Malafede è un quartiere ubicato nelle vicinanze di Casal Palocco, ad ovest di Roma, al quale si arriva percorrendo la Cristoforo Colombo.

Da circa 3 anni In questa Parrocchia si è formato un Gruppo di Donatori Volontari di Sangue, gran parte dei quali associati ad EMA-ROMA, che per ben 3 volte all'anno, in affiancamento ai medici ed infermieri del Trasfusionale dell'IRE/ISG (IFO), realizza domeniche dedicate alla donazione di sangue con esiti davvero encomiabili. Una ragione in più perché il quartiere si chiami con un nome più augurale!

 


Il moderno Frontale della Parrocchia

Parte del frontale

L'Altare in marmo ed il Crocifisso, simboli universali di ogni Chiesa cattolica

Il Cardinale Agostino Vallini, procede alla Consacrazione della Parrocchia
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"Siamo entrati in contatto con uno degli ingegneri elettronici di Roma che da poco si sono costituiti in un Gruppo operativo con lo scopo di produrre, cosa che è avvenuta con pieno successo, un congegno elettronico capace di consentire ai portatori di "sclerosi laterale amiotrofica", la terribile SLA, che impedisce loro ogni movimento, di servirsi del computer utilizzando la vista. Colpiti da tanto ingegno, noi di EMA-ROMA, che fondiamo il nostro operato sulla solidarietà umana, abbiamo ritenuto utile e doveroso fornire ai nostri lettori che intendono saperne di più, il nome del loro sito: www.neuraleye.com. Riportiamo solo alcuni brani prelevati dal loro sito, quale introduzione a quanto pubblicato"

"Siamo un team di ingegneri elettronici di Roma, con esperienza nei settori dell’ingegneria elettronica e biomedica, dell’elaborazione digitale dei segnali e delle immagini, dell’Information and Communication Technology, con competenza relativa allo sviluppo e alla gestione di sistemi complessi e orientamento alle nuove tecnologie e mezzi di comunicazione.

Ci siamo incontrati un paio di anni fa e abbiamo unito la voglia di aggiornare le nostre conoscenze tecniche e l’esigenza di aiutare una persona affetta da sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

La SLA è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso, che colpisce i  neuroni responsabili dei movimenti. Mentre la possibilità di muoversi e di azionare altri muscoli viene man mano persa, una persona affetta da SLA mantiene perfettamente integra la mente senza riportare danni nè alla sua intelligenza, nè a nessuno dei suoi cinque sensi (vista, udito, odorato, gusto e tatto). Dato che il controllo dei muscoli oculari è la funzione più conservata, quando la malattia è in stato avanzato questi pazienti possono continuare a comunicare con i loro cari e i loro medici attraverso lo sguardo.

Abbiamo, quindi, ideato e realizzato un nuovo puntatore oculare (o eye-tracker), un dispositivo costituito da un computer collegato ad una telecamera, che consente di conoscere la posizione del punto osservato sul monitor e quindi ad esempio far muovere il cursore del mouse con gli occhi.

L’utente del computer non viene disturbato dal funzionamento del sistema (basato sugli infrarossi.........."

 

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ANCHE ALL'UNIVERSITA' EUROPEA DI ROMA SI DONA IL SANGUE.


Giovedì 25 novembre 2010. E' proprio di questa mattina, l'accordo stabilito con il Rettore dell'Università Europea di Roma, Padre Paolo Scarafoni, dove recentemente si è svolta la "Serata del donatore EMA-ROMA", per iniziare un programma di donazioni volontarie di sangue da parte degli studenti, dei docenti e del personale di quella Università. Il primo appuntamento, che si terrà in dicembre 2010, in data da stabilire, costituirà una sorta di presentazione del nostro programma, rivolta a tutta la popolazione studentesca, docenti inclusi, in occasione della quale verranno trattati i temi fondamentali della donazione di sangue: Solidarietà, Sicurezza, Salute. L'incontro, di tipo "interattivo", sarà tenuto da Giuseppe Avellino, Responsabile Pubbliche Relazioni di EMA-ROMA e da un medico del Centro Trasfusionale delll'IRCCS Regina Elena/S.Gallicano, partner di EMA-ROMA, in questa ed altre occasioni simili. La prima sessione di donazioni è stata fissata per mercoledì 19 gennaio 2011, la seconda per mercoledì 11 maggio, mentre per martedì 13 dicembre, data ancora da verificare, la terza ed ultima dell'anno. Il testo che segue, redatto dalla stessa L'Università Europea di Roma, descrive il prestigioso Ateneo in modo esauriente.

Scarica la presentazione dell'Università Europea di Roma
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PRIMA DONAZIONE DI SANGUE ALL’UNIVERSTITA’ EUROPEA DI ROMA E ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM


Preceduta da una riunione di sensibilizzazione rivolta a docenti, studenti e personale dell’Istituto, avvenuta il 13 Dicembre scorso ad opera di EMA-ROMA  e dalla divulgazione di informazioni e documentazione espressamente preparati, mercoledì 19 gennaio 2011 si è svolta la prima donazione di sangue organizzata da EMA-ROMA ed effettuata dai sanitari del Centro Trasfusionale dell’IFO.

Definirlo un successo è riduttivo. Non solo grazie alle numerose partecipazioni e per le tante sacche di sangue ottenute (ben 52!) ma anche e soprattutto, per l’atmosfera che ha pervaso l’ambiente destinato alle operazioni, scaturita da docenti, studenti laici e religiosi e personale dell’Istituto. Entusiasmo controllato e senso di appartenenza a una comunità solidale, il tutto condito da tanta allegria, come si conviene, o meglio, come si dovrebbe convenire, al mondo dei giovani. L’attesa di sdraiarsi in uno dei lettini per la sospirata e, talvolta temuta donazione, seppure più lunga del previsto, non ha distolto la ferma intenzione di donare il proprio sangue a chi, perfettamente sconosciuto, sopravvive grazie anche a questo gesto di vera Solidarietà umana. Da testimone volontario di EMA-ROMA, come non rilevare la trasparente consapevolezza di studenti laici e religiosi?  E, vera sorpresa, l’eterogeneità dell’ambiente composto da studenti italiani, alcuni provenienti da località lontane da Roma e da tanti giovani religiosi provenienti da tutto il mondo, soprattutto dall’America latina, a conferma della inarrestabile globalizzazione dell’attuale civiltà. La melodiosa e rapidissima lingua spagnola, parlata in modo impercettibilmente diverso, secondo il paese di appartenenza, da colombiani, cileni, spagnoli, filippini, comunque capaci di esprimersi in un italiano corretto, ha contribuito a trasformare l’Aula BT02, destinata alle operazioni di prelievo, in un padiglione dell’onu ma operoso, sereno e allegro!

EMA-ROMA ringrazia tutti in uguale misura. Grazie agli studenti italiani, i quali, avendo terminato il loro percorso accademico, si troveranno presto materialmente lontani dall’Università. A loro raccomanda di continuare, ovunque si trovino, a destinare alla solidarietà almeno un paio di azioni all’anno come quella appena fatta, magari convincendo amici, parenti e futuri colleghi a imitarli. Grazie ai donatori religiosi, che ci hanno impressionato per la loro spontaneità, per la sincerità della loro vocazione così trasparente, nonostante la durezza del loro lungo percorso accademico e per la loro costante allegria, che ha finito per coinvolgere chiunque. Chissà che tra loro, ora così giovani, non si nasconda un futuro Papa! Grazie ai docenti, come il prof. GAMBINO, che hanno fornito l’esempio donando a loro volta. Grazie alla Sig.ra BRUNA, che, insieme al figlio GIANLUCA, laureando, hanno donato il proprio sangue! Grazie ai collaboratori del Rettore, con particolare riferimento alla deliziosa ed efficiente Lorenza CANNARSA, che, oltre che donare, collabora, con l’incarico di “referente” dell’Istituto verso EMA-ROMA, al successo della manifestazione. Grazie a Padre Pedro BARRAJON, Magnifico Rettore dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, il cui intervento ha garantito la nutrita presenza di tanti giovani religiosi partecipanti ai corsi universitari. Un grazie particolare, infine, a Padre Paolo SCARAFONI, Magnifico Rettore dell’Università Europea, che ha contribuito con passione per il buon esito di questa iniziativa, fornendo il personale impegno alla divulgazione dell’avvenimento e che, a sua volta, ha donato il proprio sangue con serenità e convinzione, rimanendo costantemente presente alle operazioni protrattesi fino alle 13,30, malgrado le sue grandi responsabilità.

Arrivederci a mercoledì 11 maggio, data del prossimo appuntamento, nella convinzione che saremo ancora più numerosi, contando sul più antico, economico  ed efficace sistema di comunicazione: “il bocca a orecchio”.

Donazioni 2011

I prossimi due appuntamenti per il 2011 sono stati fissati per mercoledì 11 maggio e lunedì 5 dicembre. Le operazioni saranno precedute da interventi di sensibilizzazione e comunicazione effettuati da EMA-ROMA e dall’Istituto. Raccomandiamo fin d’ora a tutti quelli che vi parteciperanno di ricordare i seguenti aspetti importanti:

·         Documenti di riconoscimento

Portare con se un documento di riconoscimento indispensabile per legge per essere abilitati a donare (carta di identità, patente di guida, passaporto, soprattutto per i religiosi non italiani);

·         Alimentazione

Assumere una leggera colazione priva di grassi (niente latte e derivati, cappuccino, cornetti) composta da caffè o da te, o da orzo, o succhi di frutta debitamente zuccherati, accompagnati da un paio di fette biscottate. Al termine delle operazioni i donatori potranno consumare una colazione al Bar dell’Università, offerta da EMA-ROMA.

·         Frequenza delle donazioni

La donazione di sangue intero può essere effettuata:

Per le donne due volte all’anno;

Per gli uomini quattro volte all’anno.

L’intervallo minimo tra una donazione e l’altra deve essere di almeno tre mesi. Pertanto le donne che hanno donato a Gennaio, dovranno scegliere se donare a Maggio oppure a Dicembre. Per le donazioni in “aferesi”, da concertare con il Trasfusionale dell’IFO (06/52.666.999/2858) i tempi di attesa sono molto più brevi, in relazione al o ai componenti prelevati.

 


Punto comunicazione Bar

Punto di comunicazione Atrio

Giuseppe Avellino, PR di EMA-ROMA, con Padre Paolo Scarafoni, Rettore Magnifico dell'Università Europea di Roma

G.Avellino con il Prof. Gambino, Docente di Diritto Pubblico

Lorenza Cannarsa, referente dell'Università

Avellino e la Cannarsa al punto di comunicazione

Bruna e Gianluca, madre e figlio donatori
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Il sangue italiano è sicuro (leggete questo documento)


Servizio prelevato da www.fidas.it, Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue.

 

 

 Leggi il documento

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Donazione del sangue: tornano i volontari in servizio civile


"Sottoponiamo alla vostra attenzione due avvenimenti importanti che interessano il mondo del volontariato, pubblicati nal sito di FIDAS alla quale EMA-ROMA è federata fin dalla sua origine".

 

Dal 14 al 20 marzo 2011 torna la “Settimana di donazione del sangue dei volontari in Servizio Civile”. Organizzata dall’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, in collaborazione con il CIVIS ed il Centro Nazionale Sangue, la manifestazione intende sensibilizzare tutti i ragazzi e le ragazze che stanno effettuando l’anno di servizio civile, ad andare a donare il sangue presso i servizi trafusionali delle strutture ospedaliere e le unità di raccolta, nella settimana che ricorda l’istituzione del Servizio Civile Nazionale, avvenuta il 6 marzo 2001.


L’iniziativa sarà presentata nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi (il 9 marzo alle ore 12) alla presenza del Sen. Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega al Servizio Civile.

 

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IL VOLONTARIO


E’ opinione diffusa che se, solo per una ipotesi, in Italia si bloccasse improvvisamente il lavoro dei volontari, le conseguenze per molti settori del nostro Paese sarebbero assai gravi.  Basti pensare alla Protezione Civile ed a vari settori della Sanità, come in quello nel quale operiamo noi. E non solo.

EMA-ROMA, non fa eccezione a questa regola, ma, a differenza delle grandi organizzazioni, risente in modo importante della esiguità della propria equipe di volontari-operativi. Un esempio su tutti: per garantire le 78 uscite esterne per raccogliere sangue previste per il 2011 (con possibilità di evoluzione) alcune delle quali nei giorni festivi, alle quali si aggiungono due conferenze scientifiche organizzate in una Parrocchia romana, più i vari incontri di sensibilizzazione rivolti a donatori potenziali per la costituzione di nuovi “Gruppi”, necessiterebbero almeno 7/8 volontari operativi che a turno si suddividano i vari compiti. La realtà è diversa, poiché a molti appartenenti al nostro organico manca la disponibilità richiesta dal ruolo. Il tempo, oltre che la disponibilità, sono quindi alla base di certe decisioni.

Ecco perché il profilo del volontario è inevitabilmente quello di un “pensionato”, badando ben di non sminuirne la nuova posizione sociale.  Molti  di loro, infatti,  svolgono un ottimo lavoro nel “sociale” in qualità di volontari; chi non ne ha visti alcuni fuori dalle scuole elementari con le pettorine gialle, attenti a sorvegliare alunni e traffico. Moltissimi, poi, hanno un insostituibile ruolo di supporto all’interno della famiglia. Basti pensare al rapporto affettivo e formativo che questi instaurano con i nipoti, quando hanno la fortuna di averne.

Ma torniamo al nostro “volontario”.  Oltre all’entusiasmo, sentimento naturale  che contraddistingue chiunque presti solidarietà verso chi ha bisogno, il “nostro” deve avere una buona salute, autonomia di movimento (mezzi di locomozione) tempo disponibile, anche nei giorni festivi e, soprattutto, il sostegno e l’adesione della propria famiglia.

E’ a causa  di questa nostra fragilità strutturale che ci rivolgiamo a tutti coloro che guardano con simpatia al nostro movimento, pensionati e non, invitandoli a fare un passo avanti per entrare a far parte del nostro gruppo. Il lavoro è molto ma non complicato e oltre che risultare appassionante, garantisce notevoli soddisfazioni morali.

Così, come “Donare il sangue può salvare una vita”, come recita un nostro slogan,  anche far parte di EMA-ROMA, seppure indirettamente, contribuisce allo stesso risultato! Contattateci, ci contiamo.

 

Giuseppe Avellino - Responsabile Pubbliche Relazioni di EMA-ROMA

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I giovani FIDAS a lezione di comunicazione sociale


Durante il Meeting giovani FIDAS 2011, la Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale dell’Università Pontificia Salesiana di Roma è stata protagonista di un intervento di formazione che ha visto, nella mattinata del 19 marzo, l’alternarsi di Simonetta Blasi e Mirko Benedetti per una lettura critica della comunicazione sociale, considerandone le peculiarità, gli obiettivi, i limiti e le opportunità.

Ha iniziato i lavori Benedetti con una  panoramica sulla tipologia e le finalità della comunicazione sociale, completa degli attori, intesi sia come emittenti che riceventi.  Utilizzando una griglia classica relativa ai flussi di comunicazione,  Benedetti ha delineato le problematicità della comunicazione in  relazione ai target di riferimento, che non possono più semplicemente  essere individuati dai soliti parametri di segmentazione, bensì  devono fare i conti con i nuovi paradigmi che l’era digitale comporta. 

Puntuale ed esaustiva la carrellata di esempi di  pubblicità sociale legata al settore (soprattutto internazionali), che, partendo da una attenta analisi della ricerca “Observa 2009” sulla donazione del sangue, ha messo al centro dell’attenzione  l’opportunità di leggere i dati non solo come fredde statistiche, ma come elementi in grado di rivelare strategie  comunicative che consentano poi di rivolgersi a target mirati in  relazione ai comportamenti, piuttosto che secondo “cluster” socio demografici o psicografici.

A questa prima parte si è affiancata la  professoressa Blasi, che ha aperto una parentesi sul sistema  ‘classico’ della pubblicità, paragonato ad un flusso più snello  dettato dall’attuale scenario di comunicazione one-to-one e reso  possibile dalla crescente penetrazione dei personal media. Completando il quadro con le professionalità e le technicalities che  un’agenzia di pubblicità mette a disposizione dei suoi committenti  per assicurare l’efficacia della comunicazione, il testimone è poi  ripassato al dott. Benedetti, che ha sottolineato come il vero problema della  comunicazione sociale sia quello di riuscire a farsi sentire senza poter contare su budget adeguati. Così si è arrivati a  presentare alcune azioni di ‘guerrilla’ che fanno scattare  l’attenzione e poi, più specificatamente, a tracciare tutti quegli  elementi utili a comprendere che oggi ci si rende visibili attraverso gli “Hub” del Web, ovvero i grandi punti di snodo informativi.

La  presenza su piattaforme come motori di ricerca, unitamente alla frequentazione attiva di blog e social network  (Youtube, Twitter, Facebook), diventano  criteri indispensabili per superare la soglia critica e aumentare la  propria reperibilità e visibilità.

In chiusura dei lavori, la  professoressa Blasi ha tracciato una sorta di cornice di riferimento  del nuovo ‘sistema comunicazione’, un sistema dove il peso si è  spostato sulla capacità degli emittenti di fornire esperienze  aggreganti, di animare la conversazione, di indicare forti valori  guida e offrire simboli condivisibili. E soprattutto di dare spazio alle co-creazioni di quella crescente popolazione di internauti che non si può più solo considerare ‘un mercato da colpire’ e che  rivendica prepotentemente un ruolo attivo nella negoziazione dei  significati che fanno ‘società’.

Un ribaltamento di prospettive  che ha visto alternarsi spunti di riflessione ponderata a momenti  davvero esilaranti, accolti con gli applausi da un pubblico di oltre 200 giovani. Nel pomeriggio si è poi passati dalla  teoria alla pratica, e i ragazzi  -  assiduamente seguiti, fotografati e coordinati dai bravissimi  Alice e Federico - si sono divisi in gruppi di lavoro a cui sono  stati affidati 8 diversi project work che il team aveva preparato per  loro. Una fase di ‘learning by doing’ che sedimenta conoscenze e  scambi per una giornata di formazione creativa e memorabile, carica  di entusiasmo, coinvolgimento e soprattutto di eccellente qualità, umana e professionale.

 Paola Saraceno

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EMA-ROMA AL 50° CONVEGNO NAZIONALE FIDAS


Parma, 14 e 15 Maggio 2011

EMA-ROMA organizza un pullman da Roma. Leggi all'interno.

Chi è FIDAS

 

“Nel 1959 a Torino con atto notarile, Cesare Rotta dell' Associazione Donatori sangue Piemonte, Giovanni Faleschini dell' Associazione Friulana, Giobatta Ottonello dell'Associazione Ligure, Domingo Rodino di Cairo Montenotte e Luigi Marenco di Ovada costituirono la Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue - FIDAS.
Motore dell'iniziativa fu il Prof. Dogliotti che nell'immediato dopoguerra, fondò il gruppo Provinciale di Torino e diede poi vita all' Associazione Piemonte.

La Fidas è una federazione che agisce nell'interesse delle associazioni federate, rispettando le singole autonomie amministrative e gestionali, cura il coordinamento a livello nazionale e garantisce un apporto qualificato ad ogni iniziativa socio-politica ed umana, che impegna il volontariato italiano del sangue. Partecipa, si aggiorna ed informa sulle novità legislative, scientifiche e sanitarie, che riguardano i donatori ed il servizio trasfusionale”.

 

EMA-ROMA E IL CONVEGNO FIDAS – La sfilata

Fin dalla sua origine, settembre 2001, EMA-ROMA  ha aderito  a FIDAS, contribuendo da allora attivamente a tutte le iniziative da essa programmate, sia a livello nazionale che a quello regionale, tanto che il presidente di FIDAS Lazio oggi, è lo stesso Presidente di EMA-ROMA, cioè Vincenzo Magalotti.

Il Congresso Nazionale annuale, presieduto dal  Dr. Aldo Ozino Calligaris, costituisce il summa annuale della nostra attività di federati a FIDAS Lazio. E’ in quella occasione che il Consiglio nazionale stabilisce il nome della città dove l’anno seguente si svolgerà il prossimo Congresso, seguito dalla sfilata.

In quella occasione migliaia di donatori di tutte le Associazioni federate distribuite in 16 Regioni d’Italia, convergeranno nella città stabilita. La sede prescelta per il 2011 è Parma dove, da venerdì 13 a sabato 14 Maggio si svolgeranno i lavori congressuali culminanti con la splendida manifestazione di domenica 15.

Si tratta di una avvenimento di notevole portata sociale e morale, che vede una moltitudine composta da uomini, donne e bambini provenienti da tutte le latitudini del nostro paese, raggruppati ordinatamente in Associazioni e regioni di appartenenza, molti vestiti dei loro costumi regionali, sfilare per le vie della città in armonia, amicizia ed allegria, innalzando i loro labari e le loro insegne, accompagnati da bande musicali. Una vera festa!

Anche EMA-ROMA, al pari di tutte le altre Federate, ha deciso di costituire un gruppo di partecipanti che, partendo sabato 14 da Roma, a  bordo di un pullman, raggiungeranno Parma nella stessa giornata, per partecipare alla sfilata di domenica 15 e rientrare nello stesso pomeriggio.

 Una ulteriore prova di solidarietà che già ci unisce da tempo ogni qualvolta doniamo il nostro sangue. Questo gesto è reso ancor più importante dal fatto che si svolge nell’anno del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia.

Il programma allegato descrive nel dettaglio le operazioni previste.

Attiriamo la vostra attenzione sul fatto che la quota di partecipazione è di soli 50 euro a partecipante, grazie anche al fatto che EMA-ROMA si assume l’onere di compensare la differenza verso l’Agenzia di viaggi prescelta.

Una occasione da non perdere!

 

Scarica il programma completo

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Iperacidità gastrica: quando bisogna preoccuparsi


Da "SapereSalute"
07 Aprile 2011

Bruciori di stomaco occasionali non sono disturbi preoccupanti, ma se diventano un problema costante è indispensabile ricorrere all'uso di farmaci che limitino l'insorgere di problematiche più gravi.

Il bruciore di stomaco è un disturbo molto frequente. Se associato a un'abbuffata o, comunque, a un pasto un po' troppo pesante non deve destare troppe preoccupazioni. Ma se il problema si ripete spesso i danni alla parete gastrica possono essere gravi e il ricorso ai farmaci diviene indispensabile.

Quando lo stomaco è vulnerabile

La sensazione di bruciore allo stomaco associata all'iperacidità è dovuta a uno squilibrio tra fattori aggressivi (primi fra tutti i succhi gastrici) e le barriere difensive della parete gastrica.

Infatti nei succhi gastrici sono presenti acido cloridrico e pepsina, l'enzima responsabile della digestione delle proteine. Entrambi fattori che danneggerebbero la mucosa che riveste l'interno dello stomaco se questa non fosse ricoperta da una barriera protettiva, formata da muco e bicarbonato.

La produzione di altre sostanze protettive, come le prostaglandine, completa l'efficacia di questa barriera.

Esistono tuttavia fattori esterni che possono aumentare la produzione di succhi gastrici e ridurre i meccanismi di difesa. Farmaci gastrolesivi, stress, alcol, Helicobacter pylori e un'alimentazione scorretta espongono lo stomaco a rischio di danneggiamento.

Compare così la sensazione di bruciore che, a lungo termine, può portare a processi infiammatori (gastrite ed esofagite) o, nei casi più gravi, alla formazione di ulcere, cioè di erosioni e perforazioni della mucosa gastrica.

L'aggravarsi della situazione è accompagnato, oltre che dal bruciore, da dolori e crampi associati a rigurgiti, aerofagia e malessere generale, soprattutto dopo i pasti e durante la notte.

Come e quando correre ai ripari

L'iperacidità occasionale può essere risolta seguendo semplici regole alimentari: evitare pasti troppo abbondanti e mangiare regolarmente, limitando il consumo di cibi e bevande irritanti (come caffè, alcolici e piatti troppo speziati o grassi).

E, quando compare, può essere risolta utilizzando farmaci antiacidi a base di bicarbonati e alginati.

Se il problema diventa frequente, specie se è associato a lesioni o vere e proprie ulcere gastriche, reflusso esofageo, aumentata secrezione acida o danni associati all'uso di medicinali gastrolesivi, è meglio ricorrere all'utilizzo di farmaci antisecretivi.

A questa classe appartengono sia gli inibitori dei recettori H2, sia gli inibitori della pompa protonica (PPI). Tuttavia, i primi hanno una potenza d'azione limitata e non sono efficaci nel contrastare l'acidità gastrica del dopo-pranzo.

I PPI, al contrario, hanno un effetto antiacido maggiore e che dura per tutta la giornata. La loro azione consiste nell'inibire la produzione di acido da parte delle cellule della mucosa gastrica. Eliminando così alla radice la causa della sensazione di bruciore e la possibilità di danneggiamento della parete dello stomaco.

Attualmente in Italia sono disponibili cinque diversi PPI (omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo, rabrepazolo ed esomeprazolo), tutti utili per contrastare ulcere associate alla presenza di Helicobacter pylori e per il trattamento a breve termine dell'esofagite.

Per il trattamento prolungato delle ulcere Helicobacter-negative è, invece, consigliato il lansoprazolo, mentre per prevenire e trattare le lesioni da FANS sono utilizzati solo omeprazolo e lansoprazolo.

Silvia Soligon

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SUCCHI DI FRUTTA PURI EFFICACI QUANTO FRUTTI VERI


Aiutano nella prevenzione di alcune malattie tra cui i tumori

(AGI) - Washington, 11 apr. - I succhi di frutta possono essere salutari quanto i frutti stessi, a patto che siano puri al 100 per cento. Lo dimostra una review basata su piu' di 60 ricerche pubblicate negli ultimi 5 anni e presentata all'Experimental Biology meeting in corso a Washington. I ricercatori dell'Universita' della California a Davis hanno esaminato una vasta gamma di ricerche, da quelle in laboratorio ai trial sull'uomo, confermando che un'assunzione regolare di succhi di frutta ha potenziali benefici per diverse malattie croniche, da quelle cardiovascolari ad alcuni tumori. "Mentre e' universalmente accettato che frutta e vegetali sono protettivi, sui benefici dei succhi non c'e' molta chiarezza - ha spiegato Dianne Hyson, uno degli autori - ma un'analisi delle evidenze scientifiche fin qui accumulate suggerisce che i succhi al 100 per cento mantengono una serie di componenti bioattivi che promuovono una buona salute e la prevenzione di malattie". Fra gli effetti suggeriti dallo studio ci sono ad esempio la prevenzione delle infezioni urinarie promossa dal succo di mirtilli, o quella di alcuni problemi cognitivi legati all'eta' ottenuta con quello di mela o d'uva.
 

Inoltre predispongono positivamente alla donazione di sangue, poco prima dell'evento (EMA-ROMA)

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PER DIFENDERSI E' INDISPENSABILE UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE


PRIMO SOLE E PRIME 'SCOTTATURE'

Roma - Il sole primaverile invita a stare all'aria aperta, permette alla pelle di recuperare un aspetto bonne mine e fa svanire immediatamente il pallido colorito invernale. L'importante e' ricevere solo i benefici dell'esposizione agli UV ed evitare i danni del fotoaging assicurando al nostro organismo principi che rinforzano funzionalita' e difese dell'epidermide. Visi pallidi e imperfezioni possono presto cambiare grazie ai raggi solari della primavera, ma se l'intensita' del sole settembrino non ha l'efficacia dei raggi del sole in estate, a primavera il sole e' al suo massimo e per proteggersi da scottature inaspettate meglio correre ai ripari sin da subito. "Una corretta alimentazione e' indispensabile alla salute della pelle sotto il sole - spiega la dermatologa Riccarda Serri, presidente dell'associazione internazionale di ecodermatologia Skineco -.
  I cibi da privilegiare a questo scopo sono frutta e verdura di stagione: pomodori, rucola, peperoni, albicocche, melone, verdure a foglia verde. E poi pesce: dal salmone allo stoccafisso, tutti i prodotti ittici forniscono proteine magre e acidi grassi polinsaturi, i famosi Omega 3, che, oltre a difendere le membrane cellulari, veicolano le vitamine liposolubili consentendone l'assimilazione". La provitamina A (o betacarotene, concentrato in carote, albicocche e melone) mantiene la funzionalita' dei tessuti, ripara le cellule danneggiate dagli UV e favorisce un'abbronzatura omogenea; la B5 (acido pantotenico, concentrato nei semi di sesamo) protegge dai danni dell'eccessiva irradiazione; la C (presente nella frutta fresca, negli ortaggi come i pomodori e i peperoni, nel succo di limone) partecipa alla sintesi del collagene mantenendo tono e compattezza della cute; la E (superconcentrata nell'avocado e nel germe del grano) combatte i radicali liberi prodotti in condizioni di estrema luce e calore. Il menu' prendisole inizia quindi con un antipasto di frutta o verdura, per poi proseguire con un piatto di salmone accompagnato da ortaggi freschi di stagione. Gli Omega 3 contenuti nel pesce aiutano a mantenere l'elasticita' delle membrane cellulari. In particolare gli Omega3 si trovano in elevata quantita' in pesci cosi' detti 'grassi' come il salmone. Inoltre, il pesce fornisce iodio che giova alla pelle perche' contribuisce per via indiretta alla conversione del carotene in vitamina A. A completare il menu' entrano in campo altri ingredienti come frutta oleaginosa e spezie. Mandorle e pistacchi, infatti, sono ricchi di acidi grassi Omega 6 che mantengono la morbidezza e l'elasticita' dell'epidermide, mentre lo zafferano contiene un potentissimo antiossidante (l'acrocina) e lo zenzero protegge il DNA dai danni del sole.

Da "AGI SALUTE"

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Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Programma di autosufficienza nazionale del sangue e dei suoi prodotti per il 2010


Dal giornale di FIDAS ITALIA 

E' stato pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 82 del 9 aprile 2011 il decreto 20 gennaio 2011 del Ministero della Salute, con sui si emana il «Programma di autosufficienza nazionale del sangue e dei suoi prodotti per l'anno 2010». Il programma individua i consumi storici, i fabbisogni e i livelli di produzione necessari per l'autosufficienza regionale e nazionale del sangue e dei suoi prodotti, e definisce le linee di indirizzo per il monitoraggio della stessa autosufficienza e per la compensazione interregionale.

Nell'area dedicata alla normativa nazionale è stato inserito il decreto in oggetto. Di seguito i dati più significativi:

Il numero dei donatori di sangue in Italia

° 1.690.426
° 2.8% della popolazione totale
° 4.4% della popolazione tra i 18 e i 65 anni (stima al 1/1/2010)
° /1000 [18-65] popolazione

L’indice di donazione (numero di donazioni/anno)

Per il sangue intero in Italia è di 1,6 anche se gli uomini possono donare fino a 4 volte e le donne fino a 2. Il nostro paese risulta al di sotto della media europea.
Aferesi : 568.379
Donazioni totali : 3.166.684

L’indice nazionale di produzione di globuli rossi

Per 1.000 residenti/2009 risulta pari a 43,5, in linea con gli indici produttivi dei Paesi europei ad elevato sviluppo socio-economico. Tale indice, tuttavia, presenta una variabilità fra Regioni molto elevata, con un range da 24,7/1.000 abitanti/anno della Campania a 58,7 dell’Emilia Romagna. In linea generale, ad eccezione di Marche, Sardegna e Molise, tutte le Regioni del centro-sud presentano un indice al di sotto della media nazionale, mentre le regioni del centro-nord, ad eccezione della Provincia di Trento, si collocano al di sopra della media nazionale

Emocomponenti

Prodotti : 7.340.410
Trasfusi : 3.400.693 (9.317/die)

Autosufficienza

L’autosufficienza nazionale di componenti labili del sangue è stata garantita fin dal 2003 attraverso trasferimenti pianificati e/o occasionali tra le regioni. Esiste infatti una sostanziale disparità tra diverse regioni in merito all’autosufficienza, ed alcune regioni, principalmente quelle insulari vengono sistematicamente sostenute dalle altre. L’autosufficienza nazionale di componenti stabili del sangue varia per ogni prodotto. Nell’anno 2010  per quanto concerne la produzione di plasma da avviare alla produzione industriale, a fronte di una quantità programmata di 698.275 Kg, il sistema sangue nazionale ha centrato l’obiettivo consegnando all’azienda farmaceutica convenzionata 722.017 Kg di plasma.

La produzione di farmaci da plasma nazionale, ottenuti “in conto-lavorazione”, garantisce un livello di autosufficienza nazionale diversificato per singolo prodotto, con il livello più elevato (circa 70% medio) ascrivibile alle immunoglobuline aspecifiche per uso endovenoso.

Esistono notevoli differenze tra le regioni nella produzione di plasma per frazionamento: tutte le regioni insulari e del sud, sono significativamente al di sotto della media nazionale.

Un solo e breve commento da parte di EMA-ROMA: "C'è tanto lavoro da fare, soprattutto
tanta comunicazione attraverso i media, che al momento quasi non esiste"
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UNA MELA AL GIORNO LEVA MEDICO DI TORNO, VERO


Lo conferma uno studio americano

Washington - E' proprio vero che una mela al giorno leva il medico di torno. Almeno nelle donne, stando ai risultati di uno studio dell'Università della Florida presentato in occasione di una conferenza dal titolo 'Experimental Biology' a Washington. I ricercatori hanno riscontrato infatti che le donne che seguono la dieta di una mela al di possono avere un colesterolo 'cattivo' basso di quasi un quarto già in sei mesi, oltre che avere un peso forma migliore. Per arrivare a questi risultati lo studio ha coinvolto 80 donne tra i 45 e i 65 anni d'età, invitate a mangiare 75 grammi di prugne secche al giorno per un anno e altre 80 invitate a mangiare la stessa quantità di mela essiccata in aggiunta alla dieta normale. I ricercatori hanno prelevato campioni di sangue sia all'inizio dello studio che dopo 3, 6 e 12 mesi. "I cambiamenti nelle donne - ha detto Bahram Arjmandi, scienziato che ha coordinato lo studio - sono stati incredibili". Coloro che hanno mangiato la dose stabilita di mela hanno mostrato una riduzione del 23 per cento del colesterolo LDL, quello conosciuto anche come 'colesterolo cattivo'. Le stesse donne sono risultate avere anche livelli più bassi di biomarcatori associati a malattie cardiache, come la proteina C-reattiva. Inoltre, hanno perso in media 1,5 chilogrammi. E' già noto da tempo che le mele sono considerate una buona fonte di fibre ma ora, con questo nuovo studio si sono aggiunti altre informazioni riguardanti i benefici per la salute di questo frutto.

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GIORNATA DEL DONATORE AVC


Domenica 10 aprile

 

 

Il gruppo donatori di sangue AVC costituisce, con i suoi oltre 120 iscritti attivi, ormai una bellissima realtà nel settore della donazione di sangue del nostro territorio e per questo    l’ Associazione Volontari per Cesano “AVC” ha voluto dedicare a tutti i suoi componenti, una giornata speciale.

La giornata ( organizzata e sponsorizzata dall’AVC )  a cui hanno partecipato circa 110 persone, tra donatori/donatrici e loro familiari è stata caratterizzata da una magnifica visita alle bellezze storico-artistiche della città di GUBBIO (PG).

All’evento erano presenti: i capigruppo (Maurizio A. e Antonio G.), i rappresentanti del nostro Gruppo Giovani (Marco,  Valeria e Annalisa) e i Presidenti Giancarlo Soccorsi (AVC ) e Vincenzo Magalotti (EMA-Roma).

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Matera, 18/19/20 Marzo 2011: Meeting FIDAS Giovani.


Corrispondenza da Marco Ardito, coordinatore Gruppo Giovani di EMA-ROMA, delegato al Gruppo Giovani FIDAS Lazio.

 

Come tutti gli anni,anche quest'anno la FIDAS Nazionale si è fatta garante dell'organizzazione dell'ennesimo meeting "FIDAS giovani".
Oltre ad essere un'occasione di socializzazione tra i ragazzi delle varie federate italiane,vuole (e deve) essere un'occasione di formazione per noi giovani.
Ha un duplice scopo:
-il primo, quello più importante, è cercare di trovare soluzioni sulla continua emergenza di sangue che abbiamo in Italia ed Europa, cercando il più possibile di coinvolgere ragazze e ragazzi a donare il sangue.
-il secondo è quello di permetterci i fare esperienza, essendo gli "adulti del futuro", per consentire un ricambio generazionale dei volontari all'interno dell'associazione.
Quest'anno la città che ci ha ospitato è stata Matera, la famosa "città dei sassi",patrimonio dell'UNESCO e candidata come città della cultura europea per il 2019.
La 3 giornate a Matera sono state caratterizzate da un calendario abbastanza fitto di impegni dove i vari relatori, che si sono alternati, hanno messo al centro del loro discorso temi inerenti alla comunicazione oltre che a nozioni generali sulle donazioni.
Dopo i saluti di apertura da parte del comitato organizzativo di FIDAS Basilicata,l'intervento che ha rotto il ghiaccio e, di fatto, ha dato via a questi tre giorni è stato quello di Niels Mikkelsen segretario generale FIODS(Federazione Internazionale Organizzazione Donatori di sangue).
Oltre a rinnovare l'invito a donare, ha mostrato la situazione, a livello europeo, riguardo la donazione del sangue.
Ha evidenziato come tutte le Nazioni dovrebbero essere autosufficienti da questo punto di vista,ma che non lo sono,perchè non viene promosso abbastanza,da parte dei governi,lo sviluppo delle donazioni di sangue.
Questo significa che i governi dovrebbero essere responsabili e garantire una quantità di sangue idonea alle esigenze.
Ha illustrato come ancora oggi ci siamo due tipi di sangue:
-il cosiddetto "sangue pagato",dove il prodotto è coperto dal diritto di proprietà e dalle regole di vendita.
-il sangue donato,che è esente dalle regole di proprietà e di mercato ed è un gesto volontario,anonimo e gratuito.
Molti si troveranno a pensare che il" sangue pagato" sia un fatto raro, invece paesi come la Germania,la Repubblica Ceca ed in parte anche gli USA pagano i donatori per la donazione di sangue,per poi rivenderlo ai paesi bisognosi.
Inoltre ha concluso sul fatto che si sta lavorando a standard di sicurezza uguai per tutti i paesi Europei.
A seguire c'è stato l'intervento del Dott. Aldo Ozino Calligaris. Presidente della FIDAS Nazionale,che ci ha fornito una presentazione sui dati italiani delle donazioni di sangue.
Da questi si è potuto evincere che :
-c'è stato un incremento del 4% di giovani donatori
-si son fatte più di 85 milioni di donazioni
Inoltre ha rinnovato l'invito a fare donazioni di sangue in modo responsabile e volontario,secondo gli standard dati dall'EBA (European Blood Alliance) che stabilisce di fare donazioni in maniera non remunerata.
Inoltre la donazione di sangue dovrebbe essere volontaria,anonima e gratuita,come illustrato già in precedenza da Mikkelsen, ma sappiamo che non è cosi.
La giornata successiva sono stati affrontati problemi inerenti alla comunicazione e i vari spunti per ottenere una buona campagna pubblicitaria.
Il primo intervento è stato quello del portavoce del 3° settore,Andrea Oliviero.
Lo scopo del volontario,e quindi del volontariato,non deve essere solo quello di fare del bene,ma quello di costruire un certo modello di società.
Questo perchè la capacità di collaborare con gli altri dà una "valenza politica" molto particolare:permette la crescita della società attraverso un impegno costruttivo.
Ha evidenziato come i giovani donatori portino entusiasmo, ma anche come questo talvolta non basti per assorbire le "delusioni" che possono intralciare il percorso del volontariato.
Per questo bisogna affiancare all'entusiasmo la tenacia così che grazie a questo binomio riusciremo ad andare avanti!

Il secondo intervento è stato quello di Carmen Lasorella nota giornalista televisiva,che ha parlato della comunicazione sociale in Europa.
Dopo tutto un discorso improntato sulla divulgazione delle notizie tramite social network come facebook e twitter, ha voluto mettere in risalto che bisogna avere strutture che facciano diventare il volontariato una sorta di lavoro, ovvero darne conoscenza e metterlo al centro di qualcosa di costruttivo.
Arriviamo poi all'ultimo intervento fatto dalla prof. Simonetta Blasi (docente di teoria e tecnica della pubblicità-facoltà di scienze della Comunicazione Sociale dell'Università Pontificia Salesiana di Roma e da Mirko Benedetti ( Direzione Comunicazione e Editoria ISTAT),che ci hanno illustrato come promuovere una campagna pubblicitaria.
Dopo il loro intervento sull'organizzazione di una campagna pubblicitaria, ci hanno stimolato a risolvere i problemi inerenti all'organizzazione di eventi,assegnandoci dei progetti.
L'assemblea giovani è stata divisa in 8 gruppi nei quali dovevano affrontare un problema diverso.
I risultati sono stati ottimi,sono venute fuori tantissime idee da attuare con tantissimi spunti che ogni federata prenderà in considerazione per gli eventi da organizzare in futuro.
Il meeting si è concluso con l'assemblea FIDAS giovani tenutasi la domenica mattina.
Discussi ed  approvati tutti i punti all'ordine del giorno abbiamo chiuso i lavori con la promessa di rincontrarci a Parma per la giornata FIDAS ancora più numerosi

 

 

Il coordinatore del gruppo giovani

MARCO ARDITO

 

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Reflusso gastroesofageo: le terapie


Reflusso gastroesofageo: le terapie

La risalita del contenuto dello stomaco nell'esofago oltre a essere un disturbo fastidiosissimo, può creare gravi danni. Scegliere il rimedio più adatto è indispensabile per evitare conseguenze.

Nella malattia da reflusso la presenza di acido nell'esofago è dolorosa, porta a infiammazione e causa la formazione di vere e proprie ferite.

Se la problematica non viene affrontata in tempo può estendersi anche al di fuori dell'apparato digerente irritando la faringe, le corde vocali e l'apparato respiratorio. Ma scegliendo il farmaco corretto i danni possono essere efficacemente limitati.

Quando arriva il momento di agire

Nelle situazioni meno gravi il reflusso si verifica solo in particolari occasioni, per esempio dopo un pasto pesante, se si fuma troppo o se ci si sdraia subito dopo aver mangiato. In questi casi evitare alcuni alimenti e smettere di fumare può essere sufficiente a risolvere i disturbi.

Se i sintomi hanno una frequenza ricorrente, invece, bisogna correre ai ripari mediante l’utilizzo di farmaci specifici. Per evitare l'insorgenza di complicazioni come l'esofagite, la stenosi esofagea e l'esofago di Barrett è bene associare a una correzione dello stile di vita l'utilizzo di farmaci specifici.

I farmaci utili per i sintomi da reflusso

I farmaci utilizzati per il trattamento dei sintomi da reflusso comprendono gli H2 antagonisti e gli inibitori di pompa protonica. I primi bloccano la produzione di acido nello stomaco inibendo i recettori per l'istamina. I più utilizzati sono la cimetidina, la ranitidina, la famotidina e la nizatidina.

Questi farmaci controllano il bruciore di stomaco, ma sono meno efficaci degli inibitori di pompa protonica. Inoltre, l'intensità della loro azione è limitata e non compensa sufficientemente l'acidità gastrica che si instaura dopo i pasti.

Per questo i rimedi più adatti e utilizzati sono gli inibitori della pompa protonica o IPP (omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo ed esomeprazolo).

Anche queste molecole inibiscono la secrezione acida nello stomaco, ma la loro azione, diretta contro l'attività della pompa protonica, è più forte e prolungata rispetto a quella degli H2 antagonisti e permette una copertura di 24 ore con una sola somministrazione al giorno.

Per questo sono particolarmente indicati nelle situazioni più gravi, anche quando vi siano già delle complicanze, come un'esofagite. Per ottenere un risultato ottimale devono essere assunti preferibilmente al mattino, a digiuno, prima della colazione. Sono farmaci sicuri e ben tollerati dal paziente.

Da "Sapere Salute"
26 Aprile 2011
Silvia Soligon
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Mandelli: La carenza di sangue è catastrofica


Da "Roma Salute"

 

L’ematologo e presidente dell'Associazione italiana contro le leucemie e i linfomi (Ail) denuncia la situazione nella capitale. La carenza di sangue e' un problema noto, ma nelle grandi citta' la piaga "e' ancora piu' allarmante. In particolare a Roma, dove la situazione e' catastrofica".

La denuncia arriva da Franco Mandelli, ematologo e presidente dell'Associazione taliana contro le leucemie e i linfomi (Ail), intervenuto oggi nella Capitale per presentare l'adesione di Conad e Nazionale italiana cantanti di calcio ad un progetto di asssistenzadomiciliare."Il sanguemanca maledettamente - spiega Mandelli in un accorato appello - e questo capita specialmente nelle grandi citta', Roma piu' di tutte". Il sollecito dell'ematologo arriva a poche settimane dall'inizio dell'estate, periodo tradizionalmentecritico per la carenza di sangue."La cultura della donazione non puo' essere abbandonata, ma  lanciata continuamente”, conclude Mandelli.

Proprio la promozione e la sensibilizzazione al volontariato e alla donazione è l'obiettivo del protocollo d'intesa siglato oggi tra ANCI, Federsanita' e AVIS. Alla firma hanno partecipato il presidente di ANCI, Sergio Chiamparino, il presidente di Federsanita', Angelo Lino Del Favero, e il presidente di AVIS Nazionale, Vincenzo Saturni. L'Associazione Volontari Italiani Sangue, con oltre 1.200.000 soci donatori e piu' di 3.200 sedi territoriali e' oggi la principale associazione di volontariato italiano del sangue. Il protocollo d'intesa impegna le tre realta' a attuare ricerche e studi congiunti, l'invio di giovani in stage presso le sedi AVIS, la predisposizione di lettere per i dipendenti e gli amministratori pubblici per invitarli a diventare donatori e una comunicazione ai ragazzi che diventano maggiorenni. "L'autosufficienza di sangue ed emocomponenti - dichiara il presidente di AVIS, Vincenzo Saturni - e' un obiettivo irrinunciabile per garantire la salute della nostra popolazione. Per arrivarci e' fondamentale l'impegno di tutti. Ecco perche' riteniamo di grande importanza l'accordo con ANCI e Federsanità". "Il rapporto fra Comuni e Avis non nasce adesso - sottolinea il Presidente ANCI Sergio Chiamparino - ma si e' andato costruendo negli anni. Il protocollo che firmiamo oggi, nella sostanza, vuole mettere a sistemauna collaborazione che e' cresciuta spontanea e che auspichiamo possa essere sempre piu' rafforzata.
L'obiettivo finale e' comunque quello di non fare cadere l'attenzione su di un tema importante, la donazione del sangue, favorendo la crescita di una cultura della donazione anche, se non soprattutto, fra le giovani generazioni".
"Questo protocollo - afferma il Presidente di Federsanita' Angelo Lino Del Favero - ha la peculiarita' di coniugare
vocazioni specifiche dei tre soggetti concorrendo ai fini istituzionali del Servizio Sanitario Nazionale. Infatti, la
promozione e lo sviluppo della donazione organizzata di sangue; la tutela dei donatori; la realizzazione di progetti di
sensibilizzazione alla cultura della solidarieta' e del dono, e, accanto a tutto questo, la promozione della salute e degli stili di vita sani e positivi tra la popolazione, sono tratti fondamentali di una salute praticata nei suoi aspetti piu' quotidiani".

 

Da anni EMA-ROMA afferma le stesse cose. Da anni EMA-ROMA cerca di stabilire un rapporto consultivo con le istituzioni della Regione Lazio, arrivando persino a proporre un documento base sul quale elaborare insieme un piano strategico contenente persino alcune idee per una campagna informativa continuativa. Tutto inutile. Il risultato? Non passa giorno che nel Lazio e a Roma in particolare, vengano rinviati interventi chirurgici per mancanza di sangue! Non passa giorno che non si ricorra al telefono per invocare l'aiuto dei donatori periodici, informandoli ancora una volta che è di nuovo "Emergenza Sangue"!

Malgrado tutto ciò EMA-ROMA continua ogni giorno la sua promozione illudendosi che finalmente anche nel Lazio si giunga (ma presto!) ad un programma intenso e ben congegnato elaborato da esperti, che allontani definitivamente ogni Emergenza Sangue!  

La Redazione del Sito

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Piastrine di corsa


Alla Asl di Siena grazie alla collaborazione tra l’Ortopedia diretta da Domenico Tigani e l’Immunoematologia trasfusionale, diretta da Vittorio Fossombroni, è stato messo a punto un particolare gel piastrinico dal sangue degli stessi pazienti.

Roma, 10 maggio 2011 - Il ginocchio è un’articolazione molto complessa, nella quale la cartilagine svolge una funzione fondamentale nell’assorbire le sollecitazioni più disparate come la torsione, la compressione e l’attrito. Si tratta quindi di forze ripetute, per cui non c’è da meravigliarsi se le lesioni degenerative o traumatiche siano un problema assai frequente e di non facile soluzione.

La cartilagine, oltre a una particolare fisiologia, deriva il suo nutrimento dal liquido sinoviale, per cui degenera molto facilmente. I ricercatori sono impegnati nella realizzazione di metodiche di intervento per la risoluzione delle lesioni del ginocchio.

Gli ultimi studi dimostrano come il gel piastrinico intra-articolare possa rappresentare una nuova opzione terapeutica, per cui presso l’Azienda ospedaliera universitaria di Siena, in accordo alla esperienza di altri centri ortopedici italiani, dal 2009 ho intrapreso, con tale metodica, la nuova possibilità di cura delle condropatie articolari del ginocchio e della caviglia.

Grazie alla collaborazione tra l’Ortopedia diretta da Domenico Tigani e l’Immunoematologia trasfusionale, diretta da Vittorio Fossombroni, è stato messo a punto un particolare gel piastrinico dal sangue degli stessi pazienti. La preparazione viene coordinata da Antonia De Fecondo, che ha ottenuto, con la collaborazione del suo staff infermieristico, un prodotto a elevata concentrazione di piastrine e globuli bianchi. In passato avevamo già utilizzato i fattori di crescita per il trattamento di pseudoartrosi dello scafoide carpale e dei ritardi di consolidazione delle fratture.

Incoraggiato dai risultati ho intrapreso quindi la nuova strategia di prevenzione e cura delle condropatie. I pazienti vengono sottoposti a infiltrazioni intra-articolari che possono essere ripetute, a cicli di quattro, fino alla scomparsa del dolore e al pieno recupero funzionale. Tale concentrato leuco-piastrinico ha un’ottima efficacia trofica, analgesica e rigenerativa.

I risultati ottenuti mi convincono a proseguire nella strategia di prevenzione e cura con gel piastrinico per il trattamento conservativo di pazienti medio giovani, pur rimanendo, ancora oggi, nell’artrosi conclamata, l’intervento chirurgico il trattamento di elezione.

In conclusione, le linee di ricerca e applicazione sono varie e stimolanti, ma i risultati attuali, seppur buoni, devono essere valutati con molta attenzione. Scopo dei prossimi studi sarà dunque quello di evidenziare quale tra i vari e numerosi fattori di crescita sia più coinvolto nel processo di guarigione delle lesioni condrali e osteocondrali.

di Enrico Bonci



Da “Quotidiano Salute. it”

 

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CENSIS: PRECARIETA' E INCERTEZZA SOCIALE MINANO LA CULTURA DELLA DONAZIONE DEL SANGUE


“Il crescere e il dilagare dell'incertezza nella società possono minare i fondamenti stessi della cultura della donazione di sangue”. L'attitudine alla donazione è, infatti, più tenue in quelle fasce di popolazione che si percepiscono più deboli, sotto il profilo non solo sanitario, ma soprattutto sotto quello sociale ed economico: chi in generale rimane fuori dal mondo del lavoro, non riesce a sentirsi nella posizione di poter dare.

Per questo la donazione può crescere dove cresce l’inclusione sociale, soprattutto per i giovani, di cui c’è gran bisogno, e per le donne, che costituiscono un collettivo ancora sottostimato tra i donatori di sangue. Queste le conclusioni, inedite e sorprendenti, dell’indagine della Fondazione CENSIS commissionata dalla FIDAS e presentata oggi, in apertura del Congresso Nazionale FIDAS in corso a Parma, dalla dott.ssa Carla Collicelli, vice direttore dell'istituto.

 

PROFILO DEI DONATORI. I dati suggeriscono che a donare sono soprattutto le persone attive nel tessuto produttivo del Paese. I donatori di sangue occupati risultano il 74,7% di tutti i donatori, mentre gli inattivi (casalinghe, pensionati, studenti) rappresentano il 21%. Considerando inoltre che i giovani sono una componente della popolazione destinata a ridursi nei prossimi decenni, e che l’invecchiamento della popolazione farà aumentare il bisogno di sangue, l’autosufficienza raggiunta dall’Italia è un traguardo che non può più esser dato per scontato. Da qui l’importanza della rilevazione CENSIS, compiuta fra i donatori aderenti alla federazione FIDAS, ai fini delle azioni da intraprendere per assicurare anche in futuro l'autosufficienza.

 

DIFFERENZE DI GENERE E FASCE DI ETA.'Benché di norma le donne possano donare sangue intero non più di 2 volte l’anno (contro le 4 degli uomini), l'aumento delle donatrici rappresenta un obiettivo fondamentale da raggiungere. Solo il 31,2% dei donatori periodici è costituito oggi, infatti, da donne, contro il 68,8% di uomini. Il CENSIS osserva poi tra i donatori una minore incidenza di adulti tra i 45 ed i 65 anni, che rappresentano il 32,7% del campione ma sono il 40,7% della popolazione italiana di riferimento. I giovani sotto i 29 anni, invece, sono il 20,3% dei donatori, a fronte del 18,4% di tutta la popolazione.

 

MOTIVAZIONI.Fra le ragioni che inducono alla prima donazione, al di là dell'altruismo, prevale la possibilità di tenere sotto controllo il proprio stato di salute (60,3% del campione); seguita dall’avere amici che donano regolarmente (42,8%) e dalla consuetudine familiare per il 32,8%.

 

“L’indagine commissionata al CENSIS è una fotografia dello stato della donazione in Italia, – spiega Aldo Ozino Caligaris, presidente nazionale della FIDAS -, che ci offre indicazioni importanti riguardo ai settori dove andare ad operare e sulle modalità con cui attrarre nuovi soggetti alla donazione del sangue”.

 

 

INFO: Massimo Angeli (Addetto stampa) 339.3767579 angelim@tiscalinet.it Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Ufficio stampa FIDAS: Dir. Franco Ilardo - Resp. Comunicazione: Bernadette Golisano

Tel.06/6837301/68210749 fax 06/68309492 ufficiostampafbf@gmail.com
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LA PRECARIETA’ MINA ANCHE LA CULTURA DELLA DONAZIONE


Ecco cosa ha scritto ROMA Salute News a proposito di Precarietà della Donazione, trattata al Congresso Nazionale FIDAS conclusosi a Parma il 15 Maggio.

Più poveri, più incerti del futuro e perciò meno generosi. Anche nel donare il sangue. Sconfortanti i dati dell'indagine della Fondazione Censis commissionata dalla Fidas e presentata oggi, in apertura del Congresso nazionale della federazione dei donatori in corso a Parma. Le fasce di popolazione che si percepiscono piu' deboli, sotto il profilo non solo sanitario, ma soprattutto sotto quello sociale ed economico non riescono a sentirsi nella posizione di poter dare agli altri. Questa ricerca, pero', dimostra anche che la donazione puo' crescere dove aumenta l'inclusione sociale, soprattutto per i giovani e per le donne. I dati, tracciando il profilo del donatore, confermano che a donare sono soprattutto le persone attive nel tessuto produttivo del Paese. Gli occupati risultano il 74,7% di tutti i donatori, mentre gli inattivi (casalinghe, pensionati, studenti) rappresentano il 21%. Considerando inoltre che i giovani sono una componente della popolazione destinata a ridursi nei prossimi decenni, e che l'invecchiamento della popolazione fara' aumentare il bisogno di sangue, l'autosufficienza raggiunta dall'Italia e' un traguardo che non puo' piu' esser dato per scontato, si legge in una nota Fidas. Da qui l'importanza della rilevazione Censis, realizzata fra i donatori aderenti alla federazione Fidas, rispetto alle azioni da intraprendere per assicurare anche in futuro l'autosufficienza. Benche' di norma le donne possano donare sangue intero non piu' di 2 volte l'anno (contro le 4 degli uomini), l'aumento delle donatrici rappresenta un obiettivo fondamentale da raggiungere. Solo il 31,2% dei donatori periodici e' costituito oggi, infatti, da donne, contro il 68,8% di uomini. Il Censis osserva poi tra i donatori una minore incidenza di adulti tra i 45 ed i 65 anni, che rappresentano il 32,7% del campione ma sono il 40,7% della popolazione italiana di riferimento. I giovani sotto i 29 anni, invece, sono il 20,3% dei donatori, a fronte del 18,4% di tutta la popolazione. Fra le ragioni che inducono alla prima donazione, al di la' dell'altruismo,  prevale la possibilita' di tenere sotto controllo il proprio stato di salute (60,3% del campione); seguita dall'avere amici che donano regolarmente (42,8%) e dalla consuetudine familiare per il 32,8%. "L'indagine commissionata al Censis e' una fotografia dello stato della donazione in Italia - spiega Aldo Ozino Caligaris, presidente nazionale della Fidas - che ci offre indicazioni importanti riguardo ai settori dove andare ad operare e sulle modalita' con cui attrarre nuove persone e categorie alla donazione del sangue".

 

”Più poveri, più incerti del futuro e perciò meno generosi; siamo d’accordo, ma anche meno informati circa  il perché, come e dove  donare il sangue, affermiamo da sempre, noi di EMA-ROMA”.

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50° CONGRESSO FIDAS


II 13 e il 14 maggio 2011 si è svolto a Parma il 50° Congresso Nazionale FIDAS,  al termine del quale, nella giornata di domenica 15, circa 20 mila donatori di sangue volontari, appartenenti alle Associazioni Federate FIDAS provenienti da gran parte delle regioni d’Italia hanno partecipato alla tradizionale sfilata. Il Lazio era presente, oltre che con i delegati regionali, anche con quaranta componenti dei seguenti Gruppi:

 Piglio”, “DO.SA.VO” di San Cesareo,” A.V.C”. di Cesano,  Gruppo Giovani “EMA ROMA”, “Carla Sandri”, e “Università Europea di Roma”, rappresentata dalla Dottoressa Lorenza Cannarsa.

I primi due giorni di congresso hanno impegnato i delegati a trattare argomenti centrali alla nostra attività, compresa la nomina dell’Ufficio di Presidenza, le attività connesse con il bilancio della federazione, consuntivo e preventivo, nonché con la designazione della sede congressuale per il 2012, la cui scelta è caduta su Genova, città industriale, sede di un grande porto marittimo e di un Museo del Mare di fama mondiale, che avrà un ruolo importante in sede Congressuale. La data è da definire, ma noi contiamo fin d’ora di partecipare, magari anche più numerosi. Torneremo sull’argomento in tempo utile per organizzarci a dovere.

Come già riferito, a chiusura dei lavori del congresso e malgrado una pioggia battente che non ha scoraggiato i partecipanti, domenica mattina 15 maggio per le vie della città di Parma si è svolto un lungo corteo composto dai gruppi di donatori di tutte le federate FIDAS d’Italia, molti dei quali in costumi regionali, con la partecipazione di bande musicali, sbandieratori e tanta allegria e orgoglio di far parte di un movimento mosso solo della solidarietà umana. Il corteo si è concluso nelle ex scuderie ducali dove, dopo brevi allocuzioni delle autorità intervenute, si è svolta la Santa Messa del donatore.

E’ stata un’esperienza molto bella che ha consentito ai diversi gruppi del Lazio di aggregarsi, socializzare e di manifestare l’ideale comune di aiutare il prossimo mediante la donazione del proprio sangue. Sono certo che nel futuro riusciremo a rafforzare questi vincoli di amicizia e ad elevare ai giusti ranghi la FIDAS LAZIO.

 

Maurizio ARDITO

Capo Gruppo  A.V.C.

Donatori  di Sangue Volontari di Cesano

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Incontro EMA-ROMA, medici e Parrocchiani



 

 

 


 

 

 

PARROCCHIA SAN PIO DA PIETRELCINA

               Via Paolo Stoppa, 10 - Sabato 4 giugno 2011, ore 17,00

 

Incontro EMA-ROMA, medici e Parrocchiani sul tema:

“Alimentazione equilibrata per una Dieta corretta per giovani e adulti”

Ore 17,00 - Presentazione a cura di EMA-ROMA;

Ore 17,10 - D.ssa. Daniela CAPPELLONI, Responsabile UOS Dietologia, Azienda

                      Ospedaliera San Filippo Neri;

Ore 17,40 - Domande e risposte in diretta

Ore 18,15 – Buffet

Da una idea di Don Alfio, Parroco di San Pio da Pietrelcina, è nata l’idea di contraccambiare ai parrocchiani, il dono che metodicamente essi compiono offrendo il loro sangue  ad ogni chiamata  della loro  Parrocchia e da EMA-ROMA, con l’intervento dei sanitari del Centro Trasfusionale dell’IFO.  E lo facciamo organizzando una serie di incontri  con la partecipazione di medici esperti, su temi di interesse generale, quali, ad esempio, Dietologia, Cardiologia, Pediatria, ed altri allo studio. La serie inizia con Dietologia, branca della scienza medica della massima importanza, allo scopo di  fornire informazioni corrette su un tema tanto importante per la salute di giovani e adulti, troppo spesso trattato da esperti improvvisati  in modo inesatto e persino pericoloso.  La D.ssa Daniela Cappelloni, responsabile del reparto di Dietologia dell’Azienda Ospedaliera San Filippo Neri, dove EMA-ROMA ha la propria Sede, si è offerta e non è la prima volta, di tenere questa prima sessione, con l’aiuto di immagini.

EMA-ROMA

Giuseppe Avellino

Responsabile Pubbliche Relazioni – g.avellino@emaroma.it

Per ulteriori informazioni potrete chiamare i seguenti numeri telefonici:

* Parrocchia San Pio da Pietrelcina  - 06/5245.6025

* EMA-ROMA sede – 06/3306.2906 (dal lunedì al venerdì dalle ore 09,15 alle 14,00)

* EMA-ROMA IFO – 065266.2831 (lunedì, mercoledì, venerdì, ore 9,15/13,00)

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Infermiere studentesse del San Filippo Neri alla Maratona Race for the cure


Giulia Valenti, studentessa infermiera al San Filippo Neri, ci ha inoltrato questa lettera che pubblichiamo molto volentieri. Come Giulia, anche noi di EMA-ROMA siamo orgogliosi di aver contribuito alla visibilità del gruppo, composto da 100 elementi, sponsorizzandolo con magliette riportanti il nostro Logo, in occasione della “Race for ther cure”, la Maratona simbolica che si è svolta domenica 22 maggio scorso a Roma, organizzata dalla Associazione Komen, di fama mondiale, che ha visto la partecipazione di oltre 40.000 concorrenti. Komen, come è noto, da tempo si occupa, tra le altre cose, della prevenzione del “tumore del seno”.

Il corso di scienze infermieristiche, del San Filippo Neri, della durata di 3 o 5 anni, è coordinato da due Tutor, Patrizia Lappa e Patrizia Screpanti e prepara con scrupolosa professionalità e tecniche moderne, giovani infermieri/e al difficile lavoro di perpetua assistenza di chi soffre di varie patologie. A loro va il nostro incoraggiamento e ringraziamento.

 

Buonasera,

sono una studentessa del primo anno del corso scienze infermieristiche San Filippo Neri. Vi invio alcune foto che ho fatto durante la giornata della Maratona "Race for the Cure" il 22 Maggio 2011.

Ringraziandovi delle bellissime magliette che abbiamo indossato con grande orgoglio.

Distinti saluti,

Giulia Valenti

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20 mila donatori FIDAS hanno invaso Parma per la 30ma Giornata del donatore di sangue


16 Maggio 2011

 Nonostante una pioggia battente, circa 20 mila donatori provenienti da tutta Italia hanno invaso, ieri, Parma per la 30 ma “Giornata del Donatore”, la manifestazione che ha concluso il 50° Congresso Nazionale della FIDAS.

Partito dal Parco Ducale, il festoso corteo è arrivato fino in Piazza della Pace, dove il vescovo di Parma, mons. Enrico Solmi, ha officiato una celebrazione eucaristica. Circa 200 i volontari dell’ADAS Parma - l’associazione organizzatrice del congresso -, degli alpini, della Croce Rossa, della Protezione Civile e dell’Assistenza Pubblica, impegnati nel corso della giornata.

Tra gli argomenti affrontati nel congresso, l'adeguamento della normativa nazionale agli ultimi standard di qualità dettati dalla Comunità Europea (approvazione in sede di conferenza Stato Regioni dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie dei servizi trasfusionali), l'invecchiamento dei donatori e i corretti stili di vita.

Presentata anche una ricerca del
CENSIS che ha messo in rilievo come la precarietà e l'incertezza sociale mettano in pericolo la cultura della donazione del sangue.

Soddisfazione per l’andamento del congresso è stata espressa dal presidente nazionale della FIDAS, Aldo Ozino Caligaris, che ha evidenziato la passione dei circa 300 delegati nel definire il percorso che la federazione è chiamata ad affrontare per rispondere alla nuova sfida aperta dall’indagine del CENSIS.

Considerando che i giovani sono una componente della popolazione destinata a ridursi nei prossimi decenni, e che l’invecchiamento della popolazione farà aumentare il bisogno di sangue, l’autosufficienza raggiunta dall’Italia è un traguardo che non può più esser dato per scontato.

Il massimo impegno è richiesto, quindi, a tutti gli attori del sistema per garantire le terapie trasfusionali a tutti i malati, assicurando, nel contempo, qualità e sicurezza a donatori e riceventi.

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LA PRIMA VOLTA ALL’UNIVERSITA’ PONTIFICIA SALESIANA

Don Michal con G. Avellino PR di EMA-ROMA e le studentesse Chiara Leone e Valentina Sposato


Informazione nell’atrio dell’Ateneo

E’ particolarmente piacevole annoverare un altro prestigioso Gruppo di donatori di sangue, specialmente quando, come in questo caso, si tratta di una Università Romana. E ci riferiamo alla prestigiosa

UNIVERSITA’ PONTIFICIA SALESIANA, di Piazza dell’Ateneo Salesiano, 1. 

Mercoledì 25 Maggio scorso, infatti, EMA-ROMA, con l’intervento dei medici ed infermieri del Centro Trasfusionale dell’IFO, si è svolta la prima donazione di Sangue. Pur se organizzata in breve tempo, visti gli impegni dell’Università e senza un necessario “incontro” preparatorio con studenti e docenti, il risultato è stato soddisfacente. Lo dimostra, l’adesione di oltre 35 donatori che si sono presentati con entusiasmo a donare il proprio sangue e dimostrazione di “solidarietà” cristiana, a favore di coloro che dipendono, sicuramente da una valida medicina, ma anche dalla loro generosità.

Già dal primo contatto, avvenuto solo pochi giorni prima, si è formato un “Gruppo” di studenti che, operando in team con alcuni coordinatori dell’Ateneo, hanno propagato la notizia, procedendo con la comunicazione più antica, diffusa, ed efficace e mi riferisco alla formula “bocca/orecchio”ma anche alla diffusione di volantini e locandine.  Troviamo giusto menzionarli tutti e ringraziarli di cuore:

Studentesse

Leone Chiara, Ramunni Katia, Sposato Valentina, Vicentelli Cecilia

 

Ateneo

Don Llanos Mario Oscar  - Capo Attività

Don Voijtas Michal  - Coordinatore del Gruppo di Volontariato

Don Pellegrino Salvatore – Gruppo del Volontariato

 

Un ringraziamento particolare va al Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana, Don Carlo Nanni, che ha concesso con piacere ed attenzione la sua autorizzazione.

Il prossimo appuntamento è fissato per giovedì 17 Novembre e sarà preceduto il mercoledì 16 da un ”incontro interattivo” da tenere in una delle sale dell’Ateneo, condotto da un volontario di EMA-ROMA che tratterà brevemente la Solidarietà, mentre un medico ematologo del Centro Trasfusionale dell’IFO tratterà Sicurezza, e Salute, con l’ausilio di immagini.
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Consegna di una bilancia pesa-sacche di sangue


Presso la sede del Consorzio Agrario di Cesano, venerdì 27 maggio 2011 si è svolta la cerimonia di consegna di una bilancia pesa-sacche di sangue, dono del Consorzio Agrario ad  A.V.C. (Associazione Volontari di Cesano).  La consegna, come mostrano le foto, è stata effettuata dal presidente del Consorzio Alessandro PIOLI  che con A.V.C. ha formato un attivissimo gruppo di donatori, a Giancarlo SOCCORSI, suo Presidente.  Alla cerimonia ha partecipato Vincenzo MAGALOTTI, presidente di EMA-ROMA.

 

Dida

Nella foto:

a  sinistra Alessandro Pioli, presidente del Consorzio Agrario di Cesano

al centro Giancarlo Soccorsi, presidente di A.V.C.

a destra  Vincenzo Mgalotti, presidente di EMA-ROMA

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I nemici della buona digestione


Capita ormai troppo spesso di non consumare i pasti come si dovrebbe: seduti comodamente a tavola senza l’assillo di telefono, appuntamenti o riunioni. A tutto svantaggio della buona digestione, e non soltanto.

Fretta e stress: i due grandi “compagni di tavola” di molti di noi, nemici acerrimi del nostro stomaco. Ma non solo. La cronica mancanza di tempo tende a spingere sempre più a soluzioni pratiche e veloci, a scapito di piatti più salutari, che richiedono cura nella preparazione.

Tutto questo si ripercuote sulla digestione: non è infatti soltanto il pasto consumato di corsa, ma anche la qualità di ciò che si mangia a sottoporre il nostro apparato digerente a un vero e proprio iperlavoro.

Ecco che compaiono malessere, sonnolenza in fase di digestione e disturbi gastrointestinali, come sensazione di pesantezza, acidità, gonfiore o stitichezza. Solo per citarne qualcuno.

Cerchiamo allora di identificare ed esaminare più da vicino quelli che potremmo denominare i nemici della buona digestione in modo da evitare, nei limiti del possibile, gli errori più grossolani.

Ritmi sincronizzati e lenti

Partiamo innanzitutto da buone abitudini quotidiane: i nutrizionisti consigliano di evitare il digiuno e di mantenere orari regolari per i pasti. Questo semplice accorgimento è fondamentale, sia per favorire la sincronizzazione dell’intestino con le esigenze della nostra giornata, sia per gestire la sensazione di fame.

Per quanto saltare il pranzo non rappresenti per molti un sacrificio (anzi potrebbe anche essere erroneamente considerata un’opportunità per controllare o ridurre il peso), di fatto porta a un pericoloso “recupero” alla cena successiva.

In questi casi, la necessità di soddisfare il proprio appetito supera l’eventuale senso di colpa per qualsiasi trasgressione – qualitativa e quantitativa - che appare più ammissibile. Peccato però che il riposo notturno, a fronte di un sovraccarico nel pasto serale, renda più lungo il processo digestivo e faciliti l’accumulo degli eccessi calorici.

Come e che cosa mangiare

E, comunque, in linea generale è sempre meglio consumare pasti più contenuti e frequenti che non abbuffarsi una volta al giorno, mangiando troppo e con foga.

Altro grande nemico della buona digestione è, infatti, la voracità: la masticazione è importante non soltanto perché dà il via al processo digestivo, ma anche per far apprezzare il sapore dei cibi, promuovere la sazietà, nonché attivare la peristalsi e i processi di assimilazione.

Ulteriori fattori da non sottovalutare sono la qualità e l’abbinamento dei cibi che ingeriamo. Notoriamente i grassi (di cui sono ricchi per esempio formaggi, uova, burro e condimenti) fanno rallentare lo svuotamento dello stomaco e appesantiscono la digestione. Tale è anche l’azione delle bevande alcoliche, specie se assunte in quantità elevate.

Le proteine e le fibre di frutta e verdura svolgono invece l’effetto contrario. Mentre gli zuccheri semplici (zucchero e dolciumi), malgrado la sazietà temporanea promuovono una più precoce ricomparsa del senso di fame.

L’eccesso di sale, poi, obbliga a bere più acqua durante il pasto (si dovrebbe bere, invece, preferibilmente tra un pasto e l’altro) e può quindi concorrere ad aumentare inutilmente il volume gastrico.

Per queste ragioni è opportuno che ogni pasto sia equilibrato - e cioè strutturato all’insegna della varietà e completezza di tutti i componenti alimentari - e consumato in un intervallo di tempo non inferiore ai 20 minuti.

Anche il dopo-pasto è importante

Basta davvero poco perché il momento della tavola sia un piacere, come giustamente dovrebbe essere, e non comporti fastidiose ripercussioni.

Ma qualche accorgimento è necessario anche dopo che ci si è alzati da tavola: evitare di esporsi a sbalzi di temperatura, che influiscono negativamente sulle funzioni dello stomaco, è la prima regola per non rallentare o, peggio, bloccare la digestione.

Così come subito dopo aver finito di mangiare sdraiarsi è deleterio, tanto quanto lo sono eventuali sforzi intensi.

Piercarlo Salari

Da “SapereSalute.it

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Traversata dello Stretto: anche la Polizia di Stato aderisce alla V edizione


06 Giugno 2011

Anche il “Gruppo Sportivo Nuoto Gran Fondo” della POLIZIA DI STATO parteciperà alla V edizione della “Traversata dello Stretto”, organizzata dalla FIDAS per il 31 luglio prossimo. Tra gli atleti che si cimenteranno nella traversata dello Stretto di Messina, anche Martina Grimaldi e Simone Ercoli, tra i migliori specialisti italiani del nuoto gran fondo.

Martina Grimaldi vanta, infatti, una partecipazione alle Olimpiadi di Pechino ed una medaglia di bronzo ai Mondiali di Roma, mentre Simone Ercoli ha conquistato una doppia medaglia d’argento agli Europei di Budapest dello scorso anno.

I due atleti saranno i testimonial anche della campagna estiva FIDAS MEZZOGIORNO, in programma dal 1 luglio al 15 settembre.

Dal sito FIDAS

Coloro che desiderano partecipare, possono inviare la scheda di adesione al seguente indirizzo di posta elettronica –fidaslazio@gmail.com.

I documenti che potete scaricare riguardano anche le informazioni su alcuni pacchetti completi per il soggiorno e pernottamento e l'adesione alle gfare di BEACH VOLLEY.

 

Scarica i documenti:

Informazioni logistiche

Modulo di adesione

Modulo di adesione al torneo di Beach Volley

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NEUROLOGI, UNA RISATA FA BENE AL CERVELLO


ATTIVA I CENTRI NEURALI DEDICATI AL PIACERE.

(AGI) - Londra, 30 giu. - Il riso fa buon sangue, ma anche 'buon cervello'. Secondo un recente studio, infatti, quando ascoltiamo qualcosa di divertente, si attivano nel cervello specifici centri neurali che sono dedicati a creare il piacere.
  Piu' la cosa e' divertente e piu' la loro attivazione e' intensa. In base agli studi degli scienziati del Medical Research Council Cognition and Brain Sciences Unit di Cambridge, imparare in che modo lo humor agisca sul cervello potrebbe essere un modo per aiutare i pazienti in stato vegetativo, inducendo loro emozioni positive. A quanto si legge sulla rivista Journal of Neuroscience, i cervelli di 12 pazienti sono stati analizzati attraverso uno scanner mentre ascoltavano delle frasi ordinarie e delle battute. La risposta dei centri del piacere del cervello ai motti di spirito era molto piu' intensa. Anzi, era tanto piu' intensa quanto piu' divertente il paziente trovava quella battuta umoristica. La mappatura della reazione del cervello alle battute umoristiche e alle frasi comuni ha permesso ai ricercatori di capire come il linguaggio viene elaborato dal cervello, e quali effetti ha sulla sua attivita' fisiologica generale. ''In questo modo abbiamo fatto un passo avanti decisivo per comprendere come le persone che non possono comunicare normalmente potrebbero reagire all'umorismo'', ha spiegato Matt Davis, appartenente al gruppo di ricerca. Lo studio, infatti, potrebbe aiutare gli scienziati ad arrivare al cervello danneggiato dei malati in stato vegetativo, e in qualche modo cercare di indurre qualche cambiamento positivo. ''Inoltre - ha concluso Davis - potremmo riuscire anche a intervenire sulle persone con problemi emotivi''.

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Anche Martina Grimaldi e Simone Ercoli allungano il braccio per la FIDAS


Le braccia sono soliti allungarle per chilometri in acqua, ma da oggi Martina Grimaldi e Simone Ercoli, campioni delle Fiamme Oro Napoli nel Nuoto Gran Fondo, le allungheranno anche per la vita, come testimonial FIDAS nella campagna estiva di invito al dono del sangue.

I due campioni di nuoto, lei oro ai mondiali di Roverbal del 2010 nei 10 Km, lui argento agli Europei di Budapest dello stesso anno nei 5 Km, sono, infatti, i protagonisti di uno spot televisivo e radiofonico che, a breve, inizierà ad essere trasmesso dai media italiani.

Questa campagna estiva è stata promossa dalla Rete FIDAS Mezzogiorno nell’ambito del programma “Legami di SANGUE ed EMOzioni” sostenuto dalla Fondazione con il Sud.

 

“Dal Notiziariodi FIDAS”

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Dalle piste da sci alle corsie d'ospedale


Dalle piste da sci alle corsie d'ospedale: Giuliano Razzoli vuole diventare donatore di midollo osseo e di staminali da sangue

 Lo abbiamo scoperto vincitore alle olimpiadi invernali di Vancouver 2010, dove si è laureato campione olimpico di slalom e lo ritroviamo oggi mentre sta conquistando un nuovo titolo, passateci il termine, quello di campione di donazioni. Il 27 giugno, infatti, Giuliano Razzoli, il Racco come viene chiamato nel Circo Bianco, si è sottoposto, nella Struttura complessa di Medicina trasfusionale dell'Azienda ospedaliera di Reggio Emilia, alle analisi per diventare donatore di midollo osseo e cellule staminali emopoietiche da sangue periferico.
Il
midollo osseo utilizzato per i trapianti, detto anche midollo emopoietico, si presenta come sangue, prelevato generalmente dalle ossa del bacino, ricco di cellule staminali emopoietiche, cioè in grado di formare nuove cellule sanguigne (globuli rossi e bianchi, piastrine), in sostituzione di quelle che muoiono. Il midollo e le staminali donate, quindi, sono preziose, per esempio, in quei casi in cui il midollo va sostituito (in presenza di leucemie, linfomi, mielomi, talassemie).

«Sono emozionato e orgoglioso di venire iscritto nel registro donatori di midollo osseo e spero di essere tra quelli che avranno la fortuna e il privilegio di aiutare una persona malata, per la quale il trapianto rimanga la sola speranza di vita» ha dichiarato il giovane sciatore italiano. «Desidero sostenere Admo facendomi portavoce nel sensibilizzare i giovani che non sanno quanto è semplice diventare donatori, in Italia abbiamo tutti un cuore grande e penso che possiamo ancora fare molto».

Un gesto che speriamo possa davvero essere di esempio: generalmente, un paziente con
leucemia o altre neoplasie del sangue in attesa di trapianto riesce a reperire nel 25% dei casi un donatore compatibile in ambito familiare, ma del restante 75% solo il 55% riesce a trovare un donatore compatibile e quindi incrementare il numero dei donatori è importantissimo. Per chi vuole sapere come diventare donatore, tutte le informazioni sono disponibili sul sito dell’Associazione Donatori Midollo Osseo (www.admo.it).

Congratulazioni Giuliano per quanto fai nello sport e nel sociale! Lo stesso tuo orgoglio lo provano anche le migliaia di volontari che donano costantemente il loro sangue (EMA-ROMA). 

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Se hai in programma una vacanza con cambio del fuso orario


Sanihelp - Secondo la SIMVIM, Società italiana di medicina dei viaggi e delle migrazioni, il jet lag o sindrome da fuso orario è un fenomeno fisiologico dovuto alla dissociazione tra i fusi orari percorsi e l’orologio interno del nostro organismo.

L’intensità dei disturbi (irritabilità, umore depresso, disturbi del sonno, difficoltà di digestione, palpitazioni) dipende dal numero di fusi orari percorsi e da alcune caratteristiche individuali (età, abitudini di sonno, eccetera). I disturbi sono generalmente maggiori e più intensi nei viaggi verso l’est: poiché il ritmo circadiano al buio è di circa 24 ore, infatti, è più facile adattarsi nei viaggi verso ovest, allungando il riposo notturno.

Le performance psico-fisiche possono diminuire anche del 10% e l’organismo impiega poi da quattro a sei giorni per riadattarsi. Naturalmente gli effetti non sono uguali per tutti: una persona su tre, infatti, non risente affatto del jet lag.

Che fare? Non esistono farmaci per questo disturbo, tutto si basa su semplici accorgimenti e sull’uso di rimedi naturali (l’omeopatia consiglia Cocculus 200 CH, due dosi all’arrivo). Innanzitutto, un’esposizione controllata dell’organismo alla luce o al buio aiuta a rendere minimi gli effetti negativi.

È utile anche, nei giorni che precedono la partenza, modificare gli orari dei pasti e del riposo per adattarsi gradualmente ai nuovi ritmi imposti dalla vacanza imminente; durante il volo aereo, è bene mangiare e dormire alle ore della destinazione. All' arrivo, sono sconsigliati i pisolini.

 

Ma l’antidoto per eccellenza ai crolli di sonno e alle notti in bianco dopo lo scombussolamento del viaggio è la melatonina, fondamentale per la sincronizzazione dell’orologio biologico attraverso la regolazione del ciclo sonno-veglia. Si tratta di una sostanza già presente nel nostro organismo, secreta nelle ore notturne dalla ghiandola pineale, la cui naturale produzione in diverse condizioni fisiologiche può risultare carente.

In circostanze particolari come appunto il jet lag, ma anche l’invecchiamento, l’alterazione dei propri normali bioritmi o stati di debilitazione, il nostro corpo può richiedere un aumentato apporto di melatonina per ripristinare uno stato di equilibrio.

La melatonina è disponibile sul mercato in diverse formulazioni come compresse, gocce e tisane, studiate al meglio per ottimizzarne l’utilizzo a seconda delle necessità. Si consiglia di assumerla all'arrivo, nell'ora in cui ci si dovrebbe addormentare: bastano due o tre giorni per accelerare l'adattamento dei cicli sonno-veglia e godersi la vacanza senza addormentarsi in spiaggia!

Da “Salute&Benessere”

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No a diete fai da te contro la cellulite!


La cellulite è un inestetismo comune anche a chi è molto magro: per combatterla, dunque, non servono diete forsennate, ma solo scelte alimentari equilibrate.

Sanihelp.it - Gli adolescenti italiani sono sei veri fanatici delle diete fai da te da copiare su internet o da mutuare dal vip del momento: è stato stimato che nel 2010 un ragazzo su 5, di età compresa fra i 13 e i 19 anni si è cimentato in una dieta per perdere peso, ma solo il 32% si è rivolto ad un dietologo per trovare un regime alimentare effettivamente adeguato alle sue esigenze, mentre la maggior parte ha deciso di dimagrire per lo più digiunando o eliminando alcuni alimenti dalla propria dieta. 

I due terzi dei ragazzi che hanno seguito queste diete hanno rapidamente riguadagnato il peso perduto spesso con gli interessi; le diete fai da te, inoltre, possono danneggiare il metabolismo, i reni, intaccare la pressione arteriosa e ingenerare ansia e disturbi psicologici.
Soprattutto le ragazze sono alla perenne ricerca della ricetta miracolosa non solo per perdere peso, ma anche per contrastare la cellulite, un inestetismo sempre più diffuso persino fra le adolescenti, riconducibile a vita sedentaria, diete sbagliate, ma del tutto indipendente dal peso corporeo.

La cellulite, infatti, si contrasta adottando uno stile di vita improntato al movimento e scegliendo un’alimentazione ricca di prodotti capaci di impedire attivamente l’infiammazione degli strati profondi della pelle.
A questo proposito la Nutrition Foundation of Italy raccomanda a pranzo pasta o riso integrale, orzo e farro dal basso indice glicemico, capaci dunque di tenere a bada il picco glicemico post prandiale altrimenti responsabile dell’ingrossamento delle cellule adipose.
Le verdure non dovrebbero mai mancare: quelle colorate e quindi più ricche di antiossidanti sono dei potenti antiinfiammatori naturali.

Più volte a settimana si dovrebbe consumare il pesce, ricco di iodio, un elemento importante per stimolare il metabolismo; sarebbe da incentivare anche il consumo di salmone molto ricco di acidi grassi omega-3 molto utili nel contrastare l’infiammazione tissutale.
Non deve mai mancare la frutta soprattutto quella di colore di rosso ricca di flavonoidi e vitamina C; la frutta di questo colore, infatti, contribuisce a rafforzare le pareti dei vasi sanguigni con riduzione della permeabilità che gonfia e congestiona i tessuti a rischio cellulite.

Non bisogna mai dimenticare, infine, l’importanza dell’acqua: più si beve e più si eliminano i liquidi in eccesso e le tossine; ecco perché bisognerebbe bere 2 litri di acqua al giorno e consumare grandi quantità di cibi acquosi come anguria, zucchine, pomodori, spinaci, lattuga e pesche.

 

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Sport in estate: i consigli utili


08 Luglio 2011

La canicola non ferma il popolo degli sportivi. Chi pratica una disciplinata e regolare attività fisica in genere non desiste neppure di fronte alle temperature tropicali. Ma seguire alcune regole è essenziale.

In effetti, l’attività fisica estiva aiuta a mantenere il corpo in perfetta forma e prepara ad affrontare i rigori della stagione fredda.

Sì allo sport anche sotto il solleone, allora, a condizione di curare rigorosamente l’alimentazione, che deve essere equilibrata e capace di fornire sostanze utili al lavoro muscolare. E di bere tanta acqua.

E a patto di seguire un paio di consigli semplici ma preziosi.

Energia leggera in tavola

L’alimentazione deve essere semplice e di facile assimilazione per non affaticare i meccanismi digestivi e deve contenere tutti i nutrimenti essenziali, dai carboidrati alle proteine, dai grassi buoni alle vitamine.

Bisogna, inoltre, preferire gli zuccheri a basso indice glicemico, che non comportino repentini sbalzi della glicemia.

La colazione dovrebbe prevedere una tazza di latte o 125 grammi di yogurt magro, caffè, meglio se d’orzo, muesli o alcune gallette di cereali, due o tre cucchiaini di miele, una spremuta di arancia o di pompelmo, in alternativa un succo di frutta, perfetto quello di mirtillo o di ananas.

A pranzo, si possono scegliere delle rinfrescanti insalatone ricche di verdure a foglia che contengano anche qualche noce, formaggi freschi non fermentati oppure carni bianche, come il pollo o il tacchino, il tutto condito con olio extravergine d’oliva e accompagnato da alcune gallette di cereali.

Via libera, infine, a macedonie di frutta fresca rigorosamente nature, ossia senza l’aggiunta di zucchero.

Per la cena, si può scegliere tra il riso integrale, il grano, il farro e l’orzo, seguiti da un buon piatto di pesce (ottimo quello azzurro), con contorno di verdure fresche di stagione.

L’importanza dell’acqua

Che sudata! L’attività sportiva praticata nei mesi estivi comporta notevoli perdite di acqua attraverso la sudorazione. E, insieme all’acqua, si perdono anche discrete quantità di sali minerali, importanti per il buon funzionamento dell’organismo.

Generalmente si eliminano in abbondanza cloro e sodio e in quantità minore magnesio e potassio. Quando le perdite idrosaline diventano eccessive, si rischiano “colpi di calore” e stati di disidratazione.

Ecco perché acqua e sali minerali devono essere costantemente reintegrati, bevendo piccole quantità d’acqua durante la sessione sportiva (ogni 15-20 minuti) e assumendo almeno due litri di acqua al giorno.

Un regolare consumo di frutta fresca aiuta inoltre ad avere un costante rifornimento oltre che di acqua e sali minerali, anche di fruttosio e vitamine.

In caso di necessità, si può optare per integratori, che consentono il riequilibrio dei livelli idrosalini e il recupero dei nutrienti perduti con la sudorazione, prevengono crampi, debolezza muscolare e neutrlizzano i radicali liberi la cui produzione tende ad aumentare durante l’attività fisica.

Utili accorgimenti

Amanti dello jogging? Patiti della bicicletta? Innamorati del tennis? Per non trasformare il momento dedicato al piacere dello sport in una lunga, estenuante (e pericolosa) attività, evitate categoricamente le ore troppo calde o correte il rischio di un colpo di calore.

I sintomi sono simili a quelli dell’insolazione: malessere generale, mal di testa, nausea, febbre con sudorazione intensa, sete, vertigini, aumento della frequenza cardiaca, respiro affannoso.

Altrettanto importante è non scegliere la sera per praticare i vostri esercizi fisici con la scusa che si suda di meno: rischiate di compromettere la qualità del vostro sonno notturno.

Ricordate, poi, di proteggere la pelle dai raggi del sole con le creme più adatte al vostro fototipo se non volete ritrovarvi con fastidiose scottature, e scegliete un abbigliamento che consenta una corretta traspirazione.

Infine, prima di cimentarvi nel vostro sport preferito, dedicate un paio di minuti allo stretching, per riscaldare i muscoli.

Sveva Salvini

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Agopuntura: che cosa dice la scienza?


Da "Salute&Benessere

Oggi l’agopuntura è utilizzata in molte strutture pubbliche, in Italia e all’estero. La legge italiana la riconosce come atto medico, praticabile di conseguenza solo da medici. Come funziona e per che cosa?

In realtà l’agopuntura non è una disciplina a se stante, ma una tecnica che ha un ruolo fondamentale all’interno della Medicina tradizionale cinese, che comprende anche farmaci accanto ad altre pratiche meno diffuse in occidente come massaggi, Qigong, dietetica.

Come altre medicine tradizionali, quella cinese può essere considerata una medicina energetica: l’agopuntura punta a superare blocchi e squilibri energetici che causano le malattie, attraverso l’inserimento di aghi che riequilibrano il qi, o l’energia che scorre nei meridiani, i canali energetici del corpo.

Riconosciuta anche in Occidente

Un approccio, quello nei Paesi che la utilizzano tradizionalmente, molto lontano da quello della scienza occidentale, anche se alcuni studiosi hanno individuato affinità tra il sistema dei meridiani e l’anatomia moderna.

Fatto sta che, per molti versi, funziona. Da anni si susseguono studi - sulla banca dati PubMed ne sono registrati oltre 16.000 - che cercano di valutare l’efficacia dell’agopuntura per trattare diversi disturbi, dalle patologie dolorose croniche come artrite o mal di schiena, ai disturbi dell’umore, alle cefalee, all’infertilità e molto altro.

Senza dimenticare l’impiego in anestesiologia e come metodo per aiutare i fumatori a rinunciare alle sigarette.

Nel nostro Paese la pratica dell’agopuntura è riconosciuta come un vero e proprio atto medico; pertanto i trattamenti possono essere praticati solo da un medico iscritto all’ordine, meglio se iscritto anche alla Federazione italiana società di agopuntura (www.agopuntura-fisa.it).

Meccanismi incerti, risultati evidenti

Secondo il NCCAM - il dipartimento dei National Institutes of Health americani dedicato allo studio della medicina complementare - ci sono conferme interessanti dell’efficacia di questa tecnica.

Per esempio, quando è utilizzata, in combinazione con altre terapie, per alleviare il dolore causato dall’osteoartrite del ginocchio e per molti casi di mal di schiena.

Inoltre, l’agopuntura si è mostrata utile per ridurre la nausea nei pazienti che si sottopongono a chemioterapia; e qualche risultato è stato ottenuto anche nel trattamento di ansia e depressione, disturbi del ciclo mestruale e malattie della pelle.

Risultati, sebbene talora contrastanti, sono stati ottenuti anche nel trattamento di vari tipi di mal di testa: una recente revisione della Cochrane Collaboration, un’associazione internazionale di ricercatori impegnata in una rigorosa valutazione dell’efficacia delle cure mediche, mostra che l’agopuntura è efficace, ma che anche la «finta» agopuntura ottiene risultati interessanti.

Mantiene celata la sua vera essenza

Per sua stessa natura, infatti, l’agopuntura rende difficile organizzare sperimentazioni scientificamente valide, in cui il paziente e in qualche caso anche lo sperimentatore non sanno se stanno applicando il trattamento o un placebo inattivo (esperimenti in cieco e doppio cieco).

Per ovviare all’inconveniente è stata creata la cosiddetta agopuntura sham, in cui gli aghi vengono conficcati in punti diversi da quelli canonici o con modalità diverse. Il problema è che in alcuni casi anche questa forma di agopuntura si è dimostrata efficace.

Tante ipotesi da confermare

Risultati meno controversi sono emersi da studi mirati a verificare che cosa succede nel corpo umano durante i trattamenti: studi di neuroimaging effettuati presso il Massachusetts General Hospital di Boston mostrano che l’agopuntura riduce l’attività del sistema limbico, l’area emozionale del cervello, attivando invece aree coinvolte nel recupero delle energie.

Altre ricerche confermerebbero invece che l’agopuntura aumenta il flusso sanguigno nelle aree trattate e che può contrastare un fenomeno infiammatorio.

Una spiegazione fisiologica di questa azione arriva da un recente studio su animali da esperimento effettuato dall’Università di Rochester a New York, da cui emerge che l’agopuntura stimola la produzione di adenosina, un neurotrasmettitore che regola vari processi fisiologici, tra cui il sonno, e svolge un’efficace azione antinfiammatoria.

Paola Emilia Cicerone

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    Bimbi in viaggio: occhio al caldo!


    Partenze intelligenti, dieta semplice e vestiti leggeri.

    Il troppo caldo li può uccidere. Non è un'esagerazione, e i fatti di cronaca lo confermano: mai lasciare i piccoli in auto, neppure per pochi istanti. I consigli per viaggiare… al fresco.

    Sanihelp.it - Chi ha figli piccoli e ha in programma per le vacanze estive lunghi viaggi in auto, dovrebbe fare attenzione, oltre alle regole di sicurezza, anche a evitare che i piccoli subiscano gli effetti del caldo: disidratazione, colpi di calore o ipertermie. Nell’infanzia, infatti, tali sintomi possono provocare danni devastanti al sistema cardiocircolatorio, respiratorio e neurologico, risultando spesso mortali.

    «In un bambino la temperatura sale da tre a cinque volte più frequentemente che in un adulto - spiega il dottor Angelo Milazzo, Pediatra del Direttivo Regionale della SIPPS - Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale - Il grado di calore all’interno di un auto può salire di 10-15 gradi ogni 15 minuti, determinando
    un’ipertermia in soli 20 minuti e la morte anche entro le due ore».

    «L’abitudine di lasciare i bambini in macchina, anche se solo per pochi minuti (magari per una breve sosta all’autogrill) è una grave forma di incuria - sostiene il dottor Giuseppe Di Mauro, Presidente SIPPS – Oltre al pericolo dell’eccessivo calore, i piccini potrebbero entrare nell’abitacolo dell’autovettura, chiudere accidentalmente la portiera dall’interno o restare intrappolati nel bagagliaio».

    In generale, per evitare il colpo di calore, è bene per il viaggio far indossare ai bambini vestiti leggeri di colore chiaro e tenere a portata di mano un cambio pulito e asciutto se i piccoli sudano troppo. È anche consigliabile mettersi in viaggio negli orari in cui i raggi solari sono più deboli, come la prima mattinata o il tardo pomeriggio, oppure, meglio ancora, di notte.
    Per quanto riguarda la dieta, se il bambino è allattato esclusivamente al seno, non va somministrata acqua, nemmeno nei momenti più caldi della giornata. La mamma ben idratata garantisce infatti, tramite l’allattamento, l’idratazione al figlio. È invece necessario portare scorte di acqua e bevande per lei.

    Se il bambino è già svezzato o comunque grandicello, bisogna invece farlo bere di frequente, evitando le bibite gassate o contenenti caffeina (come alternative golose alla solita acqua si possono preparare tisane di frutti di bosco, tè deteinato con succo di mela o aromatizzato con foglioline di menta), e privilegiare cibi freschi e leggeri, come verdura a bastoncini da sgranocchiare, macedonia di frutta di stagione arricchita con frutta secca e semi oleosi (noci, mandorle o nocciole),oppure uno yogurt allungato con un po’ di latte di riso e una composta di frutta (more, mele o ciliegie).
    Se ci si ferma a mangiare durante il tragitto, il consiglio è quello di scegliere piatti a base di cereali (pasta o riso) conditi semplicemente, per esempio con olio extravergine d’oliva e una spolverata di parmigiano oppure con un sugo al pomodoro e basilico. Da evitare le preparazioni laboriose come i tagliolini panna, piselli e prosciutto o la pasta al forno.
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    Anche d'estate prenditi cura del tuo intestino!


    Le vacanze e abitudini alimentari non sempre corrette possono irritare l'intestino: tanta frutta e verdura possono contribuire, invece, a riequilibrarlo

     

    Sanihelp.it - Le vacanze estive dovrebbero contribuire a recuperare le energie spese durante tutto l’anno e dovrebbero essere anche un momento per prendersi cura di se stessi con maggiore assiduità: le vacanze estive, dunque, possono essere un modo per dedicarsi al proprio corpo e alle sue esigenze con calma e serenità.

    Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che la
    stitichezza è una condizione che predispone a numerose patologie, poiché il mancato svuotamento dell’alvo favorisce il ristagno delle tossine che anziché essere espulse restano nel circolo ematico.

    La vacanza e il connesso cambio di abitudini non deve quindi diventare un modo per stressare ulteriormente l’intestino; la funzionalità di questo apparato, infatti, è fortemente influenzata dall’alimentazione e da stress, ansia, stimoli emozionali e paura.
    Per quanto riguarda l’alimentazione è bene sapere che la regolarità intestinale si giova di pasti consumati senza fretta e a intervalli regolari.

     

    È bene consumare tutti i pasti e non saltarli, concedendo un’attenzione particolare alla prima colazione che va consumata sempre privilegiando il consumo di yogurt e prodotti ricchi in fermenti lattici che possono contribuire alla normale regolarità intestinale.

    È stato accertato che gli spinaci sono le verdure più efficaci per favorire la corretta funzionalità intestinale: se ne consigliano 100 mg due volte al dì.
    Fra i frutti più efficaci invece, si noverano l’uva, circa 350 g al dì e le pere che possono essere consumate tal quali o sotto forma di succo.

    L’attività fisica al pari dell’alimentazione, gioca un ruolo importante nella funzionalità intestinale: ecco perché in vacanza, quando si dispone di più tempo libero che durante il resto dell’anno si dovrebbe camminare per almeno un’ora al giorno o andare in bicicletta, nuotare o correre per almeno mezz’ora al giorno.

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    Estate: occhio a rischi, da fulmini a piscine


    Da "ANSA" del 31 luglio

    Iss: consigli per prevenire infezioni, pericoli e scottature 

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    Le punture di zanzara


    Da "Quotidiano.net"

    Anche durante le vacazne non siamo immuni da fastidiose punture di insetti e meduse, per combatterle basta attuare qualche piccola accortezza con i consigli degli specialisti. 

     
    ROMA 1° AGOSTO 2011 - L’ESTATE è la stagione della vita all’aria aperta, delle lunghe ore trascorse sulla spiaggia, in acqua, sui sentieri di montagna o sulle rive dei laghi. Tutto bellissimo, eppure qualche insidia è in agguato.
    Al mare, camminando a piedi nudi sulla sabbia, oppure frequentando le piscine, i piedi possono essere colpiti da infezioni da funghi o batteri. Fastidi che possono essere evitati con qualche accorgimento di carattere igienico: in piscina è sempre bene camminare con le ciabatte per tenere lontano le verruche, mentre la sabbia, il caldo e l’umido talvolta sono fatali per la comparsa dell’impetigine, infezione caratterizzata da crosticine giallastre di cui spesso sono vittime i bambini.


    UN CLASSICO «FASTIDIO» del periodo estivo sono le punture di insetti. E in particolare, con il rialzo delle temperature e l’umidità, si prevede l’arrivo delle zanzare. L’ora in cui bisogna fare più attenzione è al tramonto, quando è bene stare lontano dai ristagni d’acqua. L’uso dei repellenti sulla pelle è raccomandato per i soggetti allergici. Anche in città si può prendere qualche precauzione, per esempio evitare che dopo aver innaffiato le piante, l’acqua resti nei sottovasi. È bene svuotarli, infatti, perché il ristagno dell’acqua favorisce la proliferazione di questi insetti. In ambito urbano altri luoghi da tenere sotto controllo sono i tombini e la rete fognaria. Cautele particolari vanno usate anche nei giardini privati, a partire dallo sfalcio periodico dell’erba.
    E durante una gita fuori città i soggetti più sensibili ai morsi delle zanzare stiano attenti ad avvicinarsi a canali, fossati, aree agricole incolte. Chi trascorre le vacanze in campagna dovrà fare attenzione anche ad api e vespe. Le loro punture, in genere, provocano dolore, gonfiore e rossore localizzato: una reazione normale che nel giro di poche ore si attenua. Chi, però, sa di essere allergico dovrà farsi consigliare da uno specialista, in modo da avere sempre a portata di mano i farmaci necessari a prevenire lo choc anafilattico.
    Durante le vacanze aumenta anche il tempo dedicato allo sport e ai giochi. E cresce anche la possibilità di farsi male. Niente di grave, ma contusioni, traumi e piccole ferite, soprattutto nei bambini, possono capitare. Quindi è consigliabile che mamme e papà mettano nello zaino disinfettante e cerotti per intervenire tempestivamente. I medici raccomandano di lavare con acqua corrente le piccole ferite poi disinfettarle e tenerle riparate da bende o cerotti.

    DURANTE IL BAGNO in mare il rischio è quello di un incontro ravvicinato con una medusa. Il bollettino del meteo meduse di Focus, realizzato grazie alle centinaia di segnalazioni inviate ogni giorno dalle spiagge di tutt’Italia segnala in tempo reale, sul sito web www.focus.it, meteo meduse, le specie presenti lungo le coste italiane.
    Ferdinando Boero, biologo marino dell’Università del Salento e associato a Cnr-Ismar, è un esperto internazionale di meduse. Come andrà agosto per i bagnanti? «Non si possono fare previsioni, però nelle due ultime estati abbiamo assistito a un bloom — fioritura — di meduse, anche se non tutte urticanti. Come mai? Perché se dal mare togliamo i pesci poi arriva qualcun altro che riempie il vuoto». E le coste attirano meduse diverse a seconda delle loro caratteristiche. «Negli scorsi anni lungo l’Adriatico era presente la Carybdea marsupialis — mai vista fino agli anni Ottanta — una tra le meduse urticanti, che tende a stare nei pressi dei frangiflutti ed è attirata dalle luci costiere, mentre nel Tirreno settentrionale dal caldissimo 2003 è presente la Pelagia nocticula, che ha lunghi tentacoli. La stragrande maggioranza delle punture di meduse sono ascrivibili a questa specie». Boero ricorda anche che lo scorso anno, «nel pieno dell’estate, c’è stato un bloom di Cotylorhiza tubercolata, con tentacoli corti e poco urticante, nei mari italiani più meridionali». Una specie, quindi, che dimostrerebbe una preferenza per le acque più calde. Una curiosità: recentemente un banco di meduse è riuscito a bloccare i reattori nucleari della centrale di Torness, in Scozia. Un’invasione gelatinosa da intendersi come una ‘ripicca’ verso le opere dell’uomo?
     

    Donatella Barbetta

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    Traversata della Solidarietà: un tris di regine invitano al dono del sangue


    Da "FIDAS" 

     

    Si è conclusa con grande soddisfazione e con una carica di entusiasmo la V Traversata della solidarietà organizzata dalla FIDAS, insieme all’ADSPEM di Reggio Calabria. 40 donatori hanno sfidato le acque dello Stretto di Messina; insieme a loro un tris di regine in una gara di solidarietà: Giusy Versace, Roberta Cogliandro e Martina Grimaldi. In occasione della Traversata della Solidarietà, a lanciare l’appello per l’invito al dono del sangue in estate, accanto a tanti giovani donatori e responsabili associativi del volontariato organizzato del sangue, tre straordinarie atlete con un denominatore comune: la passione per lo sport e la vita.
    La “terronissima” Giusy Versace, come lei stessa ama definirsi, madrina dei Tornei Giovani FIDAS di beach volley e beach soccer che si sono svolti venerdì 29 e sabato 30 luglio al lido Reitano di Catona (RC). Giusy, in seguito ad un incidente automobilistico, ha subito l’amputazione degli arti inferiori e per una sfida con se stessa e con gli altri, ha cominciato a correre con le protesi, guadagnandosi l’appellativo di “Pistorius italiana”. Lo scorso 22 luglio in Germania il suo ultimo successo: fermando a 16” e 18 il cronometro nella gara dei 100 m ha strappato il nuovo record europeo.

    FIDAS_STAFFETTA_DELLO_STRETTO_LARRIVO_A_CANNIETELLO_RC_300_x_199Madrina della Staffetta a nuoto dello Stretto di Messina da Punta Faro (ME) a Cannitello (Villa San Giovanni) la giovanissima Roberta Cogliandro. Roberta costretta all’uso della carrozzina a causa di una caduta, ha trovato una nuova vita nell’acqua conquistando la medaglia d’oro nei 50 metri stile libero ai Campionati Italiani Estivi FINP di Bari, fermando il cronometro a 40” 24, tempo che vale il record Italiano assoluto.

    Due donne belle e generose,  rinate grazie allo sport, consapevoli che i limiti sono negli occhi di chi ci guarda, che le gambe non sono tutto, che con il cuore e la grinta si va molto più lontano. Due atlete con un altro grande obiettivo da raggiungere: le Paraolimpiadi di Londra del 2012.

    Martina Grimaldi
    è la testimonial, insieme a Simone Ercoli, degli spot audio e video della campagna sociale della Fidas per l’estate 2011. Martina, bolognese classe ‘88, è atleta del gruppo sportivo Fiamme Oro di Napoli della Polizia di Stato, disciplina nuoto gran fondo. Già medaglia d'oro ai mondiali di Roverbal 2010 nella gara dei 10 km, raggiunge Reggio Calabria direttamente dai mondiali di nuoto di Shanghai, potando a casa uno splendido argento sulla distanza di 10 km di nuoto in acque libere. Anche per lei in programma le olimpiadi londinesi del 2012.

    DSC_2598_300_x_199Insieme alle tre regine, altri 5 grandi atleti delle Fiamme Oro di Napoli, tutti specialisti nel nuoto gran fondo. Fabiana LAMBERTI, Andrea BONDANINI, Pietro BONANNO, Piergiorgio GAGLIOTTI,  e Simone ERCOLI, tutti agenti della Polizia di Stato, la traversata di 3.2 km l’hanno fatta tutta, bracciata dopo bracciata, mentre i quaranta donatori-nuotatori in FIDAS si sono dati la staffetta, accompagnati da barche d’appoggio.  

    Tre regine e atleti generosi che allungano il braccio per la Fidas e che hanno aderito con gioia alla Traversata della Solidarietà per offrire una testimonianza di impegno e senso civico. Esempi da imitare, persone speciali che vale la pena di conoscere. Sostenitori importanti dei responsabili associativi delle Associazioni Donatori Sangue della FIDAS. Insieme per dire a gran voce che ogni giorno c’è bisogno di sangue!

    "Per la famiglia FIDAS e per tutti i donatori di sangue- ha affermato il presidente nazionale FIDAS Aldo Ozino Caligaris - la Traversata rappresenta un appuntamento ormai consolidato e quest'anno è stato onorato dalla presenza di atleti che hanno voluto condividere i nostri valori. L’estate è la stagione in cui sono più evidenti le criticità, in particolare al Mezzogiorno; oggi vogliamo rivolgere ancora una  volta un invito al dono, in particolare, ai giovani del SUD ed alle donne che rappresentano solo il 31,2% dei donatori periodici a fronte del 68,8% di uomini. Chiediamo solo 10 minuti di tempo, periodicamente, per aiutare il prossimo e noi stessi".

     

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    Treccine in spiaggia? Rischio calvizie


    Casi di alopecia da trazione a causa delle pettinature stile afro

    l'attrice Bo Derek

    (ANSA) - ROMA - Amanti delle treccine a rischio calvizie. In aumento i casi, soprattutto giovani donne, con problemi di alopecia da trazione dovuta alle acconciature stile 'afro'. Comode, pratiche e molto di tendenza in estate, salvo poi, al ritorno dalle vacanze, l'amara sorpresa di ritrovarsi senza capelli. Secondo Marco Toscani, presidente della Società Italiana di cura e chirurgia della calvizie "il problema è causato dalla continua trazione esercitata dalle treccine che, a lungo andare, possono determinare danni irreversibili". Un rischio cui non sembrano dar peso le tante emule dell' attrice Bo Derek. Sui lidi italiani da qualche anno, donne africane, o talvolta caraibiche, realizzano treccine per 35/40 euro (dal parrucchiere i costi possono lievitare fino a 600 euro). A sentire loro "nessun problema, solo vantaggi" per un' acconciatura glamour per l'estate: pettinatura sempre in ordine, si soffre meno il caldo e addio al fastidio di nuotare con i capelli davanti agli occhi. Molte anche le mamme che sottopongono i figli a interminabili sedute per le treccine, da tre a sei ore. I capelli dei bambini sono, però, più a rischio perché più delicati e sottili. Inoltre, intrecciare i capelli espone il cuoio capelluto all' azione diretta dei raggi solari ustionando e seccando l' epidermide. Al sole, non solo durante le ore trascorse in spiaggia, meglio applicare sul cuoio capelluto una protezione solare e coprire il capo con cappelli e bandane. "Il sole, il sudore, la sabbia e l'acqua del mare - mette in guardia l'esperto - possono determinare l'alterazione del Ph naturale della cute con un aumento della produzione di sebo, e - aggiunge Toscani - l'impossibilità di lavare e asciugare accuratamente la chioma intrecciata può causare la proliferazione batterica, alla base di fenomeni come forfora, micosi e dermatiti". Tra le varie tipologie di treccine (rasta, africane, alla francese), con o senza applicazione di extension, sembrano essere meno dannose quelle aderenti al capo, dalla fronte alla nuca, perché la trazione viene distribuita su una porzione di capelli più ampia. "Quando si decide di toglierle, però, gli inconvenienti sono gli stessi" chiarisce Roberto Carminati, hair stylist delle star, "capelli indeboliti, cute irritata e sensibile, follicoli sofferenti. Il diradamento dei capelli e la difficoltà a districarne i nodi costringe spesso a tagliarli". Unanime il consiglio post vacanza: tenere le treccine al massimo per una settimana, ogni giorno lavare con cura la cute con shampoo delicato e asciugare bene l'intera capigliatura.

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    PIU' PERICOLOSA LA SIGARETTA NEI PRIMI 30 MINUTI DOPO IL RISVEGLIO


    Da "AGI"
     

    FUMARE APPENA SVEGLI AUMENTA IL RISCHIO TUMORE

     

    (AGI) - Londra, 8 ago. - Le persone che fumano subito dopo essersi alzati al mattino hanno piu' probabilita' di sviluppare il cancro rispetto a coloro che si accendono la prima sigaretta nel corso della giornata. Da uno studio condotto su 7.610 fumatori e appena pubblicato sulla rivista Cancer, e' emerso che fumare nei primi 30 minuti dopo il risveglio raddoppia il rischio, di per se' gia' elevato, di far insorgere il cancro ai polmoni. Alcuni scienziati del Penn State College of Medicine, negli Stai Uniti, hanno analizzato 4.776 fumatori con tumore polmonare e 2.835 fumatori senza cancro, e hanno dimostrato che i pazienti che fumavano nei primi 30 minuti dopo il risveglio hanno avuto il 79 per cento in piu' di probabilita' di sviluppare un tumore rispetto a coloro che aspettavano almeno un'ora. Un altro studio sulla stessa rivista ha messo sotto osservazione 1.850 fumatori, 1.055 dei quali con tumore alla testa testa e collo. Anche in questo caso e' emerso che le persone che fumavano nella prima mezz'ora hanno dimostrato il 59 per cento in piu' di probabilita' di sviluppare un tumore rispetto a coloro che aspettavano almeno un'ora. "Non si tratta certo della dimostrazione di un rapporto causale", aggiungono tuttavia gli autori dello studio. Joshua Muscar, capo del team, ha dichiarato: "Questi fumatori hanno livelli piu' elevati di nicotina e, eventualmente, di tossine del tabacco nel loro corpo e possono essere piu' dipendenti rispetto ai fumatori che si astengono dal fumare per piu' di una mezz'ora". Robert West, del Cancer Research Uk, ha aggiunto: "I fumatori che si accendono una sigaretta subito dopo il risveglio tendono a fumare ogni sigaretta molto piu' intensamente del solito.
      Quindi la spiegazione piu' probabile di questo risultato e' che quanto prima si accende una sigaretta, tanto piu' e' aspirato il fumo nei polmoni, e dunque e' maggiore il livello di esposizione ai prodotti chimici che causano il cancro".
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    Meno TV e più sport


    Da "Il Sole 24 Ore"
    Due ricerche effettuate in Australia e a Taiwan
    Un'ora di televisione ha lo stesso effetto di due sigarette: la vita si accorcia di 22 minuti

    MILANO - Chi vuole vivere più a lungo deve guardare meno la televisione e fare più sport. Già lo si sospettava, ora c'è la certezza grazie a uno studio pubblicato sul British Journal of Sports Medicine, condotto dai ricercatori dell'università del Queensland su 11 mila persone con più di 25 anni. Secondo gli studiosi australiani, infatti, un'ora di televisione ha lo stesso effetto di due sigarette: per ogni 60 minuti passati immobili davanti al piccolo schermo, la vita si accorcia di 22 minuti. Per un totale di quasi cinque anni persi per chi (pari a circa l'uno per cento della popolazione) guarda il piccolo schermo per sei ore al giorno. Gli scienziati hanno stimato che nel 2008 gli australiani con più di 25 anni hanno passato 9,8 miliardi di ore davanti al video, pari a 286 mila anni di vita persi.

    MEDIA ALTA - «Il tempo trascorso guardando la tv», sostiene al ricerca, «è associato a una riduzione dell'aspettativa paragonabile a quella legata ai principali fattori di rischio per malattie croniche, come l'inattività fisica o l'obesità». Il dato, affermano i ricecatori dell'Università del Queensland, non può essere limitato solo alla realtà australiana: «Gli effetti della tv negli altri Paesi del mondo industrializzato sono con ogni probabilità comparabili», assicurano, considerando che nelle nazioni più sviluppate le ore passate davanti alla tv sono in media simili. Nel Regno Unito sono quattro al giorno, ricorda il Daily Mail, e cinque negli Stati Uniti. E l'Italia? Secondo il rapporto Eurispes 2008 l'8% degli italiani trascorre più di quattro ore davanti allo schermo televisivo.


    TV E MALATTIE - All'inizio di quest'anno uno studio aveva dimostrato che il rischio di ammalarsi di diabete di tipo 2 e malattie cardiache aumenta del 20% con due ore di tv al giorno. Inoltre un altro studio pubblicato sulla rivista medica spezializzata Lancet afferma che guardare troppo la televisione andrebbe considerato rischioso quanto fumare, ingrassare o non fare sport. La ricerca, firmata da Chi-Pang Wen dei National Health Research Institutes di Taiwan, e Jackson Pui Man Wai della National Taiwan Sport University, ha analizzato i dati raccolti su oltre 416 mila persone che avevano partecipato a un programma medico di screening fra il 1996 e il 2008. Rispetto a chi non svolgeva alcuna attività fisica, le persone che facevano anche poco esercizio (92 minuti a settimana, circa un quarto d'ora al giorno) avevano un rischio di morte prematura del 14% inferiore e una probabilità di morire di cancro minore del 10%, con un'aspettativa di vita di tre anni più lunga.

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    Fido e micio fanno bene alla salute


    Da "salute e benessere" 

    Secondo diversi studi effettuati, la presenza di un animale in famiglia migliora la qualità della vita e aiuta a prevenire alcune malattie.

    Sanihelp.it - Da sempre si sa che avere un animale domestico è un impegno. Bisogna portarlo fuori almeno 3 volte al giorno (con qualsiasi condizione atmosferica), dargli da mangiare, accudirlo quando è malato, educarlo perché tira, scappa o distrugge casa.

    Ma forse non ci siamo mai fermati a pensare che avere un
    pet fa bene alla salute ed è una delle migliori medicine per prevenire alcune gravi patologie, come quelle cardiovascolari o l’obesità ed è uno dei migliori rimedi per chi soffre di depressione o di solitudine.

    Di solito le maggiori cause di malattie cardiovascolari e di sovrappeso, sono la
    sedentarietà e la pigrizia. Possedere un cane ci costringe ad uscire almeno 3-4 volte al giorno per almeno 10 minuti, facendo una camminata all’aria aperta.

    Secondo studi della
    Michigan State University, la passeggiata con il proprio cane giornaliera è salutare e ci consente di svolgere più attività fisica, quindi ci fa bruciare più calorie rispetto ad una persona che va in palestra e passa un’ora sul tapis roulant.

    Questi ricercatori infatti affermano che possedere un cane stimola la persona a svolgere un’attività fisica come per esempio la corsa, giocando con il proprio cane al parco. Inoltre la sua presenza ci fa sentire
    meno soli alleviando la depressione e l’ipertensione.

    Anche il
    gatto può aiutare il nostro cuore. Un gruppo di ricercatori della University of Minnesota, hanno presentato uno studio al congresso dell’American Stroke association a New Orleans. Nello studio sono state esaminate 4.235 soggetti tra i 30 e i 70 anni, di cui 2.235 possedevano un gatto.

     

    A distanza di vent’anni è stato analizzato il loro stato di salute ed è risultato che chi possedeva un gatto, aveva il 30% in meno di probabilità di soffrire di malattie cardiache rispetto a chi non possedeva alcun animale. Questo accade perché la convivenza con un animale domestico aiuta a combattere le principali cause di queste patologie: ansia e stress.

    «Accarezzarlo allevia stress e ipertensione. Il cane è più consigliato ad anziani, ipertesi e post infartuati, perché costringe a un’attività fisica quotidiana. Secondo una ricerca dell’Università di Montpellier è l’ideale anche per chi è depresso o soffre di solitudine, perché portandolo a spasso si conoscono persone nuove.» spiega Giorgio Celli, etologo, a cui fa seguito Enrico Alleva, presidente della Società Italiana di Etologia: «Gli animali da compagnia sono un’ottima ginnastica mentale, soprattutto per chi vive in città, e con un approccio ben studiato si possono curare molti disturbi, dalle patologie dell’anziano all’autismo

    Quindi armatevi di guinzaglio e bocconcini, di tanta pazienza e buona volontà e assicuratevi una vita migliore. E per chi non possiede un cane o un gatto, non preoccupatevi. Se non volete spendere per comprarne uno, in canile o nel gattile ce ne sono migliaia che attendono una famiglia che li adotti e che li ami. Farete una buona azione per loro ma anche per voi stessi.

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    Andare in bicicletta fa bene, ma…


     
    23 Agosto 2011

    È divertente, mantiene in forma e giova alla salute. Attenzione però: le pedalate hanno molti pro, ma anche qualche contro.

    Piace a tutti, grandi e bambini. Una bella pedalata in campagna o in città è fonte di divertimento senza grandi fatiche. Soprattutto se si fa in famiglia o tra amici.

    Se si orienta il manubrio fuori città, poi, si respira aria buona, si prende il sole e si vivono momenti di vera tranquillità.

    A renderci felici mentre pedaliamo sono soprattutto le endorfine, gli ormoni del buon umore che vengono prodotti nell’organismo quando facciamo un’attività fisica poco intensa, ma di lunga durata.

    Fa bene al cuore e non solo a quello

    Sono davvero tanti gli studi scientifici che hanno analizzato l’impatto dell’andare in bicicletta sull’organismo.

    Non ci sono dubbi: pedalare migliora la salute del nostro cuore, tenendo alla larga le malattie cardiovascolari, vale a dire infarto e ictus.

    Un’indagine pubblicata sulla rivista British medical journal ha dimostrato che basta pedalare mezz’ora al giorno per dimezzare il rischio di infarto.

    Il segreto di questo sport sta nel fatto che non è particolarmente impegnativo per i muscoli e per i polmoni (esercizio aereobico), quantomeno a livello dilettantistico. Quindi il cuore si allena e diventa più efficiente.

    Andare in bici fa sì che il cuore abbia una capacità di riempimento maggiore: pomperà più sangue nelle arterie, con più forza. Quindi la quantità di sangue espulsa in un minuto sarà la stessa, ma con un numero di contrazioni minori. Si abbassa così la frequenza cardiaca a riposo.

    Le pedalate poi migliorano il metabolismo: essendo un’attività di resistenza, ossia moderata, regolare e di lunga durata, facilitano la digestione, il circolo sanguigno del cervello e l'attività muscolare.

    Fa bene anche alle articolazioni: a differenza di molti altri sport la bicicletta non obbliga le gambe a reggere il peso del corpo. Per questo è l’ideale sia per chi è in sovrappeso e vuole perdere i chili di troppo senza danneggiare caviglie e ginocchia, sia per i bambini le cui ossa sono ancora in una fase di sviluppo.

    Si dimagrisce senza troppa fatica

    Andare in bici è particolarmente utile a chi vuole perdere peso. Pedalando con un ritmo medio si consumano da 300 a 600 Calorie all’ora. Per ritmo medio si intende un’andatura che consente per esempio di parlare, ma non di cantare.

    Se invece si pedala più forte, e anche parlare diventa difficile, si consumano fino a 500-600 Calorie ogni ora.

    In più, essendo il ciclismo uno sport di resistenza che impegna per un periodo di tempo prolungato tutti muscoli, dopo soltanto mezz'ora l'organismo inizia a “bruciare” le scorte di grasso (girovita, fianchi eccetera) anziché quelle di glucosio e glicogeno.

    Oltre all’indubbio vantaggio del mandare via la pancetta, questo meccanismo consente anche di non avere, una volta finita la pedalata, la classica fame da lupi che invece si presenta praticando altri sport.

    Tonifica tutto il corpo, a patto che…

    In molti pensano che andare in bici significa rinforzare soltanto le gambe. Non è così: cosce e polpacci sono di certo stimolati, ma si rinforzano anche i muscoli della schiena e delle braccia.

    Inoltre, siccome dobbiamo restare in equilibrio sulla sella, si utilizzano anche gli addominali e la parte inferiore della schiena.

    Infine, ogni volta che si accelera, la strada va in salita oppure si affronta un terreno accidentato vengono chiamati in causa i muscoli di spalle, braccia, petto, avambracci.

    Attenzione però: perché il tutto funzioni bene è fondamentale mantenere una corretta posizione, anche per scongiurare crampi e dolori muscolari.

    Le quattro regole d’oro

    • La sella deve essere alzata in modo che il ginocchio sia piegato a 20° quando il piede è sul pedale in posizione di massima spinta.
    • Il manubrio va regolato a seconda dell’altezza del ciclista. Non deve essere né troppo in avanti, né troppo indietro così che il peso del tronco, in parte, venga caricato sulle braccia, ma senza esagerare.
    • Si consiglia di cambiare spesso la posizione delle mani sul manubrio e del bacino sulla sella. In questo modo si evitano fastidiosi indolenzimenti muscolari.
    • Meglio poi mangiare carboidrati prima della pedalata, evitare i grassi e abbondare con la frutta. Una bustina di frutta secca in tasca aiuta poi se c’è un calo di zuccheri nel sangue.

    I problemi sono solo per lui

    La questione è ancora in parte controversa, nel senso che non tutti gli esperti sono d’accordo. Però sembra da alcuni studi che andare spesso in bicicletta possa favorire l’insorgere di problemi alla prostata.

    All’origine ci sarebbe la pressione del sellino che potrebbe determinare piccoli traumi alla ghiandola.

    Per questo si consiglia, agli uomini affetti da ipertrofia prostatica sintomatica, di evitare lunghe passeggiate in bici.

    Stando invece a quanto affermano i ricercatori della Boston University, che hanno condotto uno studio sull’argomento, andare in bicicletta può esporre anche i non professionisti a un rischio maggiore di infertilità maschile, cioè una scarsa motilità degli spermatozoi.

    Martina Locatelli 

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    Bracciate di entusiasmo alla


     28 Agosto 2011

    219 nuotatori si sono alternati nella “24 ore del donatore”, staffetta di solidarietà conclusasi alle 16 di oggi nelle Terme di Giunone di Caldiero (VR).
    L’iniziativa, organizzata dalla FIDAS Verona, ha raccolto donatori provenienti dal Veneto, ma anche da Lombardia, Lazio, Sicilia, Toscana, Piemonte: insieme per ricordare che il bisogno di sangue non si ferma mai. A fianco dei tanti volontari giovani e meno giovani cinque testimonial d’eccezione: Cristian Presciutti, Niccolò Maschi, Luca Pizzini ed Elisa Mammi, atleti professionisti che hanno conseguito titoli iridati a livello nazionale ed internazionale e Giusy Versace, campionessa italiana paralimpica dei 100 metri che con passione e coraggio ha percorso le vasche della piscina olimpionica.

    “ La 24 Ore di Caldiero è stata un’ulteriore testimonianza di solidarietà avvenuta alla presenza di un pubblico appassionato - ha affermato il presidente nazionale FIDAS Aldo Ozino Caligaris – Sono certo che iniziative di questo genere legate allo sport e alla presenza di importanti testimonial, siano lo strumento migliore per portare nel cuore di tutti la donazione del sangue”.

    “ L’edizione di quest’anno – ha commentato Massimiliano Bonifacio, presidente FIDAS Verona - ha visto l’aumento dei partecipanti, che hanno percorso in totale più di 130 chilometri: i numeri confermano la grandezza di questo evento. Sport e vita sana sono un binomio essenziale per i donatori che hanno testimoniato l’importanza del lavoro di squadra per poter sostenere le necessità trasfusionali del paese.”


     

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    Ridere fa bene al cuore come i farmaci


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    Un chip per il cuore nascosto in un tatuaggio


    INVENZIONI

    Brevettato un prototipo elettronico per misurare
    battito cardiaco, attività cerebrale e movimenti muscolari

    MILANO - Chi ha bambini piccoli lo sa: in estate impazzano i “trasferelli”, i tatuaggi che si applicano con un po' d'acqua e se ne vanno dopo qualche doccia. Ora alcuni ricercatori dell'università statunitense di Urbana, in Illinois, hanno inventato un tatuaggio temporaneo che in futuro potremmo vedere anche sul corpo degli adulti: si tratta infatti di un “sistema epidermico elettronico” che registra e invia parametri vitali come il battito cardiaco, l'attività cerebrale, i movimenti muscolari. In pratica, un mini-sensore che lascia completa libertà di movimento al paziente garantendo però ai medici un monitoraggio costante.

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    Gli inconvenienti più comuni


    I suggerimenti di quattro specialisti per affrontare serenamente eventuali doloretti e fastidi
    ATTIVITA' FISICA

    Gli inconvenienti più comuni
    dei «neosportivi»

    I suggerimenti di quattro specialisti per affrontare serenamente eventuali doloretti e fastidi

    Chi pratica sport da tempo è generalmente in grado sia di prevenire gli infortuni muscolari e ai tendini, grazie alla buona preparazione atletica e alla correttezza del gesto tecnico, sia di percepire i segnali che arrivano dal proprio corpo, cogliendo anche la più piccola avvisaglia di un problema fisico in agguato. Non così «protetto» è invece lo sportivo saltuario, che spesso proprio in questi giorni di buoni propositi, dopo la pausa estiva, decide di improvvisare sfide calcistiche, corse e biciclettate, oppure si iscrive in palestra o ai corsi di una piscina.

    Sono soprattutto cuore e polmoni che, chiamati a compiere un lavoro straordinario, possono fare, per così dire, le bizze. Per recuperare l'ossigeno, il cuore accelera i battiti e il respiro si fa accelerato. Risultato: si può incorrere in alcuni banali inconvenienti come l’affanno, la fitta al torace, il male al fegato e il dolore alla milza. Ma anche gambe e piedi, altrettanto poco avvezzi a compiere un estemporaneo superlavoro, possono subirne le conseguenze con crampi, vesciche e irritazioni alla pelle. Si tratta, come si vede, di piccoli inconvenienti, che non devono distogliere dal buon proposito di fare più attività fisica e che possono essere facilmente evitati. Quattro esperti ci consigliano, dunque, come stare alla larga da questo genere di problemi e, nel caso capitino, ad affrontarli nel modo più corretto.

    Mabel Bocchi

     

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    Giornata Nazionale FIDAS:


    Dal "Notiziario FIDAS"

    04 Ottobre 2011

    “E’ proprio il caso di dire dalle Alpi alle Piramidi: con viva soddisfazione prendiamo atto del grande riscontro della II giornata nazionale FIDAS. Le Federate sparse su tutto il territorio nazionale si sono impegnate in una kermesse di iniziative, manifestazioni e incontri con i cittadini. La giornata è risultata vincente come occasione per ringraziare i donatori periodici che responsabilmente contribuiscono al fabbisogno di emocomponenti e medicinali plasmaderivati, ma è stato un ottimo momento di promozione della solidarietà e della cultura della donazione avvicinando ancora tante persona ancora non consapevoli dell’importanza di tale gesto”.

    Con queste parole il presidente della FIDAS, Aldo Ozino Caligaris, ha commentato la seconda Giornata nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue, un evento che ha richiamato in tante piazze d’Italia migliaia di donatori di sangue, tutti impegnati a sensibilizzare i loro concittadini sulla donazione volontaria del sangue.

    Torino aveva scelto lo scenario delle Officine Grandi Riparazioni (OGR), come cornice ideale per accogliere i 250 rappresentanti del 143 gruppi regionali, che il 2 ottobre sono arrivati da tutto il Piemonte per celebrare insieme un gesto così semplice, ma così importante, come il dono di sangue. Dopo la Santa Messa, hanno dato un saluto ai donatori presenti il consigliere Giampietro Tolardo per la Provincia di Torino e l’assessore alle Politiche Sociali della città di Torino Elide Tisi. Sul tavolo dei relatori, il presidente nazionale, quello regionale, Agostino Re Rebaudengo e i presidenti delle sei federate piemontesi, si sono confrontati su problemi e opportunità della donazione del sangue alla presenza delle telecamere di Rai tre, che ha dato notizia dell’evento al TGR della sera. (Per guarda il servizio clicca qui). In serata la visita nella storica sede FIDAS ADSP di via Ponza, dove la recente ristrutturazione del centro prelievi ne ha migliorato la funzionalità. (Guarda quì il video della giornata)

    A Bari,
    la Federazione Pugliese Donatori Sangue ha, invece, richiamato soci donatori ed amici nella Multisala Showville per una grande serata di festa e di solidarietà. Prima lo spettacolo comico-musicale della Rimbambad ed a seguire la consegna del premio “Un amico per la comunicazione 2011” a Carmen La sorella, storica conduttrice dei telegiornali RAI, oggi alla guida della TV di San Marino.

    A Verona il punto di raccolta è stata la centralissima Piazza Bra, giusto davanti l’Arena, dove il locale gruppo giovani ha convinto tantissimi coetanei ad apporre l’impronta delle proprie mani sugli appositi pannelli e girato un divertente filmato (Guarda nella sezione FIDAS Channel), mentre a Vicenza i giovani FIDAS sono andati in giro per la città a raccogliere le “promesse di donazione” (anche in collaborazione con il Vicenza Rugby), promesse che saranno poi concretizzate domenica 9 ottobre.

    Impossibile dare conto delle tantissime iniziative realizzate in tutta la penisola. Stand e gazebo sono stati alzati da Ovada (Alessandria) a Termini imerese (Palermo), da Aosta ad Alcamo per quella che ha voluto essere una festa ma soprattutto un momento di riflessione su uno degli aspetti più importanti del vivere civile, l’aiuto ai tanti malati che necessitano di terapie trasfusionali.

     

     

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    Donne over 50: attente al cuore


    Da “SapereSalute.it”

    19 Ottobre 2011

    Corrono gli stessi rischi dei coetanei maschi, ma non tutte lo sanno. Dopo la menopausa viene meno la protezione degli estrogeni: ecco che cosa bisogna sapere. Chi pensa che l’infarto non sia un problema femminile sbaglia di grosso. Sappiamo ormai da diversi anni che anche le donne sono a rischio di malattie vascolari a carico delle arterie coronarie, quelle che portano sangue al cuore. Però ci sono differenze notevoli. Durante tutta la vita fertile ogni donna può godere di uno speciale scudo protettivo: gli estrogeni. Gli ormoni femminili garantiscono alle arterie delle donne una efficace protezione nei confronti dei processi aterosclerotici, in pratica la formazione di quelle placche che negli anni portano a un restringimento dei vasi sanguigni. Se la formazione di queste placche è presente nell'uomo già a partire dai 30-40 anni, nella donna iniziano a comparire dopo la menopausa, quando cioè cessa la produzione fisiologica di estrogeni.

    Che cosa cambia con la menopausa

    Dopo i 50 anni, in corrispondenza con l’arrivo della menopausa, l’equilibrio ormonale delle donne cambia. Non ci sono soltanto vampate e sbalzi d’umore in questo delicato periodo. Quando l’organismo cessa di produrre estrogeni, quantomeno nella stessa quantità di prima, la probabilità delle donne di essere colpite da infarto, ictus e trombosi si avvicina a quella degli uomini di pari età. In effetti lo dicono anche le statistiche: le arterie e le vene di una donna, dopo i 50 anni, si ammalano quanto se non di più di quelle degli uomini. Secondo recenti indagini, infatti, in Europa il 55 per cento delle donne muore per malattie vascolari, mentre per quanto riguarda gli uomini la mortalità per queste cause è pari al 40 per cento. E se l’ictus, nell’uomo, è la terza causa di decesso, nella donna è la seconda.

    Non ci sono soltanto gli estrogeni

    Va detto anche che il cuore delle donne è più piccolo, le loro coronarie sono di dimensioni più ridotte e si ammalano in modo più subdolo. In più, i farmaci che prevengono le malattie vascolari nei maschi non sono sempre così efficaci sull’organismo femminile. Per non parlare dei comportamenti a rischio che negli ultimi decenni sono diventati usuali anche tra le donne. Come il fumo di sigaretta e l’abuso di bevande alcoliche. Siccome poi la “mitologia” secondo cui l’infarto non riguarda le donne è dura a morire, molte fanno poca attività fisica, non controllano i livelli di colesterolo nel sangue e la pressione sanguigna.

    Che fare per prevenirlo?

    Il primo passo è la consapevolezza che dopo i 50 anni la probabilità di infarto delle donne è simile a quella degli uomini. Condurre una vita sana, adottare un’alimentazione equilibrata, fare attività fisica, buttare via le sigarette e bere con moderazione sono regole d’oro che valgono per tutti e tutte. Meglio ovviamente non aspettare la soglia della menopausa per cominciare a pensare a se stesse: eliminare il prima possibile tutti i fattori di rischio modificabili è fondamentale. Infine è importante, in questa fase della vita, sottoporsi a visite mediche periodiche così da tenere sotto controllo quei parametri, come per esempio la pressione e il colesterolo, che rappresentano il campanello d’allarme su cui intervenire se non rientrano nei valori normali. 

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    Telefonini assolti per il tumore al cervello


    Da l “corriere della sera salute

    SUL BRITISH MEDICAL JOURNAL

    Telefonini assolti per il tumore al cervello

    Uno studio su 400 mila persone durato 18 anni non ha riscontrato differenze fra chi usa il cellulare e chi no

    SUL BRITISH MEDICAL JOURNAL

    Telefonini assolti per il tumore al cervello

    Uno studio su 400 mila persone durato 18 anni non ha riscontrato differenze fra chi usa il cellulare e chi no

    MILANO - Quando si parla di scienza e medicina, è difficile dare risposte definitive. Ma se quella uscita in queste ore sul British Medical Journal non è ancora un’assoluzione definitiva per i cellulari, certo le va molto vicino. Il più grande studio finora mai condotto sull’argomento non ha infatti trovato alcun legame tra l’utilizzo dei telefonini e lo sviluppo di tumori al cervello: su tutti gli abbonati a un servizio di telefonia mobile in Danimarca tra il 1982 e il 1995 non si è registrato un maggior numero di malati rispetto a chi allora non aveva ancora il telefonino.

    LO STUDIO- «Abbiamo preso in considerazione tutti coloro (più di 400 mila persone) che hanno stipulato un contratto di telefonia mobile tra il 1982 e il 1995 in Danimarca e siamo riusciti a seguirne quasi 360 mila per ben 18 anni» spiegano i ricercatori dell’Istituto di epidemiologia oncologica di Copenaghen che hanno coordinato il lavoro.«Nel 1996 e poi di nuovo nel 2002 abbiamo confrontato la frequenza di tumori in questo gruppo di persone rispetto a quella che si è verificata nella popolazione generale» proseguono, «ma né allora né a un ulteriore controllo ripetuto nel 2007 abbiamo trovato nessuna differenza significativa tra chi da molti anni usava il cellulare e chi invece no».

    LA STORIA- Nell’altalena tra gli studi che periodicamente gettano sospetti sul fatto che l’uso diffuso ed esteso dei cellulari possa favorire il cancro e quelli che invece non trovano riscontro pratico a questi timori, non c’è dubbio che, anche prima di questa ulteriore conferma, le ragioni della rassicurazione abbiano avuto finora sempre la meglio. I segnali d’allarme infatti sono venuti per lo più da ricerche condotte su animali e pubblicate su riviste di second’ordine, mentre quelle su più ampia scala come Interphone, un’indagine condotta in 13 diversi Paesi,compresa l’Italia, intervistando più di 10 mila persone, hanno sempre dato risultati più rassicuranti. Neanche l’ombra di una prova per varie forme di cancro chiamate in causa in passato, come linfomi, leucemie o altri tumori della testa e del collo, per esempio a carico delle ghiandole salivari. Qualche dubbio rimaneva solo per chi riferiva di aver passato al telefono da 5 a 12 ore al giorno per più di 10 anni: in questa ristretta categoria di persone i ricercatori avevano trovato un leggero aumento del rischio di tumori del cervello detti gliomi e di formazioni al nervo acustico, chiamate neurinomi, benigne ma che possono compromettere l’udito. Ed è solo per prudenza e sulla base di questo dato che la International Agency for research on Cancer di Lione qualche mese fa ha rivisto la classificazione delle onde elettromagnetiche emesse dai cellulari, definendole “possibly carcinogenic”, non avendo ancora i dati per escludere definitivamente che in qualche modo e ad altissimo grado di esposizione esse possano favorire l’insorgenza della malattia.

    ONDE E RADIAZIONI-«Prima di tutto occorre chiarire che i telefonini non emettono radiazioni ionizzanti come quelle usate per le radiografie, capaci di provocare mutazioni del DNA, ma solo onde radio con frequenze vicine a quella utilizzata dai forni a microonde» ha ribadito più volte Paolo Vecchia, esperto fino a poco tempo fa in servizio presso l’Istituto Superiore di Sanità. «E non è mai stato dimostrato che questo tipo di onde induca nelle cellule e nei tessuti trasformazioni pericolose».

    SPERIMENTAZIONE GLOBALE- D’altra parte la sperimentazione in un certo senso riguarda ormai tutta l’umanità, o quasi: «Nel 2009 più di 5 miliardi di persone nel mondo facevano uso di un cellulare» spiega John Boice, direttore dell’International Epidemiology Institute di Rockville e docente della Vanderbilt University School of Medicine, in un editoriale pubblicato questa estate sul Journal of National Cancer Institute. «Se il suo utilizzo potesse favorire in qualche modo lo sviluppo del cancro, dopo vent’anni o più che questo oggetto è diventato di uso comune, almeno nei paesi più ricchi, dovremmo cominciare a registrare un aumento sensibile dei casi di tumore al cervello. Un aumento che per fortuna non è stato osservato, neppure tra gli adolescenti che in teoria potrebbero essere più vulnerabili, soprattutto se hanno cominciato a usare l’apparecchio fin da piccoli». Anche per i più giovani pare quindi che si possa stare tranquilli. Un studio che ha preso in considerazione l’uso del cellulare negli anni precedenti alla diagnosi in oltre 350 ragazzi svizzeri e scandinavi a cui è stato diagnosticato negli ultimi anni un tumore al cervello ha dimostrato che quelli che poi si sono ammalati non avevano fatto un uso più smodato di questo strumento rispetto ai loro coetanei sani.

    LIMITI E FORZA- Si potrebbe obiettare che anche questa ricerca più ristretta ha però gli stessi limiti metodologici del grande studio Interphone. Sono studi condotti con una modalità che gli esperti definiscono “di caso-controllo”, confrontando l’uso del telefonino nelle persone ammalate e in un numero superiore di altri individui sani, simili ai primi per sesso ed età. È facile sbagliare, dovendo dire quanto tempo si stava al telefono vent’anni prima, quante telefonate si ricevevano e così via. È facile ricordare male, ma anche esagerare per il senso di colpa conseguente alla malattia o viceversa minimizzare per giustificarsi, nel timore che un abuso possa averla favorita. «Ma il nostro lavoro non è stato condotto così» precisano gli esperti danesi, che non si sono basati su interviste ma sui dati inequivocabili degli abbonati ai servizi di telefonia e di quelli provenienti dal registro dei tumori danese. «Abbiamo preso in considerazione tutta la popolazione con più di trent’anni nata in Danimarca dopo il 1925 e anche dopo dieci anni di telefonate non abbiamo trovato prova di un aumento del rischio: solo per chi ne ha fatto un uso ancora più prolungato e molto intenso non ce la sentiamo ancora di escludere del tutto la possibilità di un leggero aumento delle probabilità di ammalarsi. Per questo ben vengano altre ricerche anche più estese, se possono tranquillizzare anche i più scettici».

    Roberta Villa
    21 ottobre 2011

     

     

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    Mi hanno prescritto un «Ecg» sotto sforzo Non sarà rischioso?


    Tendenzialmente no, anzi serve farlo a scopo preventivo. Da evitare invece quando il paziente non può camminare

    Ho 70 anni e sono iperteso, ma controllo l’ipertensione con una terapia. Eseguo periodicamente l’elettrocardiogramma (Ecg) che finora non ha rilevato alcun problema, ora un cardiologo mi ha consigliato di fare un Ecg sotto sforzo, ma io sono perplesso. Data la mia età non sarà troppo faticoso? Non rischio di sentirmi male o addirittura di avere un infarto? E poi nessuno mi ha spiegato bene che cosa consente di sapere in più l’Ecg sotto sforzo rispetto all’Ecg normale. Non ci sono altri esami da fare altrettanto utili per approfondire la mia situazione cardiaca?

    Risponde Filippo Crea

    Direttore Dipartimento Medicina Cardiovascolare

    Policlinico Gemelli

    "Un elettrocardiogramma da sforzo viene di solito eseguito in pazienti che hanno un dolore al torace che insorge durante uno sforzo e passa con il riposo. Questo tipo di dolore può essere causato da un’ostruzione delle coronarie, cioè delle arterie che portano sangue al cuore ed è definito angina. A riposo non si ha angina e l’Ecg è normale perché il cuore ha bisogno di poco sangue. Se invece si fa uno sforzo il cuore ha bisogno di una quantità di sangue molto maggiore e le ostruzioni coronariche «si fanno sentire», in quanto limitano l’aumento dell’apporto di sangue. La conseguenza è che il cuore si lamenta. Il grido d’allarme del cuore è rappresentato dall’angina. Dopo lo sforzo, le ostruzioni coronariche tornano ad essere silenti ed il dolore passa. L’Ecg segue l’andamento dell’angina: è normale prima dello sforzo, mostra alterazioni tipiche durante lo sforzo e torna normale dopo. In mani esperte questo tipo di Ecg non presenta rischi, è poco costoso e dà una risposta chiara.

    Non può però essere utile in due casi: quando il paziente non può camminare o pedalare per motivi ortopedici; quando l’Ecg tradizionale presenta alterazioni che mascherano quelle causate da ostruzioni coronariche. In questi casi diventa necessaria una scintigrafia o un ecocardiogramma eseguiti durante la somministrazione di un farmaco che simula uno sforzo, esami più costosi e più fastidiosi per il paziente. Il ricorso a questi esami diventa necessario anche quando l’Ecg da sforzo non dà un risultato chiaro: per esempio quando il dolore sembra veramente angina, ma l’Ecg non mostra alterazioni durante sforzo. Se le alterazioni dell’Ecg sono lievi è di solito sufficiente la terapia medica. Se sono gravi è necessaria una coronarografia per caratterizzare le ostruzioni coronariche. Se le ostruzioni sono nei rami coronarici più grandi ci vuole un’angioplastica o un intervento di bypass coronarico.

    In circa un terzo dei casi l’angina è però causata da un’alterazione dei rami coronarici più piccoli: in questo caso la cura è basata su un uso appropriato delle medicine. Il lettore, però, si sarà certamente posto, a questo punto, un’altra domanda: perché dovrei fare la prova da sforzo se non ho sintomi? Il problema è che il sistema d’allarme del cuore talvolta non lancia l’allarme. Pertanto, anche in pazienti asintomatici è talvolta opportuno eseguire un Ecg da sforzo se si sospetta fortemente la presenza di ostruzioni coronariche, per esempio in soggetti con numerosi fattori di rischio (fumo, ipercolesterolemia, ipertensione, diabete), soprattutto se mal controllati. Infine è utile in persone asintomatiche che svolgono attività con importanti responsabilità verso terzi, come i piloti d’aereo, di treno o di autobus, o in chi inizia un’attività agonistica".

    30 ottobre 2011 10:46

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    Sigarette modificate, aiutano a smettere


    Test su sigarette sperimentali, stesso sapore ma -97% nicotina

    31 ottobre, 14:27

    (ANSA) - ROMA, 31 OTT - Niente piu' cerotti, pillole o gomme da masticare per smettere di fumare, forse tra poco bastera' cambiare marca di sigarette. Si tratta di 'bionde' sperimentali, geneticamente modificate per ridurre il contenuto di nicotina del 97% senza alterare odore e sapore. Lo riporta il New York Times, sottolineando che le universita' del Minnesota e di Pittsburgh effettueranno sei mesi di ricerche su 500 fumatori per valutare se con le sigarette sperimentali smettere di fumare e' piu' facile.

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    S.O.S MEDICI, INFERMIERI TRASFUSIONISTI E VOLONTARI


    EMA-ROMA ASSOCIAZIONE DONATORI VOLONTARI DI SANGUE

     E’ proprio così. L’organico presente nei Centri Trasfusionali consente con sempre maggiore difficoltà la composizione di una equipe di medici ed infermieri per le uscite esterne organizzate in sintonia con le Associazioni di volontariato, come EMA-ROMA che, a sua volta, soffre in modo preoccupante della penuria di Volontari per supportare la propria attività.

    Quando un Trasfusionale, con l’ausilio di una Associazione di Volontariato, come EMA-ROMA, organizza una uscita esterna, deve ricorrere necessariamente al proprio organico, spesso già insufficiente, badando bene di non sguarnire l’equipe interna, indispensabile al lavoro quotidiano. Si ricorre, quindi, a professionisti esterni, che, per legge, non siano dipendenti di Ospedali, seppure in qualità di precari. Ma anche in questo caso, malgrado la declamata abbondanza di medici e infermieri del ramo, ci troviamo di fronte alla scarsezza dell’offerta.

    Il “volontario” invece, è per definizione un personaggio speciale che sente intensamente il senso della “Solidarietà” a favore di chi è in difficoltà, tanto da sacrificare parte del suo tempo libero integrandosi nella nostra Associazione. E’ una attività che tempra l’anima e il proprio “ego” e talvolta anche il fisico.

    Per questo motivo invitiamo i nostri lettori e i nostri associati e chiunque sia interessato a questo appello, a mettersi in contatto con noi per ulteriori informazioni, ai seguenti recapiti:

    Segreteria EMA-ROMA San Filippo Neri - 06/3306.2583 - info@emaroma.it

    Da lunedì a Venerdì, dalle ore 09,30 alle 13,00.

     

    Segreteria EMA-ROMA IFO – 06/5266.2831– infoifo@emaroma.it

    Lunedì/Mercoledì/Venerdì, dalle ore 09,30 alle 13,00.

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    Italia dei veleni, ora c'è una mappa


    Dal “Corriere della Sera Salute”

     

    LA RICERCA

    Da Porto Marghera a Gela, tanti italiani si sono ammalati per inquinamento e contaminazioni

    Porto Marghera, uno dei siti più inquinanti d''Italia

    MILANO - Non c'è solo un'Italia sott'acqua, flagellata dalle piogge e spazzata dalle alluvioni. C'è anche un'Italia avvelenata dall'impetuoso sviluppo industriale realizzato dal secondo dopoguerra ad oggi. Il miracolo economico ha portato ricchezza ma anche inquinamento e malattie, in primo luogo nelle popolazioni che vivono nei grandi centri industriali – da Porto Marghera a Gela, da Taranto a Porto Torres solo per citare i più noti. Da martedì sono infatti disponibili i risultati dello studio Sentieri, coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità e pubblicato sulla rivista Epidemiologia & Prevenzione.

    LA RICERCA - La ricerca, finanziata dal Ministero della salute, ritrae la situazione sanitaria di 44 luoghi sparsi per tutto il paese in cui le condizioni ambientali fanno ammalare e morire la popolazione più della media, soprattutto nel Meridione. Questa “Italia da salvare” è composta da 44 delle 57 aree che con diversi decreti nei decenni passati  i vari governi hanno individuato come siti da bonificare, vedi la mappa. Esaminando le statistiche di mortalità di queste aree (per un totale di 298 comuni con 5,5 milioni di abitanti) nel periodo 1995-2002, lo studio dell'ISS ha riscontrato un eccesso di mortalità rispetto alle medie regionali: 10mila morti in più in otto anni rispetto al numero atteso se si considerano tutte le cause di morte. Cifra che scende a 3.508 decessi se si considerano invece solo le malattie più chiaramente riconducibili al fatto di vivere vicino a impianti siderurgici e petrolchimici, raffinerie, inceneritori, discariche, porti, cave di amianto e miniere. C'è insomma un pezzo non piccolo d'Italia, pari a un decimo della popolazione, che sta decisamente peggio degli altri.

    LE VITTIME - Il caso più palese è rappresentato dalle 416 morti in eccesso per tumore alla pleura nei siti contaminati da amianto, per la presenza di cave di estrazione del minerale o di impianti di lavorazione (come Balangero, Casale Monferrato e la Fibronit di Bari). Pesante il bilancio sanitario anche vicino ai grandi impianti petrolchimici e siderurgici, come le raffinerie di Porto Torres e Gela,  le acciaierie di Taranto, le miniere del Sulcis-Iglesiente e la chimica di Porto Marghera, dove si registra l'aumento di mortalità per tumore al polmone e malattie respiratorie non tumorali. O i decessi in più per insufficienza renale e altre malattie del sistema urinario causate dalle emissioni di metalli pesanti, composti alogenati e idrocarburi degli stabilimenti di Piombino, Massa Carrara, Orbetello o la bassa valle del fiume Chienti. Anche un discreto aumento di decessi legati a malformazioni congenite è stato associato all'inquinamento da metalli pesanti e altre sostanze a Massa Carrara, Falconara, Milazzo e Porto Torres. “Da notare che per Massa Carrara, dove le industrie più inquinanti sono state chiuse negli anni '80 ma la bonifica non è stata ancora effettuata, si registra l'eccesso maggiore di mortalità per cause ambientali: oltre 170 decessi in più ogni anno (13% in più dei decessi attesi)” commenta un altro autore dello studio, Fabrizio Bianchi del CNR di Pisa. La lunga storia dello stabilimento Caffaro di Brescia, infine, con la contaminazione di PCB nei terreni circostanti in piena città, ha lasciato il segno nei dati di mortalità con un aumento di casi di linfomi non-Hodgkin.

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    Un laser per vedere da vicino


    Da “Quotidiano.Net”

    Eccimeri e lenti intraoculari, primi interventi per la presbiopia

    L’intervento è tecnicamente uguale a quello della cataratta, e può essere eseguito tanto su un cristallino trasparente quanto su un cristallino opaco

    Roma, 07 novembre 2011 - LA CHIRURGIA della presbiopia rappresenta una delle novità più interessanti dehli ultimi anni in campo oculistico. Supportati da numerose aziende e dal continuo sviluppo di tecnologie, gli oculisti hanno ora a disposizione un elevato numero di tecniche chirurgiche per correggere questo inconveniente nei pazienti che desiderano un’alternativa agli occhiali per vedere da vicino, necessità che inevitabilmente insorge dopo i 45 anni se non prima.

    Le novità più rilevanti su questi problemi saranno discusse venerdì prossimo a Palazzo Re Enzo, Bologna, in un congresso organizzato da Piero Barboni e Giacomo Savini. Coordinatore del meeting sarà Jaime Aramberri (Spagna) uno dei massimi esperti internazionali nella chirurgia refrattiva con laser a eccimeri, e nella chirurgia refrattiva della cataratta. La presbiopia rappresenta il più comune difetto della vista. Consiste nella progressiva perdita della capacità di mettere a fuoco le immagini vicine (accomodare) e si manifesta con la necessità di indossare gli occhiali in attività quali leggere, scrivere o guardare il computer. Un’opzione per la correzione chirurgica si avvale di lenti intraoculari multifocali e lenti accomodative: per sostituire il cristallino naturale, quando questo ha perso la capacità di accomodare.

    L’INTERVENTO è tecnicamente uguale a quello della cataratta, e può essere eseguito tanto su un cristallino trasparente quanto su un cristallino opaco. «Tra gli strumenti per la presbiopia, il laser a eccimeri — spiegano gli organizzatori del simposio — ampiamente utilizzato per correggere altri difetti refrattivi (miopia, ipermetropia e astigmatismo) è in grado di modificare la curvatura corneale e di conseguenza la messa a fuoco dell’occhio. Si tratta di soluzioni ancora in fase di sviluppo e non applicabili a tutti». C’è poi la monovisione: l’obiettivo consiste nel mettere a fuoco un occhio da lontano (con un intervento di cataratta o con il laser a eccimeri) e l’altro a fuoco per vicino. Quando entrambi gli occhi sono aperti, il paziente non si rende conto della differenza tra i due occhi. Nel caso in cui l’intervento venga eseguito con il laser a eccimeri, la tecnica Lasik con femtosecondi (FemtoLasik) offre il vantaggio di un recupero visivo immediato e dell’assenza di dolore. E finiamo con gli inserti intracorneali: rappresentano una scelta di nicchia, sperimentata già da diversi anni ma con risultati alterni. Per questo molti chirurghi sono restii ad adottarla.

     

     

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    Giovedì 10 novembre torna l'appuntamento con “One Nation One Donation”


    Dal “Notiziario FIDAS”

    08 Novembre 2011


    Giovedì 10 novembre 2011, le Associazioni e Federazioni dei donatori di Volontari di Sangue, AVIS, CROCE ROSSA ITALIANA, FIDAS e FRATRES, con l’Azienda Ospedaliera San Camillo – Forlanini ed il Trio Medusa inviteranno la popolazione italiana a fare un regalo a tutticoloro che necessitano di terapie trasfusionali, effettuando una donazione di sangue.

    Le città italiane coinvolte nella manifestazione saranno: ROMA Sede di Radio Deejay Via Cristoforo Colombo 90; MILANO Piazza Duca D’Aosta (Stazione Centrale); CAGLIARI Centro prelievi Avis, via Talete 8; GENOVA Largo Sandro Pertini; LECCE Piazzetta Muratore, Centro trasfusionale ospedale 'Vito Fazzi'; VERONA Piazzale L.A. Scuro 10, Centro trasfusionale Policlinico 'G.B. Rossi'.

    Nelle piazze stazioneranno delle autoemoteche dove sarà possibile effettuare concretamente la donazione, mentre i volontari delle quattro associazioni e federazioni di donatori distribuiranno del materiale informativo. Le varie piazze d'Italia dove si svolgerà la manifestazione saranno collegate tra loro in tempo reale tramite Radio Deejay - "Chiamate Roma Triuno Triuno", che aiuterà a monitorare l'andamento della giornata.

    Chi intende prenotare la propria donazione può lasciare il nominativo sul sito www.deejay.it. Tutti coloro che si presenteranno per la donazione riceveranno un gadget di Radio Deejay. Nel corso del 2010 sono state raccolte in Italia oltre 2,5 milioni di unità di sangue intero e 500 mila sacche in aferesi. I donatori volontari periodici sono 1 milione e 700 mila.

    Ogni giorno negli ospedali italiani vengono effettuate circa 9 mila trasfusioni di componenti del sangue (3,5 milioni ogni anno).


     

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    Bere tanto dopo una corsa? Sbagliato


    SPORT

    Chi fa jogging ritiene che dopo lo sforzo ci voglia molta acqua. Bisogna invece farsi guidare dalla propria sete

    Dopo il jogging, troppa acqua non fa bene

    MILANO - Quasi la metà degli amanti del jogging beve troppo durante la corsa. Il 36,5 per cento dei runner introduce infatti i liquidi secondo uno schema prestabilito, o per mantenere un determinato peso corporeo, mentre l’8,9 per cento beve addirittura più che può. Ma non è vero, come molti ancora pensano, che, quando si corre, più si beve meglio è. Uno studio condotto dai ricercatori del Loyola University Health System, pubblicato sul British Journal of Sports Medicine, ha mostrato come gli atleti abbiano ancora le idee poco chiare a questo riguardo e non sono consapevoli del fatto che l’eccesso di liquidi espone al rischio di danni alla salute potenzialmente addirittura fatali, per esempio nella eventualità, rara ma possibile, di provocare lesioni al cervello per una riduzione eccessiva di sodio nel sangue. Eppure, secondo i ricercatori, basterebbe fidarsi di più della propria sensazione di sete.

    LO STUDIO «All’inchiesta online hanno risposto quasi 200 atleti contattati personalmente, via e-mail o tramite volantini distribuiti in tre diverse gare» spiega Winger Dugas, che ha condotto la ricerca.  «Il 58 per cento beve solo quando ha sete ma è ancora alta la percentuale di quelli che invece non seguono questo stimolo naturale». E la ragione per non bere di più non è la consapevolezza  dei rischi legati alla diluizione eccessiva dei sali nel sangue, ma in 7 casi su 10 solo il timore dei disturbi gastroenterici provocati dall’eccesso di liquidi. Fino ai tardi anni Sessanta, si raccomandava agli atleti di non bere durante l'esercizio, poiché si credeva che l'ingestione di liquidi alterasse la prestazione atletica. In seguito, come risultato da alcuni studi scientifici, si passò all’idea che tutti i liquidi persi durante la cosa dovessero essere reintegrati, magari aderendo a uno schema prestabilito. «Non è un caso che nella nostra inchiesta  questa convinzione fosse più radicata tra i corridori più avanti con gli anni» aggiunge Dugas.

    IL COMMENTO «Ma un eccesso di sali minerali o di liquidi ingeriti può spesso causare le stesse alterazioni di una carenza degli stessi» puntualizza Sergio Lupo, specialista in Medicina dello Sport e responsabile del portale medico Sport & Medicina , già allenatore di importanti sportivi, come Diego Armando Maradona e Alberto Tomba. Secondo Lupo, inoltre, è quasi sempre sufficiente una normale alimentazione ricca di frutta e verdura per ripristinare i sali persi. «Quando, invece, le condizioni ambientali (temperatura, umidità) e la sudorazione causano una perdita di peso superiore ai 2-3 kg» precisa l’esperto, «è necessario provvedere con bevande idonee e aumentare di conseguenza l'apporto alimentare di frutta e verdura».

    Domenico Lombardini18 novembre 2011 | 9:31

     

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    Dalle terme, l'acqua che guarisce


    Da “Salute&Benessere”

     

    Scopriamo le virtù dell'acqua termale

    Dalle terme, l'acqua che guarisce

    Non solo rinfresca e protegge, ma può anche guarire: è la promessa dell'acqua termale, un prezioso alleato in caso di pelle sofferente. Ma attenzione a quella che si sceglie.

     

    Sanihelp.it - Chi pensa che l’acqua termale in spray sia semplicemente un cosmetico si sbaglia di grosso. Si tratta infatti di un presidio utilissimo per la cura della pelle in tante situazioni, sia fisiologiche (dopo la rasatura e la depilazione, dopo l’attività sportiva, come doposole, eccetera) che di malattia (viene consigliata dai medici in caso di acne, psoriasi, dermatiti, eczemi, couperose, rosacea, herpes).

    L’acqua termale è un’acqua ricavata direttamente da fonti termali che, grazie al suo percorso naturale,
    si arricchisce di minerali e oligoelementi che le conferiscono proprietà specifiche: per esempio il rame svolge un’azione riparatrice, il manganese antiossidante, il silicio protettiva.

    A conferma delle sue virtù terapeutiche,
    una leggenda narra che un contadino abbandonò il suo cavallo malato e morente e lo ritrovò dopo qualche tempo completamente guarito: l’animale si era bagnato nelle acque termali e ne aveva inalato i vapori.

    Non solo rinfresca e protegge, ma può anche guarire: è la promessa dell'acqua termale, un prezioso alleato in caso di pelle sofferente. Ma attenzione a quella che si sceglie.


    È un prodotto universale e molto versatile. È adatta a tutti i tipi di pelle (soprattutto quella sensibile e reattiva), utile in ogni stagione e in ogni momento della giornata. Si può utilizzare per ogni tipo di irritazione della pelle, per esempio dopo piccoli interventi chirurgici, per cicatrizzare e riparare la pelle lesa, oppure in caso di eritemi solari o colpi di sole, per rinfrescare e dare sollievo alla pelle arrossata.
    Essendo un
    prodotto naturale, è ideale anche per lenire e idratare la pelle delicata dei neonati in caso di arrossamenti da pannolino.

    Per essere davvero efficace, l’acqua termale dovrebbe essere:

    naturale, senza elementi aggiunti
    isotonica, cioè in perfetto equilibrio osmotico con le cellule della pelle (non modifica né la misura né la forma dei cheratinociti)
    • a pH neutro, inodore, incolore e insapore, batteriologicamente
    pura, che mantiene nel tempo le sue caratteristiche
    • confezionata
    alla sorgente, in ambiente sterile, al riparo da inquinamento e da qualsiasi contatto con l’ambiente esterno, in bombola aerosol con azoto, gas inerte che non danneggia lo strato d’ozono
    • sottoposta a test strumentali,
    studi clinici e di farmacologia sperimentale che ne confermino i benefici per la pelle.

    Un prodotto che risponde a queste caratteristiche è l’acqua prelevata a Uriage, stabilimento termale alle porte di Grenoble: più precisamente, è il terzo stabilimento in Francia specializzato nella cura della pelle, in particolare di tutte le dermatosi infiammatorie di adulti e bambini.

    La ricerca Uriage ha da poco messo a punto una nuova tecnologia, in grado per la prima volta di attivare i processi naturali dell’idratazione cutanea grazie all’interazione tra gli osmoliti minerali contenuti nell’acqua termale prelevata in quelle sorgenti e alcuni osmoliti di tipo organico specificatamente selezionati per il loro forte potere di ritenzione dell’acqua.

    Il risultato è un’idratazione definita dinamica: agisce idratando con precisione a seconda del bisogno specifico di ogni pelle, attivando un’azione detossificante quotidiana. Un rimedio per donare alla pelle luminosità con la protezione anti-pollution, autentico scudo invisibile e non occlusivo che contrasta la penetrazione di tutte quelle molecole ossidanti responsabili dell’invecchiamento precoce della pelle.

    L’acqua termale si vaporizza e si lascia agire sulla pelle, senza tamponare, spalmare o asciugare. Non ha controindicazioni e può essere utilizzata da tutti.

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    LA DIETA MEDITERRANEA ALLUNGA LA VITA


    La conferma arriva da studi cominciati nel 1950

    Londra, 22 dic. - Non si tratta di una novita' assoluta, ma ora ben quattro studi in procinto di essere pubblicati sugli Atti della Sahlgrenska Academy dell'Universita' di Gotheborg lo confermano: la dieta mediterranea allunga la vita. Gli studi si basano su ricerche cominciate fin dal 1950, segnalando costantemente come una dieta basata su un elevato consumo di pesce e verdure e un basso consumo di prodotti di origine animale come carne e latte, favorisce una migliore salute. I ricercatori dell'Accademia Sahlgrenska hanno studiato gli effetti di una dieta mediterranea su persone anziane in Svezia. Nel condurre i loro studi hanno usato uno fattore univoco noto come 'H70 study' per confrontare coloro con 70 anni che hanno seguito una dieta mediterranea con altri che hanno mangiato carne e derivati di prodotti animali. L''H70 study' ha analizzato migliaia di settantenni nella regione di Goteborg per piu' di 40 anni, mostrando in modo evidente che coloro che seguono una dieta mediterranea hanno una probabilita' del 20 per cento superiore rispetto agli altri di vivere piu' a lungo. "Questo significa in pratica che le persone anziane che seguono tale regime alimentare vivono circa 2, 3 anni in piu' di quelli che non lo fanno", ha spiegato Gianluca Tognon, scienziato di origine italiana in forza presso l'Accademia svedese. I risultati di queste ricerche sono supportati da altri tre studi non ancora pubblicati sugli effetti della dieta sulla salute: uno effettuato in Danimarca, il secondo sulla popolazione del nord della Svezia, e il terzo sui bambini. "La conclusione che possiamo trarre da questi studi e' che non vi e' dubbio che una dieta mediterranea e' legata a una migliore salute, non solo per gli anziani, ma anche per i giovani", ha concluso Gianluca Tognon.

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    Testimonianza di solidarietà


    PIGLIO: Cultura e solidarietà nell’istituto Comprensivo “Ottaviano Bottini” di Piglio.

    Premiati i migliori studenti.

    Cultura e solidarietà si sono incontrate questa mattina 21 Dicembre 2011alle ore 9,30 a Piglio nella sala Catering dell’Istituto Comprensivo “Ottaviano Bottini”.

    L’occasione è stata la cerimonia di consegna dei premi per i temi migliori svolti dai ragazzi delle scuole medie inferiori sull’argomento: “Solidarietà, volontariato e donazione di organi e sangue cosa si è fatto e cosa bisogna ancora fare”. Ai lavori hanno partecipato il prof. Giancarlo Isacchi, Primario del Centro Trasfusionale dell’Ospedale Pediatrico del Bambino Gesù di Roma, il Prof. Tommaso Damizia Preside dell’Istituto che ha dato la sua disponibilità all’Associazione di sangue di promuovere il concorso, giunto alla sua 15 edizione, le prof.sse Isolina Del Signore e Annarita Segneri, il dott. Tommaso Cittadini, Sindaco di Piglio, don Gianni Macali, parroco di Piglio e il direttivo dell’Associazione presieduta da Giovanni Pizzale ed una nutrita rappresentanza di alunni.

    I premi sono andati a Cristiano Venti della prima B, a Matteo Caldano della seconda B e a Valentina Felici della terza B che sono stati premiati con una pergamena ricordo ed un buono acquisto di Euro 100,00 da spendere presso gli esercizi commerciali che sostengono l’Associazione donatori di Sangue del Bambino Gesù della sezione di Piglio.

    La interessante iniziativa culturale è stata sponsorizzata dalla Banca Unucredit di Piglio, dal Credito Cooperativo La Forma, dal Credito Cooperativo di Fiuggi, dalla Civica Amministrazione di Piglio, da Computer Service di Daniele Bernardini La Forma, da Emanuele Simeoni Orafo di Piglio e dal Centro Benessere di Daniela Borgia e tutti i soci sostenitori.

    Inoltre l’Associazione donatori di sangue di Piglio, per il sesto anno consecutivo, ha regalato libri all’Istituto Comprensivo “Ottaviano Bottini” di Piglio per integrare la biblioteca scolastica. “Collaboriamo da anni con i donatori di Piglio -ha detto il prof.Isacchi- e interrompere le mie attività per manifestazioni del genere non è assolutamente un peso. Migliorare la qualità della vita di chi si avvale dell’operato dei donatori è il nostro obiettivo. La presenza di questi alunni mi spinge ad incoraggiarli ad intraprendere un’opera di proselitismo presso i loro parenti che sono in età per donare il sangue”.

    L’associazione donatori di sangue di Piglio collabora da tre lustri con  il Centro trasfusionale dell’Ospedale Pediatrico del Bambino Gesù  con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita di chi si avvale dell’operato dei numerosissimi donatori pigliesi.

    Il nostro impegno -ha dichiarato Pizzale- è quello di stimolare la donazione di sangue tra i pigliesi invitando tutte le persone a donarlo almeno una volta l’anno a favore dei malati bisognosi, creando nei giovani una coscienza trasfusionale per sopperire alla sempre maggiore richiesta di questa linfa vitale, conseguente al progresso della scienza medica e della tecnica che ha consentito il trapianto di organi. In realtà si vuole, conclude Pizzale, che il giovane pigliese acquisisca la coscienza dei problemi generali connessi alla trasfusione di sangue e si renda conto della funzione del donatore periodico selezionato e controllato, da considerarsi un vero operatore sanitario”. La prossima donazione, la 33ma, avverrà a Piglio il 5 Febbraio 2012 in occasione della “Giornata  per  la Vita” istituita a livello nazionale dalla Chiesa Cattolica.

    Il paese di Piglio è orgoglioso di annoverare tra i suoi cittadini un gruppo  così numeroso che si presta a fornire atti così encomiabili, di solidarietà e di senso civico. Il gruppo, nato il 1° Ottobre 1995 ha già effettuato circa 3000 donazioni mostrandosi sempre presente laddove le necessità lo richiedono. Per essere un donatore di sangue occorre avere buona salute e almeno 18 anni, pesare almeno 50 chili e non avere sofferto di malattie importanti (ad esempio affezioni cardiovascolari, ulcera gastroduodenale). In ogni caso il colloquio con il medico e appositi esami di laboratorio verificheranno l’idoneità alla donazione dice il presidente Pizzale. Le donne in età fertile possono donare il sangue due volte all’anno, non debbono farlo durante le mestruazioni o la gravidanza e per un anno dopo il parto. Per legge, il lavoratore dipendente ha diritto ad una giornata di riposo ed alla corresponsione della normale retribuzione, in concomitanza con la donazione. Sono esclusi dalla donazione, conclude Pizzale, chi assume droghe, chi ha un comportamento sessuale a rischio per l’Aids ed altre patologie trasmissibili, chi ha malattie croniche, cardiopatie, positività per vari test (sifilide, epatite B, epatite C, HIV), epatite virali. Il tutto per evitare di diffondere infezioni attraverso il sangue donato. In cambio, peraltro, si ottiene l’esame completo e gratuito del sangue, oltre alla consapevolezza di aver fatto un bel gesto di civiltà.

     Giorgio Alessandro Pacetti

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    Senza carboidrati due giorni a settimana:



    Da "Il Sole 24 Ore"

     

    Così si dimagrisce
    con poco sacrificio

    Per dimagrire non è necessario un sacrificio quotidiano: evitare i carboidrati per 2 giorni alla settimana è più efficace che contare 24 ore su 24 le calorie ingerite. La notizia è stata data al Breast Cancer Symposium di San Antonio (Usa) da Michelle Harvie dell'University Hospital di South Manchester (Regno Unito). Secondo la ricercatrice mettere nel piatto solo frutta, verdura e carne magra per 2 giorni su 7 fa dimagrire il doppio rispetto alle diete tradizionali.

    Harvie e colleghi hanno assegnato a 115 volontarie tre diversi regimi alimentari. Una prima dieta prevedeva di limitare l'alimentazione a 650 calorie per 2 giorni mettendo al bando pasta, pane, patate e tutti i cibi grassi, e mangiando solo cibi salutari per i restanti 5 giorni. La seconda non imponeva una restrizione calorica, ma di evitare i carboidrati per 2 giorni e mangiare poi liberamente per il resto della settimana. La terza, invece, consisteva in una dieta tradizionale, con un limite di circa 1.500 calorie al giorno e l'eliminazione degli alcolici e dei cibi ricchi di grasso.

    Dopo tre mesi i ricercatori hanno rilevato che le donne che si erano limitate a “tagliare” i carboidrati per due giorni a settimana erano dimagrite in media 4 kg, alla pari delle volontarie del primo gruppo, mentre quelle del terzo gruppo, costantemente a dieta, erano riuscite a perdere 2,4 chili.

    Secondo Harvie le prime due diete funzionerebbero meglio perché insegnerebbero alle donne a limitare spontaneamente il consumo calorico e a scegliere cibi salutari anche quando non sono obbligate a farlo.

    di Silvia Soligon

     

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    PENSARE POSITIVO FA BENE A SALUTE, I BIMBI LO SANNO


    I piccoli già' consapevoli che si fortifica lo spirito.

    AGI) - Los Angeles, 28 dic. - Anche i bambini della scuola materna sanno che pensare positivo fa sentire meglio. Non solo. L'ottimismo dei genitori puo' giocare un ruolo nei figli nel capire come le emozioni influenzano il modo di pensare. E' quanto emerge da un nuovo studio condotto da alcuni ricercatori della Jacksonville University e della University of California, pubblicato su 'Child Development'. Nello studio, i ricercatori hanno esaminato 90 bambini di eta' compresa tra 5 e 10 anni. I piccoli sono stati invitati ad ascoltare sei storie illustrate in cui due personaggi provano la stessa emozione dopo aver sperimentato qualcosa di positivo (ottenere un nuovo cucciolo), di negativo (fuoriuscita del latte) o di ambiguo (incontrare un nuovo insegnante). A seguito di ogni esperienza, un personaggio ha un pensiero ottimista inquadrando l'evento in una luce positiva, e un altro ha un pensiero pessimista, mettendo l'evento in una luce negativa. I ricercatori hanno quindi chiesto ai bambini di giudicare le emozioni di ogni personaggio e di fornirne una spiegazione. I bambini hanno segnalato che le persone si sentono meglio dopo aver pensato pensieri positivi e hanno dimostrato una piu' forte comprensione circa l'influenza dei pensieri positivi rispetto a quelli negativi sulle emozioni provate in situazioni ambigue. Lo studio ha anche messo in luce che i bambini avevano comprensione del fatto che il pensiero positivo aveva la capacita' di fortificare lo spirito di qualcuno coinvolto in situazioni negative, come cadere e farsi male. E' stata inoltre evidenziata l'importanza del ruolo dei genitori. "Il piu' forte predittore di conoscenza dei bambini sui benefici del pensiero positivo", ha spiegato Christi Bamford, docente di psicologia alla Jacksonville University e prima autrice dello studio, "oltre all'eta' non era immediatamente il sentimento di speranza e ottimismo del bambino medesimo ma quello dei suoi genitori".

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    NUOVO SISTEMA PER MISURARE GLUCOSIO NEL SANGUE


    DIABETE: RISORSA MENO COSTOSA E IMPEGNATIVA PER MONITORARE I LIVELLI

     (AGI) - Washington, 29 dic. - Le persone ammalate di diabete potrebbero prossimamente contare su una risorsa meno costosa e impegnativa per monitorare i livelli di glucosio nel sangue se lo studio di un gruppo di ricercatori della Missouri University of Science pubblicato su Medical News Today confermera' i suoi risultati. Il team ha recentemente messo a punto un sistema biologico che utilizza segmenti di DNA integrato nei batteri per rilevare il glucosio. I ricercatori ritengono che il loro sviluppo potrebbe portare a un nuovo tipo di strisce reattive per i diabetici. ''Abbiamo progettato il DNA nei batteri in modo che segnali la concentrazione di glucosio'', ha affermato Erica Shannon dell'Universita' del Missouri. Per il progetto, sono stati elaborati geni che permettono al batterio, un non-virulento ceppo di Escherichia coli, di percepire la presenza del glucosio. I batteri emettono un bagliore giallo quando il glucosio e' presente. Se le concentrazioni di glucosio diventano piu' alte, il bagliore diventa piu' luminoso. Secondo Shannon, i risultati potrebbero costituire la base per nuovi esami meno costosi per aiutare le persone con il diabete a monitorare i loro livelli di zucchero nel sangue. In futuro si perfezionera' la scoperta puntando sui diversi colori in base ai livelli di glucosio. Le strisce reattive potranno diventare verdi se i livelli di glucosio sono entro i valori normali, gialli se sul limite massimo e rossi se elevati. ''Tutto quello che si deve fare e' semplicemente inserire il DNA all'interno di un batterio sulla striscia reattiva'', ha detto Shannon. ''Un metodo che sarebbe anche meno costoso rispetto agli attuali prodotti chimici'', ha concluso.

     

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    SCIENZA E COSCIENZA. SOLIDARIETA’


    Alla presenza di studenti, docenti, visitatori, nel mese di Dicembre 2011 si è svolto il consueto incontro tra i Magnifici Rettori dell’Università Europea di Roma, Padre Paolo Scarafoni e dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Padre Pedro Barrajon. L ‘incontro, durante il quale sono state descritte alcune delle azioni condotte nel 2011 ed altre in programma nel 2012, è stato allietato dalle ottime esibizioni di  due complessi corali delle due università, nonché da un piccolo complesso musicale composto da seminaristi e solisti, che ne hanno apportato serenità ed allegria. E’ in quella occasione che Padre Scarafoni ha commentato l’eccellente risultato ottenuto dai componenti degli Istituti che hanno aderito all’appello di EMA-ROMA, Associazione di Donatori Volontari di Sangue, che con l’apporto dei medici ed infermieri del Centro Trasfusionale dell’ IRCSS, IRE/ISG (IFO) in soli 3 appuntamenti hanno donato ben 150 sacche di sangue che hanno contribuito a rafforzare le scorte del prezioso liquido, notoriamente in crisi. Le operazioni di raccolta continueranno anche in futuro secondo un calendario concordato con la Segreteria del Rettorato. In rappresentanza di EMA-ROMA, ha partecipato Giuseppe Avellino, Responsabile delle Relazioni Pubbliche e della Comunicazione .

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    OSTEOPOROSI: STUDIO ITALIANO PER SALVARE LE OSSA


    l'Universita' de L'Aquila con l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu' di Roma

    (AGI) - Roma, 18 gen. - La salute delle ossa e' di fondamentale importanza per poter condurre una vita normale gia' dall'infanzia: uno studio condotto dall'Universita' de L'Aquila in collaborazione con l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu' di Roma e pubblicato su Nature Comminications, indica che esistono nuovi meccanismi che regolano in modo assai complesso il metabolismo delle cellule presenti nelle ossa. L'obiettivo dello studio era comprendere come alcuni fattori importanti per le cellule ossee lavorassero in maniera coordinata per permettere una normale funzione del tessuto e come questi fossero alterati in una serie di patologie che vedono coinvolto lo scheletro. "Da molti anni, in collaborazione con il Prof. Fabrizio De Benedetti, Responsabile della Reumatologia dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu', studiamo il ruolo svolto da una molecola nota come IL-6 nelle malattie infiammatorie dei bambini, le quali purtroppo riducono la loro crescita e li predispongono allo sviluppo di osteoporosi in eta' precoce" spiega Anna Maria Teti, coordinatrice del lavoro. "In questo studio abbiamo dimostrato che l'IL-6 non lavora da sola, ma lo fa insieme ad una molecola importante per la funzione delle cellule ossee che si chiama c-Src, e lo fa in modo molto complesso, con l'intervento di almeno un'altra molecola nota come IGFBP5". "L'aspetto forse piu' interessante" aggiunge Fabrizio De Benedetti "e' che se inibiamo nel topo la proteina c-Src, l'osso ritorna normale anche se l'IL-6 rimane elevata. Questo e' particolarmente importante visto che sono attualmente in sperimentazione farmaci sia contro l'eccesso di IL-6 sia contro c-Src che un domani potrebbero essere utilizzati anche nell'uomo". "Il meccanismo con cui l'IL-6 media questo fenomeno e' una sorta di sbilanciamento nel normale ricambio dell'osso" dice Barbara Peruzzi che ha ideato lo studio e condotto gli esperimenti. "Siamo particolarmente orgogliosi che una cosi' prestigiosa ricerca sia stata svolta presso il nostro dipartimento", sostiene il Prof. Edoardo Alesse, Direttore del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell'Universita' dell'Aquila, "soprattutto dopo un periodo cosi' complicato come quello post-terremoto. Siamo anche particolarmente grati all'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu', in particolare al Direttore Scientifico, Prof. Bruno Dalla Piccola, ed al coordinatore dell'area di ricerca di Medicina Rigenerativa, Prof. Maurizio Muraca". 

         

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    Lenti a contatto? Con l’influenza è meglio di no


    Da “Sapere Salute.it”

    Indossi abitualmente lenti a contatto? Attenzione, i virus rendono gli occhi più secchi.

    In caso di raffreddore o influenza, sarebbe meglio fare a meno delle lenti a contatto. O quantomeno è limitarne l’uso il più possibile.

    La ragione è semplice: le lenti aumentano la secchezza e il rischio di irritazioni agli occhi.

    Il consiglio arriva da un esperto di optometria statunitense, William Benjamin, secondo cui è sempre meglio avere con sé un paio di occhiali di riserva da usare in caso di necessità.

    Non irritare gli occhi

    I tipici malanni della stagione invernale possono, infatti, modificare temporaneamente la secrezione oculare, rendendo il film liquido, che normalmente protegge gli occhi, più sottile e la loro superficie più secca.

    Raffreddore e influenza hanno come sintomo anche quello di irritare e seccare gli occhi con o senza lenti a contatto.

    E le lenti possono aggravare questi sintomi, soprattutto quelle morbide che perdono più acqua delle altre e possono non reidratarsi velocemente.

    Per non essere completamente dipendenti dalle lenti a contatto è sempre meglio avere a portata di mani (e di occhi) un paio di occhiali di riserva.

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    Gli snack vanificano la dieta


    Dal “Corriere della sera”

     

    LO STUDIO

    Piluccare fra un pasto e l'altro senza avere davvero fame annulla ogni tentativo di dimagrire

    LO STUDIO

    Gli snack vanificano la dieta

    Piluccare fra un pasto e l'altro senza avere davvero fame annulla ogni tentativo di dimagrire

    MILANO - Il modo migliore per mandare in fumo tutti gli sforzi fatti per dimagrire? Non saper resistere a uno snack fra un pasto e l'altro. Stando ai dati di una ricerca pubblicata sul Journal of the American Dietetic Association, le donne che cedono allo spuntino perdono meno peso rispetto a quelle che rinunciano o mangiano uno spezzafame solo quando si sentono lo stomaco davvero vuoto.

    FAME – La differenza, stando ai ricercatori, pare sia tutta nella durata dell'intervallo fra i pasti: se è più lungo di 5 ore è assai probabile avere davvero fame, e allora uno snack (purché sano) non fa male alla dieta; se invece non si ha una vera fame, lo spuntino non rappresenta altro che calorie di troppo ingurgitate senza necessità. Anne McTierman, direttore del Prevention Center dell'Hutchinson Cancer Research Center di Seattle e responsabile dello studio, lo ha capito valutando 123 donne fra i 50 e i 75 anni sottoposte a una dieta per perdere peso della durata di un anno. Indagando i loro comportamenti alimentari, la McTierman ha verificato che le partecipanti che spesso e volentieri non rinunciavano allo spuntino di metà mattina o alla merenda perdevano in media il 7 per cento del peso, contro l'11 per cento di quelle che dopo una bella colazione arrivavano fino al pranzo senza “cedimenti”.

    SNACK – «Se l'intervallo fra colazione e pranzo o pranzo e cena è relativamente breve e si mangia a sufficienza è difficile che si senta davvero fame: in questi casi lo snack è espressione di un'abitudine, un momento di svago, un “mangiare senza pensarci” che non riflette il soddisfacimento di un'esigenza fisica e perciò è deleterio – dice la McTierman –. Questo significa che lo spuntino di per sé non è sempre dannoso, lo diventa quando non serve a togliere la fame vera: quando è un reale “spezzafame”, lo snack può entrare a buon diritto a far parte di una dieta dimagrante efficace, perché aiuta ad arrivare meno affamati al pasto e a fare perciò scelte alimentari più equilibrate». Di certo non tutti gli spuntini sono uguali: una recente indagine condotta negli Stati Uniti ha rivelato che il 97 per cento delle persone fa abitualmente spuntini, ma purtroppo i cibi preferiti sono patatine, crackers, biscotti o dolcetti, gelati. Se questo è lo snack, ovviamente ci vuol poco a mandare all'aria qualsiasi intento dietetico o salutista: «Lo spuntino ideale deve fornire nutrienti importanti come fibre, vitamine e minerali senza essere troppo calorico – raccomanda McTierman –. Una donna che voglia stare a dieta non dovrebbe mai superare le 200 calorie con il suo snack: per riuscirci e mangiare sano le alternative migliori sono uno yogurt magro, una manciata di frutta secca, un frutto, una verdura (carote o finocchi, ad esempio), al limite cracker ai cereali integrali. Accompagnati da una bevanda a zero calorie: acqua oppure tè o caffè senza zucchero».

    Elena Meli10 febbraio 2012 | 12:35© RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Contro neve e gelo il decalogo del ministero della Salute


    Da “Il Sole 24 Ore”

    Incremento delle sindromi influenzali e recrudescenze di sintomatologie di malattie croniche, in particolare dell'apparato respiratorio, cardiovascolare e muscolo scheletrico. E, nelle condizioni più estreme, si possono verificare anche casi di ipotermia e assideramento: sono queste le malattie che possono essere scatenate dalle basse temperature del periodo invernale e, in particolare, dalle ondate di freddo intenso che stanno caratterizzando questi giorni.

    Ecco un decalogo messo a punto dal ministero della Salute per prevenire e combattere gli effetti delle basse temperature sulla salute.


    1) Regolate la temperatura degli ambienti interni verificando che la stessa sia conforme agli standard consigliati e curate l’umidificazione degli ambienti di casa riempiendo le apposite vaschette dei radiatori: una casa troppo fredda e un’aria troppo secca possono costituire un’insidia per la salute. Può essere opportuno provvedere all’isolamento di porte e finestre, riducendo gli spifferi con appositi nastri o altro materiale isolante
    2) Abbiate cura di aerare correttamente i locali: l’intossicazione da monossido di carbonio è assai frequente e può avere conseguenze mortali
    3) Se usate stufe elettriche o altre fonti di calore (come la borsa di acqua calda) evitate il contatto ravvicinato con le mani o altre parti del corpo
    4) Prestate particolare attenzione ai bambini molto piccoli e alle persone anziane non autosufficienti, controllando anche la loro temperatura corporea
    5) Mantenete contatti frequenti con anziani che vivono soli (familiari, amici o vicini di casa) e verificate che dispongano di sufficienti riserve di cibo e medicinali. Segnalate ai servizi sociali la presenza di senzatetto in condizioni di difficoltà.
    6) Assumete pasti e bevande calde (almeno 1 litro e mezzo di liquidi), evitate gli alcolici perché non aiutano contro il freddo, al contrario, favoriscono la dispersione del calore prodotto dal corpo
    7) Uscite nelle ore meno fredde della giornata: evitate, se possibile, la mattina presto e la sera soprattutto se si soffre di malattie cardiovascolari o respiratorie
    8) Indossate vestiti idonei: sciarpa, guanti, cappello sono ottimi ausili contro il freddo
    9) Proteggetevi dagli sbalzi di temperatura quando passate da un ambiente caldo ad uno freddo e viceversa
    10) Se viaggiate in automobile non dimenticate di portare con voi coperte e bevande calde

     

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    Sigaretta addio: con gli spray orali smettere è più facile


    Da “Il Sole 24 Ore”

    Sigarette in fumo grazie agli spray orali a base di nicotina. Questi strumenti potrebbero essere il maggiore aiuto per chi vuole smettere di fumare rispetto ad altri dispositivi medicali, come i già diffusi cerotti e gomme da masticare. Secondo uno studio pubblicato sull'European Respiratory Journal, infatti, il rilascio di nicotina da parte dello spray sarebbe più rapido e, quindi, più adatto a contrastare i sintomi dell'astinenza non appena compaiono.

     A questo risultato è giunto un gruppo di ricercatori scandinavi e tedeschi, guidati da Philip Tønnesen del Gentofte Hospital di Copenhagen (Danimarca), che ha testato l'efficacia del nuovo rimedio su 479 fumatori, cui è stato chiesto di utilizzare per 12 settimane lo spray alla nicotina o uno spray contenente solo capsaicina, una molecola in grado di mimare la sensazione di bruciore in bocca tipica delle sigarette. A tutti i partecipanti è stato concesso di utilizzare il dispositivo medico ogni volta che avessero avvertito il desiderio di fumare o i sintomi dell'astinenza, senza, però superare 4 dosi in un'ora o 64 spruzzi al giorno.

     

    Nonostante in tutti gli individui sia stata osservata una graduale diminuzione dei sintomi dell'astinenza, mentre dopo un anno il 14% di coloro che avevano utilizzato lo spray a base di nicotina aveva smesso di fumare, solo il 6% circa di chi aveva usato il placebo era riuscito a tenersi lontano dalle sigarette. Un'efficacia significativamente maggiore, sottolinea Tønnesen, rispetto a quella di altri prodotti. Gli effetti collaterali del trattamento sostitutivo erano simili nei due gruppi, anche se più frequenti negli utilizzatori dello spray alla nicotina e includevano un aumento di peso di 4-5 kg, singhiozzo, irritazione alla gola, nausea e aumento della salivazione.

     

    Lo spray, aromatizzato alla menta e meno irritante rispetto alle forma da assumere per via nasale, non è ancora disponibile in tutti i paesi. Secondo gli esperti, la sua efficacia potrebbe aumentare se fosse utilizzato in combinazione con terapie di sostegno psicologico. In ogni caso, molti fumatori hanno bisogno di ricorrere simultaneamente a più soluzioni e devono provarci più volte prima di riuscire ad abbandonare le famigerate “bionde”.

    di Silvia Soligon (28/02/2012)

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    Il cibo consola davvero?


    Da “Salute&Benessere”

     

    Dopo un insuccesso o una delusione, soprattutto le donne, tendono a rifugiarsi nel cibo, ma davvero cioccolatini, dolcetti e patatine possono aiutare a star meglio?

    Sanihelp.it - L’esperienza comune, i film, la pubblicità, le canzoni raccontano come molto spesso dopo una delusione, un insuccesso soprattutto le donne sfoghino la propria rabbia e frustrazione nel cibo, ma davvero il cibo può aiutare a risollevare l’umore?

    Ricercatori della
    Penn State University si sono chiesti se sia l’umore a influenzare la scelta di determinati cibi o se siano i cibi a influenzare l’umore: per rispondere a questa domanda hanno chiesto a 42 studenti universitari di tenere, per una settimana, un dettagliato diario alimentare in cui descrivere cosa mangiavano e riportare fedelmente, accanto all’elenco dei cibi, il proprio stato d’animo.

    Dall’analisi di questi dati è emerso che tanto più erano stati consumati cibi molto calorici, ricchi di sale e grassi tanto peggiore era l’umore nei due giorni successivi.
    Quando ci si sente particolarmente tristi si tende ad aumentare il consumo di
    cibi zuccherini o che comunque aumentano il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore che aiuta a provare benessere e attiva le vie della gratificazione.

    I livelli di dopamina, però aumentano solo in via transitoria e quando tornano ai valori normali rimane il senso di colpa per aver ingurgitato calorie inutili che altro non fanno che minare la forma fisica; basta il solo senso di colpa a far precipitare nuovamente l’umore, forse ancora più in basso!

    Niente più cioccolatini, dolcini o abbuffate di gelato dopo una delusione?
    Non è tutto così semplice e lineare: è anche vero che imporsi di eliminare certi cibi dalla propria dieta, soprattutto quelli che gratificano il palato aumenta i livelli di stress e il desiderio spasmodico di trasgredire, per questo è importante imparare a gratificarsi con intelligenza.

    Se si sente il bisogno di dimenticare una delusione o un insuccesso con del gustoso gelato al cioccolato non ci si deve vietare a priori di farlo, ma si deve pensare che accanto alla trasgressione culinaria la rabbia va sfogata anche passeggiando, correndo magari cantando a squarciagola, parlando, cercando il contatto con gli amici riflettendo e cercando di rilassarsi e capire dove e come si è sbagliato; non è né evitando di mangiare né mangiando in maniera incontrollata che l’umore potrà migliorare!

     

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    Il mal di primavera è in agguato


    Da "SapereSalute.it"

    Spossatezza e stanchezza inspiegabili, che non vogliono passare. È il caso di sentire un medico? Se durano a lungo sì, ma attenzione: in questa stagione potrebbe trattarsi di “mal di primavera”.

    L’inverno è quasi finito, siamo in attesa della primavera. La vediamo come una liberazione dal buio, dal freddo, dai vestiti pesanti.

    Peccato però che a volte, invece di sentirci frizzanti e pieni di energia, ci scopriamo apatici e stanchi senza sapere bene perché.

    Sembra quasi che il nostro organismo faccia fatica a sincronizzarsi con i ritmi dell’ambiente esterno, e spesso non sappiamo neppure come affrontare questa spossatezza primaverile.

    E possibile che all’origine di tale malessere ci sia una bassa pressione arteriosa, oppure una anemia da carenza di ferro o di vitamina B12 o di acido folico, o altre cause ancora.

    Ma con il cambio di stagione è molto probabile che la stanchezza che molti di noi avvertono non sia dovuta a un disturbo da curare, ma sia semplicemente la risposta del nostro corpo alla natura che si modifica.

    Adattarsi è faticoso

    Esiste uno stretto legame tra condizioni meteorologiche e processi fisiologici. E che ogni volta che il nostro organismo si trova a fare i conti con brusche variazioni di temperatura, pressione o luce, deve fare uno sforzo di adattamento che per alcuni è molto faticoso.

    Così, si abbassano le difese e, se non lo si aiuta, il nostro corpo rimane più vulnerabile alle malattie.

    Un processo normale, visto che i nostri ritmi biologici sono strettamente legati e determinati da un orologio interno, regolato dalle cadenze di alcuni stimoli ambientali quali l’alternanza di luce e buio o di caldo e freddo.

    Perché le nostre energie vengono meno proprio in primavera ?

    Caldo improvviso

    Il corpo, abituato alle rigide temperature invernali, si trova di colpo in un ambiente più caldo e deve attivare tutti quei meccanismi che lo aiutano a smaltire meglio e più in fretta il calore prodotto con le normali attività, in particolare se ci si muove molto. E ciò costa fatica, per cui calano le energie.

    Possiamo aiutarlo scoprendoci quanto basta. Compito, anche questo, non facilissimo in primavera poiché sappiamo che le temperature non sono ancora molto stabili.

    L’ideale sono gli indumenti di cotone, a strati, in modo da far fronte alla variabilità insita nella stagione.

    Anche la luce rema contro

    La temperatura non è l’unico problema. Anche la luce gioca un ruolo di primo piano, anzi, forse è quello più influente.

    Da un lato, il prolungamento delle ore di luce induce modificazioni nel ritmo sonno-veglia e nella secrezione di vari ormoni, compreso il cortisolo.

    Questo influenza, tra l’altro, il sistema immunitario e l’umore. Dall’altro lato, se in inverno di solito la giornata si conclude nel tardo pomeriggio, quando c’è già buio, in primavera tendiamo a fare di più e questo, soprattutto all’inizio, contribuisce a farci sentire più stanchi.

    Depressione di primavera

    Per molti la primavera è sinonimo di buon umore, per alcuni è il contrario. Ci sono persone che soffrono, durante il cambio di stagione, di una sorta di depressione.

    Gli esperti la chiamano depressione stagionale, o SAD, dall’inglese Seasonal affective disorder. Si manifesta con una sonnolenza eccessiva, perdita di piacere, rallentamento psicomotorio, scarsa concentrazione.

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    Troppo stress in ufficio? Prova con le vitamine


    Da “SapereSalute.it”

    Nasce prima lo stress o la carenza di micronutrienti? Comunque vada, le conseguenze influiscono su benessere psicologico e salute dell’intero organismo. Meglio correre ai ripari subito.

    Mal di testa, insonnia e, poi, dolori di stomaco, difficoltà digestive, colon irritabile. Ma nei casi più eclatanti anche tachicardia e picchi ipertensivi. Li accompagnano: eccessiva stanchezza, ansia, sbalzi di umore e irritabilità.

    Ecco come si presenta quella che è stata definita una vera e propria sindrome: lo “stress da ufficio” che, secondo gli esperti, colpisce nel nostro Paese una consistente quota di lavoratori.

    Vitamine e minerali

    Nei periodo di intenso stress, quindi, assumere tutti i giorni alimenti ricchi di vitamine e minerali, può aiutare a prevenire l’insorgere dei malesseri legati allo stress psicofisico.

    Ma, visto che lo stato di stress prolungato induce un aumento del metabolismo che può tradursi in una carenza di micronutrienti che, a loro volta, inducono una ridotta tolleranza allo stress.

    Un circolo vizioso da interrompere quanto prima; e non sempre la dieta basta. Ecco, quindi, tutte le vitamine e i minerali antistress, da assumere con gli alimenti o, nel caso, con integratori formulati appositamente.

    Gruppo B e magnesio

    Fiori all’occhiello della dieta antistress sono i cibi ricchi vitamine del gruppo B, in grado di rifornire l’organismo delle energie necessarie per combattere il sovraffaticamento psichico e fisico.

    Tutto il gruppo B è coinvolto nei processi metabolici che trasformano gli alimenti in energia.

    B2, B3 e e B6, poi, sono indispensabili anche per la sintesi della serotonina, il neurotrasmettitore del «benessere» che migliora il tono dell’umore alleviando la sensazione di stress.

    Così come B9, o acido folico, e B12, attraverso il metabolismo dell’omocisteina, hanno un ruolo nella protezione della funzione cognitiva.

    Il magnesio, insieme con le vitamine del gruppo B, è necessario per il buon funzionamento del sistema nervoso: facilita la trasmissione degli impulsi rendendoci più reattivi.

    In condizioni di stress eccessivo, l’organismo tende a consumarne maggiori quantità, causando spossatezza, irritabilità, sbalzi d’umore, insonnia.

    Come si può integrarli con la dieta? Via libera a: carne, fagioli e legumi in generale, tuorlo d’uovo, verdure fresche e patate, cereali integrali e frutta secca, banane, cioccolato, germe di grano, sesamo, lievito di birra, soia e tutte le verdure a foglia verde.

    Vitamina C e zinco

    Non ci si deve scordare di mantenere in piena salute anche il sistema immunitario, che negli stati di affaticamento e di stress può abbassare le sue difese.

    Per questo è bene assumere anche adeguate quantità di vitamina C e zinco, le cui proprietà antiossidanti e immunostimolanti sono molto preziose. Aggiungiamo alla dieta kiwi, agrumi e frutti di mare per aumentarne l’introito.

    Una sferzata in più

    E per chi sente la necessità di un effetto “tonico” rapido, un aiuto in più arriva dal guaranà.

    Usato da secoli in Amazzonia come energizzante muscolare per aumentare la resistenza fisica, è oggi impiegato anche per l’effetto tonico e psicostimolante grazie al quale migliora le capacità di attenzione e di reazione.

    Unica precauzione: non utilizzare in dosi eccessive, poiché potrebbe causare ipereccitabilità, nervosismo, insonnia. E si impone cautela nelle persone che soffrono di patologie cardiache o ipertensione.

    Nicoletta Limido

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    L'emicrania non è un alibi ma vero killer dell'amore, studio italiano


    Da “Adnkronos Salute”

     

    Medicina


     

    Milano, (Adnkronos Salute) - "Scusa caro, ho il mal di testa". L'alibi femminile più inflazionato tra le lenzuola, in realtà, non è una scusa ma una verità scientifica dimostrata: l'emicrania è davvero un killer dell'amore. Nel 90% delle donne colpite si associa infatti a oggettivi problemi sessuali, e in un caso su 5 affossa il desiderio. Ad assolvere generazioni di mogli e compagne, ingiustamente accusate di 'inappetenza', è uno studio dell'università di Pavia, pubblicato sul 'Journal of Sexual Medicine'. Primo nome nella lista degli autori quello di Rossella Elena Nappi, nota ginecologa e sessuologa, docente all'ateneo pavese e in forze alla Struttura di ostetricia e ginecologia della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo. "Finalmente abbiamo liberato le donne - dice all'Adnkronos Salute - Ora, infatti, nessuno potrà più dire che usano il mal di testa come una scusa" per negarsi al partner. Insieme ai colleghi dell'Irccs Istituto neurologico nazionale Mondino di Pavia, sede di un Centro cefalee tra i principali di riferimento nella Penisola, gli studiosi dell'università e del Policlinico hanno reclutato 100 donne, di età media 40 anni, tutte in cura per emicrania con o senza aura, oppure per cefalea tensiva sia episodica che cronica (più di 15 giorni di mal di testa ogni mese). "Tutte pazienti con un grado severo di disturbo, e per questo assistite in un centro di III livello - precisa Nappi - che spesso avevano anche una storia di abuso di farmaci analgesici". Le donne sono state sottoposte a test neurologici per valutare i livelli di ansia e depressione; è stata analizzata attentamente la loro storia medica e farmacologica, e attraverso specifici questionari si è indagato sulle loro performance sessuali e sul grado di stress 'a letto'. Risultato: 9 pazienti su 10 riferivano una vita sessuale inferiore agli standard definiti di normalità; quasi 3 su 10 (29%) si confessavano stressate per questo disagio, e il 20% dichiarava un calo della libido."Insieme agli amici del Mondino - spiega Nappi - abbiamo pensato a questo studio partendo dal presupposto che la cefalea, essendo un dolore che si ripresenta spesso, per vari motivi può avere un impatto negativo anche sulla qualità della vita sessuale di chi ne soffre. Così abbiamo verificato che i meccanismi di vulnerabilità al dolore sono comuni", e quindi che "il mal di testa può provocare anche dolore sessuale, inteso in generale come percezione di sofferenza a 360 gradi nel rapporto intimo"."La cefalea - puntualizza la ginecologa e sessuologa - affonda le sue radici in aspetti vascolari, incide sul tono umore, e le pazienti assumono anche molti farmaci con possibili effetti collaterali. Abbiamo osservato che sono proprio le donne che più abusano di analgesici a riportare problemi sessuali - aggiunge Nappi - Questo può dipendere dal fatto che, così come nell'uomo alcuni di questi medicinali interferiscono con la funzionalità sessuale, anche nella femmina può succedere lo stesso". Ma nell'intimità di coppia, l'effetto 'respingente' dell'emicrania può anche dipendere dal fatto che "queste donne sono in genere più ansiose e depresse. A volte utilizzano psicofarmaci, un altro 'big killer' della sessualità femminile". Il prossimo passo sarà dunque approfondire i meccanismi che collegano mal di testa e problemi sessuali. "Inoltre - riferisce l'autrice - siamo già partiti con un altro studio, per cercare di indagare gli effetti concreti di questa associazione sul successo e la longevità della coppia". In conclusione, "il messaggio che vogliamo lanciare, soprattutto agli specialisti che operano nei centri di riferimento per la cura delle cefalee, è che la presa in carico dei pazienti va fatta considerando non solo gli aspetti 'tecnici' del mal di testa, ma più in generale l'impatto di questa sofferenza sulla qualità di vita e anche sulla sessualità. Perché di tutti i sintomi che la rovinano, il dolore è il peggiore in assoluto


     

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    Donatori di midollo nella scatola dei cerotti


    Dal “Corriere della Sera”

     Grazie a un tampone nelle confezioni chi si taglia potrà spedire una goccia di sangue e diventare donatore

    SALUTE

    MILANO – Negli Stati Uniti, ogni anno 10 milioni di persone hanno bisogno di un trapianto di midollo osseo per curare le loro malattie: tumorali, del sangue, genetiche. Solo metà tra questi riesce a portare a buon fine l’intervento. Trovare un donatore che sia compatibile (e disponibile) è un’impresa, che combacia con la richiesta – questa volta i dati sono italiani – in un caso su 100mila. Un numero esiguo, nonostante da molto tempo, in America, Italia e nel resto del mondo, i tentativi di coinvolgere la popolazione siano stati numerosi. L’ultimo in ordine temporale arriva dagli Stati Uniti, dove per incentivare all’iscrizione nel registro nazionale dei donatori è appena nata una campagna a partire dalla scatola dei cerotti.

    LA CAMPAGNA –«La prossima volta in cui ti taglierai un dito, potrai salvare una vita», recita il messaggio pubblicitario scritto sulle scatole dei cerotti per le ferite lievi. E ancora: «ci dispiace che tu ti sia ferito, ma forse qualcosa di buono potrà nascere da questo incidente», incoraggia una seconda scritta. In pratica, quel che viene chiesto a chi si è ferito e sta aprendo la scatola dei cerotti per medicarsi, è di lasciare una goccia del sangue della sua ferita su un tampone di cotone contenuto nella confezione (il modello somiglia a quelli medici, un po’ stile cotton fioc), di inserire il campione nella busta già completa di indirizzo e affrancata contenuta nella scatola e di spedire al centro di analisi. Con questa semplice operazione (nel modulo bisognerà lasciare anche i propri dati personali) si viene automaticamente analizzati e inseriti nel registro dei potenziali donatori di midollo osseo.

    L’IDEA E LE ADESIONI – L’idea di un kit per donare il midollo che semplificasse le operazioni di reclutamento di nuovi volontari è venuta a Graham Douglas, pubblicitario e creativo che in famiglia ha avuto esperienza di leucemia e di un trapianto di midollo riuscito. Proprio in ricordo dei tempi difficili in cui il fratello non riusciva a trovare un donatore, ha studiato il modo per incrementare le possibilità per i malati di essere aiutati. Dopo aver proposto la sua idea a tutte le big pharma, è riuscito ad accordarsi con una piccola società. Che in poco tempo ha messo in commercio una scatola di cerotti speciale, contenente il kit del donatore. E dopo il suo successo, ora in molte società farmaceutiche si sono dette interessate a condividere tale operazione. In Italia la campagna di sensibilizzazione è ad opera della Admo, Associazione donatori midollo osseo mentre esiste un registro al pari di quello statunitense, l’Idmbr, Registro nazionale italiano donatori di midollo osseo. A fine febbraio, in Italia, i potenziali donatori calcolati dall’Idmbr erano oltre 335mila.

    Eva Perasso

     

    7 marzo 2012 | 12:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Superate le distinzioni tra soggetti sani e a rischio


    Vaccini, calendario per copertura da 0 a 100 anni

    (AGI) - Roma, 8 mar. - Un "Calendario vaccinale per la vita" che pianifica le vaccinazioni dai primi giorni di vita fino e oltre la terza eta', superando le distinzioni tra soggetti sani e a rischio, l'eta' o le particolari condizioni di fragilita' e con l'inclusione di vaccini utili alla promozione di un ottimale stato di salute per la popolazione. A realizzarlo e lanciarlo, questa mattina a Roma, sono state la Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg), la Federazione italiana medici pediatri (Fimp) e la Societa' italiana di igiene, con l'obiettivo di rendere operative e completare le molteplici indicazioni contenute nel Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale 2012-2014, approvato lo scorso 22 febbraio dalla Conferenza Stato-Regioni. Nel Calendario sono infatti inserite alcune vaccinazioni non presenti o inserite solo parzialmente nel Piano, come nel caso del vaccino antivaricella (previsto dal Piano solo in sette regioni) o di quelli antipneumococco o antimeningococco o di quello contro il rotavirus, responsabile della gastroenterite.

     

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    Frutta: meglio lontano dai pasti. L'esperto sfata il mito


    Da "Il Sole 24 Ore"

    Ho letto che quando si mangia un primo piatto è necessario evitare la frutta, perché si ha un eccesso di zuccheri. È vero o si può tranquillamente mangiare frutta dopo i pasti?" Alla domanda di una lettrice, arrivata alla rubrica "l'Angolo dello specialista" di Salute24, risponde Giuseppe Fatati, Presidente della Fondazione Adi (Associazione Dietetica e nutrizione clinica). "Non ci sono controindicazioni rispetto al consumo di frutta dopo aver mangiato - spiega l'esperto -. Il motivo per cui nelle diete ipocaloriche lo spuntino viene proposto a base di frutta è perché i livelli di assunzione raccomandati si orientano intorno alle 2 o 3 porzioni al dì, è perciò necessario che si rispettino queste indicazioni senza sforare con le calorie: questa è la ragione per cui si consiglia di mangiarla durante gli spuntini o lontano dai pasti".

    La frutta rappresenta un'ottima fonte di fibra alimentare, spiega l'esperto: "La fibra alimentare di per sé non ha valore nutritivo o energetico (se si eccettua la piccola quantità di energia proveniente dagli acidi grassi formatisi per fermentazione nel colon), ma è ugualmente molto importante per la regolazione di diverse funzioni fisiologiche nell'organismo. Nella nostra tradizione, che è anche la base della dieta mediterranea, la frutta è stata sempre servita e consumata al termine del pasto, e non ci sono valide motivazioni per modificare tale comportamento. L’importante è che si consumi frutta fresca in modo adeguato".

    "Le raccomandazione italiane per una sana alimentazione (INRAN) sottolineano come gli alimenti vegetali (cereali, legumi, ortaggi e frutta) siano molto importanti, perché contengono amido, fibra, vitamine, minerali e altre sostanze preziose per la salute. Molti studi hanno ormai dimostrato che il consumo regolare di frutta e verdura protegge da molte malattie, anche gravi. Inoltre, mangiare prodotti vegetali aiuta a ridurre le calorie, saziando senza appesantire. L'ideale, quindi, è ricordarci di consumare tutti i giorni diverse porzioni di frutta e verdura (almeno 5 porzioni)".

     

     

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    Dorme poco e male 1 italiano su 3, a rischio linea e cuore


    Milano, (Adnkronos Salute) - Dormire salva la linea e il cuore. L'insonnia, che colpisce quasi un italiano su 3, è infatti legata a doppio filo con problemi metabolici, primo fra tutti l'obesità. E questa 'relazione pericolosa' può moltiplicare anche di 9 volte il rischio di malattia coronarica, quindi di infarto. Lo ricordano gli esperti dell'Aims (Associazione italiana medicina del sonno) in occasione della XII Giornata nazionale del dormiresano, che si celebra il 16 marzo con lo slogan 'Chi dorme sano non prende peso'. Uno degli studi più recenti che provano il legame tra insonnia e problemi di peso conclude che chi dorme meno di 7 ore per notte, in particolare tra i 32 e i 49 anni, ha un indice di massa corporea significativamente più elevato e una maggiore probabilità di diventare obeso. A confermare il link fra riposo insufficiente o cattivo e metabolismo malato ci sono tanti altri studi scientifici, assicurano gli specialisti in vista dell'appuntamento di venerdì prossimo, promosso all'interno del progetto 'Morfeo Dormiresano' realizzato grazie a un sostegno incondizionato di Sanofi. Per esempio c'è il fatto che una persona con diabete su 2 lamenta insonnia, contro il 31% della popolazione sana di pari età, e che il 15,5% dei diabetici tende ad addormentarsi di giorno, contro il 6% della popolazione. "Gli studi dimostrano che la durata del sonno appare chiaramente correlata con il rischio di sviluppare obesità, sia nei bambini e negli adolescenti sia negli adulti, specie sotto i 50 anni - spiega Gian Luigi Gigli, presidente Aims - Ma oggi esistono anche informazioni precise che provano come la riduzione del tempo di sonno e i disturbi del sonno sono correlati con l'alterata tolleranza al glucosio, una sorta di 'anticamera' metabolica del diabete, e allo stesso diabete di tipo 2". Per questo l'insonnia non va sottovalutata, ma riferita al medico di famiglia e allo specialista di medicina del sonno. Secondo gli esperti, visto lo stretto rapporto con le malattie metaboliche che a loro volta possono aprire la strada a patologie cardiovascolari, cerebrali e renali, "sarebbe opportuno considerare anche i disturbi del sonno nella definizione del profilo di rischio cardiovascolare". Ne guadagnerebbero prevenzione e terapia. Se chi dorme meno ha più probabilità di ingrassare, gli studi epidemiologici dimostrano anche che le persone obese, indipendentemente dalla presenza o meno di apnee notturne, lamentano più frequentemente sonnolenza diurna. I motivi sono ancora da chiarire, tuttavia - spiegano ancora gli esperti - si è osservato che la restrizione di sonno può alterare la secrezione di ormoni che regolano il senso dell'appetito e la spesa energetica. In particolare, la deprivazione di sonno riduce la secrezione della leptina (ormone 'arbitro' dell'appetito, che facilita anche il consumo calorico), e aumenta la produzione di grelina che invece stimola la sensazione di fame. Infine, l'insonnia compromette la sensibilità dei tessuti all'insulina, favorendo l'insulino-resistenza chiave per lo sviluppo del diabete. 'Morfeo Dormiresano', partito nel 2000, punta quindi a diffondere la consapevolezza di questi rischi sia tra i cittadini che fra i medici. "Siamo di fronte ad un problema sanitario rilevante - osserva infatti Marco Scatigna, direttore medico e direttore scientifico di Sanofi Italia - in quanto l'incremento esponenziale dell'obesità e del diabete in Italia, e le correlazioni tra queste condizioni patologiche e l'insonnia, comportano la necessità di un'elevata attenzione da parte della classe medica e degli stessi cittadini, per poter frenare l'avanzata di patologie che sono responsabili di rischi incrementali per la salute e comportano aumentati costi per la società".

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    Mal di schiena: una equipe italiana scopre la molecola responsabile


       Ma non e' tutto, i ricercatori hanno visto che "spegnendo" NF-kB con un "farmaco sperimentale", e' possibile rallentare la degenerazione dei dischi intervertebrali. Il risultato, che sara' pubblicato sulla rivista Spine, e' merito del professore aggregato Enrico Pola, e del dottor Luigi Aurelio Nasto, specializzando in Ortopedia e Traumatologia presso il Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia dell'Universita' Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma, diretto dal professor Carlo Fabbriciani. Lo studio e' stato realizzato in collaborazione con il gruppo di ricerca dell'Universita' di Pittsburgh diretto dal professor Paul Robbins e dal professor James Kang. I risultati del lavoro saranno presentati e premiati con l'ISSLS Award il 31 maggio ad Amsterdam presso l'Auditorium dell'Amsterdam Rai Congress and Exhibition Venue.
      Lo studio, inoltre, ha vinto in Italia la prima edizione del Premio Biospina per la migliore ricerca di base della Societa' Italiana di Chirurgia Vertebrale (assegnato al dottor Nasto e al professor Pola). Quando gli anni passano, ma anche nei giovani adulti magari in sovrappeso e sedentari, i dischi intervertebrali (i cuscinetti che dividono e ammortizzano le vertebre) degenerano determinando un progressivo irrigidimento della colonna vertebrale. La degenerazione dei dischi intervertebrali e' responsabile di sindromi dolorose come lombalgie o cervicalgie croniche che colpiscono una grande fetta della popolazione adulta. Basti pensare che lombalgie, cervicalgie e altre sindromi dolorose della colonna sono causa frequente di consulto medico-specialistico. Si stima che l'80% della popolazione abbia sofferto di lombalgia o di cervicalgia almeno una volta nella vita. Il 32% della popolazione italiana (circa 19 milioni) ne e' affetto almeno una volta l'anno, e l'8,2% (circa 5 milioni) cronicamente. Lombalgie e cervicalgie sono patologie annoverate tra le principali cause di perdita di ore lavorative nella nostra popolazione adulta attiva. Ebbene, gli esperti hanno scoperto i meccanismi che innescano questi processi degenerativi della colonna. Lo studio e' stato condotto su particolari topi di laboratorio affetti da "sindrome progeroide", ovvero animali geneticamente programmati per invecchiare rapidamente. I topi normali invecchiano lentamente e muoiono a circa 2 anni di eta'.

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    Farmaci: Cnr, impronte molecolari per terapie personalizzate


     (AGI) - Roma, 16 mar. - Fornire un''impronta digitale molecolare' di ogni singola patologia per una diagnosi appropriata e per prevedere la risposta di un individuo alla terapia. Sono queste, secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) le nuove strategie per lo sviluppo di farmaci 'personalizzati'. Grazie all'affermarsi di sempre piu' sofisticate metodologie, oggi e' possibile tracciare il profilo di geni, proteine e metaboliti di ogni paziente. ''Con la genomica, trascrittomica, proteomica e metabolomica (sottodiscipline della biologia dei sistemi) - ha spiegato Vincenzo Di Marzo dell'Istituto di chimica biomolecolare (Icb) del Cnr di Pozzuoli in un articolo diffuso dall'Almanacco della Scienza - siamo in grado di individuare 'biomarcatori' per la diagnosi delle malattie, ovvero macromolecole e metaboliti i cui livelli e le cui attivita' biologiche risultano specificatamente alterati durante alcuni stati patologici, sottendendone spesso l'eziologia e il decorso''. Da qui parte la possibilita' di disegnare farmaci quasi 'personalizzati' per correggere tali alterazioni e alleviare le patologie corrispondenti o, ancora meglio, rallentarne e bloccarne il decorso. ''Questo approccio e' necessario a causa della frequenza di bassa risposta a molte cure - ha sottolineato il ricercatore dell'Icb-Cnr - dovuta a una particolare 'farmacogenomica', cioe' ai fattori genetici del paziente o a un successivo intervento di 'farmaco-resistenza'''. Un problema cruciale. Visto che per alcune malattie sono spesso disponibili farmaci con piu' meccanismi d'azione e diversi effetti indesiderati, grazie allo studio di questi 'biomarcatori', si potrebbe individuare per ciascun paziente un 'farmaco ideale' o, almeno, un 'cocktail' di farmaci che ottimizzi la risposta terapeutica e riduca il rischio di effetti indesiderati. In questo contesto si inserisce anche il rinnovato interesse per le cosiddette 'dirty drugs', ovvero i farmaci con pi� bersagli molecolari, tradizionalmente scartati dall'industria farmaceutica multi-nazionale, che negli ultimi 25 anni ha prediletto i 'magic bullets', molecole ultra-potenti e altamente selettive, con scarso successo per� sul fronte delle nuove terapie. ''Gli scaffali delle industrie farmaceutiche sono probabilmente pieni di molecole accantonate, perche' considerate non abbastanza selettive e quindi poco sicure'', ha aggiunt Di Marzo. ''Eppure sappiamo che moltissimi dei farmaci di maggiore successo, siano essi sintetici o di origine naturale, quali aspirina, paracetamolo, cortisone, appartengono alle 'dirty drugs'. L'uso dei 'biomarcatori' oggi - ha aggiunto - potrebbe rilanciare non solo l'uso di nuove combinazioni di principi attivi, ma anche la rivisitazione di sostanze 'multi-target' e, magari, suggerirne il disegno e lo sviluppo di nuove''. Ancora una volta i farmaci naturali potrebbero essere di ispirazione. ''Si potrebbero sfruttare molecole che interagiscono con il sistema degli endocannabinoidi, come il cannabidiolo (un cannabinoide non psicotropo da cannabis), e la palmitoiletanolammide (un mediatore lipidico endogeno), che presentano potenti effetti anti-infiammatori'', ha proseguito il ricercatore. ''Entrambe le molecole hanno gia' trovato impiego in nuove formulazioni farmaceutiche, per alleviare, rispettivamente, la spasticita' nella sclerosi multipla e il dolore neuropatico e pelvico'', ha concluso .

     

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    Arance rosse più antiossidanti dell


    Da "Il Sole 24 Ore"

    Spostare un piccolo pezzo di Dna nelle arance per ricavarne arance rosse, più ricche di antocianine rispetto alle loro sorelle «bionde» e, quindi, più combattive nel ridurre i grassi e nel contrastare l'insorgenza dell'obesità e più protettive contro lo stress ossidativo e l'insorgenza di infiammazioni e rischio cardiovascolare. A spiegare il meccanismo è un gruppo di studiosi del John Innes Centre di Norwich (Gran Bretagna) e del Centro di Ricerca per l'Agrumicoltura e le Colture Mediterranee di Acireale (Catania) in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Plant Cell.

    Le arance rosse, spiegano i ricercatori, per sviluppare il loro alto contenuto di antocianine hanno bisogno di giorni caldi e notti fredde, soprattutto durante la fase della maturazione. E in assenza di queste condizioni climatiche non riescono a produrre una quantità sufficiente di questi composti salutari, e finiscono per somigliare alle comuni varietà di arance bionde.

    I ricercatori italiani e britannici, che lavorano nell'ambito del Progetto europeo Athena, hanno esaminato diverse varietà di arance e identificato un gene, chiamato «Ruby» - ritenuto responsabile dell'attivazione della produzione delle antocianine - presente sia nelle arance rosse che in quelle bionde. Ma allora perché le «rosse» contengono più antocianine? Come spiega Eugenio Butelli, primo autore dello studio, la differenza sta nella collocazione, nel patrimonio genetico delle arance, di uno specifico retrotrasposone (particolare sequenza di Dna) che risulta presente in entrambi i tipi di arance, ma collocato al posto giusto solo in quelle rosse: «Il retrotrasposone che abbiamo identificato è inserito accanto al gene Ruby e ne controlla l'attività. In pratica è responsabile di una serie di eventi a cascata che porta alla produzione delle antocianine. Questo retrotrasposone - continua Butelli - è presente anche nelle arance bionde, ma solo in quelle rosse è inserito al posto giusto per agire come 'interruttore' capace di attivare il gene Ruby quando la pianta è esposta a temperature piuttosto fredde».

    Le arance rosse migliori, spiegano i ricercatori, sono quelle che crescono sull'Etna, perchè possono fare affidamento su temperature calde di giorno e più fredde di notte. Al fine di ottenere autentiche arance rosse, spiegano gli studiosi, risultano quindi indispensabili due elementi: il retrotrasposone, collocato al posto giusto, e un certo clima freddo in grado di "accendere" l'interruttore per l'attivazione del gene Ruby, a sua volta responsabile della produzione delle antocianine. «Una migliore conoscenza delle basi genetiche e molecolari della produzione di antocianine in questi frutti - spiega Cathie Martin del John Innes Centre, coordinatore del Progetto Athena - potrà spianare la strada, attraverso l'ingegneria genetica, verso varietà di arance rosse coltivabili anche in climi più caldi. In questo modo sarebbe possibile allargare la coltivazione e contribuire a una maggiore disponibilità di questo particolare tipo di agrumi».

    di Miriam Cesta (14/03/2012)

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    Rughe meno evidenti e colorito sano con spinaci e carote


    Da “Il Corriere della Sera”

    Antiossidanti potenti da mettere a tavola tutti i giorni

    BELLEZZA E CIBO

    Rughe meno evidenti e colorito sano
    con spinaci e carote

    Non sono molti gli studi che si sono occupati dei rapporti fra alimentazione, bellezza e salute della pelle, ma in tutti il posto d’onore è occupato da frutta e verdura, che hanno però effetti in parte diversi in base al loro colore. In uno studio, pubblicato dal Journal of American College of Nutrition, in cui si sono valutati, in 450 anziani di diverse nazionalità, i consumi alimentari e l’invecchiamento cutaneo nelle zone esposte al sole, la verdura è risultata, insieme ai legumi, al pesce e soprattutto all’olio d’oliva, uno degli alimenti potenzialmente protettivi.

    LE VERDURE - Le verdure ritenute più «interessanti» sono quelle a foglia verde, come gli spinaci, oltre a melanzane, asparagi, sedano, cipolle, porri e aglio. «Al potenziale effetto protettivo della verdura —commenta Isabella Savini, docente di Scienze Dietetiche -Master in Nutrizione e Cosmesi all’ Università di Roma Tor Vergata— potrebbero concorrere, in modo sinergico, vitamina C, caroteni, licopene, xantofille e polifenoli. Quanto all’olio d’oliva, il suo possibile effetto protettivo è da ricondurre, oltre che alla presenza di vitamina E alla ricchezza in grassi monoinsaturi, più stabili alle ossidazioni dovute (anche) dall’esposizione alla luce solare. Inoltre, il suo uso come condimento, favorisce l’ assorbimento di vitamine liposolubili come la E, la K oltre ai carotenoidi».

    IL COLORITO - Nel caso di un bel colorito, però, il consumo di ortaggi e frutta di colore giallo arancio e rosso sembrano essere ancora più importanti delle verdure a foglia verde. Lo suggerisce uno studio appena pubblicato su PLoS ONE e condotto da ricercatori dell’ Università di St .Andrews in Scozia. Nella ricerca, esaminando i consumi di vegetali di 35 studenti universitari, per sei settimane, si è visto che, al variare dei consumi, variava anche (in meglio) il colorito della pelle. Un effetto dovuto ad una maggior concentrazione, nella cute, di alfa carotene, beta carotene e di licopene, come dimostrato da un’analisi spettrofotometrica della pelle. «Non è la prima volta — ricorda Savini— che ai carotenoidi vengono attribuiti effetti positivi sulla cute (anti-invecchiamento e anti-tumorali), grazie alla loro capacità di agire come fotoprotettori, antiossidanti lipofili e regolatori del differenziamento cellulare. Va però sottolineato che la loro assunzione con la dieta è associata a quella di molte altre sostanze fitochimiche: è quindi riduttivo pensare che gli effetti benefici del consumo di frutta e verdura siano legati solo a queste molecole».

    Carla Favaro

    21 marzo 2012 | 9:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    «Mal di viaggio», ecco come combatterlo


    Da “Il Corriere della Sera”

    Poche le conoscenze sulle cause, ma c'è una componente ereditaria. I consigli: guardare l'orizzonte e non leggere

    IN AUTO, NAVE E AEREO

    Comincia un po' in sordina, con un lieve senso di disgusto e qualche sudore freddo. Poi arrivano sonnolenza, spossatezza, nausea e talvolta anche il vomito. Succede in auto, in aereo, in nave o su qualsiasi altro mezzo di trasporto ai tanti che soffrono di “mal di viaggio”, il malessere da movimento che secondo uno studio recente pubblicato dal British Medical Journal è tutt'altro che raro: il mal d'auto ad esempio colpisce fino a quattro persone su dieci, il mal d'aria e il mal di mare dal 25 al 30 per cento della popolazione. E ora c'è pure il “cybermalessere da movimento”, come lo hanno chiamato i neurologi, psicologi e neuro-otologi dell'Imperial College di Londra autori della ricerca: è provocato dall'immersione in una realtà virtuale in cui gli stimoli visivi, veicolati ad esempio da caschi od occhiali speciali, simulano il moto del soggetto (LEGGI)

    POCHE CONOSCENZE SULLE CAUSE - Chiunque abbia provato almeno una volta la nausea durante un viaggio, breve o lungo, reale o virtuale, sa che il fastidio può mettere ko per un bel pezzo. Purtroppo i ricercatori ammettono che sulle cause si sa tuttora ben poco: la teoria più accreditata parla di una “discrepanza” fra le informazioni sensoriali in arrivo nel cervello, nello specifico fra gli stimoli visivi e quelli provenienti dal sistema vestibolare, la parte dell'orecchio interno che ci informa sulla nostra posizione nello spazio. «Se ad esempio la visibilità verso l'esterno è limitata mentre ci muoviamo, oppure al contrario siamo in un cinema dove viviamo visivamente la sensazione di muoverci mentre siamo seduti, la contraddizione fra i dati che arrivano al cervello può provocare il malessere», spiega la neurologa Louisa Murdin.

    LA COMPONENTE EREDITARIA - Certo è che la nausea da movimento ha una discreta componente ereditaria, visto che dal 55 al 70 per cento di chi ne soffre ha un parente stretto con lo stesso problema. E anche se i ricercatori britannici avvertono che chiunque, nelle “giuste” condizioni, può finire preda di mal d'auto e simili, alcuni sono più predisposti a star male: è il caso dei pazienti con emicrania, ipersensibili agli stimoli esterni come luce, rumori e anche ai segnali che provengono dal “sensore di movimento” vestibolare. «Il mal da viaggio però non è mai il segno di una malattia più grave: anche in caso di patologie vestibolari ci sono sempre altri sintomi associati, come vertigini e capogiri», tranquillizza Murdin. Rassicurante ma il fastidio non è da poco, per cui chi lotta con nausee e malesseri al solo pensiero di una strada un po' tortuosa o un viaggio in traghetto si chiede come e se è possibile prevenirli.

    I CONSIGLI - Gli studiosi segnalano che qualche “trucco” si è guadagnato l'approvazione degli studi scientifici (LEGGI): è provato, ad esempio, che viaggiando in auto o autobus si può ridurre il rischio di malessere guardando in avanti e avendo un ampio campo visivo esterno (meglio quindi una macchina con i finestrini ampi, o almeno sedersi sul sedile anteriore). Altrettanto utile guardare l'orizzonte, soprattutto quando si viaggia per mare, o sdraiarsi: stare supini riduce i sintomi di mal da viaggio rispetto all'essere seduti. «Gli studi hanno anche dimostrato che è opportuno ridurre i movimenti della testa ed evitare qualsiasi attività che aumenti il “conflitto” fra i segnali visivi e quelli che arrivano dall'apparato vestibolare: no quindi alla lettura in viaggio – raccomanda la neurologa –. Ascoltare musica o respirare profondamente e regolarmente fa tollerare un po' più a lungo il movimento in auto, aereo o nave: in media si resiste senza nausea per il 10 per cento del tempo in più. Si è anche verificato che è possibile abituarsi a uno stimolo che provoca nausea: lo si è fatto ad esempio in militari dell'aeronautica o della marina, esponendoli pian piano a voli o viaggi per mare di durata crescente. Funziona, ma bisogna avere molta pazienza e non si risolve il mal di viaggio in generale: se ci si abitua a stare in auto senza nausee ciò non avrà effetto su un eventuale mal di mare».

    NON ESAGERARE CON I FARMACI - Non ci sarebbero invece prove scientifiche certe dell'efficacia dei braccialetti che “premono” su uno specifico punto del polso che viene stimolato in agopuntura per ridurre la nausea, né evidenze sicure sulla bontà dello zenzero come rimedio naturale anti-malessere. Per cui, quando proprio si sta male, non c'è che provare coi farmaci anche se la Murdin sottolinea che i dati di sicurezza ed efficacia su donne e bambini, i più sensibili ai malesseri da viaggio, sono scarsi. Meglio quindi non esagerare, soprattutto coi più piccoli: i medici consigliano gli antistaminici come il dimenidrinato, ma solo nei bambini con più di tre anni e soltanto se stanno molto male. «Questi medicinali possono prevenire il malessere da viaggio, se presi prima di partire – chiarisce Murdin –. In alternativa si possono provare cerotti con piccole dosi di scopolamina. Tutti i medicinali però possono avere effetti collaterali che vanno dalla sonnolenza alla visione offuscata, dalla secchezza di bocca e naso all'irrequietezza. Se possibile, quindi, è sempre meglio farne a meno», conclude l'esperta.

    Elena Meli 23 marzo 2012 | 10:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    La dieta ideale? Legumi e pesce fanno vivere di più. E la carne rossa?


    Da “Il Sole 24 Ore”

     

    Sostituire la carne rossa con noci, pesce e legumi aiuta a ridurre la mortalità del 20%. Il calcolo arriva da uno studio di Harvard pubblicato su Archives of Internal Medicine dal quale emerge che si potrebbero evitare il 9,3% (per gli uomini) e il 7,6% (per le donne) dei decessi per malattie cardiovascolari e tumori dando un taglio del 50% sulle porzioni giornaliere al consumo di hamburger e bistecche.

    Cosa fa più male - A fare più male sono le carni lavorate, che provengono dalla trasformazione industriale, nelle quali è più ricca la presenza di grassi saturi e sale. La ricerca, che ha coinvolto ben 37.698 uomini e 83.644 donne, ha calcolato che la mortalità totale aumenta in media del 12% per ogni porzione in più di carne rossa, del 13% per tagli di carne non troppo lavorati, del 20% per i lavorati.

    Il menu ideale - Per tenere lontani i rischi per la salute, suggeriscono i ricercatori di Harvard, si deve sostituire la carne con legumi, pesce, pollo, frutta secca, cereali e latticini “light”. Ogni volta che si mangia pesce al posto della carne il rischio di mortalità scende del 7%, del 15% con carne bianca, del 19% con la frutta secca, 10% coi legumi, 10% coi latticini magri, 14% con i cereali integrali. Pesce e frutta secca sono ricchi di acidi grassi come gli omega-3 che proteggono le arterie dal rischio di colesterolo cattivo, anticamera di infarti e ictus.

    di Cosimo Colasanto (13/03/2012)

     

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    Sei mesi di prevenzione per i giovanissimi


    Sei mesi di prevenzione per i giovanissimi

     

    Solo il 2% di ragazzi sotto i 20 anni si sottopone a visite andrologiche. Ma più la prevenzione è precoce, meglio è. Al via un semestre di controlli gratuiti.

    Sanihelp.it - «La prevenzione non ha età. Fondamentale è che essa cominci fin dall’adolescenza, momento in cui si sviluppano le prime problematiche sessuali le quali, se non vengono focalizzate in questa fase, più difficilmente possono essere affrontate, recuperate e risolte più avanti» parole chiare quelle di Furio Pirozzi Farina, presidente della Società Italiana di Andrologia (SIA), che quest’anno dedica la Campagna di prevenzione andrologica, divenuta dal 2012 semestrale, proprio ai più giovani.

    Perché proprio loro? Perché
    sottovalutano una serie di problematiche cui sono effettivamente esposti, come è emerso dalle visite nelle scuole italiane effettuate dagli andrologi SIA. « Abbiamo rilevato che 1 ragazzo su 3 ha una patologia andrologica, come varicocele, pene curvo congenito, idrocele, o altre disfunzioni comuni, che nel 50% dei casi possono interferire con la fertilità dell’individuo e nel 10 % con la sua sessualità» rivela Nicola Mondaini, Dirigente medico dell’Ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze e coordinatore dell’iniziativa nelle scuole.

    È importante quindi che anche i ragazzi siano informati e sensibilizzati a far controllare la propria salute sessuale, esattamente come le loro coetanee sono invitate a rivolgersi al ginecologo. Poiché, però, nelle scorse undici edizioni della Campagna di prevenzione SIA, su circa 100 mila visite effettuate, solo il 2% aveva coinvolto gli under 20, si è pensato, per questa dodicesima edizione, di parlare ai giovani con la loro lingua: è stata, quindi, avvitata una azione di sensibilizzazione attraverso il web 2.0 e i social network, come Facebook e Twitter, canali di comunicazione privilegiati dalle nuove generazioni.

    Per sottoporsi a un controllo gratuito sarà sufficiente prenotare presso il centro aderente all’iniziativa più vicino a sé: per trovarlo basta collegarsi al sito internet www.prevenzioneandrologica.it, dove si possono trovare anche molte informazioni utili sulla salute sessuale maschile. È già possibile prenotare, anche se le visite si terranno una volta al mese nell’ultima settimana di ciascun mese dalla fine di marzo fino al 30 settembre. Ricordiamo comunque, che la campagna, anche se ha un occhio di riguardo per i giovani, si rivolge a tutti gli uomini.

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    Bere quando si ha sete è troppo tardi


    Dal “Il Corriere della Sera”

     

    LE DONNE PIU' SENSIBILI

    Anche una lieve disidratazione ha effetti negativi sull'umore, l'energia e le capacità cerebrali. Due litri al giorno la quantità
    di liquidi ottimale per stare bene

    LE DONNE PIU' SENSIBILI

    Bere quando si ha sete è troppo tardi

    Anche una lieve disidratazione ha effetti negativi sull'umore, l'energia e le capacità cerebrali. Due litri al giorno la quantità
    di liquidi ottimale per stare bene

    Vi sentite un po' irritabili, avete difficoltà di concentrazione? Probabilmente non avete bevuto abbastanza: basta una minima disidratazione, pari alla perdita di circa l'1.5 per cento dell'acqua corporea, per patire effetti negativi sull'umore, l'energia fisica, le capacità cerebrali. Lo dimostrano due ricerche condotte all'Human Performance Laboratory dell'università del Connecticut, che indicano anche alcune differenze nella “tolleranza alla sete” fra uomini e donne.

    DONNE E UOMINI – Il primo studio, pubblicato sul Journal of Nutrition , ha coinvolto 25 donne intorno ai vent'anni, sane e attive (in media facevano esercizio fisico da 30 a 60 minuti al giorno). I test sono stati eseguiti ogni 28 giorni: la sera prima le volontarie bevevano in modo da essere ben idratate, poi al mattino correvano su un tapis-roulant per indurre una blanda disidratazione; quindi erano sottoposte a test cognitivi per valutare parametri come l'attenzione, la concentrazione, il tempo di reazione, la memoria, la capacità di ragionamento e apprendimento. Gli stessi test sono stati ripetuti in condizioni di idratazione ottimale. Il secondo studio è stato condotto allo stesso modo (i risultati sono apparsi sul British Journal of Nutrition ma su 26 volontari maschi, anch'essi ventenni. «Nelle donne una blanda disidratazione provoca mal di testa, affaticamento, difficoltà di concentrazione: non si verifica una sostanziale riduzione delle capacità cognitive, ma tutte hanno percepito come più complicato il test a cui sono state sottoposte – spiega l'autore delle ricerche, il fisiologo Lawrence Armstrong –. Negli uomini l'effetto negativo della disidratazione si nota soprattutto sulla memoria e lo stato di vigilanza, oltre che su affaticamento e umore. Sono tuttavia le donne a patire sintomi più evidenti, soprattutto sul tono dell'umore».

    DISIDRATAZIONE – Questi effetti si sono registrati anche quando la disidratazione veniva indotta ma non si sottoponevano i volontari a uno sforzo fisico. «Significa che rimanere idratati è importante sempre, non solo quando fa caldo o facciamo esercizio fisico e sudiamo: è fondamentale sia che passiamo la giornata alla scrivania, sia che ci impegniamo in una maratona – dice Armstrong –. Purtroppo la sensazione di sete si ha quando si è perso circa l'1-2 per cento del volume di acqua corporea: in alcuni casi quindi le conseguenze negative sulle performance mentali e fisiche si sono già instaurate». In entrambi i sessi, secondo i ricercatori, il calo del tono dell'umore e l'affaticamento conseguenti a una scarsa quantità di liquidi corporei possono scoraggiare dall'impegnarsi in una leggera attività fisica o avere pesanti ricadute sulle performance in ufficio. Non è chiaro perché le donne siano più sensibili alla disidratazione, ma pare che gli effetti sul cervello dipendano da neuroni cerebrali che “sentono” l'acqua corporea e mandano segnali che alterano le risposte cerebrali, probabilmente per allertare circa la necessità di liquidi e scongiurare conseguenze ancora più nefaste della disidratazione. In media l'acqua corporea è pari a circa il 60 per cento del nostro peso: un uomo di 70 chili, quindi, “contiene” oltre 40 litri d'acqua e basta perdere un po' più di mezzo litro di liquidi per ritrovarsi con l'organismo “assetato”. Come si può essere certi di essere sempre idratati a sufficienza? «Basta vedere il colore delle urine: devono essere molto chiare – spiega Armstrong –. In media si dovrebbero introdurre due litri di liquidi al giorno: ciò è essenziale soprattutto nei soggetti a maggior rischio di disidratazione come bambini, anziani e diabetici».

    Elena Meli

    6 marzo 2012 (modifica il 28 marzo 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Elettrocardiogrammi a domicilio con cerotto hi-tech


    Da “Il Sole 24 Ore”

    E' sottile come un capello, aderisce perfettamente alla pelle e resiste ad acqua, sudore e sapone: è il nuovo cerotto che promette di eliminare liste d'attesa e code negli ambulatori medici permettendo di monitorare l'attività di cuore, muscoli e cervello direttamente a casa. A presentarlo alla conferenza annuale dell'American Chemical Society di San Diego (Stati Uniti) è stato John Rogers, suo ideatore e docente dell'Università dell'Illinois di Urbana (Usa).

    Il prototipo descritto da Rogers, frutto di una messa a punto durata circa 12 anni, sembra il microchip di una scheda per cellulari, ma, in realtà, è formato da sottili membrane di silicone che contengono sensori per la misurazione del battito cardiaco, della disidratazione, di variazioni della temperatura anche minime, delle contrazioni e del rigonfiamento dei muscoli. Il tutto senza che siano necessari gli elettrodi normalmente utilizzati per elettrocardiogrammi o elettroencefalogrammi.

    Rispetto ai primi modelli costruiti da Rogers, il prototipo presentato a San Diego dura di più, restando attaccato alla pelle per 10 giorni, ossia per tutto il tempo necessario per effettuare le analisi necessarie. Una volta raccolti i dati, il cerotto li può inviare a un computer o ad un cellulare e quando non serve più si stacca dal corpo con il naturale ricambio degli strati più superficiali della pelle.

    Il prossimo anno sarà messa in commercio una prima versione del cerotto, pensata appositamente per gli sportivi. In seguito, ha spiegato Rogers, l'apparecchio entrerà negli ospedali, ma lo scopo è riuscire ad evitare che i pazienti debbano recarsi in una struttura sanitaria. Ad obiettivo raggiunto il cerotto potrà essere acquistato a meno di 7,50 euro e permetterà di effettuare gli elettrocardiogrammi direttamente a casa.

    di Silvia Soligon (27/03/2012)

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    Meno sale in 13 passi


    Da “Salute&Benessere”

     

    Dal 26 marzo al 1 aprile si parla di sale

     

    Meno sale in 13 passi

    I consigli degli esperti per ridurre il consumo di sale senza compromettere il gusto. E' il messaggio della Settimana per la riduzione del consumo di sale, che quest'anno si concentra sul rischio di ictus.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Il tema dominante della Settimana per la Riduzione del Consumo di Sale (Salt Awareness Week) in corso dal 26 marzo al 1° aprile è quest’anno la relazione tra consumo di sale, ipertensione arteriosa e ictus cerebrale.

    L’ipertensione con le sue complicanze è la prima causa di morte nel mondo moderno, perfino nei Paesi in via di sviluppo. Tra le complicanze dell’ipertensione, l’ictus cerebrale è quella più strettamente e direttamente legata all’aumento della pressione e pochi mmHg di differenza nei valori pressori rendono conto di differenze significative nel rischio di ictus.

    La quota media di sale nella dieta degli italiani si aggira secondo recentissimi studi intorno ai 9 grammi nelle donne e oltre 11 grammi negli uomini, con valori più alti nei soggetti sovrappeso e obesi. Altri autorevoli studi hanno suggerito che la riduzione del consumo di sale da questi valori alla metà (circa 5 grammi al giorno) potrebbe ridurre l’incidenza di ictus del 21%, valore che si tradurrebbe in Italia in 46.000 eventi in meno ogni anno.

    È importante sottolineare che, riducendo il consumo di sale ai pasti in modo graduale e progressivo, migliora rapidamente la sensibilità gustativa e si apprezza, senza rinunciare al piacere delle buona tavola, il gusto superiore di cibi di buona qualità e meno salati.

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    È importante diminuire il consumo eccessivo di sale fin dall’età infantile, promuovendo nel contempo la preferenza per il sale iodato per la protezione dal gozzo e da altre disfunzioni tiroidee.

    Ecco qualche consiglio per la vita di tutti i giorni.

    1. Quando fai la spesa, acquista alimenti poco salati: controlla sempre le etichette, anche delle acque minerali.
    2. Quando sono disponibili, scegli prodotti a basso contenuto di sale (per esempio pane e altri derivati dei cereali senza aggiunta di sale).
    3. Riscopri il piacere di una buona cucina e riduci il consumo di piatti industriali, sughi gia pronti o cibi in scatola.
    4. Limita l'uso di condimenti contenenti sodio (dado da brodo, ketchup, salsa di soia, senape, eccetera).
    5. Aggiungi meno sale alle ricette: pasta e riso possono essere cotti in acqua poco salata; bistecche, pesce, pollo, verdure o patate (anche fritte) possono essere preparati e cucinati con meno sale o addirittura senza.
    6. Insaporisci i cibi con erbe aromatiche fresche, spezie o usando limone e aceto.
    7. A tavola, metti solo olio e aceto: sara piu facile non aggiungere sale ai piatti gia cucinati!
    8. Non aggiungere sale nelle pappe dei tuoi bambini almeno per tutto il primo anno di vita e abituali ad apprezzare cibi poco salati.
    9. Latte e yogurt sono una buona fonte di calcio con pochissimo sale. Preferisci i formaggi freschi a quelli stagionati.
    10. Se mangi un panino, puoi prepararlo con alimenti a basso contenuto di sale.
    11. Durante gli spuntini, frutta o spremute sono un'ottima alternativa agli snack salati.
    12. Nell'attivita sportiva leggera reintegra con la semplice acqua i liquidi perduti attraverso la sudorazione.
    13. Se proprio trovate il menu insipido: solo un pizzico di sale, ma iodato.

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    Il nuovo gel che cura l'ulcera (e tappa i bidoni di rifiuti tossici)


    Da “Focus”

    Un nuovo idrogel messo a punto negli Stati Uniti potrebbe curare le perforazioni gastriche ma anche sigillare le perdite nei contenitori di rifiuti tossici.

    di: Franco Severo

     

    Gastrite? Mettici una pezza... di idrogel biotecnologico (© John Lund/Stephanie Roeser/Blend Images/Corbis)

    Nel giro di qualche anno ulcere, perforazioni gastriche e altri tipi di lesioni potrebbero essere riparate... con una toppa, proprio come si fa con le camere d'aria bucata.
    Il segreto è in una nuova molecola messa a punto da un team di ricercatori della California University che in ambiente acido, per esempio quello dello stomaco, è in grado di formare legami forti e resistenti simili a quelli presenti nella pelle.

    Si ripara da solo
    Il nuovo materiale è un idrogel, una catena di polimeri uniti tra loro che forma una sostanza gelatinosa e flessibile dalle applicazioni più diverse: cura di ferite e ulcere, suture, rilascio mirato di farmaci ma anche isolante industriale e sigillante. Questi materiali sono noti già da qualche anno, ma una volta rotti sono impossibili da riparare e ciò rende il loro impiego, soprattutto in campio medico, piuttosto rischioso e limitato.
    Il problema è stato risolto da Shyni Varghese e dai suoi colleghi, che hanno aggiunto alla classica mescola dell'idrogel delle molecole - uncino che in ambiente acido, nel giro di qualche secondo, si saldano le une alle altre come velcro. “L'autoriparazione è una delle caratteristiche fondamentali dei tessuti biologici, che permette loro di rigenerarsi in caso di danni”, spiega Varghese.

    Velcro biologico
    I ricercatori hanno utilizzato un modello computerizzato dell'idrogel che ha permesso loro di determinare la lunghezza delle catene di polimeri in grado di offrire la miglior presa.
    Un' altra caratteristica interessante del nuovo idrogel è la sua capacità di cambiare comportamento in base all'acidità dell'ambiente: se il pH è basso, cioè l'ambiente è acido, il materiale si "salda”, mentre in caso di pH elevato, e quindi di
    ambiente basico, torna a separarsi.
     Il materiale di Varghese si candida così ad essere il prodotto ideale non solo per la cura di ulcere e la medicazione di perforazioni e ferite, ma anche come sigillante industriale per rifiuti corrosivi.
    I ricercatori, nei prossimi mesi, condurranno altri studi e test sul loro materiale per metterne alla prova la resistenza e l'affidabilità anche in condizioni estreme.

     

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    E' boom di morbillo nelle scuole, il pediatra:


     

     (AGI) - Roma, 4 apr. - Tosse, raffreddore, febbre, e poi (ma solo quando gia' si e' infettato chiunque si sia avvicinato) le famose bolle rosse. Il morbillo e' un'epidemia sottovalutata, tutt'altro che debellata, che proprio in questi giorni, come ogni primavera, sta imperversando negli asili e nelle scuole elementari di tutta Italia. L'appello dei pediatri e' un solo: "Vaccinate i vostri bambini". Lo sottolinea Alberto Ugazio, primario del dipartimento di Pediatria al Bambino Gesu' di Roma e presidente della Sip, la Societa' italiana di Pediatria. "Per fortuna - spiega Ugazio - non abbiamo piu' le macroepidemie di una volta, ma assistiamo comunque a microepidemie che si diffondono prima in una citta', poi in un'altra, imprevedibili e incontrollabili. E questa e' la stagione delle malattie esantematiche. Il morbillo e' una malattia molto pericolosa, da non sottovalutare, a dispetto del nome che sembra un vezzeggiativo. Basti pensare che un bambino ogni mille ammalati muore, e un altro va incontro a encefalite, che nel 50% dei casi provoca danni permanenti". Non c'e' da scherzare, dunque, tanto piu' che il rimedio c'e' ed e' a portata di mano: "Il vaccino antimorbillo e' nei Lea, cioe' e' gratuito per tutti i bambini, tutti possono, anzi devono farlo. Il piano nazionale vaccini approvato a febbraio dal ministero della Salute prevede due vaccinazioni: a 13-15 mesi di eta' e a 5 anni, entrambe indispensabili per non perdere dopo poco tempo la memoria immunologica". Ma quanti bambini si vaccinano? "Siamo sotto il 90 per cento. Puo' sembrare tanto, invece siamo ancora molto indietro: l'obiettivo fissato dall'Oms e' di superare il 95 per cento per eradicare l'epidemia, sotto questa soglia il morbillo continua a girare, e infatti gira". Il problema del morbillo e' che e' subdolo: il bambino e' infettivo ben prima di avere la febbre alta o eruzioni cutanee. "E' difficile dire ai genitori 'non mandate i figli a scuola quando sono infettivi', perche' non si sa quando si ha il morbillo e quando magari un semplice raffreddore. La certezza - spiega Ugazio - si ha solo con l'apparire del 'rush'cutaneo, ma ormai chi si doveva infettare si e' abbondantemente infettato". Una cosa si puo' fare: evitare di tornare a scuola troppo presto: "Devono essere totalmente scomparse tutte le bolle per non essere piu' infettivi", conferma Ugazio. "Se si manda il bambino a scuola solo perche' non ha piu' febbre, potrebbe essere ancora un inconsapevole 'untore' per i compagni". Ma non c'e' solo il morbillo a preoccupare i pediatri: altra malattia esantematica da tenere sotto controllo e' la varicella: "Sicuramente e' piu' blanda del morbillo - spiega l'esperto - ma non e' da sottovalutare. Puo' causare disturbi al cervelletto, con perdita di equilibrio, anche se in genere sono disturbi reversibili. Il piano nazionale vaccini rimanda a cinque anni l'entrata a regime della vaccinazione, che ora e' condotta in via sperimentale in alcune regioni". Ma il problema, nel caso della varicella, non sono i piu' piccoli: "I rischi in questo caso sono molto maggiori da preadolescenti e adolescenti: si rischiano sovra infezioni e complicanze anche gravi. Per questo la vaccinazione e' prevista per i 12-13enni, e anche in questo caso il consiglio e' di attenersi a questa indicazione senza sottovalutare la patologia".

     

     

     

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    Allergia, in Rete il bollettino dei pollini


    Da “Il Corriere della Sera”

     Il 95% di chi soffre di rinite allergica ha la congiuntivite. Online un sito per conoscere la situazione pollinica in Italia

    Il prossimo maggio, in coincidenza con il picco dei sintomi della rinite allergica, prenderà il via una campagna educazionale per sensibilizzare i cittadini sull’importanza dei sintomi oculari delle malattie allergiche che coinvolgerà oculisti, farmacisti e web. «Nonostante circa il 95% dei pazienti con rinite allergica abbia anche un interessamento oculare, la congiuntivite è abbondantemente sottovalutata nel self reporting dei pazienti» ricorda Walter Canonica, Direttore della Clinica di malattie dell’apparato respiratorio e Allergologia dell’Università di Genova. Eppure, oltre a essere frequenti, i sintomi oculari della rinite allergica sono anche fra quelli che più interferiscono sulla qualità della vita e sulle performance lavorative.

    QUALITA' DELLA VITA - «Uno studio osservazionale che abbiamo effettuato in quattro nazioni europee fra cui l’Italia ha permesso di dimostrare che la presenza di sintomi oculari non solo riduce la qualità di vita, ma diminuisce la produttività lavorativa e aumenta l’utilizzo di risorse – aggiunge Canonica -. Più in particolare, è emerso come la presenza dei sintomi oculari si correlasse con un maggior numero di ore di lavoro perse e con una compromissione della performance lavorativa». A promuovere la campagna «Occhio all’allergia» è l’Associazione Italiana di Aerobiologia, un’associazione scientifica che, oltre a promuovere studi e ricerche sulle particelle di origine biologica aerodisperse e sul loro impatto sulla salute umana, ha il grande merito di gestire, attraverso la rete RIMA, il monitoraggio delle particelle presenti nell’aria (pollini, spore fungine). È grazie ai dati così raccolti che vengono costruiti i bollettini settimanali dei pollini per ogni area geografica e che vengono realizzati i calendari pollinici.

    LA CONGIUNTIVITE - «Nella loro pratica clinica gli oculisti sono spesso in presenza di pazienti con patologie come la congiuntivite la cui gravità può dipendere in larga misura dalle concentrazioni dei pollini nell’atmosfera e che quindi possono trarre beneficio dal conoscerle per modulare la terapia - spiega la professoressa Gianna Luisa Moscato, Presidente AIA e Allergologa presso Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS di Pavia -. Con gli stessi scopi la campagna si rivolge anche ai pazienti con sintomi oculari, che per i motivi più sopra esposti potranno variare i loro comportamenti anche in base alle conoscenze sui dati di monitoraggio ambientale».

    IL BOLLETTINO DEI POLLINI - Sapere per tempo che sono in aumento le concentrazioni di pollini a cui si è allergici può aiutare infatti il paziente a iniziare tempestivamente le terapia prescritte, ma può essergli anche d’aiuto nella scelta della destinazione di un viaggio o di una vacanza. «Per esempio, è bene che chi è allergico alla Parietaria non vada in vacanza nel Sud Italia in certi periodi dell’anno in cui le concentrazioni di questo polline possono essere molto importanti» aggiunge l’allergologa. Per conoscere in tempo reale la situazione pollinica rilevata dall’Associazione Italiana di Aerobiologia nelle dieci aree geografiche in cui è stata suddivisa l’Italia l’allergico può fare riferimento al servizio meteopolline.it. Oltre a consultare online il calendario pollinico, il sito offre la possibilità di iscriversi a un servizio che dal primo aprile al 30 settembre prevede l’invio settimanale via e-mail o direttamente sul cellulare per sms del bollettino dei pollini relativo all’area geografica di residenza. Il sito ospiterà anche il materiale informativo della campagna «Occhio all’allergia» che in forma cartacea sarà comunque reperibile anche presso gli studi degli oculisti. Questi ultimi avranno inoltre l’opportunità di approfondire la tematica grazie a un booklet scientifico loro dedicato.

    Franco Marchetti

    4 aprile 2012 (modifica il 5 aprile 2012)

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    Gli ospedali migliori d'Italia


    Da "Salute&Benessere"

     

    Gli ospedali migliori d'Italia

     

    Li pubblica Focus: dati ufficiali, ma finora mai resi pubblici. Questa scoperta può aiutare i cittadini a fare scelte migliori sulla propria salute.

    Sanihelp.it - A partire da oggi gli italiani possono scegliere a quale ospedale rivolgersi per essere curati bene. O meglio, lo potevano fare anche prima, ma fino a ora non avevano strumenti per scegliere il reparto migliore per ciascuna patologia.

    Oggi, però, la valutazione può essere fatta in base a dati oggettivi, frutto di un progetto di raccolta dati messo a punto nell'ambito del
    Programma nazionale esiti voluto dal Ministero della Sanità, condotto da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e concretamente portato a termine dal dipartimento di epidemiologia dell’Asl Roma E.

    La testata
    Focus chiedeva da tempo che questi dati fossero resi pubblici, in base alle leggi sulla libertà di informazione che tutti i paesi democratici, compresa l'Italia, hanno adottato, e a un principio di trasparenza indispensabile per mettere i cittadini in condizione di fare le proprie scelte in base a dati certi sulla qualità del servizio offerto.

    Ecco qualche esempio dei dati messi a disposizione.

    1. Sono decine i reparti ospedalieri che curano un numero di pazienti troppo basso per mantenere un adeguato standard di qualità e sarebbero quindi, secondo il Ministero, da chiudere. Per esempio nel caso dell'infarto al miocardio, la Sacra Casa di Loreto, nelle Marche che cura 32 pazienti e ha una mortalità del 34%, oppure l'Azienda Ospedaliera di Bordighera, in Liguria, con 19 pazienti e una mortalità del 42,11%.

    2. Le statistiche sull'infarto del miocardio (la maggiore causa di mortalità in Italia) dicono che in media il rischio di morire per infarto è del 10,95%. In altre parole muoiono quasi 11 pazienti ogni 100 ricoverati. Più della metà di questi, il 6,46%, avrebbero però potuto salvarsi se tutti gli ospedali avessero adottato le pratiche in uso nei reparti migliori. Infatti un pool di questi reparti top (tra cui, per esempio il Cervello di Palermo e il Sant'Andrea di Roma), presi a pietra di paragone, ha avuto una mortalità del 4,49%. La differenza sta nella tempestività delle cure: nei reparti migliori l’85,11% dei pazienti viene sottoposto ad angioplastica entro 48 ore dal ricovero, contro solo il 30,67% della media italiana.

    3. Gli ospedali pubblici (soprattutto al Centro-Nord) hanno in genere, sempre in campo cardiologico, dati migliori delle cliniche private, con alcune eccezioni: per esempio il Monzino di Milano o l'Aurelia Hospital di Roma. Al Sud, il presidio ospedaliero Sant'Agata di Militello, in provincia di Messina o l'Ospedale Generale di Lentini in provincia di Siracusa, sono reparti d'eccellenza. 

    4. La sanità italiana ha un ampio margine di miglioramento, e sta ai cittadini chiederlo. Bisogna stimolare i medici perché si aggiornino, ma anche costringere le associazioni scientifiche a occuparsi della qualità degli associati e le università a verificare che la qualità dell'insegnamento sia migliorata.

    5. La stessa differenza fra la media e i migliori che c'è nella cura dell'infarto al miocardio, si ritrova nella terapia dell’ictus. Su oltre 66 mila casi ricoverati nel 2010, la media nazionale di mortalità è quasi del 10% contro il 2% tra i 1243 pazienti trattati nei centri migliori. Anche i dati sulla broncopneumopatia cronico ostruttiva sono dello stesso segno: la media della mortalità italiana (su 104 mila pazienti) è di 6,87% contro lo 0,06% tra i 2064 pazienti curati nei reparti di pneumologia migliori.

    6. I pazienti italiani attendono in media 5 giorni perché la loro frattura di femore venga curata, quando la ricerca dice che tutte le fratture dovrebbero essere curate entro 48 ore se si vuole evitare un aumento della mortalità.

    7. Anche la chirurgia deve migliorare: sono ben 985 mila gli interventi chirurgici non oncologici effettuati nel 2010 in Italia. La mortalità media è stata del 2%: quasi tutte vite che avrebbero potuto essere risparmiate se le tecniche adottate dai reparti migliori (con una mortalità media dello 0,03%) fossero state estese al resto dei reparti.

    8. I risparmi prevedibili: i pazienti sottoposti a colecistectomia in laparoscopia sono ricoverati in media per 2 giorni in alcuni ospedali e per 7 giorni in altri e la media italiana per un intervento di colecistectomia laparotomica (cioè con l’incisione chirurgica) arriva addirittura a 10 giorni con punte molto elevate.

     

     

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    Donare sangue ai tempi del web 2.0


    Da "Quotidiano.Net"

     

    Concorso per giovani creativi tra i 18 e i 28 anni

    Centro Nazionale Sangue e Pubblicità Progresso uniti per accrescere la consapevolezza di quanto sia necessaria la disponibilità di sangue per il sistema sanitario nazionale

     

    Roma, 2 aprile 2012 - Il 14 giugno sarà la Giornata mondiale del Donatore di sangue, promossa in tutto il pianeta con il motto lanciato dall’OMS "Every blood donor is a hero" ("Ogni donatore di sangue è un eroe"). Un appuntamento per accrescere la consapevolezza di quanto sia necessaria la disponibilità di sangue per il sistema sanitario nazionale. Una trasfusione di sangue può salvare la vita, ma ancora oggi non si ha una piena consapevolezza di questo gesto così semplice e così importante, "convenzionalmente" vitale per rendere sostenibile le cure di tutta la comunità.

    Centro Nazionale Sangue e Pubblicità Progresso promuovono un concorso dedicato ai giovani web 2.0 di età compresa tra i 18 e i 28 anni per realizzare un video che proponga in modo "non convenzionale" questo messaggio. Non più di 5 minuti di durata spaziando tra corti, comics, tube-games, rap, brano musicale, azioni di guerriglia marketing o ambient marketing. Insomma nessun limite alla creatività, ma con un obiettivo preciso che si riassume una frase chiave: "share care", cioé "condividere la cura" (per se stessi come per gli altri).

    Gli obiettivi che i videocontributi devono centrare sono:
    - uno stile di vita sano e corretto grazie al quale è possibile donare il sangue in maniera regolare
    - il sangue donato diventa un farmaco salvavita non solo in situazioni di emergenza
    - il sangue donato in forma anonima è una risorsa a disposizione di tutti

    Gli elaborati verranno giudicati da una giuria di esperti in discipline di comunicazione e divulgazione medica e realizzerà una shortlist. I contributi selezionati verranno caricati su YouTube nella settimana 23 maggio - 9 giugno e potranno essere votati dal pubblico attraverso il "mi piace".

    I tre video che riceveranno più "I like" dalla giuria social, saranno i vincitori, ma la Giuria di Qualità stabilirà il vincitore assoluto e la graduatoria finale con i premi da assegnare. Gli elaborati dovranno pervenire entro il 20 maggio 2012.

    Per informazioni sul concorso visitare i siti www.centronazionalesangue.it e www.pubblicitaprogresso.org

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    Donne, attente alla tiroide


    Da “Salute&Benessere”

     

    Donne, attente alla tiroide

    E' rivolta soprattutto alle donne under45 la Settimana nazionale della tiroide. Dal 16 al 20 aprile visite gratuite e la possibilità di una diagnosi precoce.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Da lunedì 16 aprile a venerdì 20 aprile 2012 torna la Campagna di prevenzione e cura dedicata alla tiroide. L’iniziativa è promossa dal Club delle U.E.C, Associazione delle Unità di Endocrinochirurgia Italiane, che associa più di 300 specialisti in tutta Italia, ospedalieri ed universitari.

    Oltre 100 centri specializzati distribuiti su tutto il territorio nazionale metteranno a disposizione una
    visita specialistica gratuita e, se necessario, proporranno un percorso di diagnosi e cura completo.

    Quest'anno la Settimana Nazionale della Tiroide è particolarmente indirizzata alle
    donne al di sotto dei 45 anni che hanno una familiarità per patologia tiroidea, soprattutto se tumorale, e che manifestano sintomi come irritabilità, nervosismo, insonnia, gonfiore al collo, oscillazioni nel peso, ma che non si sono mai sottoposte a un controllo in precedenza.

    Più in generale,
    oltre 6 milioni di persone soffrono di problemi alla tiroide: la prevenzione e la diagnosi precoce diventano fondamentali per un trattamento mirato e tempestivo.

    Le visite contribuiranno a far emergere disturbi e malattie della ghiandola che spesso non vengono riconosciute perché asintomatiche o con manifestazioni comuni ad altre patologie, in questo modo sarà possibile
    formulare diagnosi precoci e prescrivere terapie mirate, farmacologiche o chirurgiche.

    Un’attenta valutazione della storia clinica e, se necessario, il ricorso a esami ecografici consente di rilevare noduli tiroidei spesso di piccole dimensioni in circa
    il 50% della popolazione, la stragrande maggioranza dei quali sono benigni, ma che, talvolta, meritano ulteriori approfondimenti.

    La maggior parte delle malattie della tiroide viene curata con terapie mediche, solo un piccola parte richiede l’intervento del chirurgo. Quando serve il bisturi, il ricorso a nuove tecniche e tecnologie consente di
    ridurre al minimo l’incisione e, quindi, la cicatrice sul collo, oltre che limitare al massimo i rischi per le corde vocali.

    L’opzione chirurgica, soprattutto se posta tempestivamente, propone metodiche sempre più sicure e mininvasive, che permettono la conservazione della bellezza del collo, e riducono al minimo i rischi di complicanze, grazie anche all’utilizzo di avanzate tecnologie come il
    bisturi a ultrasuoni.

    Per informazioni sul centro più vicino in cui prenotare una visita, dal 3 al 20 aprile è attivo il Numero Verde 800.122.910.

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    Licopene bio: la salute è rossa


    Da “Salute&Benessere”

     

    E' preventivo, antiossidante, antitumorale e antietà

    Licopene bio: la salute è rossa

     

    Viene dal pomodoro ed è ricco di proprietà, ma finora era presente solo in versione sisntetica. Oggi, finalmente, è arrivato il licopene biologico, nuova fonte di salute.

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    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Rispetto alle popolazioni nordiche, quelle mediterranee godono di una maggiore aspettativa di vita e di una minore incidenza di eventi cardiovascolari e tumori. Come dimostrato da una ricerca, questi dati sono da ricollegare direttamente alle abitudini alimentari, tra cui il consumo di pomodoro. Cosa contiene questo ortaggio di così importante per la salute? Il licopene.

    Il licopene è il pigmento naturale rosso del pomodoro e il carotenoide più presente nel corpo umano. Questa sostanza è dotata di un’elevata attività antiossidante e presenta molteplici effetti benefici per la salute e il benessere dell’organismo.

    Il licopene svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione dei tumori della prostata, del seno, dell’apparato digerente e delle malattie cardiovascolari; riduce i disturbi collegati alla menopausa e contrasta l’invecchiamento (riduzione delle rughe, aumento dello spessore della pelle, protezione ai raggi UV). È inoltre importante per la prevenzione delle malattie degenerative del sistema nervoso centrale, come Alzheimer e Parkinson.

    Il licopene, di per sé, non è una scoperta recente: già utilizzato negli integratori alimentari, sia in forma sintetica che naturale, presenta, tuttavia, dei limiti in termini di tossicità e nocività per l’organismo, imputabili alle metodologie di estrazione.

    Nel 2009, attraverso un progetto cui hanno partecipato l’Università del Salento, il CNR-ISPA (dell’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari) e il Ministero della Ricerca Italiana, è stato realizzato il licopene biologico, estratto da pomodori provenienti da colture biologiche grazie a un processo innovativo brevettato, che consente di ottenere un prodotto di massima qualità, senza inquinare l’ambiente, poiché in nessuna fase del processo di estrazione sono presenti solventi chimici nocivi.

    Rispetto al licopene sintetico e naturale, quello biologico presenta significativi vantaggi:
    - è l’unico naturale al 100%
    - è certificato biologico e ha un metodo estrattivo brevettato
    - ha elevata biodisponibilità naturale (ovvero un’alta predisposizione al processo di assimilazione nell’organismo)
    - ha massima attività antiossidante, anti-ageing e antitumorale (secondo recenti studi, 100 volte più elevata rispetto a una soluzione di licopene puro, di pari concentrazione).

    Dal dicembere 2010 viene utilizzato come ingrediente di prodotti per l’igiene intima e del corpo (assicura un’azione antimicrobica, antimicotica e anti-ageing naturale, aiutando a prevenire irritazioni, dermatiti, invecchiamento e abbassamento delle difese della pelle) e come integratore alimentare, per la prevenzione globale e specifica per i problemi della menopausa e della prostata.

    Nella donna dopo i 45 anni, infatti, il licopene biologico contrasta la riduzione della densità ossea, prevenendo e riducendo l’osteoporosi, e riduce il rischio di malattie cardiovascolari, abbassando il livello di colesterolo LDL nel sangue. Nell'uomo, invece, aiuta a mantenere la prostata in salute prevenendo e trattando le infiammazioni che possono colpire la ghiandola dopo i 45 anni, a causa dello stress ossidativo dovuto all’eccesso di radicali liberi e agenti infiammatori.

     

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    Con un bel poster la verdura piace di più


    Dal “Corriere della Sera”

     

    Stratagemmi per abituare i bambini alla dieta

    LA RICERCA

    Con un bel poster la verdura piace di più

    Stratagemmi per abituare i bambini alla dieta

    Se il vostro bambino disdegna verdure e legumi potete ricorrere a un trattamento subliminale, appendendo un bel poster di ortaggi colorati in cucina. Dopo averlo avuto sotto gli occhi per un po’ di tempo, i suoi gusti cambieranno: lo dice uno studio pubblicato su Jama Journal of American Medical Association da ricercatori della Minnesota University di Minneapolis, che in questo modo sono riusciti a triplicare il consumo di carote e piselli fra gli alunni di una scuola elementare della cittadina di Richfield.

    LO STUDIO - Lo studio ha confrontato il comportamento alimentare degli scolari in due giorni scelti a caso (7 febbraio e 9 maggio 2011) nei quali è stato servito il medesimo menu, ma solo il primo giorno era stato appeso sulle pareti della mensa un poster di frutta con bellissime carote in evidenza. In entrambi i giorni gli scolari erano liberi di scegliere anche mele grattugiate o fette d’arancia al posto delle verdure. I calcoli sono poi stati fatti sottraendo la quantità di verdure consumate da quelle dispensate, tenendo conto anche di quelle lasciata nei piatti, sui tavoli e per terra dopo che i bambini avevano lasciato la mensa. Dividendo gli avanzi per il numero effettivo dei convitati di ogni giorno è stato possibile risalire al consumo pro capite nei due giorni. Quello dei piselli è aumentato dal 6,3 al 14,8% e quello delle carote dall’11,6 al 36,8%, un incremento risultato statisticamente significativo.

    IL METODO - Il metodo individuato dai ricercatori di Minneapolis non richiede certo un particolare training e fa risparmiare tempo e denaro rispetto a più costose sessioni di apprendimento per classi raggruppate con uno psicologo e l’eventuale coinvolgimento dei genitori. L’esperimento ha preso il via dalle raccomandazioni impartite dal governo USA per abituare i bambini fin da piccoli a un maggior consumo di frutta e verdura, che in questa fascia d’età risulta insufficiente con pesanti ricadute sulla salute generale contribuendo all’epidemia di obesità infantile che ha colpito gli Stati Uniti.

    IL CASO DEL CANADA - Nel vicino Canada le cose non vanno meglio e uno studio su 94 mila adulti (18-69 anni) della Concordia University pubblicato su Nutrition Journal ha corretto il luogo comune secondo cui una mela al giorno leva il medico di torno: di mele infatti ce ne vorrebbero almeno cinque per evitare il rischio di diabete, ictus, obesità e ipertensione. A mangiar meno frutta e verdura sarebbero i canadesi meno istruiti e più poveri, mentre quelli agiati e con un livello di istruzione più elevato arrivano più o meno a 5 volte al giorno, preferendo mele e carote. In generale le donne ne mangiano più dei maschi (5,4 volte in confronto a 4,5) e il maggior consumo si registra fra chi ha una più forte rete sociale di amicizie.

    GLI UOMINI E I MENO RICCHI - A non raggiungere la quota giornaliera raccomandata sono soprattutto i maschi, ma, indipendentemente dal sesso, anche chi è single, non ha figli, fuma e ha un’età attorno ai quarant’anni. I risultati indicano, concludono gli autori, che nonostante le campagne di sensibilizzazione finora svolte occorre incentivare il consumo di frutta e verdura soprattutto nelle classi meno abbienti. Chissà se regalando anche ai canadesi meno abbienti un bel poster da mettere in cucina, si potrebbero ottenere gli stessi risultati riportati nella scuola di Minneapolis.

    Cesare Peccarisi

    22 aprile 2012 |

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    Congresso di Genova: giovedì la conferenza stampa di presentazione


    24 Aprile 2012

    Si svolgerà giovedì 26 aprile 2012, alle ore 11,30, nella Sala “Giunta Nuova” del Comune di Genova (via Garibaldi 9), la conferenza stampa di presentazione del 51° Congresso Nazionale della FIDAS (Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue).

    Alla conferenza stampa interverranno: 

    ·         On. Marta Vincenzi                    sindaco del Comune di Genova

    ·         Dr. Aldo Ozino Caligaris             presidente nazionale FIDAS

    ·         Dr. Emanuele Russo                  presidente dell’associazione FIDAS Genova, organizzatrice del congresso

    Durante la conferenza stampa sarà annunciato il vincitore della seconda edizione del Premio giornalistico nazionale “Isabella Sturvi”, dedicato ai temi della donazione del sangue e del volontariato, e presentato il bando dell’edizione 2013.

    Tra i momenti più significativi del congresso si ricordano:

    ·         Sabato 28 Aprile, ore 8,30, Palazzo Ducale - sala del “Maggior Consiglio”:

    ·         Domenica 29 aprile, ore 9,30: Giornata del donatore, con la sfilata per le vie di Genova di oltre 20 mila donatori di sangue in arrivo da tutta Italia.

    La FIDAS è una federazione alla quale aderiscono 74 Associazioni autonome del volontariato del sangue, presenti in 17 regioni. I soci donatori sono circa 450 mila.

     

     

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    4° Torneo di Calcetto



    My Butterfly - Associazione onlus
     

    SI SVOLGERA' VENERDI 4 MAGGIO DALLE ORE 20 ALLE ORE 23 ALL'OLIMPIC CLUB IN LUNGOTEVERE PIETRA PAPA 2 (MARCONI)

    L'INTERO RICAVATO SARA' DEVOLUTO ALL'ASSOCIAZIONE

    EMA-ROMA (www.emaroma.it)

    OTTO SQUADRE SI AFFRONTERANNO DIVISE IN 2 GIRONI DA 4. LE PRIME CLASSIFICATE SI AFFRONTERANNO IN FINALE.

    LE PARTITE DURERANNO  25 MINUTI.

    LA QUOTA DI PARTECIPAZIONE DI OGNI SINGOLA SQUADRA SARA' DI 75 EURO.

    SI RINGRAZIA EMA-ROMA PER LE MAGLIETTE E "L'OSTERIA DI CICERONE" PER IL PAGAMENTO DEI CAMPI DI CALCETTO.

     

    CALENDARIO DEL TORNEO:

    ORE 20 CAMPO A   GIRONE A : FIUMICINO-EMAROMA  

    ORE 20 CAMPO B GIRONE A : NOTESSERATI-BOLANO

    ORE 20.30 CAMPO A GIRONE B: ACILIA-MYBUTTERFLY

    ORE 20.30 CAMPO B GIRONE B : 2012-REPORTERS

    ORE 21 CAMPO A  GIRONE A: NOTESSERATI-EMAROMA  

    ORE 21 CAMPO B GIRONE A: BOLANO-FIUMICINO

    ORE 21.30 CAMPO A GIRONE B: REPORTERS-ACILIA    

    ORE 21.30 CAMPO B GIRONE B: MYBUTTERFLY-2012

    ORE 22 CAMPO A GIRONE A: FIUMICINO-NOTESSERATI   

     ORE 22 CAMPO B GIRONE A: EMAROMA-BOLANO

    ORE 22.30 CAMPO A GIRONE B: MYBUTTERFLY-REPORTERS

    ORE 22.30 CAMPO B GIRONE B: ACILIA-2012

    ORE 23 CAMPO A FINALE 1-2 POSTO

    ORE 23 CAMPO B FINALE 3-4 POSTO

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    I donatori FIDAS ringraziano Genova


    I donatori FIDAS ringraziano Genova

    Nonostante la pioggia, 5000 donatori FIDAS provenienti da tutta Italia si sono dati appuntamento a Genova per la Giornata del donatore. Il corteo ha attraversato via XX settembre per ritrovarsi in Piazza de' Ferrari dove è stata celebrata la S. Messa. 

    Al termine il saluto del presidente nazionale Aldo Ozino Caligaris: "Da Genova un grazie a tutti i donatori delle Federate d'Italia per l'impegno profuso nella donazione e nella promozione del dono del sangue".

    Il Congresso nazionale ha sottolineato l'importanza di garantire a tutti i donatori un trattamento omogeneo su tutto il territorio nazionale e ha ribadito che la donazione di sangue debba rimanere un gesto gratuito, responsabile e soprattutto non remunerato, a favore di tutti gli ammalati. Arrivederci il prossimo anno a Padova.I_donatori_FIDAS_a_Genova_0_300_x_225

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    Memoria-flop? Fragole migliori amiche delle donne


    Fatica a ricordare impegni, nomi, appuntamenti con l'avanzare dell'età? Un soccorso potrebbe arrivare dai frutti di bosco, fragole e mirtilli in testa, toccasana per la memoria delle donne. Secondo uno studio pubblicato su Annals of Neurology, infatti, i frutti rossi hanno il potere di rallentare l’invecchiamento della materia grigia correlata all’età. Le donne che ne consumano di più mettono un freno al decadimento cognitivo pari a 1,5-2 anni rispetto alla media secondo quanto rilevato dai ricercatori del Brigham and Women Hospital e della Harvard Medical School di Boston.

     

    E’ la prima volta che una ricerca fa emergere in modo chiaro i dati di una relazione tra frutti di bosco e rallentamento cognitivo, ma i ricercatori hanno anche sottolineato il fatto che non soltanto le proprietà vegetali potrebbero essere la causa diretta di questo miglioramento cerebrale. Le donne che mostrano un più alto consumo di frutti rossi, infatti, sono anche quelle che conducono una vita più attiva e che hanno abitudini alimentari più sane. Tanto che secondo Elizabeth Devore e colleghi registrare il consumo in fragole e mirtilli delle persone anziane potrebbe essere un buon “test diffuso per verificare l’effettiva conservazione di performance cognitive migliori”.

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    Aaa spiagge accessibili cercasi


    ·         Dal “Corriere della Sera

    di Simone Fanti

    Qualche settimana fa l’amministrazione della regione Puglia, con un’ordinanza, obbligava tutti gli stabilimenti balneari pugliesi ad acquistare una sedia Job (una sorta di sdraio con le ruote larghe che consente a chi ha difficoltà motoria di spostarsi sulla sabbia). “Evviva, qualcosa si muove”. E stato il mio primo pensiero. Ma già dopo pochi attimi il sorriso si è spento sul mio volto. Non basta, infatti, una sedia o una passerella a trasformare uno stabilimento balneare in una struttura accessibile.

    Si fa presto a dire vacanze al mare. Al di là della crisi economica acuita dai continui tagli al welfare, la difficoltà è sempre la stessa e ha il nome di accessibilità. Nonostante l’articolo 23 della legge del 5 febbraio 1992 preveda una multa e la chiusura da uno a sei mesi dell’esercizio pubblico che discrimini una persona con disabilità, le spiagge a norma (il decreto ministeriale 236/1989 ne definisce le caratteristiche di accessibilità) sono ben poche in Italia.

    Peccato che nessun imprenditore abbia la lungimiranza di investire in questo settore e attrarre così una fetta consistente di popolazione: il 8% degli italiani sono persone con disabilità . «Il mercato potenziale è di 5 milioni di persone in Italia e di 75 milioni in Europa», spiega Roberto Vitali, presidente di Villageforall «E ognuna di queste persone con disabilità  viaggia in media con almeno tre accompagnatori al seguito». La crisi può essere quindi uno stimolo per migliorare l’accessibilità anche perché rendere più fruibile una struttura non va solo a vantaggio delle persone con disabilità, ma può essere di aiuto alle mamme con i passeggini o semplicemente agli anziani che su una passerella camminano con maggiore facilità rispetto a un viottolo acciotolato o alla sabbia.

    L’accessibilità non significa solo abbattimento delle barriere architettoniche (anche se questo sarebbe un gran passo avanti) ma anche accoglienza, ovvero la reale consapevolezza che ricevere un ospite con una disabilità significa farlo sentire a casa sua e regalargli una vera vacanza, se non dalla disabilità, almeno dalle preoccupazioni. «I primi interventi che vengono effettuati in uno stabilimento balneare sono l’adozione  di passerelle e delle sedie Job», spiega Max Ulivieri, responsabile di Diversamenteagibile.it. «Certamente il personale che gestisce delle spiagge accessibili se ha esperienza con la disabilità rende un servizio migliore: ogni tipologia di disabilità ha le sue esigenze. Per i disabili con fragilità mentale, il discorso è più delicato. Certamente è auspicabile che abbiano una persona con sé che possa aiutarli e prendersene cura. Altrimenti ci vuole personale specializzato all’interno della spiaggia, ma poi chi lo paga?».

    Nel nostro piccolo vorremmo essere d’aiuto, ma da soli non ce la facciamo ed è per questo che vi chiediamo una mano. Invisibili infatti vorrebbe costruire una mappa delle spiagge più accessibili d’Italia. Alcuni elenchi di spiagge accessibili sono facilmente reperibili sui siti amici di disabili.com, turismosenzabarriere.itdiversamenteagibile. Vogliamo però andare oltre e cercare di verificare le spiagge grazie a voi lettori (Leggi Io, verificatore contro le vacanze «inaccessibili»). Sarete i nostri occhi, le nostre ruote, il nostro metro.

    Nessun giudizio opinabile, ma misure concrete, un elenco di c’è-non c’è che offra al futuro visitatore l’idea esatta di quello che potrà trovare o non trovare recandosi nella spiaggia indicata (gli esperti la chiamano accessibilità trasparente). Ecco quindi cosa si intende per spiaggia accessibile sotto forma di questionario.

    C’è un parcheggio adiacente all’entrata con dei posti riservati alle persone con disabilità (la legge impone il minimo di un posto ogni 50 o frazione di 50)?

    Il percorso che collega il parcheggio all’ingresso e tutti i percorsi che collegano i vari servizi, dalle cabine, ai bar, le docce fino agli ombrelloni sono senza ostacoli?

    Il percorso e le passerelle sono di larghezza adeguata (almeno 90 cm) e la pavimentazione è antisdrucciolo?

    La passerella in spiaggia arriva fino al mare e sotto l’ombrellone riservato ai disabili?

    Esistono piazzole con ombrellone per le persone con disabilità?

    Esistono delle piazzole per permettere l’inversione di marcia a chi è in sedia a rotelle?

    Esistono segnali e indicazioni per le persone non vedenti (un corrimano di corda, mappe tattili)?

    Ci sono bagni attrezzati e ampi a sufficienza per persone con handicap motori (i requisiti sono tutti indicati decreto ministeriale 236/1989)?

    Le docce sono a filo del pavimento e dispongono di maniglioni o supporti?

    La stazione balneare è dotata di ausili (sedia Job o sedia Sand & Sea) per permettere a chi non può muoversi di essere portato fino al mare?

    L’area giochi per bambini è accessibile? E l’area ristorazione?

    C’è un bagnino con specifica formazione al soccorso di una persona a mobilità ridotta?


     

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    Litigi e violenze in casa per i bambini sono comei traumi di guerra


    Da "Il Sole 24 Ore"

     

    I bambini esposti a violenza tra le mura domestiche soffrono, dal punto di vista psicologico, come i soldati in guerra: sviluppano la capacita' di riconoscere più velocemente un'imminente minaccia da cui doversi difendere e sono più in grado di attivare i meccanismi di difesa. A scoprirlo un gruppo di studiosi dello University College of London (Regno Unito) guidati da Eamon McCrory della Division of Psychology and Language Sciences che, in collaborazione con i colleghi dell'Anna Freud Centre (Londra, Regno Unito), spiegano che queste capacità di "adattamento", sul lungo periodo, possono predisporre a una maggiore vulnerabilità ad ansia, depressione e problemi di salute mentale di diverso tipo. Lo studio è stato pubblicato su Current Biology.

    Gli studiosi hanno esaminato le risonanze magnetiche condotte su 20 bambini londinesi di 12 anni di età media allontanati dalle rispettive famiglie per problemi di violenza domestica, e le hanno paragonate a quelle effettuate su un gruppo di controllo di 23 bambini non sottoposti a violenze di alcun tipo. Durante le risonanze magnetiche ai bambini venivano mostrate delle immagini di volti maschili e femminili ritratti con espressioni tristi, calme o arrabbiate: i ricercatori hanno cosi' potuto documentare che davanti ai volti arrabbiati i bambini esposti alle violenza in casa mostravano una maggiore attivazione in due regioni cerebrali associate al rilevamento delle minacce, l'insula anteriore e l'amigdala.

    Studi precedenti, spiegano i ricercatori, avevano rilevato risposte simili nel cervello di soldati in guerra: "Solo ora stiamo iniziando a capire come gli abusi sui minori influenzino il funzionamento dei sistemi emozionali del cervello. Questa ricerca è importante perché offre i primi indizi su come le regioni del cervello dei bambini possano adattarsi agli abusi tra le mura domestiche - spiega McCrory -. Una migliore reattività a un segnale di minaccia come la rabbia può rappresentare una risposta adattativa per questi bambini nel breve periodo, aiutandoli a rimanere fuori pericolo. Può però anche costituire un fattore di rischio sul lungo periodo, aumentando la loro vulnerabilità a problemi di salute mentale come, in particolare, l'ansia''.

     

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    Pediatri: sì all'omeopatia


    Da “Salute e Benessere”

     

    Pediatri: sì all'omeopatia

    Un pediatra su quattro prescrive medicine complementari, quasi sempre associate a farmaci. Ma quando è giusto curare i bambini con granuli e rimedi?

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - In aumento l’uso delle medicine complementari nei bambini: un pediatra su quattro le prescrive. E probabilmente il numero è sottostimato, secondo l'ipotesi di Alberto Ugazio, presidente della Sip (Società italiana di pediatria), perché molti non ammettono questa abitudine.

    Sono stati raccolti i dati inviati attraverso un questionario di 1233 pediatri: il 23% usano le medicine non convenzionali, quasi tutti (8 su 10) associandole ai farmaci. Prevale dunque l’opinione che il comportamento più corretto sia quello di considerare
    i due interventi complementari e non sostitutivi l’uno dell’altro.

    Prevale l’uso della fitoterapia, 82,5%, seguita da omeopatia, 74,9% e agopuntura, 5,8%. Le malattie per cui più frequentemente si prescrive sono raffreddore, tonsilliti, influenza, allergie ed eczemi.

    Non è infrequente che
    la richiesta parta dai genitori. La richiesta dipende da scelte personali, perché consigliati da parenti e amici o da altri medici o per aver letto articoli sui giornali. E quel 77% di medici che limitano la prescrizione ai soli farmaci tradizionali si mantengono su questa linea perché ritengono fitoterapia, omeopatia e le altre inefficaci, e alcuni pure dannose.

     

    Ai genitori interessati a usare i rimedi naturali si consiglia comunque di consultare sempre un omeopata professionista. Secondo Robert Bourgarit, pediatra e omeopata autore del manuale Omeopatia per i vostri bambini, infatti, è bene ricordare che i rimedi consigliati nei manuali omeopatici non sostituiscono le prescrizioni mediche, ma sono indicazioni di massima per collaborare meglio con il medico.

    È fondamentale imparare a distinguere i casi in cui ci si può assumere personalmente la responsabilità di una cura, dalle vere e proprie emergenze mediche. Spesso non è facile dare un’interpretazione giusta del livello di gravità della situazione ed è meglio consultare il pediatra.

    È bene anche somministrate un solo rimedio alla volta, lasciandolo agire per almeno 24 ore, e non mischiare rimedi omeopatici con farmaci: è una decisione che spetta solo a un medico. In caso di dubbio su un rimedio, non va dato, perché non è vero che non può dare effetti collaterali. E se il bimbo non migliora, bisogna farlo visitare entro 24-48 ore: il tempo di azione di un rimedio nelle malattie acute è in genere rapido.

     

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    Quanto colesterolo c’è nel tuo piatto?


    Da “Sapere.salute.it

    Qual è il “peso” dell’alimentazione nei livelli di colesterolo del sangue? Quali cibi ne contengono di più? Ecco come orientarsi per tenerlo sotto controllo.

    Se è vero che soltanto il 20 per cento circa del colesterolo presente nel nostro sangue proviene dall'alimentazione, è altrettanto vero che i cibi che introduciamo possono influenzarlo in modo sostanziale.

    E poi, il binomio colesterolo-sovrappeso è ben conosciuto, ed è provato che una perdita di peso, anche moderata, migliora la salute di chi è cicciottello. A maggior ragione, di chi è obeso.

    Stop ai grassi, ma non a tutti

    In generale il consumo di grassi non dovrebbe superare il 35 per cento del totale di calorie assunte.

    Ma soprattutto è importante il rapporto tra grassi insaturi e saturi: in una situazione ottimale i primi dovrebbero essere almeno il doppio dei secondi.

    Ecco perciò che la lotta contro il colesterolo inizia riducendo in particolare i grassi saturi. Quindi:

    • al bando frattaglie, insaccati, carni grasse (oca, anatra, parti grasse del maiale, gallina, agnello), formaggi grassi, panna, strutto. Attenzione anche a dolci, brioche e merendine, che contengono molti grassi saturi;
    • limitare al minimo burro (poco e meglio se a crudo) e uova (non più di due la settimana).

    I grassi omega-3 e omega-6, al contrario, favorirebbero una diminuzione generale del colesterolo, un aumento del colesterolo buono, un abbassamento dei trigliceridi. Perciò:

    • consumare regolarmente pesce, soprattutto pesci azzurri (sardina, alice, sgombro), spada, merluzzo, salmone e trota.
    • condire con olio di origine vegetale. Al primo posto l’olio extravergine d’oliva che, secondo alcuni studi, può anche indurre un lieve incremento del colesterolo HDL.

    Ma anche oli di girasole, lino, soia, colza, tutti ricchi di omega-3 e omega-6, questi ultimi presenti pure nelle noci e nei cereali integrali.

    Aumentare i vegetali, per le proteine e le fibre Proteine anticolesterolo possono essere assunte aumentando l’assunzione di fagioli, ceci e altri legumi.

    Via libera anche a verdure in gran quantità, che apportano micronutrienti come vitamine, minerali e oligoelementi oltre ad avere tante fibre.

    E cereali, specie se integrali, anch’essi ricchi di fibre che riducono l’assorbimento del colesterolo da parte dell’intestino.

    Quanto alla frutta, disco verde anche per lei, con l’accorgimento di scegliere, per tutti i giorni, quella meno zuccherina.

    Zuccheri semplici nemici misconosciuti

    Forse non tutti sanno che altrettanto dannosi sono gli zuccheri semplici in eccesso.

    L’alimentazione in linea con una ottimale colesterolemia, come abbiamo visto, deve prevedere carboidrati complessi, ancor meglio se integrali e ricchi di fibre.

    Ma deve stare lontana dagli zuccheri semplici. Ovvero, bibite e dolciumi.

    Quando se ne ingerisce un’elevata quantità il nostro corpo non riesce a utilizzarli tutti, perciò li immagazzina. Come? Convertendoli in grassi, trasportati sotto forma di trigliceridi, e immagazzinandoli nell’adipe.

    Meglio quindi dimezzare le dosi di zucchero richieste nella preparazione dei piatti ed eliminare il non necessario.

    Bibite bandite, caffè e tè con poco zucchero, dolci solo per le occasioni. Mentre la frutta è ok, basta scegliere quella meno zuccherina e più ricca in fibre per la dieta quotidiana e concedersi l’altra ogni tanto.

    Anguria, melone, pompelmo, fragole, mirtilli, lamponi, albicocche, noci, pesche, nespole, limoni sono perfetti. Più di rado concediamoci invece banane, fichi, cachi e uva.

     

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    L'osteopata, aria condizionata si, ma con attenzione


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    Arriva la zanzara tigre. L'esperto, Comuni intervengano


    Roma -  C'e' un modo per difendersi dall'assalto della zanzara tigre previsto anche questa estate? Secondo Walter Pasini, direttore del Centro travel medicine e global health, sono principalmente le autorita' a dover approntare le difese per la cittadinanza. "E' il sistema di disinfestazione che deve essere efficiente - spiega Pasini - specialmente per quanto riguarda i tombini. Il cittadino puo' contribuire evitando di lasciare acque stagnanti, ma in generale il problema e' di competenza dei Comuni e delle Regioni". "Sono un po' di anni che l'Italia e' soggetta alla diffusione della zanzara tigre - afferma Pasini -. Il fenomeno e' in aumento su tutto il territorio nazionale dal 2007, quando in Emilia ci fu un epidemia di chikungunya, per via di un cittadino indiano che venne a trovare parenti nel ravennate. Poi si propago' a 200-300 persone. La zanzara e' vettore delle malattie chikungunya e dengue, infezioni virali.
    La lotta a questa zanzara e' importante, l'individuo, se puo', deve collaborare con le autorita' locali per non favorirne lo sviluppo. Ad esempio nei tombini c'e' la possibilita', con l'uso di prodotti appositi, di impedire la formazione di larve".
    Ma in ogni caso il cittadino non puo' limitare molto il fenomeno: "La cosa piu' importante e' che i cittadini non tengano acque stagnanti - afferma il dottore -. Il fenomeno pero' non puo' che aumentare, per logica moltiplicazione. Per chi viene punto, se non contrae una di queste malattie, ci sono rischi che possono venire da forme allergiche, ma sul piano generale gli effetti sono solo un po' di prurito e fastidio". (AGI)

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    Epatite B: test gratuiti in 15 città.


    Dal (“Sole 24 Ore)

     

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    non sa di essere infetta

     

    Da ieri (28/5 ndr) e fino al prossimo 15 giugno i cittadini italiani avranno la possibilità di eseguire gratuitamente il test dell’epatite B nei laboratori che aderiscono alla campagna “Epatite B: usa la testa, fai il test”. Per usufruire del test gratuito sarà sufficiente prenotarsi tramite il numero verde 800 027 325 o online, al sito www.epatiteb2012.it. L’iniziativa, promossa da quattro società scientifiche - AISF (Associazione Italiana per lo Studio del Fegato), SIGE (Società Italiana di Gastroenterologia), SIMIT (Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali), SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) - con il supporto di FederANISAP, Federazione Nazionale delle Istituzioni Sanitarie Ambulatoriali Private e il contributo incondizionato di Bristol-Myers Squibb, coinvolgerà le città di Milano, Brescia, Bergamo, Padova, Torino, Reggio Emilia, Pisa, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Foggia, Cagliari, Messina e Palermo.

    Due gli obiettivi dell'iniziativa: incrementare nella popolazione la consapevolezza della malattia e dei fattori di rischio di contagio e incentivare l’esecuzione del test tra le categorie a rischio, coinvolgendo anche la popolazione migrante residente in Italia proveniente da Paesi in cui tuttora non esiste l’obbligo del vaccino.

    L’infezione dà segni di sé solo quando si sono già prodotti danni epatici gravi: come sottolinea Gianfranco Delle Fave, Professore ordinario di Gastroenterologia dell’Ospedale Sant’Andrea, La Sapienza Università di Roma, «quando si produce la diagnosi di HBV l’infezione è già cronicizzata, cioè la malattia è già avanzata e si sono già determinati dei danni: la gran parte dei soggetti con infezione cronica da epatite B non presenta alcun sintomo, tuttavia sono perfettamente in grado di trasmettere la malattia».

     Oltre 700mila persone in Italia sono affette da epatite B cronica: di queste, almeno la metà non sa di aver contratto l’infezione. Il virus dell’epatite B (HBV), spiega l'esperto, è 100 volte più contagioso dell’HIV ed è in grado di sopravvivere fuori dall’organismo, rimanendo infettivo, per almeno 7 giorni. La maggior parte dei contagi avviene mediante rapporti sessuali non protetti o scambio di siringhe o aghi contaminati, ma anche attraverso la condivisione di spazzolini da denti o rasoi e con l’utilizzo di strumenti non sterilizzati per piercing e tatuaggi. Nell’80% dei casi l’infezione si risolve spontaneamente, ma in circa il 20% dei casi evolve in una forma cronica estremamente pericolosa e che comporta un rischio maggiore del 15-20% di morire prematuramente per cirrosi ed epatocarcinoma.

    "Si stima che i portatori del virus di origine non italiana siano circa 300mila - spiega Orlando Armignacco, Presidente SIMIT -. Persone non trattate, provenienti da zone ad alta endemia come Europa orientale, Africa sub-sahariana e Cina, portatori del virus cosiddetto 'selvaggio' (wild type), che hanno anche genotipi differenti da quello che abitualmente circola in Italia, cioè il genotipo D, e che, per vari motivi, non si sottopongono facilmente a esami di laboratorio".

    Vaccinazione, test e conoscenza dei fattori di rischio permettono di arginare il contagio. "La vaccinazione, la presenza di terapie efficaci che inibiscono la replicazione del virus, il miglioramento delle condizioni igieniche e sanitarie sono fattori che hanno determinato in Italia un abbassamento drastico della prevalenza da infezione da HBV - afferma Paolo Caraceni, Segretario AISF -. Da zona ad alta endemia, l’Italia è diventata regione a bassa endemia, con una prevalenza di portatori del virus inferiore al 2%, concentrata nelle fasce d’età over 30-40".

    L’opportunità di usufruire del test gratuito sarà portata alla conoscenza anche dei cittadini stranieri residenti in Italia, in particolare quelli provenienti dall’Est Europa: l'iniziativa, infatti, oltre all’italiano parlerà inglese, rumeno, albanese, ucraino e polacco.

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    Come leggere le analisi del colesterolo


    Da “Sapere Salute”

     

    Come leggere le analisi del colesterolo

    Arrivano i risultati dal laboratorio. Il verdetto: abbiamo il colesterolo alto. Non si deve per questo dichiarargli subito guerra. Perché non tutto il colesterolo viene per nuocere.

    Certo, le linee guida danno limiti per la colesterolemia: livelli di colesterolo maggiori di 240 mg/dl sono considerati troppo elevati, mentre i valori ottimali sono quelli al di sotto dei 200 mg/dl (che scende a 160 per chi è affetto da malattie del cuore o è ad alto rischio cardiovascolare).

    Ma questi dati non bastano per farci preoccupare più del dovuto affrettandoci a eliminare cibi su cibi e correndo a cercare rimedi che sconfiggano questo lipide.

    Non si deve dimenticare che il colesterolo, nelle giuste quantità, non soltanto non è nocivo, ma è addirittura necessario.

    Svolge funzioni essenziali per il nostro organismo e una sua riduzione eccessiva sarebbe in alcuni casi anche controproducente.

    Vuoi sapere quanto rischia il tuo cuore? Clicca su Calcola il tuo rischio cardiovascolare

    Occorre saper distinguere

    Quando si parla di colesterolo è sempre bene tenere presente che ne esistono essenzialmente due tipi: quello cattivo (Ldl) e quello buono (Hdl).

    Il primo, trasportato alla periferia dalle lipoproteine a bassa densità (Ldl), detto quindi colesterolo Ldl, si attacca più facilmente alle pareti interne delle arterie. Per questo un eccesso di colesterolo cattivo nel sangue è tra le cause dell'aterosclerosi.

    Al contrario, il colesterolo trasportato da lipoproteine ad alta densità svolge una azione contraria: l’Hdl colesterolo è in grado di catturare quello in eccesso depositato sulle pareti arteriose riportandolo al fegato, dove viene eliminato.

    Ecco perché, se è vero che i livelli di colesterolo totale nel sangue non dovrebbero superare i 200 mg/dl (160 mg/dl se sono presenti altri fattori di rischio cardiovascolare) è altrettanto importante, in caso di ipercolesterolemia, indagare più a fondo.

    Valori assoluti e relativi

    Trovare il colesterolo totale elevato non è necessariamente preoccupante. A maggior ragione se non sono presenti altri fattori di rischio per malattie cardiovascolari.

    La cosa più corretta da fare, in presenza di ipercolesterolemia, è andare a valutare i valori dei diversi tipi di colesterolo e, soprattutto, il loro rapporto.

    In particolare, le tabelle dicono che:

    • i valori di Ldl ottimali dovrebbero stare entro i 100 mg/dl
    • i valori di Hdl ottimali dovrebbero essere uguali o superiori a 50 mg/dl.

    Indice di rischio cardiovascolare

    Ma anche questo può non essere sufficiente alla valutazione del suo peso come fattore di rischio cardiovascolare.

    Anzitutto si deve calcolare il rapporto che esiste tra i valori di colesterolo totale e quelli dell'Hdl (che nelle analisi del sangue dovrebbero essere indicati).

    Questo rapporto, che rappresenta l’indice di rischio cardiovascolare per le persone sane e in assenza di fattori di rischio associati, deve essere:

    • inferiore a 5 nell'uomo
    • inferiore a 4,5 nella donna.

    Infine, nel caso di colesterolo alto nel sangue sarebbe corretto considerare anche un altro tipo di grassi: i trigliceridi.

    I loro elevati livelli nel sangue aumentano il rischio di malattie coronariche e di aterosclerosi e, quasi sempre, si associano a colesterolo Hdl basso e ad altri fattori di rischio, come la tendenza al sovrappeso, al diabete e all’ipertensione.

    Eugenio Bubo

     

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    Fate attenzione agli effetti colatreali delle cure


    Dal "Corriere della Sera"

     

    Sempre più malati guariscono, ma hanno bisogno di essere seguiti per anni. Oltre alla visite di controllo, ecco cosa serve

    TUMORI

    CHICAGO – Negli Stati Uniti li chiamano «cancer survivors», sopravvissuti al cancro o lungospravviventi, e sono circa 12 milioni. In Italia se ne contano più o meno due milioni e mezzo: le stime dicono che il quattro per cento della popolazione nostrana (il 15 per cento degli over 65) ha avuto una diagnosi di cancro che, per la maggioranza dei casi (57 per cento), risale a più di cinque anni fa. E questi numeri sono destinati ad aumentare, visto che i successi delle terapie anticancro e la scoperta sempre più precoce della malattia contribuiscono costantemente a far crescere il tasso di guarigioni. Ma quanto si sa degli effetti a lungo termine delle cure? E quanto si fa per arginare gli effetti tardivi dei trattamenti? C’è molto da migliorare, secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston e presentato all’Asco (il convegno dell’American Society of Clinical Oncology) in corso a Chicago.

    LO STUDIO - Larissa Nekhlyudov e colleghi hanno condotto un’indagine fra oltre duemila medici americani, una metà circa composta da oncologi e l’altra da «addetti alle cure primarie» (più o meno l’equivalente dei nostri medici di famiglia), sondando le loro conoscenze sugli effetti collaterali a lungo termine di quattro chemioterapici (doxorubicina, paclkitaxel, oxaliplatino e ciclofosfamide) comunemente usati per trattare tumori del colon e del seno, fra le forme di cancro più diffuse. «Gli esiti del sondaggio – spiega Nekhlyudov – non ci hanno sorpreso e fotografano una realtà che va perfezionata con una certa urgenza: mentre gli oncologi sono generalmente preparati, serve molta più informazione per i medici di base. Perché sono proprio questi ultimi ad assistere più spesso i survivors, che con il passare degli anni hanno giustamente sempre meno rapporti con l’oncologo».

    CONSIGLI PRATICI - Disfunzione cardiache, neuropatie periferiche, secondi tumori, dolore cronico, fatigue (senso di affaticamento), linfedema, disfunzioni sessuali, stati ansiosi e depressivi, preoccupazioni per un’eventuale ricaduta di malattia, problematiche socio-relazionali, difficoltà a riprendere la propria vita pre-malattia (inclusa l’attività lavorativa). L’elenco delle conseguenze note delle cure è lungo. «Oggi abbiamo molte informazioni sugli effetti collaterali di chirurgia, chemio e radioterapia - commenta Francesco Cognetti, direttore della divisione di Oncologia Medica A presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma -. Quando è possibile li preveniamo, altrimenti abbiamo imparato a tenerli sotto controllo. Il numero crescente di persone che guariscono, e che hanno nuovi bisogni che vanno ascoltati, è una novità relativamente recente, ma molto si può fare per garantire a questi pazienti una buona qualità di vita». Per esempio, si eseguono esami mirati per tenere sotto controllo l'apparato cardiocircolatorio; ci sono diverse strategie a disposizione contro il linfedema (quali il linfodrenaggio o fisiokinesiterapia, per citarne alcuni); i problemi respiratori dopo un intervento ai polmoni possono essere con farmaci, fisioterapia, ossigenoterapia; o, ancora, ci sono vari modi per salvare la fertilità. «E anche per chi soffre di disturbi della sfera sessuale o psicologici abbiamo delle soluzioni efficaci da offrire, è importante che i pazienti ce ne parlino e non si condannino da soli a una silenziosa sopportazione» conclude Cognetti.

    Vera Martinella

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    Videogiochi facilitano apprendimento in alunni con deficit


    Videogiochi facilitano aprendimento in alunni con deficit

     

     (AGI) - Madrid, 4 giu. - I videogiochi possono migliorare l'apprendimento di studenti con bisogni educativi speciali. E' quanto sostiene uno studio condotto dalla Universidad de Alcala e dalla Universidad Nacional de Educacion a Distancia (UNED), in collaborazione con la societa' Electronic Arts (EA). Secondo la ricerca condotta negli istituti La Canada e Manuel de Falla di Coslada (Comunita' di Madrid), i videogiochi possono sostenere l'apprendimento in allievi con disabilita' dello sviluppo e deficit intellettivo, diventando veri e propri strumenti educativi. Cio' che e' emerso dallo studio e' che l'uso in aula di risorse non progettate per l'apprendimento formale, come per esempio i videogiochi, ha "rotto" con una dinamica molto strutturata degli strumenti comuni, soprattutto in questo tipo di alunni, e ha dato come risultato un apprendimento piu' autentico e motivante e una maggiore capacita' di relazionarsi. Inoltre, l'uso di videogiochi commerciali ha prodotto un forte cambiamento nell'uso della tecnologia da parte degli studenti. Un altro risultato e' stata la capacita' di avanzare e progredire in base alle possibilita' del singolo allievo, contribuendo a incrementare l'autonomia e la capacita' decisionale, molto difficile da ottenere in alunni con bisogni speciali. Le sfide e i problemi del gioco e gli aiuti offerti per superarli si adattano perfettamente alle differenti capacita' e ai diversi ritmi di apprendimento. "I videogiochi sono uno strumento che si adatta perfettamente ai ritmi di ciascuno", ha detto Laura Mendez, coordinatrice didattica del progetto. "Questi bambini prendono poche decisioni autonome durante la loro vita perche' viene costantemente detto loro cosa fare - ha detto Rosa Piriz, professore di Pedagogia Terapeutica dell'Ies Manuel de Falla -, ma con questi strumenti decidono in completa autonomia e soprattutto se prendono una decisione sbagliata non accade nulla, perche' le conseguenze non vanno oltre il gioco". .

     

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    Dormire male fa venire voglia di cibi poco sani


    16:33 11 GIU 2012

    (AGI) - Washington, 11 giu. - Dormire poco porta a scelte alimentari poco sane. Una ricerca americana ha infatti mostrato che quando si dorme male o poco il cervello e' portato a preferire i cibi meno sani, rispetto a quelli piu' salutari. Lo studio e' opera della Columbia University ed e' stato presentato durante il meeting annuale della American Academy of Sleep Medicine and the Sleep Research Society che si e' tenuto a Bethesda, nel Maryland. Gli scienziati hanno mostrato a un gruppo di 25 persone in salute alcune immagini di cibi sani e meno sani. Alcuni volontari erano reduci da cinque notti durante le quali avevano dormito solo quattro ore mentre ai restanti era stato permesso di dormire tranquillamente nove ore per notte. Il primo gruppo ha mostrato una attivazione delle aree cerebrali legate alla ricompensa quando osservava i cibi poco sani. Contemporaneamente, si registrava una sospensione dell'attivita' delle aree legate al controllo del comportamento. Secondo gli studiosi, i risultati di questa ricerca potrebbero aiutare a comprendere il nesso, ampiamente mostrato, fra obesita' e cattiva qualita' del sonno.

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    Sono più pericolosi i raggi UVB o UVA?


    Dal “Corriere della Sera

     

    medicina

    Gli UVB «scottano», gli UVA invecchiano. Entrambi possono contribuire all'insorgere di tumori della pelle

    MILANO - La luce solare stimola la produzione di vitamina D (necessaria all’assorbimento del calcio nell’intestino), fa bene a disturbi della pelle come dermatite atopica e psoriasi, rende più allegri e rilassati. Ma, se incontrollata, può fare anche danni, a breve e a lungo termine. «Il rischio è legato alle radiazioni solari UVB (Ultravioletti B) e UVA (Ultravioletti A). Gli UVB hanno una forte carica energetica ed effetti soprattutto sugli strati più superficiali della pelle (epidermide). Sono i principali responsabili della reazione immediata provocata dal sole sulla cute, che può dare origine a una scottatura o, in termini tecnici, un eritema solare, che nei casi più seri si trasforma in una vera e propria ustione — spiega Enzo Berardesca, direttore del Dipartimento di dermatologia clinica dell’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma —. Gli UVB, stimolando la produzione di melanina, sono anche quelli che provocano una colorazione progressiva, responsabile dell’abbronzatura, che serve a proteggere la cute».

    Quali sono i possibili danni a lungo termine? «L’esposizione prolungata e ripetuta agli UVB favorisce l’accumulo di mutazioni nelle cellule dell’epidermide e quindi lo sviluppo di lesioni precancerose, quali le cheratosi attiniche, e di tumori. Più subdola è l’azione dei raggi UVA, meno potenti degli UVB, ma capaci di penetrare più in profondità, fino al derma. Questi raggi stimolano solo la melanina superficiale e il loro effetto sul colore della pelle è transitorio. L’esposizione prolungata agli UVA è la principale responsabile dell’invecchiamento precoce della pelle, nonché un fattore di rischio per lo sviluppo di un’altra classe di tumori cutanei, i melanomi, che si possono formare ex-novo o per degenerazioni dei nei».

    Quali sono le precauzioni da adottare?
    «Esporsi al sole con buon senso: evitare bagni di sole, le prime volte che ci si espone; non esporsi nelle ore più calde; usare gli occhiali da sole e le creme antisolari, scegliendo all’inizio fattori di protezione maggiore ed eventualmente ridurli nel corso della vacanza. Il grado di protezione va scelto in base al proprio fototipo e deve essere tanto maggiore quanto minore è il fototipo: una carnagione chiara, povera di melanina, è molto più delicata di una scura che, grazie a un maggior contenuto di melanina riesce a sopportare meglio i raggi ultravioletti. L’antisolare deve proteggere sia contro gli UVB che gli UVA e oggi tutti i prodotti offrono questa doppia protezione, anche se non sempre paritaria (i filtri UVA devono essere presenti come minimo in quantità di un terzo, rispetto ai filtri UVB). Alcuni prodotti recenti contengono anche enzimi (fotoliasi ed endonucleasi), capaci di contrastare gli effetti degli ultravioletti sul Dna e quindi di limitare i danni a lungo termine. Infine: in gran parte dei casi si mette la metà della crema necessaria, riducendo così l'effetto protettivo. Quindi non centellinare e soprattutto riapplicare il prodotto ogni 2-3 ore».

    Antonella Sparvoli

    12 giugno 2012 | 10:41

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    In vacanza, occhio al colesterolo


    Da “Salute e benessere”

     

    In vacanza, occhio al colesterolo

    12 milioni di italiani hanno valori di colesterolo troppo alti e metà di loro non lo sa. Occhio ai cibi che si mettono in tavola in vacanza. Esami del sangue gratuiti per un giorno.

     

    Sanihelp.it - È noto che per contenere i livelli di colesterolo bisogna scegliere alimenti ricchi di fibre come frutta e verdura e preferire il pesce. Non tutti sanno, però, che i maggiori nemici della nostra tavola sono le aragoste e i gamberi, cibi con contenuto di colesterolo molto elevato, mentre i loro cugini, gli astici e gli scampi, sono meno dannosi.

    Ma il record di concentrato di colesterolo appartiene ai calamari, rispetto ai quali è meglio preferire le seppie che ne contengono meno della metà. E anche tra cozze e vongole è facile scegliere: le seconde sono molto meno dannose. Tra i pesci, infine, sono più grassi e a elevato contenuto di colesterolo quelli di fondo, come la cernia, rispetto per esempio al dentice, che è tra i più salutari.

    Sono alcuni dei consigli che verranno dati sabato 16 giugno 2012, in occasione della Prima Giornata Nazionale del Colesterolo, promossa da SISA, Società Italiana per lo Studio dell’Arteriosclerosi, in collaborazione con la Croce Rossa e la Società Italiana di Medicina Generale.

    L’iniziativa, che prevede visite gratuite in tutta Italia, nasce con l’obiettivo di rendere consapevoli gli italiani del ruolo della componente genetica nell’ipercolesterolemia, che interessa circa mezzo milione di persone. Nelle forme più gravi, infatti, valori alti spesso si manifestano già dalle prime decadi di vita: è molto importante, quindi, eseguire i controlli sin da giovani, già a partire dai 20 anni e ripeterli almeno ogni 5 anni.

    C’è poi la forma poligenica comune, in cui fattori ambientali, l’alimentazione soprattutto, agiscono in presenza di fattori genetici predisponenti aumentando i livelli di colesterolo: questa forma, per fortuna meno grave, potrebbe interessare circa 1.200.000 italiani.


    Il colesterolo alto è un male silente, che non dà sintomi ma che non va trascurato: con il passare degli anni può comportare la formazione di placche che ostruiscono le arterie e aumentano, insieme ad altri fattori, il rischio cardiovascolare.

    Le persone considerano erroneamente i livelli alti di colesterolo come un fattore di rischio meno pericoloso rispetto ad altri fattori. In realtà, il colesterolo alto, specie nei giovani, pesa circa il doppio rispetto all’ipertensione arteriosa nella valutazione del rischio cardiovascolare globale, cioè sulla possibilità che si verifichi un infarto.

    In occasione della Giornata sono in programma visite gratuite a Milano, in Piazza Cordusio. Prevedono la compilazione di un questionario, un prelievo di sangue e una misurazione della circonferenza vita. Al termine della visita, al cittadino verrà consegnato un talloncino con i risultati delle analisi e i consigli degli specialisti su ulteriori eventuali esami di approfondimento.

    Inoltre la SISA, Società Italiana per lo Studio dell’Arteriosclerosi, mette a disposizione, da lunedì 11 a venerdì 22 giugno, un servizio di informazioni via mail attraverso cui i cittadini possono formulare domande agli specialisti. Ecco i siti di riferimento: www.preveniamo.it - www.sisa.it.

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    Il calendario delle vaccinazioni


    Da “SapereSalute.it”

     

    05 Giugno 2012

    Per sapere quali sono i vaccini obbligatori e quelli raccomandati dalla nascita ai 18 anni basta consultare il calendario delle vaccinazioni, che contiene anche tutte le informazioni sulle età di somministrazione.

    Il calendario delle vaccinazioni contiene tutte le informazioni sulle età di somministrazione dei vaccini.

    Messo a punto da un gruppo di esperti, assicura la salute dei bambini attraverso la corretta prevenzione di malattie potenzialmente pericolose, garantendo l'offerta attiva e gratuita dei vaccini considerati prioritari.

    Vaccinazioni obbligatorie e raccomandate

    Il ministero della Salute raccomanda la somministrazione di tutti i vaccini elencati nel calendario, ma non tutti sono obbligatori.

    Quelli prescritti per legge proteggono da poliomielite, difterite, tetano ed epatite B e devono essere somministrati a 3, a 5 e 12 mesi di vita.

    Il vaccino contro l'epatite B prevede anche una somministrazione entro il primo mese di vita, mentre le altre vaccinazioni necessitano di richiami a tra i 5 e gli 8 anni e, nel caso di difterite e tetano, tra i 12 e i 18 anni.

    Sono, invece, raccomandate le vaccinazioni contro morbillo, rosolia e parotite (corrispondenti al vaccino trivalente MPR, somministrato tra il tredicesimo e il quindicesimo mese di vita, tra i 5 e gli 8 e tra i 12 e i 18 anni), contro la pertosse (somministrato insieme a quello contro difterite e tetano) e contro l'Haemophilus influenzae B (a 3, 5 e 12 mesi di vita).

    Gli altri vaccini offerti a tutti i nuovi nati proteggono dallo pneumococco (somministrazione a 3, 5 e 12 mesi) e dal meningococco C (a 13-15 mesi o tra i 12 e i 18 anni).

    A partire dal 2015 sarà offerta gratuitamente anche la vaccinazione contro la varicella, che può già essere somministrata contemporaneamente all'MPR e che attualmente fa parte dei programmi vaccinali pilota di Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto e Provincia autonoma di Bolzano.

    In quasi tutte le Regioni le dodicenni possono ricevere anche il vaccino che protegge dalle due varianti del papilloma virus (Hpv) responsabili del 70% circa dei casi di cancro al collo dell'utero.

    Infine, a partire dai 7 mesi di vita, è possibile vaccinare i bambini (soprattutto quelli che frequentano stabilmente gli asili o altre comunità) contro l'influenza.

    Dopo i 6 anni è possibile somministrare il vaccino una volta all'anno. Inoltre tra i 3 e i 7 mesi i bambini possono essere vaccinati contro il rotavirus e a 15 mesi, contro l'epatite A.

    Per effettuare le vaccinazioni bisogna recarsi negli ambulatori Asl o, in alcuni casi, nello studio del pediatra.

    Sai che cosa fare se tuo figlio prende il morbillo? Clicca su Morbillo: che fare se si ammala il bambino

    Ci sono rischi?

    Il ministero della Salute garantisce un livello di sicurezza molto elevato. L'analisi dei dati ottenuti in più di mille studi scientifici ha, infatti, dimostrato che gli unici possibili effetti collaterali sono reazioni allergiche e, nel caso del vaccino MPR, febbre alta associata, a volte, a convulsioni.

    Soltanto nel caso in cui il bambino abbia un sistema immunitario già compromesso, il vaccino contro la varicella è stato associato a polmonite, epatite o meningite.

    In generale, i rischi delle vaccinazioni sono di gran lunga inferiori alle possibili conseguenze delle malattie che sono in grado di prevenire.

    Nella tabella qui sotto trovi il calendario completo.

    Silvia Soligon

     

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    Donazioni di sangue in crescita


    Dal "Sole 24 Ore"

    Negli ultimi dieci anni in Italia sono aumentati sia il numero di donatori di sangue che il numero di donazioni: i dati arrivano dal Centro Nazionale Sangue (CNS), che mette in evidenza che in dieci anni i donatori sono passati da circa 1 milione 300 mila l'anno a 1 milione 733 mila, mentre le donazioni sono incrementate da circa 2 milioni 400 mila ogni anno a 3 milioni 373 mila. 

    L'Italia, spiega Giuliano Grazzini, direttore del CNS, "è il settimo paese al mondo per donazioni di sangue e il terzo in Europa per quanto concerne la periodicità". Il 70% dei donatori è uomo, l'81,5% è "periodico" (terzo valore più alto in Europa) e il 35,5% è considerato donatore "frequente" (cioè ha donato almeno una volta all'anno, ogni anno, negli ultimi 5 anni).

    I donatori giovani sono circa il 28% del totale. Tra il 2010 e il 2011, ha proseguito Grazzini, "le donazioni sono aumentate dell'1,5 per cento", anche se permangono ancora delle differenza tra le Regioni: in particolare le insulari vengono sostenute dalle altre.

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    Alimentazione: mangiare 4 volte al di' mantiene in forma


     

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    Sì allo spazzolino dopo i pasti. Ma è meglio aspettare un po'


    Dal “Corriere della Sera”

     

    i consigli dell’Academy of General Dentistry

    Per proteggere le superfici dei denti devono trascorrere almeno 30 minuti dall’attacco erosivo degli acidi

    i consigli dell’Academy of General Dentistry

    Sì allo spazzolino dopo i pasti
    Ma è meglio aspettare un po'

    Per proteggere le superfici dei denti devono trascorrere almeno 30 minuti dall’attacco erosivo degli acidi

    MILANO - L’ossessione dello spazzolino può giocare brutti scherzi ai denti. Chi non riesce ad aspettare neanche un minuto a fine pasto e corre in bagno cedendo al richiamo del dentifricio, forse sta commettendo un errore. Per proteggere le superfici dei denti devono trascorrere almeno 30 minuti dall’attacco erosivo degli acidi presenti in cibi e bevande. Lo dicono i dentisti dell’Academy of General Dentistry, la seconda più grande associazione odontoiatrica degli Stati Uniti.

    I RISCHI - Il «contrordine» si basa sui risultati di una ricerca, in cui si dimostra che passare subito dalla forchetta allo spazzolino può creare danni seri perché gli acidi «bruciano» lo smalto dei denti e lo strato sottostante di dentina. Strofinare troppo presto con le setole dello spazzolino può quindi guidare questi acidi ancora più in profondità accelerando il processo di corrosione. Una ricerca ha dimostrato proprio che i denti si intaccano più velocemente se vengono strofinati entro 20-30 minuti dal pasto o dopo aver bevuto il caffè o un soft drink acido che praticamente li «spoglia» dello strato superficiale demineralizzandoli.

    26 giugno 2012 | 10:12

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    Calorie non sono uguali e per dimagrire servono grassi


    Da “Agenzia AGI”

    Sostituire carboidrati raffinati con quelli integrali, verdure e legumi

    27 giugno, 09:53

    Le calorie non sono affatto tutte uguali e non è vero che si dimagrisce eliminando i grassi. La ricetta perfetta per dimagrire potrebbe essere riscritta così: non serve eliminare i grassi (é una scelta che fa anzi rallentare il dimagrimento) ma è molto utile sostituire i carboidrati raffinati con quelli integrali, verdure e legumi. Smontano il dogma del 'conto delle calorie' alla base di tutte le diete i medici del Boston Childern's Hospital in una ricerca pubblicata sul Journal of American Medical Association.

    Lo studio confronta gli effetti delle tre diete più popolari al mondo e mette quella a basso indice glicemico in testa per i migliori risultati. Le diete indagate sono: la Atkins a basso contenuto di carboidrati (ne contiene il 10 %, mentre il 60% sono grassi e il 30% proteine), quella con pochi grassi (con 20% grassi, 20% proteine e 60% carboidrati) e quella a basso indice glicemico (40% grassi e carboidrati non raffinati, 20 % proteine).

    "Una caloria non è sempre una caloria e può incidere diversamente in relazione alla dieta scelta" spiega David Ludwig direttore del centro di prevenzione dell'obesità dell'ospedale americano che ha diretto la ricerca. "Abbiamo indagati gli effetti delle diete nel lungo termine perché solo 1 persona su 6 mantiene il 10 % del peso forma nel lungo periodo. Gli altri riprendono tutti i chili persi. Abbiamo confrontato 300 calorie di base per tutte le tre diete e visto che innescano reazioni biologiche molto diverse. Se si eliminano i grassi il dimagrimento rallenta, meglio eliminare i carboidrati raffinati e lasciare i grassi 'buoni' abbinandoli a carboidrati integrali, verdure e legumi come indica la dieta a basso indice glicemico".

    Le calorie, ricordano i ricercatori, sembrano uguali ma il loro effetto biologico non è affatto lo stesso né per il peso né per la salute: se si abbattono i carboidrati 'buoni' cioé quelli integrali, aumentano i livelli di cortisolo che può indurre alla insulino-resistenza e i livelli di proteina C-reattiva che incrementa il rischio cardiovascolare.

    "La dieta con pochi grassi che riduce molto i grassi, che è anche tradizionalmente raccomandata dal governo americano e dalla Heart Association, induce al più basso livello di dispendio energetico e ad alterazioni lipidiche e insulino resistenza" conclude Ludwig.

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    Al sole: non solo crema


    Da “Salute e benessere”

     

    Al sole: non solo crema

    L'esposizione ai raggi solari ha diversi effetti positivi sull'organismo, i raggi ultravioletti però possono causare danni a occhi e pelle, favorendo l'insorgenza di tumori cutanei. Ecco come proteggersi.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - L'esposizione al sole stimola la produzione di vitamina D e ha un effetto benefico sull’umore. Occorre però un'adeguata protezione per difendere occhi e pelle dai potenziali danni dei raggi ultravioletti.

    Bilanciare rischi e benefici derivanti dal sole è possibile. Prima regola: scegliere con buon senso tempi e modi di esposizione e proteggersi in modo adeguato, tenendo conto anche dell’età e della pelle di ciascuno.

    La crema. Secondo la Commissione Europea è sufficiente una protezione con un fattore compreso tra 15 e 25, purché applicata correttamente. I fototipi più scuri possono poi gradualmente ridurre il grado di protezione, mentre chi ha la pelle chiara dovrebbe assicurarsi una protezione maggiore.

    Un cappello. Meglio se a larghe tese, per proteggere anche la parte posteriore del collo e delle orecchie.

     Abiti leggeri. Quando non si è in spiaggia, ma si trascorre comunque tempo all'aria aperta è importanti indossare abiti leggeri, capaci di offrire uno schermo ai raggi solari.

    Occhiali da sole. Le lenti dovrebbero proteggere almeno dal 99% dei raggi UVA e UVB.

    Ombra. Quando il sole è forte, soprattutto nelle ore centrali della giornata, è preferibile ripararsi all'ombra e godersi il fresco.

     

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    Uomini 'allergici' a creme solari


    Circa la metà si protegge con filtri bassi

    27 giugno, 15:36

    (ANSA) - ROMA, 27 GIU - Gli uomini hanno un rapporto difficile con le creme solari. Secondo i dati dell'agenzia inglese Mintel, in Europa i piu' riottosi sono i francesi: appena il 38% della popolazione maschile d'oltralpe le utilizza. I piu' prudenti sono i tedeschi: circa 55%. Tuttavia, anche chi usa il solare, sceglie protezioni basse. E i danni purtroppo ci sono: uno studio dell'American Cancer Association rivela che negli Stati Uniti gli uomini sono colpiti da melanoma piu' frequentemente rispetto alle donne.

     

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

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    Caldo, a rischio bambini e anziani. Il cardiologo: ecco come difendersi


    Prof. Antonio Rebuzzi - Cardiologo Policlinico Gemelli

     

    dal caldo durante una gita nel pratese, ha riportato l'attenzione sui rischi per il cuore che vengono dal solleone. Come ci si puo' difendere e quali sono i sintomi di un attacco cardiaco per l'elevata temperatura? Il prof. Antonio Rebuzzi, cardiologo al policlinico "Gemelli" di Roma, spiega quali sono gli accorgimenti da prendere. "Tra i rischi del troppo caldo c'e' sicuramente la disidratazione, che riguarda specie anziani e bambini. Negli anziani infatti - spiega Rebuzzi - si riducono la sudorazione e lo stimolo della sete, per cui non si accorgono di essere disidratati".
    "Per loro e per i bambini, occorre quindi bere di piu' - dice il cardiologo -. Inoltre con il caldo la pressione si abbassa, per cui i cardiopatici che prendono farmaci che la diminuiscono possono ridurre la terapia, cosi' come gli ipertesi. Siccome si suda di piu' bisogna anche ridurre i diuretici". "Nei cardiopatici, la sudorazione comporta anche la perdita di sali minerali - prosegue Rebuzzi -. Aritmia da elevata sudorazione, abbassamento della pressione e disidratazione sono quindi i principali rischi legati al caldo: per ipertesi e cardiopatici conviene fare controlli prima delle vacanze per vedere se ridurre diuretici e antipertensivi, per anziani supportare l'alimentazione con sali minerali, e bere di piu'. Per tutti, evitare bevande ghiacciate, che causano lo stimolo del nervo vago e l'abbassamento della pressione". I possibili segnali da cui si puo' riconoscere un attacco cardiaco, invece, sono "aritmie, palpitazioni, stanchezza e abbassamento di pressione, con aumento della frequenza cardiaca".

     

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    Estate: Minsalute, funghi e pesce crudo, occhio a intossicazioni


    (AGI) - Roma, 4 lug. - I prodotti alimentari italiani sono sicuri ma qualche accorgimento in piu' da parte dei consumatori non guasta. In primis occorre diffidare di pesce crudo e funghi, questi ultimi i cui rischi sono ancora sottovalutati. Una guida alla prevenzione delle intossicazioni dei funghi e' stata presentata al ministero della Salute per rimarcare come ogni anno vi sia un migliaio di casi di intossicazione. Il manuale, con la collaborazione, oltre che del ministero, anche del Centro Antiveleni di Milano e dell'Istituto Zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna, elargisce alcune regole per evitare brutte sorprese. Sembra ovvio ma la prima regola da seguire e' qualle di non consumare funghi non controllati da un vero micologo. Se una trattoria si serve da un coltivatore, e' bene chiedere comunque la provenienza, perche', sottolineano gli esperti, di funghi si muore oggi come in passato. Il consumo consigliato e' di quantita' moderate. Non sempre i sintomi sono a breve latenza, possono verificarsi anche dopo oltre 20 ore. E' bene non farli mangiare da bambini con meno di 12 anni e se si e' in dolce attesa. Tra i consigli anche quello di sbollentare i funghi prima del congelamento e consumarli entro 6 mesi, naturalmente ben cotti e in perfetto stato di conservazione. E attenzione ai funghi sottolio dove si puo' sviluppare la tossina botulinica. Dal ministero della Salute anche dei piccoli fascicoli, dedicati ai bambini, in cui si spiega perche' prodotti come latte, miele, uova, carne e pesce siano sicure. Attraverso il linguaggio dei fumetti si ricostruisce a ritroso tutta la catena di controlli e verifiche dell'alimento .

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    Estate tempo di scottature. I consigli del dermatologo


     (AGI) - Roma, 9 lug. - "Contro le scottature la prima arma che abbiamo e' il cosiddetto 'conosci te stesso'" Dobbiamo cioe' imparare a conoscere la nostra pelle per capire quali rischi corriamo sotto il sole". Lo ha spiegato all'AGI Giuseppe Monfrecola, ordinario di Dermatologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venereologia dell'Universita' di Napoli "Federico II". "Il rischio scottature e' legato essenzialmente a due fattori: la genetica del soggetto e l'ambiente. La maggiore o minore resistenza nei confronti del sole e' infatti geneticamente determinata per ciascun individuo", ha detto l'esperto.
        E non basta guardarsi allo specchio ed osservare colore dei capelli o degli occhi per predire il grado di resistenza. "Spesso si confonde il fenotipo (colore di pelle e capelli) con il fototipo - ha detto Monfrecola - e cioe' il tipo di reazione che ha la pelle al sole. Per il fototipo, bisogna rispondere sostanzialmente a due interrogativi: quando stai al sole ti scotti facilmente e quanto? E ti abbronzi costantemente e quanto? C'e' solo un fenotipo che coincide con il fototipo fotosensibile ed e' rappresentato da persone rosse di capelli e con efelidi". Per cui da un lato bisogna scegliere la protezione solare in base alla propria genetica, dall'altro bisogna far riferimento all'ambiente, cioe' alle condizioni in cui ci si andra' ad esporre al sole. "Perche' una cosa e' una passeggiata in riva al mare alle dieci di mattina - ha sottolineato l'esperto - altra cosa e' un'intera giornata in barca. In ogni caso un buon solare deve ridurre e, se possibile, contrastare o riparare i danni provocati dagli ultravioletti". Le scottature sono il frutto di esposizioni intense senza utilizzare prodotti solari capaci di fornire un'adeguata fotoprotezione. E l'errore piu' frequente che si commette e' non usarli per avere una tintarella da "mordi e fuggi". "La pelle della maggior parte degli individui - ha spiegato Monfrecola - e' naturalmente predisposta per proteggersi dal sole. Se, in aree temperate, vivessimo tutto l'anno svestiti svolgendo attivita' all'aperto, daremmo alla pelle la possibilita' di prepararsi lentamente al sole in modo da arrivare 'pronta' ai mesi piu' caldi per poi dare alle cellule il tempo, in autunno e in inverno, di riparare i danni. Ma evidentemente non viviamo cosi'. E allora, improvvisamente, ci svestiamo, andiamo al sole per alcune ore e iniziamo a 'stressare' la pelle. Magari il sole non e' cosi' intenso da farci pensare che possa provocare danni e cosi' la protezione la lasciamo a casa. Una scottatura sembra il prezzo minore da pagare per abbronzarsi e cos', di week end in week end, arriviamo alle vacanze dove per due settimane esponiamo il corpo al sole per intere giornate. E le cose non vanno meglio se arriviamo in spiaggia 'pallidi' e per due settimane ci mettiamo sotto il sole per l'intera giornata magari con un basso fattore protettivo per paura di non abbronzarci. Non diamo il tempo ai naturali fattori di fotoprotezione di mettere in atto tutte le strategie. Ecco perche' e' fondamentale utilizzare una fotoprotezione artificiale, e cioe' i filtri solari con i quali comunque ci si abbronza lo stesso".
        "I filtri solari - ha continuato - vengono impiegati anche per ridurre la possibilita' di sviluppo di tumori cutanei indotti da alterazioni del DNA dovute sia a UVB che a UVA. Ma oggi si sa che gli ultravioletti provocano anche una diminuzione della risposta immunitaria. Scopo di un buon solare non e' solo 'proteggere' ma 'immunoproteggere'. Cosa significa? " "Gli UV - ha risposto Monfrecola - sono dei cancerogeni perfetti. Sappiamo tutti che i raggi UV attaccano le cellule della cute danneggiandone principalmente il DNA e le membrane. UVB e UVA agiscono in modo differente ma in sinergia su tutti gli strati della cute. Ricordiamo che gli UVB agiscono piu' superficialmente soprattutto a livello dell'epidermide, mentre gli UVA vanno piu' in profondita' fino al derma. Le cellule danneggiate hanno la capacita' di ripararsi oppure di autodistruggersi. Se riparazione o "suicidio" non si verificano, la loro corsa viene fermata dalla sorveglianza che il sistema immunitario esercita anche contro le cellule neoplastiche. Ma i raggi UV, da cancerogeni perfetti quali sono, non solo danneggiano le cellule, ma deprimono il sistema immunitario generando quella che viene chiamata fotoimmunosoppressione. L'immunosoppressione da UV consente alle cellule modificate di proseguire nella loro azione e di continuare a proliferare. Il prodotto solare ideale deve da una parte limitare la quantita' di UV che impatta sulla cute e dall'altra aiutare il sistema immunitario opponendosi alla fotoimmunosoppressione". Una volta scelto il prodotto giusto - che comprende anche la scelta del 'veicolo' idoneo' (crema poco grassa per chi ha l'acne, crema consistente per chi ha pelle secca, crema super-resistente per i bimbi che stanno in acqua e spray per gi uomini villosi - bisogna imparare a usarla bene. "Per beneficiare della fotoprotezione - ha detto Monfrecola - bisogna distribuire il prodotto fotoprotettivo in modo uniforme e non localizzato, e soprattutto riapplicarlo piu' volte".

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    Le regole per un fisico mozzafiato!


    Da “Salute e Benessere”

     

    Mangiare come un uccellino, ore e ore in palestra eppure il fisico non è quello che si sogna: qualche utile accorgimento alimentare e non solo, per un fisico al top!

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - La British Nutrition Foundation ha revisionato tutta una serie di studi scientifici e ha cercato di capire per quale motivo alcune persone che pure mangiano poco e fanno attività fisica non dimagriscono come vorrebbero e non hanno il fisico che sognano.

    Dalla revisione è emerso che a fronte di un apporto calorico simile chi ha la tendenza a consumare soprattutto
    carboidrati raffinati ha un girovita maggiore rispetto alle persone che cercano di evitare tutti quei cibi di colore bianco che sono raffinati, come farina, riso, pasta, pane, crackers, cereali e zuccheri semplici come zucchero da tavola e sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio.

    Chi vuole dimagrire deve consumare yogurt: è stato accertato, infatti, che gli adulti obesi che mangiano tre porzioni di yogurt senza grassi al giorno, nell’ambito di una dieta dimagrante, perdono il 22% di peso e il 61% di grasso corporeo in più rispetto alle persone che seguono una dieta ipocalorica, ma non consumano yogurt; molto probabilmente il calcio e le proteine contenute nello yogurt aiutano a bruciare il grasso corporeo.  

    Per un fisico al top meglio non sedersi a tavola con persone in sovrappeso poiché è stato stimato che chi ha almeno quattro amici obesi ha il doppio delle possibilità rispetto a chi non ha amici obesi di diventarlo, forse perché quando si sta a tavola con una persona in sovrappeso si assume il cibo con la stessa velocità del commensale over-size.

    Non è buona abitudine neppure farsi assalire dai problemi e dormire poco: chi dorme meno di 9 ore per notte tende a mangiare più del necessario; non è nemmeno buona abitudine fantasticare o dilettarsi nella lettura di libri e riviste di cucina poiché la visione immagini di cibi ad alto contenuto di grassi stimola il centro del controllo dell’appetito situato nel cervello portando a un desiderio elevato di alimenti dolci e saporiti.

    Perché l’esercizio fisico apporti davvero beneficio, infine, è meglio fare sport a suon di
    musica: ascoltare musica motiva al movimento; è come se ascoltandola si sentisse di meno lo sforzo e la fatica e può aumentare la resistenza anche del 15%.

     

     

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    La panna conforta, il cioccolato rilassa: tutti i benefici del gelato


    Dal "Sole 24 Ore"

    Chi è innamorato predilige il gelato alla crema, chi è contento mescola gusti anche molto diversi tra loro, come cioccolato e limone. La coppetta è prediletta da chi vuole ritagliarsi un attimo di relax (41%), il cono è invece scelto da chi cerca condivisione (36%), evasione (32%) e conferme negli altri (25%); lo stecco è per chi è abituato a vivere forti emozioni (45%) e non ha tempo da perdere (38%). I dati sono frutto di uno studio condotto da Antica gelateria del Corso attraverso interviste a psicologi e nutrizionisti sugli effetti benefici del gelato sulla sfera psico-fisica.

    Il gelato, spiegano gli esperti, oltre a essere una buona merenda rinfrescante soprattutto durante i mesi estivi, fa bene all'umore. Cioccolato e bacio sono un toccasana per chi è giù di corda; pistacchio, gusti esotici e amarena sono l'ideale per chi vuole rilassarsi; il gusto caffè e tiramisù sono ottimi per chi vuole ricaricarsi, mentre la panna è consolatoria.

    Secondo il 73% degli esperti intervistati gustare un gelato offre benefici soprattutto psicologici, trasmettendo piacere psicofisico (31%) facendo tornare all'infanzia (27%) ed emozionando (24%). «Il gelato - spiega Francesca Saccà, psicologa e psicoterapeuta - permette di tornare all'infanzia: il gelato è qualcosa che ci rendeva felici da bambini. Al di là del piacere dovuto alle caratteristiche legate al gusto, c'è anche questo aspetto psicologico, una piccola coccola che ci prendiamo e che ci fa fare un passo indietro ai tempi dell'adolescenza, quando il gelato era un momento importante anche a livello conviviale».

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    Cosa fare se si suda troppo?


    Dal “Corriere della Sera”

    Per l'iperidrosi sali d'alluminio, ionoforesi o botulino. Molte persone non distinguono gli antitraspiranti dai deodoranti

    mi spieghi dottore

    Cosa fare se si suda troppo?

    MILANO - La sudorazione eccessiva (iperidrosi) è un problema diffuso, ma molti sono riluttanti anche a parlarne con il medico, preferendo il "fai da te", con risultati spesso insoddisfacenti. Il che non meraviglia, visto che secondo una recente indagine gran parte della persone non conosce nemmeno la differenza tra antitraspiranti (indicati per l’iperidrosi) e deodoranti ( che non servono in questo caso). «Quando fa molto caldo, il corpo reagisce producendo sudore che, evaporando, lo raffredda. In alcune persone, però, questo sistema funziona troppo e il sudore è molto abbondante — spiega il Giuseppe Micali, direttore della Cinica dermatologica dell'Università di Catania —. L'iperidrosi è causata da un'eccessiva produzione da parte delle ghiandole sudoripare eccrine, stimolate da fibre colinergiche del sistema nervoso autonomo. Le ghiandole sudoripare eccrine vanno distinte da quelle apocrine, che si attivano alla pubertà sotto lo stimolo degli ormoni sessuali, e che non hanno alcun ruolo nel controllo della temperatura corporea».

    A che cosa è dovuta l'iperidrosi?
    «Esistono due forme principali di iperidrosi, la primaria o idiopatica, la cui causa è sconosciuta, e la secondaria che è un sintomo di diverse condizioni, come l'ipotiroidismo, la menopausa, l'obesità e alcune malattie neurologiche. L'iperidrosi primaria è la forma più diffusa ed è caratterizzata da intensa sudorazione in genere localizzata a zone specifiche (ascelle, palmo delle mani, pianta dei piedi, fronte), mentre la secondaria di solito riguarda aree estese».

    Come si combatte?
    «L'iperidrosi secondaria, curando le condizioni che la causano. Per la primaria, invece, la cura può essere personalizzata a seconda dell'entità del problema e dalle preferenze del paziente. In genere, il primo approccio nelle forme lievi e moderate è con antitraspiranti a base di sali di alluminio o alluminio zirconio. Molti confondono questi prodotti coi deodoranti che sono invece preparazioni cosmetiche con lo scopo di evitare la formazione di odori corporei sgradevoli e non agiscono sulla produzione del sudore. Va comunque detto che se si vuole agire sui due fronti, in commercio esistono antitraspiranti dotati anche di azione deodorante. Un altro rimedio, soprattutto per le forme palmo-plantari, è la ionoforesi che mira a ridurre la secrezione delle ghiandole eccrine sfruttando correnti elettriche a bassa intensità. In genere si ottengono buoni risultati dopo 10-15 sedute. Un'altra possibilità è rappresentata dalle iniezioni di tossina botulinica nella sede interessata, mentre il ricorso a farmaci (ansiolitici e anticolinergici) è poco diffuso. Nei casi che non rispondono a queste terapie si può optare per la chirurgia, a patto di affidarsi a mani esperte per ridurre al minimo il rischio di effetti indesiderati e aumentare le possibilità di successo».

    Antonella Sparvoli 24 luglio 2012 | 9:03

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Dal Ministero della Salute iniziative per incentivare la donazione del sangue


    Dal Ministero della Salute iniziative per incentivare la donazione del sangue

    Il Ministro della Salute Renato Balduzzi  ha risposto ieri all'interrogazione con cui l'On. Gianni Mancuso ha chiesto al Governo di assumere iniziative per incentivare la donazione di sangue. Il Ministro si è reso disponibile a mantenere l'impegno preso negli anni scorsi, in cui il Ministero, in collaborazione con Avis, CRI, FIDAS e Fratres, si è fatto finanziatore e coordinatore delle campagne di comunicazione volta alla sensibilizzazione della popolazione.

    E' quanto EMA-ROMA chiede da anni!

    La Readzione di EMA-ROMA 

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    Cosa non si farebbe per un addome piatto?


    Da Salute e Benessere

     

    Quale donna non sogna un addome piatto? La dietista americana Erin Palinski suggerisce 5 cibi per un addome piatto da far invidia alle star

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Poter sfoggiare un addome piatto al mare con il bikini all’ultima moda è sicuramente il sogno di moltissime donne.

    La dietista Americana Erin Palinski nel suo libro “
    Belly fat diet for dummies” svela come incentivare il consumo di 5 particolari alimenti può aiutare ad avere un addome piatto, poiché questi alimenti contengono tutta una serie di nutrienti che possono aiutare a scomporre i grassi che tendono ad accumularsi nella fascia addominale.
    Secondo uno studio condotto presso la
    University of Michigan Cardiovascular Center includere regolarmente nella propria dieta i mirtilli può aiutare a ridurre in maniera significativa il grasso che tende ad accumularsi sul punto vita per l’elevato conenuto dei mirtilli di antocianine molecole che si comportano come una sorta di sciogli grasso.

    Mangiare la metà di un pompelmo tre volte al giorno prima dei pasti può aiutare a perdere peso: ricercatori della
    Louisiana State University hanno fatto mangiare metà pompelmo prima dei pasti per 12 settimane a persone in sovrappeso che pur non modificando la loro dieta con quest’accorgimento hanno perso circa 4 kg, molto probabilmente perché l’acidità del pompelmo rallenta il tempo della digestione e induce a introdurre meno calorie durante il pasto.

     

    Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Proteome Research consumare una manciata di noci al giorno (all’incirca una trentina di grammi) aiuta ad eliminare il grasso addominale, poiché il loro consumo incide sui livelli circolanti di serotonina, una sostanza implicata nel senso di sazietà e appagamento.

    Anche il consumo regolare di yogurt greco può aiutare ad avere un addome più piatto, poiché questo yogurt ha un elevato contenuto proteico (circa il doppio rispetto ad uno yogurt normale); le proteine si digeriscono più lentamente e quindi si rimane sazi più a lungo, lo yogurt greco,inoltre, come tutti i latticini è ricco di arginina, un aminoacido sciogli-grasso.

    Erin Palinski, infine, consiglia di incentivare il consumo di cibi ricchi di vitamina C come la paprika o i kiwi, poichè questa vitamina  aiuta a contrastare lo stress che spesso porta a mangiare per calmare lo stress e l’agitazione.

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    Dissetarsi d'estate


    Da “Salute e benessere”

     

    Dissetarsi d'estate

    Acqua, acqua e ancora acqua: soprattutto d'estate non deve mai mancare, da affiancare però con succo d'arancia e te freddo perché ...

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Come ricorda l’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) tutti dovrebbero bere ogni giorno 1,5-2 litri di acqua, d’estate, poi, bisognerebbe accertarsi che soprattutto anziani e bambini bevano a sufficienza per scongiurare il rischio disidratazione.

    Bisognerebbe bere di frequente, in piccole quantità e lentamente poiché se si introduce molto velocemente acqua molto fredda nello stomaco possono insorgere pericolose
    congestioni.
    Bisognerebbe bere soprattutto acqua perchè bevande diverse (come aranciate, soft drink, succhi di frutta, caffè, té) oltre a fornire acqua apportano anche altre sostanze che contengono calorie (ad esempio zuccheri semplici) o che sono farmacologicamente attive (ad esempio caffeina); è stato stimato, per esempio, che in media un litro di succo di ananas apporta le stesse kcal di 140 g di pasta!

    Uno studio condotto da ricercatori del
    Virginia Tech, invece, ha scoperto come bere mezzo litro di acqua prima dei pasti principali nell’ambito di una dieta ipocalorica può favorire la perdita di peso

    Per questo motivo può essere una buona abitudine per tenersi in forma, quella di bere prima dei pasti due bicchieri di acqua a temperatura ambiente.

    D’estate, però, soprattutto quando è molto caldo e non si riesce a dormire per l’afa o perché si fanno le ore piccole con gli amici può essere una buona abitudine per contrastare la stanchezza, sorseggiare del te freddo; secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nutritional Neuroscience , infatti, il te freddo aumenta la concentrazione e la vigilanza.

    Se poi oltre all’acqua si vuole consumare una bevanda diversa, infine, meglio ripiegare su una casalinga spremuta d’arancia: secondo la nutrizionista inglese Amanda Ursell un bicchiere di succo d’arancia garantisce il giusto apporto di vitamina C necessaria alla pelle per la produzione di collagene, una sostanza fondamentale per la sua elasticità e luminosità e fornisce luteina una sostanza che protegge gli occhi dai danni del tempo e del sole.

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    Farmaci: al via norme su principio attivo in ricetta


    Farmaci: al via nuove norme su principio attivo in ricetta

    Farmaci: al via nuove norme su principio attivo in ricetta
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    Estate: vaccini e occhio al cibo


     (AGI) - Roma, 9 ago. - Vaccini dove consigliato, farmaci ad hoc, prudenza nell'alimentazione, occhio all'igiene. Viaggiare sicuri si puo' anche nei paesi piu' lontani e a rischio, seguendo attentamente alcune regole. "Viaggi e salute nei 5 continenti", di Walter Pasini, Presidente della Societa' Italiana di Medicina del Turismo, e' un manuale dettagliato per chiunque abbia intenzione di solcare il suolo straniero. Da un'attenta analisi delle statistiche, si desume che la malattia piu' diffusa tra i turisti e' la diarrea del viaggiatore che colpisce dal 30 al 70% dei turisti internazionali. "E' una patologia molto comune e diffusa che puo' essere contenuta portando con se' la ritaxinina alfa", suggerisce l'esperto.
    "E' importante tenere a mente alcuni accorgimenti generici da avere nel corso del viaggio, che riguardano principalmente la protezione da artropodi e l'attenzione verso acqua e alimenti potenzialmente contaminati come frutta priva di buccia, verdura e pesce crudi, assolutamente da evitare". Un ulteriore chiarimento arriva da Pasini "Spesso l'obbligo di vaccinazioni da parte di alcuni stati, puo' generare confusione nel turista comune, che crede di dover proteggere se' stesso da malattie tipiche di quel paese. Soprattutto in alcune zone dell'Asia, invece, l'obbligo delle vaccinazioni e' a tutela della popolazione ospitante, per evitare che la malattia venga introdotta dall'esterno. D'altro canto per i viaggiatori che si recano nei paesi tropicali e subtropicali e' fondamentale aver effettuato il vaccino contro l'epatite A, e per chi sceglie mete quali l'Africa subsahariana o il Sudamerica, non puo' esimersi dalla vaccinazione contro la febbre gialla". (AGI)

     

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    Tagli e ferite: come intervenire


    Da “Sapere e Salute”

     

    Automedicazione

    Tagli e ferite: come intervenire

    Piccolo manuale di pronto soccorso per incovenienti e fastidi delle vacanze: tagli, ferite, abrasioni e ustioni. Si può ricorrere al fai-da-te, basta seguire alcune semplici accortezze.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Spiagge, piscine, viaggi e ore piccole: d'estate piccole ferite, leggeri tagli, abrasioni, scottature sono all'ordine del giorno. Questi fastidi e dolori, se trascurati, possono dare origine a infezioni e ad antiestetiche cicatrici.

    Le ferite sono
    abrasioni traumatiche, spacchi
    spontanei della pelle che, se non vengono curati in maniera tempestiva e con attenzione, possono lasciare il derma indifeso dalle aggressioni dei germi, esponendolo al rischio di infezione, con conseguenti antiestestiche cicatrici.

    Ecco un utile
    vademecum per affrontare i piccoli inconvenienti delle vacanze.

    1. In presenza di una ferita,
    non si agisce sempre nello stesso modo
    . Sebbene la pulizia, la disinfezione e la fasciatura/protezione siano fasi comuni alla gestione delle ferite, è importante procedere in base al tipo di lesione. Le ustioni differiscono in base alla gravità, e soprattutto sono diverse da tagli, escoriazioni e abrasioni.

    2. In caso di ustioni, tagli o escoriazioni,
    pulire la ferita con acqua rappresenta il primo rimedio utile. In caso di ustione è necessario togliere gli indumenti a contatto con la zona colpita; in questa situazione l’acqua lenisce anche il dolore.

    3. Il materiale più indicato per rimuovere la sporcizia dalla ferita è
    la garza
    . Il cotone può lasciare dei residui.

    4. La formazione di cicatrici è legata alla tipologia della ferita e alla sua gravità. Per lesioni di piccola entità, è importante non permettere il manifestarsi di infezioni, ricorrendo all’utilizzo di
    antibiotici
    , e facilitare la rimarginazione con l’utilizzo di prodotti che aiutino la cute come, per esempio, gli aminoacidi.

    5. Un consiglio soprattutto rivolto ai bambini, è quello di
    non togliersi le crosticine, lasciando che il processo di guarigione si completi in modo naturale.

    6. Fasciare le ferite è importante, soprattutto inizialmente, per impedire a fattori esterni di venire a contatto con la lesione e dare luogo a infezioni. La fasciatura, però, non deve essere occlusiva ma permettere il passaggio dell’ossigeno, pur mantenendo la sua funzione di barriera. È consigliabile cambiarla con frequenza costante per monitorare l’andamento del processo di guarigione.

    7. In caso di vesciche legate a ustioni, cercare di bucarle per facilitare la fuoriuscita del
    pus è pericoloso: si scoprono parti del derma particolarmente sensibili e infettabili.

    8. Le ferite di piccola entità, siano ustioni, tagli o abrasioni, possono essere gestite ricorrendo a
    farmaci di automedicazione, senza ricorrere alla visita medica. L’importante è seguire le indicazioni del foglietto illustrativo e i consigli del farmacista. Oggi c'è un farmaco che, grazie ai suoi principi attivi, produce una duplice azione: con i due antibiotici di cui è composto – neomicina e bacitracina – evita le infezioni che possono derivare dal contatto con i germi della parte lesa, con gli aminoacidi – la cui azione fondamentale è quella di ripristinare la funzione di barriere della cute – favorisce una rapida guarigione.

    9. Nel caso il primo intervento non porti a miglioramenti nei tempi indicati, è consigliabile consultarsi con il proprio medico di fiducia. Maggiori informazioni su www.cicatrene.it.

     

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    Un mese di protezione per le donne


    Da “Salute e Benessere”

     

    Un mese di protezione per le donne

    Fino a settembre è possibile avere un consulto gratuito online e una guida per affrontare problemi come odore, sudorazione, pelle secca e prurito.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Un vademecum per affrontare le principali problematiche cutanee e intime che affliggono le donne nel passaggio dall'estate all'autunno: è il cuore dell'iniziativa promossa da Infasil, il Mese della Protezione, con un’importante novità.

    Per la prima volta, l’iniziativa si svolge in collaborazione con Aideco (Associazione Italiana di Dermatologia e Cosmetologia), che si affianca all'Aogoi (Associazione degli Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani) per offrire alle donne una
    consulenza più ampia
    su come affrontare dubbi o piccole problematiche intime da un punto di vista sia ginecologico che dermatologico.

    In Ascolto con Infasil ha l’obiettivo di sensibilizzare le donne ad ascoltare i segnali del loro corpo. Sono numerose le attività che fino a settembre caratterizzano il Mese della Protezione: oltre 3.000 visite specialistiche gratuite dermatologiche o ginecologiche, un sito internet in cui è possibile avere un filo diretto online con i medici e l’agendina educativa
    , un vademecum che aiuta a capire e prevenire le affezioni più comuni della pelle e delle mucose.

    Questo piccolo manuale affronta problematiche legate alla
    stagionalità in cui le affezioni possono manifestarsi più frequentemente: ipersensibilità, allergie e arrossamenti in primavera, eccessiva sudorazione e odore intenso in estate, irritazione e prurito in autunno, secchezza in inverno.

    Per esempio in estate, per fronteggiare il cattivo odore e la sudorazione eccessiva, il dermatologo consiglia un’attenta pulizia personale, quando possibile con acqua e detergente o con salviettine umidificate, e un’altrettanto attenta pulizia con acqua, o a secco, di indumenti e scarpe, soprattutto se sudati o dopo attività fisica.

    La rasatura dei peli, soprattutto ascellari, aiuta a tenere la parte pulita e il non persistere dei batteri. L’impiego di deodoranti delicati a lunga durata d’azione e di appositi saponi antibatterici.

    Contro l'odore intimo, si consiglia si fare attenzione all'igiene quotidiana, specialmente prima e dopo un rapporto sessuale, utilizzare detergenti dedicati ed evitare quelli che più fanno schiuma e più sono aggressivi, fare attenzione al confezionamento del detergente, che deve essere fatto in modo da impedire il contatto con le mani o con l’aria, lavarsi e asciugarsi senza lasciare zone umide, con movimenti dalla vulva verso l’ano, usare biancheria intima in cotone, ampia e assorbente, o materiali naturali, infine limitare l’uso di slip in pizzo o sintetici, inclusi i perizoma.

    E con l'arrivo dell'autunno, quando repentini cambi di temperature o condizioni climatiche (come il forte vento) mettono a dura prova i sistemi di autoregolazione della pelle, rendendola secca e sensibile, è bene utilizzare cosmetici specifici: shampoo e crema da giorno e da notte specifici per la
    dermatite seborroica, e preferire un’alimentazione ricca di frutta, verdura e povera di grassi di origine animale. Non asciugare i capelli a lungo, per non riscaldare troppo il cuoio capelluto ed evitare l’utilizzo di lacche, tinte o gel.

    L’agendina viene consegnata nei punti vendita a chi acquista almeno un prodotto Infasil, mentre la visita specialistica gratuita è prenotabile sul sito www.inascolto.infasil.it, a fronte dell’acquisto di due prodotti.

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    Reni: gli esami del sangue da fare


    Dal “Sole 24 Ore”

    Reni: gli esami del
    sangue da fare

    Reni, questi sconosciuti. È proprio il caso di dirlo a proposito dei “filtri” dell’organismo. Quando qualcosa non va, danno segnali difficili da interpretare per il paziente. Vediamo, invece, come scoprire il loro "linguaggio".

    Nefropatie - “Quando inizia una nefropatia, i reni non danno segni precisi e diretti”, ricorda la nefrologa Annamaria Bernardi. “Solo quando la nefropatia è in fase avanzata vi sono sintomi ben precisi”. Quali? “L'anemia, l'ipertensione, gli edemi, senso di nausea e vomito, astenia profonda e stato soporoso”.

    Infezioni vie urinarie o cistiti - Più facile accorgersi velocemente delle infezioni, i cui “fastidi” non sono certo invisibili. “Febbre elevata con brivido, difficoltà a urinaria e minzione dolorosa, urine torbide e spesso anche con tracce di sangue”, spiega l’esperta. Gli stessi sintomi si possono accusare se vi è una calcolosi renale, ma “in questo caso in più avremo una colica renale o a destra o a sinistra - precisa la nefrologa -, colica che è molto forte e indirizza subito alla diagnosi”.

    Altre nefriti - Per quelle di origine infettiva o conseguenti a malattie come il diabete, l'ipertensione, le cardiopatie i sintomi sono più sfumati. Eccoli: “Talvolta constatiamo urine rosate, talora senso di affaticamento - dice Bernardi - in questi casi però il paziente sarà già controllato e la diagnosi sarà precoce”.

    Casi familiari - Per soggetti predisposti o con familiarità di patologia renale “è bene fare l’esame delle urine, che, “da solo, è già in grado di dare informazioni su una eventuale patologia renale o delle vie urinarie”, aggiunge l’esperta. 

    Gli esami - Con un semplice esame delle urine possiamo riscontrare diversi problemi. La spia si accende se vi è la presenza di globuli rossi. La forma dei globuli rivelerà al microscopio la provenienza del “corpo estraneo”. “Infatti se provengono dal rene sono raggrinziti per il lungo e tortuoso percorso che hanno fatto per giungere in vescica - sottolinea Bernardi -, se invece provengono dalle vie urinarie (ureteri o vescica) sono intatti e non hanno subito alterazioni”.

    La presenza di albumina nelle urine “vuol dire che la membrana basale del glomerulo si è rotta o è infiammata e lascia passare l'albumina che altrimenti in un rene sano dovrebbe essere trattenuta e rimessa in circolo”.

    In qualche raro caso vi può essere presenza di albumina per forti sforzi o per attività fisica intensa (proteinuria da stress), “ma questa scompare poche ore dopo lo sforzo e non è patologica”.

    L'acidità urinaria è, invece, elevata quando un soggetto mangia troppa carne e troppe proteine.

    La creatinina è un prodotto del metabolismo muscolare e “nel processo di filtrazione renale non viene né riassorbita né escreta per cui passa tutta nelle urine e il suo valore nel sangue è quindi sempre costante (0,8 -1 mg%)” spiega l’esperta. E quando i valori sono fuori norma? “Se troviamo un incremento nel sangue vuol dire che il filtro renale non funziona bene - conclude la nefrologa - perché essendo il rene alterato in senso restrittivo non riesce ad eliminare tutta la creatinina prodotta dai muscoli”.

    di Cosimo Colasanto (23/08/2012)

     

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    Oltre 140 chilometri per vincere la medaglia della solidarietà


    Dal “Notiziario FIDAS”
     

    Oltre 140 chilometri per vincere la medaglia della solidarietà. On line il servizio di RAI 3

    26 Agosto 2012

    Duecentosessantacinque partecipanti provenienti da diverse parti d'Italia hanno percorso 2811,5 vasche per un totale di 140,575 chilometri. Sono questi i numeri di un'edizione straordinaria della 24 Ore del donatore svoltasi all'interno delle Terme di Giunone, nel comune di Caldiero (VR).
    "Mi sento di ringraziare tutti, soprattutto chi ha affrontato i turni più difficili, chi ha nuotato sotto una
    Dal “Notiziario FIDAS”pioggia scrosciante, per far sì che la staffetta non si fermasse mai - ha affermato Massimiliano Bonifacio, presidente della FIDAS Verona - come non deve mai fermarsi la disponibilità di sangue per i pazienti e i malati che necessitano delle terapie trasfusionali".  

    A concludere la staffetta tre atleti amici della FIDAS provenienti da diverse discipline: il ciclista Andrea Guardini, l'ultramaratoneta Marco Mazzi e il campione di nuoto Niccolò Maschi. 
    Al termine della manifestazione i ringraziamenti a Giovanni Molinaroli, sindaco di Caldiero, a Marcello Lovato, presidente dell'azienda Terme di Caldiero, ai testimonial e a tutti i donatori, ai volontari, e a tutti coloro che hanno reso possibile quest'evento. 
    "Con la 24 ore del donatore - ha concluso il presidente nazionale FIDAS Aldo Ozino Caligaris - si portano a termine le manifestazioni estive di FIDAS nazionale che con il claim hanno inteso sottolineare l'importanza di promuovere e diffondere la cultura della donazione del sangue e la necessità di garantire in ogni periodo dell'anno l'indispensabile e insostituibile presidio terapeutico di emocomponenti e medicinali plasmaderivati".
    Al link http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-05f7478a-fe70-431e-8389-edb98b3f6dea-tgr.html#p=0 è possibile rivedere il servizio realizzato da TG3 Veneto ed andato in onda domenica 26 agosto alle 19.30.


     

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    Hai un temperamento aggressivo? Aumenta il rischio di ictus


    Dal “Corriere della Sera”

     

    LO STUDIO

    Hai un temperamento aggressivo?
    Aumenta il rischio di ictus

    Gli eventi negativi della vita, lo stress e il tipo di personalità fanno crescere la possibilità di un evento cerebrale

    «Se vado avanti così mi verrà un ictus», si dice talvolta, quando ci si accorge di superare i limiti nel tentativo di far fronte alle tensioni e di tenere il passo con i ritmi della vita di oggi. Non è solo un modo di dire, né un’esagerazione. A parità di altri fattori, come il fatto di avere la pressione alta oppure di essere uomini o donne, a fare la differenza nel rischio di andare incontro a un evento cerebrale sono proprio una vita stressante e un atteggiamento aggressivo verso gli altri. Lo conferma uno studio condotto alla Clinica universitaria San Carlos di Madrid e pubblicato sul Journal of Neurology Neurosurgery and Psychiatry, che ha messo a confronto non solo i dati clinici, ma anche i tratti del carattere e la storia personale di 150 persone ricoverate per ictus nella stroke unit dell’ospedale spagnolo con le caratteristiche di altre 300, di pari età, che vivevano nelle vicinanze e non avevano mai subito eventi di questo tipo.

    I DANNI DELLO STRESS- Così come le conseguenze dello stress cronico sul cuore sono ben documentate, la possibilità che elementi psicosociali e depressione favorissero anche un evento cerebrale era già stata suggerita un paio di anni fa dallo studio «Interstroke», un’indagine condotta su migliaia di pazienti in 22 paesi del mondo per identificare i fattori di rischio per l’ictus, e capire su quali si potesse intervenire per prevenire l’evento. La ricerca resta un caposaldo perché è la più estesa tra quelle che hanno messo a confronto persone sane e altre che hanno subito un ictus. «Ma in quel caso i fattori psicosociali sembravano meno rilevanti, forse anche perché erano riassunti ed espressi in un solo parametro che cercava di rappresentare in maniera generale le condizioni di stress al lavoro e in casa nell’ultimo anno» precisa Josè Antonio Egido, che ha condotto lo studio più recente. «Inoltre, nel caso in cui il paziente non fosse in condizioni di rispondere, ci si fidava del parere dei parenti, che in altre ricerche si è dimostrato inaffidabile quando si riferisce agli aspetti psicologici». Per questo i medici spagnoli hanno escluso dalle loro valutazioni i pazienti in condizioni per cui non erano in grado di parlare.

    LO STUDIO - «Noi quindi abbiamo cercato di andare più a fondo alle tante sfaccettature che tutte insieme contribuiscono a quello che chiamiamo stress o che ne sono specchio» prosegue il neurologo. Un lavoro che ovviamente è stato più fattibile, rispetto al grande studio internazionale e multicentrico, per il minor numero di casi considerati. «I nostri questionari, oltre a tutti gli elementi biologici e clinici come la preesistenza di un diabete o di disturbi del ritmo cardiaco, di alti livelli di pressione o di colesterolo, comprendevano domande sulla qualità del sonno e il consumo di bevande contenenti caffeina, sul lavoro, il fumo e la presenza di un partner» precisa Egido. Ad aumentare le probabilità di finire in una stroke unit sono risultati la pressione alta, i disturbi del sonno e del ritmo cardiaco, il fumo, attuale o pregresso, e soprattutto il consumo di almeno due energy drink al giorno, anche se il più importante, non modificabile, fattore di rischio è risultato il genere: il solo fatto di essere maschio aumenta infatti il rischio di nove volte. «A parità di tutti questi fattori c’è però una differenza sostanziale che emerge tra i soggetti intervistati in ospedale e quelli sani a casa loro» conclude Egido.«Tra i ricoverati il numero di coloro che nell’anno precedente avevano subito un duro colpo dalla vita o avevano dovuto fronteggiare situazioni difficili era quasi quattro volte maggiore». E chi otteneva un punteggio alto su un’apposita scala studiata per rappresentare quantitativamente il tipo di personalità, rivelandosi così competitivo e aggressivo, rischiava più del doppio rispetto a chi mostrava un atteggiamento più rilassato e comprensivo, indipendentemente dal sesso, dai livelli di pressione o dal fumo. Insomma, la prevenzione dell’ictus, oltre che dagli stili di vita e dalla farmacia, potrebbe passare anche dallo studio dello psicologo o dello psicoterapeuta.

    Roberta Villa31 agosto 2012 | 19:42

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    L'attività fisica allontana il rischio di cancro al seno


    L'attivita' fisica allontana il rischio di cancro al seno

     

     (AGI) - Londra, 7 set. - Basta un'attivita' fisica regolare senza esagerazioni, dalle camminate al giardinaggio, per diminuire il rischio di cancro al seno. Lo afferma uno studio dell'associazione Cancer Research UK pubblicato dall'International Journal of Cancer. La ricerca ha analizzato un gruppo molto ampio di donne all'interno del quale c'erano 8mila casi di tumore al seno. Le piu' attive, spiegano gli autori, hanno mostrato una probabilita' inferiore del 13 per cento di sviluppare il cancro rispetto a quelle inattive, e anche chi fa un'attivita' moderata, corrispondente a 150 minuti a settimana di passeggiata veloce, ha un minore rischio dell'8 per cento: "Non serve essere atleti olimpici - spiega Tim key, uno degli autori - ma le prodezze degli atleti alle Olimpiadi dovrebbero stimolare a stare un po' meno sul divano

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    Influenza 2012 più complessa: torna la A, con 2 nuovi ceppi


    Dal “Sole 24 Ore”

    Influenza 2012 più complessa:
    torna la A, con 2 nuovi ceppi

    L'influenza stagionale quest'anno sarà più dura da battere rispetto agli ultimi due anni. È quanto prevede l’Associazione dei Microbiologi Clinici Italiani (AMCLI) sulla base dello studio dei virus che circoleranno nel nostro Paese: sulla base dei dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, nella prossima stagione influenzale circolerà ancora il ceppo virale pandemico del 2009 (il virus A/H1N1 2009) ma anche altri due ceppi diversi da quelli che hanno circolato negli ultimi due anni (un ceppo B e un ceppo H3N2).

    Stagione influenzale più complessa - La composizione del vaccino per la prossima stagione contemplerà quindi un virus uguale a quello delle due stagioni precedenti (A/H1N1 2009) e due virus differenti (B e H3N2). Ci si aspetta, quindi, una stagione influenzale meno mite e più complessa rispetto a quella dei due anni scorsi e richiederà un’attenzione maggiore alla vaccinazione da parte delle categorie deboli. È questo il messaggio che AMCLI lancia attraverso il suo presidente, Pierluigi Clerici, Direttore dell'Unità Operativa di Microbiologia dell'Azienda Ospedaliera di Legnano. “Dopo l’anno della pandemia – spiega Clerici - abbiamo avuto due stagioni influenzali relativamente più tranquille poiché hanno circolato gli stessi ceppi virali e, quindi, la composizione del vaccino è rimasta uguale. Nel corso degli ultimi mesi le organizzazioni sanitarie mondiali hanno effettuato indagini e rilevazioni per identificare i possibili ceppi dell’influenza che ci affliggeranno nel corso del prossimo inverno e gli strumenti per proteggere la popolazione debole”.   

    La messa a punto del vaccino - Per arrivare all'identificazione dei ceppi virali dell'influenza stagionale lavorano ogni anno oltre 100 laboratori in altrettanti Paesi che raccolgono i virus influenzali dai pazienti e li inviano a cinque centri di riferimento (Atlanta-USA, Londra-Regno Unito, Melbourne-Australia, Tokyo-Giappone, Pechino-Cina). Sulla base dei tipi identificati, della loro maggiore o minore circolazione, dei luoghi dove si sono sviluppati e di come si sono spostati, si arriva quindi a presumere con buona approssimazione quali sono i ceppi virali da inserire nel vaccino.

     

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    III Giornata nazionale FIDAS


     

     

    III Giornata nazionale FIDAS: la FPDS ringrazia i donatori di sangue

    17 Settembre 2012

    In occasione della III giornata nazionale FIDAS, l’Associazione “Federazione Pugliese Donatori Sangue” - FIDAS, dedicherà, a partire dalla mattina di sabato 6 ottobre, una intensa due giorni di attività, non solo per promuovere con una serie di eventi la cultura del dono, ma anche per festeggiare un traguardo importante.
     “La FPDS festeggia nel 2012 i suoi primi 35 anni di attività sul territorio regionale, una presenza che, siamo orgogliosi di poter affermare, ha contribuito a cambiare e far crescere il sistema sangue e la cultura del dono in Puglia.” – ha affermato la prof.ssa Rosita Orlandi, Presidente dell’Associazione.
    La FPDS dedicherà la terza Giornata Nazionale FIDAS a quei donatori che anche attraverso lo sport fanno grande il nome della FIDAS, incarnando in sé i valori di etica ed il sano stile di vita che caratterizzano il donatore responsabile come il buon praticante sportivo. Sabato 6 ottobre ore 10 primo appuntamento a Bari presso la Sala Conferenze del Centro Polifunzionale Studenti dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” (ex Palazzo delle Poste) in Piazza Cesare Battisti, per la conferenza dibattito dal titolo “Etica, Sport e Informazione” durante la quale sarà presentato il volume “Bruno Pizzul. Una voce nazionale”, scritto a quattro mani da Francesco Pira e Matteo Femia (ed. Lupetti). Ospite d’onore il giornalista sportivo Bruno Pizzul col quale discuteranno altri illustri ospiti tra i quali Antonio Laudati, Procuratore della Repubblica di Bari, Francesco Pira, giornalista e sociologo dell’Università di Udine, e Corrado Petrocelli, Rettore dell’Università di Bari.
    La giornata culminerà con la Grande Festa FIDAS, alla quale si accederà su invito. Il sipario si aprirà alle 18.30 presso il Multisala Showville (Via Conte Giusso 9, Bari) sul palco sul quale si alterneranno momenti dedicati a celebrare i donatori che fanno grande l’Associazione a momenti di spettacolo: ad allietare la serata saranno i maestri dell’Orchestra di chitarre De Falla, con un repertorio vastissimo per tutti i gusti “e le sorprese potrebbero non finire qui” annuncia sorniona la Presidente Orlandi. Nel corso della serata la FIDAS Puglia (la Federazione delle 5 Associazioni pugliesi che aderiscono alla FIDAS Nazionale) consegnerà a Bruno Pizzul il Premio “Un amico per la comunicazione” per l’edizione 2012. 
    Domenica 7 ottobre la celebrazione della Giornata Nazionale FIDAS continuerà presso tutte le Sezioni FPDS con altri eventi a dimensione locale.
    In Italia nel 2011 i donatori della FIDAS hanno contribuito alle necessità dei pazienti emopatici con 421.653 unità raccolte, +3% rispetto al 2010. L’Associazione “Federazione Pugliese Donatori Sangue”, attraverso le sue 45 Sezioni sparse nelle provincie di Bari, BAT e Taranto, ha raccolto nel 2011 16.675 unità tra sangue intero ed emocomponenti, con un incremento del 3,7% rispetto al 2010. 


     

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    I cibi salva-cuore


    Da “Salute e Benessere”

     

    I risultati di un'indagine e i consigli degli esperti

    I cibi salva-cuore

    I cibi ad azione protettiva sul cuore sono quelli che contengono flavonoidi: tè, vino e frutta. Ma una ricerca rivela che gli italiani ne consumano troppo pochi...

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Una dieta ricca di flavonoidi, composti chimici naturali diffusi nelle piante, può favorire la prevenzione cardiovascolare, come confermato da una recente ricerca. Ma un’indagine rivela che gli italiani seguono diete povere di queste sostanze.

    Anche se le ricerche scientifiche non confermano del tutto l’efficacia preventiva dei flavonoidi (molti esperimenti già effettuati su animali devono ancora essere replicati sull’uomo), gli esperti sembrano ormai concordi nell’avvalorare la tesi delle
    proprietà protettive di queste sostanze.

    Poiché le malattie cardiovascolari rappresentano una delle
    principali cause di mortalità nei Paesi occidentali, la ricerca sta moltiplicando gli studi sui fattori che possano prevenire queste patologie. Tra i fattori nutrizionali, sembra che le molecole antiossidanti contenute nei vegetali (frutta e verdura) possano svolgere un ruolo di prevenzione.

    In particolare, tale effetto potrebbe essere in parte dovuto alla presenza dei flavonoidi, che sono stati identificati come molecole con un’importante
    attività antinfiammatoria e antiossidante.

    I risultati di uno studio pubblicato sull’
    American Journal of Clinical Nutrition nel gennaio 2012 indicano che a un alto apporto di flavonoidi nella dieta corrisponde un minore rischio di gravi malattie cardiovascolari.

    Gli specialisti dell’Osservatorio Nutrizionale Grana Padano hanno condotto un’indagine su 7645 individui per valutare il consumo di flavonoidi. Gli alimenti mediamente più ricchi di flavonoidi sono
    il tè, il vino rosso e la frutta (in particolar modo gli agrumi), ma i flavonoidi si trovano, per esempio, anche nella verdura, nell’olio (soprattutto d’oliva) e nel cioccolato.

    Per quanto riguarda il tè, è stato osservato che viene consumato dal 30% circa della popolazione. Maggiore è il consumo di caffè (80%). Il vino rosso è consumato dal 55% degli italiani, soprattutto uomini.

    Per quanto riguarda gli agrumi, sono consumati dal 60% della popolazione. Tuttavia, si è stimato che il consumo medio di frutta pro capite è di circa 250 g, mentre l’apporto consigliato è di 400 g (circa 3 frutti).

    Dati ancora più critici riguardano l’apporto di verdura: si stima infatti che il consumo medio pro capite sia di 175 g al giorno. Secondo le linee guida per una sana e corretta alimentazione andrebbe consumata una porzione di verdura da almeno 200 g a ogni pasto.

    I medici e i nutrizionisti dell’Osservatorio Nutrizionale Grana Padano suggeriscono alcuni consigli per garantire un adeguato apporto di flavonoidi con l’alimentazione di tutti i giorni.

    - Consumare legumi il più spesso possibile, almeno due-tre volte la settimana, come alternativa al secondo piatto. Se tollerati, andrebbero consumati con la buccia, ricchissima di antiossidanti.

    - Consumare almeno una porzione di verdura a pasto, optando sempre per verdure di diverso colore: verde scuro (spinaci, broccoli, bieta ecc); bianco (come aglio e cipolla); giallo e arancione (peperone,carota, zucca) e rosso (pomodoro, anche cotto). Preferire le verdure crude e fresche, perché gli antiossidanti possono alterarsi o perdersi con la conservazione o le cotture.

    - Consumare ogni giorno circa tre frutti, preferibilmente freschi e di stagione, sempre alternando i colori: bianco (mela, pera); giallo e arancione (albicocca, pesca, agrumi ecc); rosso (fragole, cocomero ecc), viola (prugne, mirtilli ecc). Si consiglia di consumare la frutta con la buccia, ben lavata.

    - Consumare oli vegetali crudi (soprattutto extra vergine d'oliva) al posto di grassi animali.

    - Bere un bicchiere di vino al giorno, preferibilmente rosso.

    - Consumare moderatamente tè e caffè (due-tre tazze al giorno), preferendo il tè.

    - Utilizzare spezie ed erbe aromatiche per insaporire gli alimenti, poiché apportano antiossidanti e permettono di limitare l’uso di sale e condimenti grassi.

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    Anche l'occhio vuole la sua parte di ... Linea!!!


    Da “Salute e Benessere”

     

    Anche l'occhio vuole la sua parte di ... Linea!!!

    La linea passa anche dalle dimensioni delle stoviglie: si mangia meno se la pasta è servita in piatti piccoli; si beve più acqua in bicchieri bassi e larghi

    Sanihelp.it - Per mantenersi in forma non basta solo contare attentamente le calorie che si introducono e quante se ne disperdono con l’attività fisica, ma è bene fare attenzione anche alla forma e alle dimensioni delle stoviglie utilizzate per servire il cibo.

    Uno studio condotto presso l’Università dell’illinois ha invitato a riflettere su come servire 100 g di purè o 100 g di pasta in un piatto di   30-35 cm di diametro porta a pensare di aver assunto una porzione piccola e porta, inconsciamente, a chiedere il bis.
    Servire la stessa quantità di pasta in un piatto con un diametro di 20-25 cm dà l’impressione, reale, di avere di fronte un primo piatto più che adeguato alle esigenze di un pranzo.

    Lo stesso discorso vale anche per i bicchieri: sempre secondo i ricercatori dell’Università dell’illinois il cervello umano tende a concentrarsi più sull’altezza degli oggetti che sulla loro larghezza: si è portati a pensare che si beve di più se a tavola sono disponibili bicchieri alti e stretti, mentre se le bevande sono servite in bicchieri bassi e larghi si ha l’impressione che si sta bevendo poco.
    Dallo studio è emerso che se l’acqua viene servita in bicchieri bassi e larghi si può aumentare il consumo di acqua del 74%.

    Per stare in buona salute e in ogni regime dietetico che si rispetti, si consiglia sempre di bere almeno 2 l di acqua al giorno: servirsi di bicchieri bassi e larghi può essere un modo intelligente per aumentare l’idratazione anche in quelle persone restie a bere i famosi 8 bicchieri di acqua al giorno tanto raccomandati.

    Viceversa per ridurre il consumo di alcolici e quindi per non introdurre calorie vuote, soprattutto se si è a dieta, è buona norma servire l’alcol in bicchieri alti e stretti.
    Un’altra interessante ricerca condotta presso l’università di Bristol ha chiarito un’altra questione riguardo alla voglia di bere e la forma dei bicchieri: se la birra viene servita in boccali alti e stretti, il cervello lo percepisce come molto abbondante e induce a bere tutto d’un fiato, fin quando il bicchiere non arriva a metà.

     

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    Le bugie degli italiani


    Da “Salute e Benessere”

     

    Le bugie degli italiani

    Italiani: popolo di santi, poeti, navigatori e bugiardi, dovremmo aggiungere. Almeno stando a quanto emerge da una ricerca di Astra Demoskopea di qualche anno fa. Vediamo i risultati e l'opinione del sociologo.

    Sanihelp.it - Diciamo quattro milioni di bugie al giorno, bambini (giustamente) esclusi. Spinti da abitudine o da necessità, i mentitori nostrani crescono con la crisi; spiega il noto sociologo Franco Ferrarotti: «La crisi può essere un moltiplicatore di bugie, usate spesso per nascondere verità che creerebbero imbarazzo, basti pensare all'impossibilità di comprare qualcosa a un figlio o di offrire champagne a cena alla fidanzata. La bugia è un fatto culturale di prim'ordine, soprattutto fra i popoli mediterranei che però esagerano un po'».

    E a proposito di accettazione sociale della bugia, lo specialista evidenzia: «Se si pensa che nel 1974 il presidente degli Stati Uniti Nixon dovette dimettersi per aver detto una bugia, da noi nel giro di una settimana azzereremo l'intera classe politica».

    Proprio
    i politici, secondo gli intervistati, sono i principali bugiardi (72,3% del campione), seguono commercianti (40,3%), pubblicitari (36,8%) e criminali (33,9%).

    Secondo Ferrarotti occorre distinguere: «la bugia diplomatica, che consiste nel non dire le cose come stanno per non aggravare una certa situazione, dalla bugia di quelli abituati a non dire la falsità ma non tutta la verità, fino a quella fatua, non necessaria, detta per il gusto di mentire. In questo tipo di bugia, forse per un eccesso di immaginazione, i popoli mediterranei eccellono. E si tratta purtroppo di una bugia deplorevole, perché complica le cose semplici e non ha nessun rispetto della coerenza, a cui siamo tutti tenuti. Insomma non si po’ dire oggi una cosa e domani un'altra perché ciò crea sfiducia».

    La bugia corre anche sul web e domina i social network: da una ricerca condotta da Redshift Research per conto di Intel e pubblicata a giugno, risulta che il 53% degli italiani mente a proposito di se stesso, dai ritocchini alle foto, al modo di essere e relazionarsi.
    «Oramai con internet si comunica tutto a tutti, per cui nessuno ha più qualcosa di veramente importante da dire, ed è facilissimo dunque confondere la verità con la bugia. È un'enorme pattumiera dove si ricicla qualunque cosa: dai filosofi antichi, alla grande etica, alla pedofilia, fino alle istruzioni per costruire una bomba. Dunque, in questo caos e grazie all'anonimato, mentire è facilissimo».
    Quali le bugie più comuni? Ecco la classifica:

    1. Bugie al lavoro. Obiettivo: trarre profitto personale.
    2. Piccole bugie quotidiane. Obiettivo: vivere meglio, risparmiandosi qualche seccatura.
    3. Bugie a fin di bene. Obiettivo: evitare dolori e dispiaceri ad altri.
    4. Bugie per evitare controlli e critiche o per sfuggire alle proprie responsabilità.
    5. Bugie per difendere la propria privacy.
    6. Bugie per frequentare delle persone di nascosto (l’amante per esempio).
    7. Bugie per mantenere la pace in famiglia.
    8. Bugie in ambito scolastico.
    9. Bugie sugli acquisti effettuati.
    10. Bugie nelle relazioni sociali, come i falsi complimenti

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    Sviluppato un nuovo metodo che uccide i superbatteri in ospedali


    (AGI) - Washington, 5 ott. - Sviluppata una nuova tecnica in grado potenzialmente di uccidere i piu' pericolosi superbatteri di ospedale, come la Pseudomonas aeruginosa, il C. difficile e la Mrsa. Come si legge sulla rivista PloS One il nuovo metodo usa un getto di plasma freddo che penetra dense strutture batteria note come biofilm che legano insieme i batteri e li rendono resistenti ai tradizionali approcci chimici. Il sistema e' stato sviluppato dalla School of Mathematics and Physics and the School of Pharmacy della Queen's University di Belfast e consiste nel far passare corrente elettrica attraverso una miscela opportuna di gas. Questo crea un getto che penetra i biofilm e uccide rapidamente i batteri ultraresistenti. "Quando i batteri si uniscono insieme su una superficie producono una sorta di 'colla', il biofilm, che li tiene insieme i comunita' complesse che sono difficili da scardinare: gli antibiotici non riescono a penetrare questo strato e quindi, negli ospedali, i batteri possono contaminare con successo. Il nostro getto di plasma freddo crea un numero di agenti che agiscono rapidamente uccidendo i batteri, anche quando questi si trovano all'interno di biofilm maturi", ha spiegato Bill Graham, del Centre for Plasma Physics della Queen's University, fra gli autori della ricerca.

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    I benefici dell'ippoterapia


    Da “Salute&benessere”

     

    I benefici dell'ippoterapia

    Quali sono i benefici dell'ippoterapia? Quali le aree di intervento? La parola alla dottoressa Manuela Giago, psicologa clinica presso il Centro Acacia di Monza (MB) e ippoterapeuta.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - L’ippoterapia, o equitazione a scopo terapeutico, ha origini antiche derivanti dalle straordinarie doti di adattamento, sensibilità, intelligenza del cavallo. L’ippoterapia, detta terapia con il mezzo del cavallo (TMC), è stata introdotta in Italia nel 1975 dalla dottoressa belga Danièle Nicolas Citterio, che ha contribuito all’uso terapeutico del cavallo attraverso l’opera dell’Associazione Nazionale Italiana per la Riabilitazione Equestre (ANIRE).

    L’ippoterapia si suddivide in
    tre principali aree di interesse:

    -
    Ippoterapia propriamente detta: si riferisce all’approccio iniziale tra cavallo e soggetto nel nuovo ambiente, svolgendosi prima attraverso il lavoro da terra e successivamente in sella con l’ausilio del terapeuta. È utilizzata principalmente con ragazzi disabili che non riescono a mantenere la posizione in sella e a condurre l’animale in modo autonomo.

    -
    Rieducazione equestre: il ragazzo riesce a condurre il cavallo in autonomia sia da terra che in sella, sempre con l’ausilio del terapeuta, e mira al raggiungimento degli obiettivi specifici secondo il programma terapeutico definito per quel paziente.

    -
    Equitazione sportiva per disabili: il ragazzo disabile è in grado di svolgere attività equestre sportiva in modo quasi del tutto autonomo, fino al raggiungimento dell’agonismo.

    Il cavallo crea una sorta di affinità con chi lo cavalca e mette in atto un approccio differente a seconda di chi è in sella, soprattutto nei confronti di persone con difficoltà come i disabili; accetta con sensibilità le necessità e i bisogni del paziente anche nel momento in cui le richieste non sono del tutto adeguate; esprime il suo stato d’animo, le sue opposizioni e i suoi rifiuti tenendo comunque conto dei limiti di chi lo sta cavalcando; dimostra una certa curiosità e attenzione per l’ambiente che lo circonda influenzando positivamente anche il conducente; possiede energia, sicurezza, potenza, capacità di prestazioni di sensibilità e intensità a seconda del bisogno.

    Inizialmente si possono riscontrare delle qualità ludico-ricreative nell’ippoterapia perché i ragazzi hanno come l’impressione di poter osservare l’ambiente dall’alto verso il basso esprimendo sensazioni di piacere e superiorità positive.

    I vantaggi risiedono anche nel movimento dell’animale: il cavallo si muove alle diverse andature con movimenti ritmici e prevedibili ai quali è più semplice adattarsi con le difficoltà che il corpo presenta. Il cavallo è sensibile alla nostra gestualità ed è altamente recettivo nei confronti di tutti i tipi di comunicazione; è un animale facilmente addestrabile e possiede caratteristiche come calore, morbidezza, odore, movimenti regolari, grandi occhi con sguardo intenso, utili al fine di generare un processo di attaccamento e a stabilire contatto fisico.

    Tutto ciò offre la possibilità di sentirsi gratificati nell’offrire cure, carezze, massaggi e dal ricevere come risposta ai nostri comportamenti manifestazioni di piacere da parte dell’animale. L’ippoterapia è molto utile anche perché si utilizzano diversi gruppi muscolari nelle varie andature coinvolgendo campi della psicofisiologia e della psicomotricità e l’importanza delle stimolazioni visuo-spaziali fornite dall’ambiente maneggio che sollecitano un’attenzione visiva finalizzata all’acquisizione della dimensione dello spazio.
    La riabilitazione equestre utilizza un approccio globale, olistico, al fine di riorganizzare e sviluppare le emozioni, il proprio sé, gli affetti e le qualità cognitivo-intellettive.

    Le finalità dell’ippoterapia sono dunque terapeutico-riabilitative, educativo-formative, socio-educative, utili nel superamento del disagio e nella promozione dell’inserimento sociale.

    Nella riabilitazione equestre si utilizza un setting ben preciso, rappresentato dal maneggio, necessario per promuovere una sorta di ritualizzazione necessaria per dare un senso di accoglimento, di incontro e di sicurezza. Si cerca di creare un ambiente allegro e armonioso, ma allo stesso tempo caratterizzato da regole ben precise, in cui sono ben evidenti gli obiettivi terapeutici e importanza dello sviluppo della crescita personale

    Il ragazzo disabile che da terra affronta maggiori difficoltà, sul cavallo percepisce una diversa immagine di sé: più valida, potente, positiva da cui deriva il senso di autovalorizzazione e di nuova presa di coscienza.

    I ragazzi disabili non imparano ad andare a cavallo bensì a star in sella con stile, il riuscire ad affrontare situazioni di reazioni improvvise del cavallo, il rispetto delle regole, del muoversi in gruppo e del tener conto anche delle esigenze dell’animale; è un’attività che comporta l’affetto verso il proprio compagno, l’indipendenza e l’autonomia del muoversi nello spazio e lo sviluppo dell’autodeterminazione; permette al paziente di non fissarsi sulle proprie limitazioni ma di ritrovare un proprio ruolo nella crescita e sviluppo di nuove abilità.

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    Farmacovigilanza, al via App per medici


    E' scaricabile gratis, frutto collaborazione Fimmg con Aifa

    05 ottobre, 13:49

    (ANSA) - CAGLIARI, 5 OTT - Al via la prima app per iPhone e iPad pensata per i medici di famiglia e dedicata alla farmacovigilanza. L'iniziativa, frutto della collaborazione tra la Federazione italiana medici di medicina generale e l'Agenzia italiana del farmaco, fornira' un supporto efficiente e digitale per generare ed inviare i moduli delle segnalazioni delle reazioni avverse e per consultare la lista di trasparenza e rimborsabilita' dei farmaci. L'app e' stata lanciata in occasione al Congresso nazionale Fimmg
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    A proposito di influenza


    5 Ottobre 2012 - Copertura minima al 75% e al 95% ottimale negli ultra sessantacinquenni e nei gruppi a rischio. Questi gli obiettivi del ministero della Salute in vista della campagna vaccinale influenzale per la stagione 2012-2013.

    Le raccomandazioni per la prevenzione dell'influenza tramite misure di igiene e protezione individuale e la vaccinazione, l’elenco della categorie di persone a cui verrà offerta attivamente e in modo gratuito la vaccinazione, sono contenute in una circolare a cura della Direzione generale della Prevenzione sanitaria e diffusa oggi dal ministero della Salute. L'influenza, come si ricorda nel documento, costituisce un importante problema di Sanità Pubblica a causa del numero di casi che si verificano in ogni stagione e che può essere più o meno elevato a seconda della trasmissibilità del virus influenzale circolante. In Europa, l'influenza si presenta con epidemie annuali durante la stagione invernale. Infezioni sporadiche possono verificarsi anche al di fuori delle normali stagioni influenzali, anche se nei mesi estivi l'incidenza è molto bassa. È possibile che la malattia abbia un decorso asintomatico, ma nella maggior parte dei casi i sintomi più comuni possono includere febbre, tosse, mal di gola,dolori muscolari e delle articolazioni, cefalea e malessere generale. Nei casi non complicati, i sintomi si risolvono spontaneamente entro una settimana dall'esordio. I casi gravi di influenza possono essere causati direttamente dai virus influenzali o da sovra infezioni batteriche o virali che si verificano dopo che il virus influenzale ha procurato un danno immunitario a livello delle basse vie respiratorie. I casi gravi e le complicanze dell'influenza sono più frequenti nei soggetti al di sopra dei 65 anni di età e in determinate categorie di rischio, quali ad esempio il diabete, malattie immunitarie o cardiovascolari e respiratorie. Alcuni studi hanno messo in evidenza un aumentato rischio di malattia grave nei bambini molto piccoli enelle donne incinte. Tuttavia, casi gravi di influenza si verificano, di tanto in tanto, in persone sane che non rientrano in alcuna delle categorie sopracitate, anche se questo è un evento raro. Le epidemie influenzali annuali sono associate a elevata morbilità e mortalità. Il Centro Europeo per il controllo delle Malattie (ECDC) stima che in media circa 40.000 persone muoiano prematuramente ogni anno a causa dell'influenza nell'UE. Il 90% dei decessi si verifica in soggetti di età superiore ai 65 anni, specialmente tra quelli con condizioni cliniche croniche di base. Per ogni decesso corrispondono molti più ricoveri derivanti da complicazioni. In Italia, l'andamento stagionale delle sindromi similinfluenzali (influenza-like-illness, ILI) è rilevato attraverso la rete di medici sentinella, Influnet. I dati forniti dal sistema di rilevazione, attivo dal 1999, hanno permesso di stimare che le ILI interessano ogni anno il 4-12% della popolazione italiana, a seconda delle caratteristiche del virus influenzale circolante in una data stagione. Si rammenta, inoltre, che una caratteristica comune dei virus che causano pandemie influenzali è quella di continuare a circolare e presentarsi in ondate successive, che nei Paesi a clima temperato si sviluppano prevalentemente nelle stagioni autunno-invernali successive alla comparsa del nuovo virus (Potter C.W. 1998).  

    Misure di igiene e protezione individuale La trasmissione interumana del virus dell'influenza si può verificare per via aerea attraverso le gocce di saliva di chi tossisce o starnutisce, ma anche attraverso il contatto con mani contaminate dalle secrezioni respiratorie. Per questo, una buona igiene delle mani e delle secrezioni respiratorie può giocare un ruolo importante nel limitare la diffusione dell'influenza. Recentemente l'ECDC ha valutato le evidenze sulle misure di protezione personali (misure non farmacologiche) utili per ridurre la trasmissione del virus dell'influenza, ed ha raccomandato le seguenti azioni:

    1. Lavaggio delle mani (in assenza di acqua, uso di gel alcolici) Fortemente raccomandato

    2. Buona igiene respiratoria (coprire bocca e naso quando si starnutisce o tossisce, trattare i fazzoletti e lavarsi le mani) Raccomandato

    3. Isolamento volontario a casa delle persone con malattie respiratorie febbrili specie in fase iniziale Raccomandato

    4. Uso di mascherine da parte delle persone con sintomatologia influenzale quando si trovano in ambienti sanitari (ospedali) Raccomandato

     

     

     

     

    Tali misure si aggiungono a quelle basate sui presidi farmaceutici (vaccinazioni e uso di antivirali).

    La campagna di comunicazione sulla prevenzione dell'influenza dovrà quindi includere informazioni sulle misure non farmaceutiche.

     

    Tra i messaggi da privilegiare vi sono: l'igiene respiratoria (contenimento della diffusione derivante dagli starnuti, dai colpi di tosse, con la protezione della mano o di un fazzoletto, evitando contatti ravvicinati se ci si sente influenzati); l'evidenziazione che un gesto semplice ed economico, come il lavarsi spesso le mani, in particolare dopo essersi soffiati il naso o aver tossito o starnutito, costituisce un rimedio utile per ridurre la diffusione dei virus influenzali, così come di altri agenti infettivi.

    Sebbene tale gesto sia sottovalutato, esso rappresenta sicuramente l'intervento preventivo di prima scelta, ed è pratica riconosciuta, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, tra le più efficaci per il controllo della diffusione delle infezioni anche negli ospedali.

     

     

    La vaccinazione

     

    Il nuovo Piano nazionale prevenzione vaccinale (PNPV) 2012-2014, approvato con Intesa Stato-Regioni nella seduta del 22/02/2012, riporta, tra le principali novità, l'inserimento nel calendario della vaccinazione antinfluenzale negli ultra 65enni. Tra gli obiettivi del PNPV,inoltre, sono stati inseriti gli obiettivi di copertura per la vaccinazione antinfluenzale: il 75% come obiettivo minimo perseguibile e il 95% come obiettivo ottimale negli ultra sessantacinquenni e nei gruppi a rischio.

     

    L'Organizzazione Mondiale della Sanità indica quale obiettivo primario della vaccinazione antinfluenzale la prevenzione delle forme gravi e complicate di influenza e la riduzione della mortalità prematura in gruppi ad aumentato rischio di malattia grave: una strategia vaccinale basata su questi presupposti presenta un favorevole rapporto costo-beneficio e costo-efficacia.

    Per ciò che concerne l'individuazione dei gruppi a rischio rispetto alle epidemie di influenza stagionale, ai quali la vaccinazione va offerta in via preferenziale, esiste una sostanziale concordanza, in ambito europeo, sul fatto che principali destinatari dell'offerta di vaccino antinfluenzale stagionale debbano essere le persone di età pari o superiore a 65 anni, nonché le persone di tutte le età con alcune patologie di base che aumentano il rischio di complicanze in corso di influenza.

     

    Pertanto, gli obiettivi della campagna vaccinale stagionale contro l'influenza sono:

       riduzione del rischio individuale di malattia, ospedalizzazione e morte

       riduzione dei costi sociali connessi con morbosità e mortalità

     

      

    Negli anziani e nei soggetti con condizioni di rischio che vivono in comunità, l'efficacia sul campo stimata della vaccinazione varia dal 23 al 75%.

     

    Raccomandazioni sull'impiego dei vaccini antinfluenzali per la stagione 2012-13

     

    Il vaccino antinfluenzale è indicato per tutti i soggetti che desiderano evitare la malattia influenzale e che non abbiano specifiche controindicazioni.

    Tuttavia, in accordo con gli obiettivi della pianificazione sanitaria nazionale e con il perseguimento degli obiettivi specifici del programma di immunizzazione contro l'influenza, tale vaccinazione viene offerta attivamente e gratuitamente ai soggetti che per le loro condizioni personali corrano un maggior rischio di andare incontro a complicanze nel caso contraggano l'influenza.

    Il periodo destinato alla conduzione delle campagne di vaccinazione antinfluenzale è, per la nostra situazione climatica e per l'andamento temporale mostrato dalle epidemie influenzali in Italia, quello autunnale, a partire dalla metà di ottobre fino a fine dicembre.

     

    La campagna di vaccinazione stagionale, promossa ed economicamente sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale, è rivolta principalmente ai soggetti classificati e individuati a rischio di complicanze severe e a volte letali, in caso contraggano l'influenza. L'offerta gratuita attiva è rivolta anche alle persone non a rischio che svolgono attività di particolare valenza sociale.

    L'inserimento dei bambini sani di età compresa tra 6 mesi e 24 mesi (o fino a 5 anni) nelle categorie da immunizzare prioritariamente contro l'influenza stagionale è un argomento attualmente oggetto di discussione da parte della comunità scientifica internazionale, soprattutto a causa della mancanza di studi clinici controllati di efficacia.

     

    L'offerta di vaccinazione è raccomandata dalla Sanità Americana e Canadese e da pochi paesi della Comunità Europea (Finlandia, Ungheria e Malta) ma i dati di copertura vaccinale finora raggiunti non consentono di valutare l'impatto di tale intervento. Pertanto, non si ritiene necessario promuovere programmi di offerta attiva gratuita del vaccino influenzale stagionale ai bambini che non presentino fattori individuali di rischio.

    Ciò non significa che vi siano controindicazioni alla vaccinazione dei bambini "sani" di età superiore a 6 mesi, qualora il loro pediatra optasse per tale scelta. Valgono per loro le stesse regole (dosaggio, n° di dosi) indicate per i bambini appartenenti ai gruppi di rischio.

     

    Per tutti i soggetti della popolazione generale che decidano di vaccinarsi contro l'influenza stagionale, per varie motivazioni (timore della malattia, viaggi, lavoro, etc.), il vaccino stagionale è disponibile presso le farmacie.

    Occorre sottolineare che la protezione indotta dal vaccino comincia due settimane dopo l'inoculazione e perdura per un periodo di sei-otto mesi, poi tende a declinare. Per tale motivo, e perché possono cambiare i ceppi in circolazione, è necessario sottoporsi a vaccinazione antinfluenzale all'inizio di ogni nuova stagione influenzale.

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    ROMA CONTRO IL DOLORE CRONICO


    Si svolge sabato 13 ottobre la seconda Giornata nazionale contro il dolore cronico. In Piazza del Popolo angolo Via del Corso un banchetto per informare su terapie e centri specialistici e raccogliere fondi per la ricerca scientifica

     

    Mal di schiena e mal di testa, dolore oncologico e post-traumatico, sindrome da “arto fantasma”. Sono alcuni esempi di dolore cronico, che oggi in Italia colpisce oltre 12 milioni di persone – il 20% della popolazione – con inevitabili conseguenze su qualità della vita, lavoro, costi sociali e sanitari. Ogni anno si stima infatti una perdita di oltre un miliardo di ore lavorative a causa del dolore cronico, con circa duemila milioni di euro spesi per prestazioni e farmaci.

     

    Ma curare il dolore cronico spesso si può: occorre però sapere come farlo e a chi rivolgersi. Per informare i cittadini sulle terapie disponibili e sui centri specialistici presenti sul territorio, diffondere la conoscenza dei diritti sanciti dalla legge 38/2010 sulle cure palliative e la terapia del dolore e raccogliere fondi a sostegno della ricerca scientifica, sabato 13 ottobre la Fondazione ISAL promuove, in 56 città di tutta Italia, la seconda Giornata nazionale contro il dolore.

     

    “Troppe persone sopportano inutilmente il dolore, con il rischio che si cronicizzi e diventi una vera e propria malattia – dice il professor William Raffaeli, presidente della Fondazione ISAL –. È in questi casi che, spesso per disperazione, si fa ‘shopping sanitario’, si seguono errate terapie e si assumono farmaci che non servono o che addirittura possono peggiorare la situazione”.

     

    Promossa con l’adesione della Presidenza della Repubblica, i patrocini di Senato, Camera dei deputati, ministero della Salute e Roma Capitale e con il sostegno di Melinda, Carta BCC, Grünenthal e St. Jude Medical, la Giornata nazionale ha come testimonial l’attore e comico Fabio De Luigi: “L’ironia può fare tanto per sensibilizzare sul dolore – dice –, ma di più possono gli sforzi spesi per dare, a chi lotta contro la sofferenza, gli strumenti migliori per affrontarla”.

     

    A Roma l’appuntamento è in Piazza del Popolo angolo Via del Corso Dalle ore 10.00 alle 17.00, volontari dell’associazione territoriale Amici di ISAL e di Cittadinanzattiva, insieme a medici in camice bianco, daranno ai cittadini informazioni su come e dove sia possibile curare il dolore cronico.

     

    Nel banchetto verranno inoltre distribuite copie della “Carta dei diritti sul dolore inutile” elaborata dal Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva e, a fronte di un contributo di 5 euro da destinare alla ricerca, saranno offerte confezioni di mele Melinda.

     

    “Con la Giornata nazionale – continua il professor Raffaeli – vogliamo porre fine all’indifferenza e ribadire che il dolore, di qualsiasi natura sia, non va sopportato, ma curato, affidandosi a medici specialisti. Per questo chiediamo alle istituzioni di estendere uniformemente su tutto il territorio i principi sanciti dalla legge 38. Ma chiediamo un aiuto anche ai cittadini – conclude –, quello di sostenere la ricerca scientifica per trovare una cura a quei dolori che oggi non hanno possibilità di essere trattati”.

     

    Aderiscono alla seconda Giornata nazionale contro il dolore le città di: Acqui Terme (AL), Alessandria, Ancona, Belluno, Benevento, Bologna, Borgo Val di Taro (PR), Brescia, Cagliari, Canneto sull’Oglio (MN), Castelfranco Emilia (MO), Catania, Catanzaro, Cesena (FC), Corato (BA), Cosenza, Cuneo, Favara (AG), Ferrara, Foggia, Genova, Grosseto, Magenta (MI), Milano, Modena, Mirano (VE), Napoli, Nichelino (TO), Padova, Palermo, Pavia, Pescara, Piacenza, Pisa, Porto San Giorgio (FM), Potenza, Pratola Peligna (AQ), Rende (CS), Rimini, Rio Nero in Vulture (PZ), Roma, Rovigo, Salerno, Savignano sul Rubicone (FC), Siena, Sulmona (AQ), Taormina (ME), Termoli (CB), Terni, Torino, Trapani, Trento, Udine, Varese, Verdellino (BG) e Vicenza. All’estero: Buenos Aires (Argentina), Mendoza (Argentina), Londra (Gran Bretagna).

     

    Per informazioni:

    Referente Medico Dott. Laura Bertini

    Presidente Sezione Romana Dott. Claudio Beghini (referente pazienti)

    Associazione ISAL sezione Laziale tel 3291714149

    Fondazione ISAL, tel. 0541 725165, e-mail info@fondazioneisal.it, sito www.fondazioneisal.it 

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    Gel da sangue paziente pre guarire ferita chirurgica


    Gel da sangue paziente per guarire ferita chirurgica

     

     (AGI) - Roma, 10 ott. - Uno speciale gel prodotto dal sangue della paziente aiuta a guarire rapidamente la ferita chirurgica garantendo, con una piu' veloce ripresa post-operatoria, un miglioramento della qualita' della vita: e' quanto si e' gia' sperimentato su alcune donne, presso il Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna, della Vita Nascente, del Bambino e dell'Adolescente del Policlinico Universitario A.
      Gemelli di Roma. Il gel e' stato sperimentato per la prima volta su donne affette da carcinoma vulvare e sottoposte a chirurgia demolitiva. E' solo una delle novita' "targate" Policlinico Gemelli presentate in occasione del "XX FIGO World Congress of Gynecology and Obstetrics" (FIGO - Federazione internazionale di Ginecologia ed Ostetricia), in corso presso la Nuova Fiera di Roma dal 7 al 12 ottobre. "Il Congresso riunisce esperti giunti da ogni parte del mondo per condividere lo stato dell'arte sulle conoscenze scientifiche e tecnologiche relative a tutti gli aspetti della salute della donna e del nascituro", afferma il Prof. Giovanni Scambia, Direttore del Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna, della Vita Nascente, del Bambino e dell'Adolescente del Policlinico A.
      Gemelli e Presidente del Comitato organizzatore italiano FIGO 2012. Tanti gli studi dei ricercatori dell'Universita' Cattolica di Roma che saranno presentati al mondiale di Ginecologia ed Ostetricia: tra questi uno studio clinico sui vantaggi della chirurgia laparoscopica con singolo accesso (LESS) per la rimozione di cisti ovariche o di altre patologie benigne dell' ovaio nonche' la presentazione di un nuovo materiale per la ricostruzione, in un unico intervento chirurgico, di seni piu' grandi, in donne sottoposte a mastectomia.


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    Controlla le ossa: è gratis


    Da “Salute e benessere”

     

    Parte AMICO, Alleati Contro Malattie Campo Osteoarticolare

    Controlla le ossa: è gratis

    Per una settimana visite gratis per prevenire il rischio di incorrere in malattie osteoarticolati, che colpiscono oggi 10 milioni di italiani. Ecco come prenotarle.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Dall’8 al 12 ottobre 2012 è in programma AMICO, Alleati Contro le Malattie in Campo Osteoarticolare, la prima edizione della Settimana dei disturbi osteoarticolari. Si tratta di una campagna di sensibilizzazione che prevede la possibilità per gli oltre 10 milioni di italiani che soffrono di questi disturbi di usufruire di una prima valutazione gratuita dello stato di salute del loro apparato muscolo-scheletrico.

    Oltre
    100 strutture specializzate distribuite su tutto il territorio nazionale hanno fornito la loro disponibilità a partecipare con l’obiettivo di garantire per la prima volta ai potenziali malati un’importante occasione di diagnosi precoce tempestiva e un eventuale trattamento appropriato.

    Per individuare e affrontare correttamente tutte le problematiche connesse alla diagnosi e al trattamento di questi disturbi, sono state realizzate
    tre indagini presso 50 specialisti in Reumatologia, Ortopedia e Malattie Metaboliche dello Scheletro e 50 Medici di Medicina Generale, oltre a 70 malati in cura presso alcuni centri specializzati del Nord, Centro e Sud Italia.

    I sondaggi dovrebbero contribuire a delineare e a meglio definire alcune criticità assistenziali, quali
    il ritardo nella diagnosi e l’autoprescrizione, che comportano un peggioramento della qualità di vita quotidiana del malato esponendolo a rischi di natura farmacologica.

    Queste analisi si propongono di verificare
    aspettative e obiettivi dei cittadini in termini di miglioramento nella gestione delle normali attività quotidiane a seguito delle terapie oggi disponibili, valutate anche in termini di efficacia e sicurezza.

    Per il trattamento dell'infiammazione e del dolore tipici di molte malattie reumatiche sono disponibili molecole ad attività antinfiammatoria e antalgica di nuova generazione che, se utilizzate adeguatamente, possono ridurre i sintomi e migliorare la qualità di vita del malato.

    Per l'osteoporosi, attualmente sono disponibili numerosi farmaci che in studi clinici internazionali hanno dimostrato di ridurre significativamente il rischio di fratture. Le evidenze maggiori sono state ottenute con i cosiddetti farmaci antiriassorbitivi, in grado di ridurre il riassorbimento osseo operato dagli osteoclasti.

    La Settimana del disturbi osteoarticolari è stata promossa su iniziativa di SIOMMMS, Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro, SIOT, Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, e SIR, Società Italiana di Reumatologia, con il Patrocinio e con la collaborazione di ANMAR, Associazione Nazionale Malati Reumatici, e di FEDIOS, Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro.

    Da lunedì primo ottobre a venerdì 12 sarà attivo il numero verde 800.122.793 per fornire ai cittadini informazioni e numero di telefono relativi alla struttura più vicina cui telefonare per prenotare la visita gratuita

     

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    Cinque porzioni di frutta e verdura al giorno rendono sani: sette fanno felici


    Dal “Corriere della sera”

     

    DIETE

    La ricerca su 80 mila britannici. Ma i nutrizionisti sono cauti: «Mangiare troppo di qualunque cosa non fa mai bene»

    Frutta e verdura Volete essere felici? Aggiornate la regola del cinque, intesa come le porzioni di frutta e verdura da mangiare ogni giorno, e portatela almeno a sette per non dire otto: in questo modo, non solo la vostra salute ne gioverà, ma anche il vostro umore migliorerà sensibilmente, al punto da farvi sentire più allegri e meglio disposti verso il futuro. O almeno questa è la teoria emersa da una ricerca, condotta dagli economisti dell’Università di Warwick in collaborazione con l’US Dartmouth College, su 80mila britannici e pubblicata sul Social Indicators Research: in base, infatti, alle risposte su dieta quotidiana, esercizio fisico e benessere generale, è stato possibile attribuire un voto da 0 a 10 alla soddisfazione personale dei partecipanti al test, scoprendo così che maggiore è il numero di porzioni di frutta e verdura assunte in una giornata (l’ideale è fra sette e otto, da 80 grammi ciascuna) e più elevato è il punteggio ottenuto quanto a felicità generale, con differenze di almeno un punto in più rispetto a chi non mangia «verde» praticamente mai o quasi (un quarto del campione mangia da zero a una sola porzione di frutta e verdura al giorno, mentre appena un decimo arriva a cinque e oltre). «Questo studio mostra risultati a dir poco sorprendenti e che ci hanno sbalordito quando li abbiamo analizzati – è il commento del professor Andrew Oswald del “Centre for Competitive Advantage in the Global Economy” al Daily Mail – anche se non è ancora chiaro come si attui questo processo di generale benessere dell’organismo o se abbia qualcosa a che fare con la biochimica. Sappiamo infatti che frutta e verdura contengono molti antiossidanti, ma non abbiamo idea di come questi possano eventualmente agire sulla nostra mente e sulle nostre emozioni. Comunque sia, per quanto mi riguarda ho deciso di mangiare più frutta e verdura, perché ci tengo ad essere felice».

    LA CRITICA - Quanto al tipo di frutta e verdura da preferire per aumentare il proprio livello di felicità, la ricerca non fa distinzioni, spiegando che la sola cosa che conta è consumarne il più possibile, per ottenere un giovamento che sia anche mentale e non più soltanto fisico (è ormai assodato da numerosi studi che mangiare “verde” fa bene). Un suggerimento che però il professor Andrea Ghiselli - nutrizionista dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione - invita a prendere con prudenza, perchè mangiare troppo di qualunque cosa non fa mai bene. «Se parliamo di otto porzioni da 80 grammi, è un discorso, ma per le linee-guida italiane le porzioni giornaliere raccomandate sono di 150 grammi, quindi quasi il doppio, e così ci si ritroverebbe a mangiare un chilo di frutta, che è davvero eccessivo. Quanto allo studio in questione, premesso che gli antiossidanti in questo caso non c’entrano niente, perchè non hanno alcun effetto sullo stress, credo che per avere una riprova alla loro teoria gli scienziati dovrebbero somministrare frutta e verdura ad un gruppo di persone arrabbiate, per vedere se davvero il loro umore migliora, dopo aver consumato le sette-otto porzioni previste. In realtà, direi che è vero il contrario di quanto sostenuto: ovvero, una persona mangia frutta e verdura perchè sta bene, visto che è stato dimostrato che chi soffre di depressione ed è sotto stress tende a consumare cibi più grassi».

    Simona Marchetti

    11 ottobre 2012 | 16:32©

    RIPRODUZIONE RISERVATA

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    Apnee notturne: 'naso' elettronico per la diagnosi


     (AGI) - Sheffield, 25 ott. - Un naso elettronico utilizzato per rilevare la presenza di specifiche molecole nel respiro di un paziente potrebbe essere utilizzato per diagnosticare l'apnea ostruttiva del sonno. E' la proposta di un nuovo studio descritto on line sullo 'European Respiratory Journal' e potrebbe permettere una diagnosi della patologia veloce e poco costosa rispetto ai metodi attuali. Il test standard utilizzato per identificare l'apnea del sonno e' un'analisi del sonno che dura una notte, impegnativa tecnicamente, in termini di tempo e di costi. I nasi elettronici hanno dimostrato di riuscire distinguere un certo numero di malattie, analizzando il pattern di composti organici volatili nei campioni dell'aria espirata dai pazienti. Il naso elettronico realizzato dall'Ospedale Marburg in Germania potrebbe essere usato anche per confermare la presenza di apnea nel sonno. I ricercatori hanno analizzato il respiro di 40 pazienti con apnea del sonno e 20 sani.
      L'apnea del sonno e' associata ad una infiammazione delle vie aeree superiori. L'analisi statistica ha mostrato che l'apnea del sonno e' stata rilevata dal naso elettronico nel 93 per cento dei casi. L'autore principale, Timm Greulich, ha detto: "Questa e' la prima volta che un naso elettronico e' stato testato per diagnosticare l'apnea del sonno che dai nostri risultati si dimostra uno strumento potenziale futuro per l'individuazione di numerose malattie respiratorie".

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    Cuore: scoperta proteina responsabile colesterolo alto


    Cuore: scoperta proteina responsabile colesterolo alto

     

     (AGI) - Washington, 29 ott. - Un team di scienziati canadesi della McMaster University di Hamilton ha scoperto la causa del colesterolo alto. Il team ha rilevato che una proteina chiamata 'resistina', secreta dai tessuti adiposi, causa alti livelli di colesterolo 'cattivo' - quello delle lipoproteine a bassa densita' - aumentando il rischio di patologie cardiache. La ricerca presentata al Canadian Cardiovascular Congress dimostra che la resistina aumenta la produzione delle lipoproteine a bassa densita' nelle cellule del fegato umano. La resistina, ritiene lo studio, inoltre degrada i recettori delle lipoproteine a bassa densita' nel fegato. Come conseguenza, il fegato diventa meno capace di eliminare il colesterolo 'cattivo' dall'organismo. La resistina, infatti, accelera l'accumulo di colesterolo nelle arterie, amplificando il pericolo di insorgenza di malattie al cuore. La ricerca coordinata da Shirya Rashid dimostra anche che la resistina impatta negativamente sugli effetti benefici delle statine, il farmaco principale in commercio per la riduzione del colesterolo utilizzato nella prevenzione e nel trattamento dei disturbi cardiovascolari.

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    Chirurgia senza sangue


    Da  Baxter

     

    Chirurgia senza sangue

    La Chirurgia senza sangue dall’inglese “bloodless surgery” o chirurgia “pulita”, è la nuova frontiera della chirurgia che si sta’ affermando come soluzione universale alternativa, grazie a tecniche chirurgiche sempre più accurate e minuziose. Tali tecniche innovative mediante la disponibilità di strumenti e dispositivi medici sempre più sofisticati hanno la finalità di ridurre al massimo le perdite ematiche, riducendo di conseguenza il ricorso a unità di sangue donato, ovvero a trasfusioni.
    Attualmente in Italia vi sono circa 1.600.000 donatori pari al 2,9% della popolazione totale e l’indice di donazione individuale (donazione/anno) risulta pari ad 1,6 indice che si posiziona ad un livello inferiore rispetto alla media europea (1).

    » Cos’è una emotrasfusione?

    L’emotrasfusione è una trasfusione di sangue da un donatore ad un ricevente (2). Quando il donatore è diverso dal ricevente si parla di trasfusione omologa, se invece il donatore ed il ricevente sono lo stesso soggetto, cioè se il sangue viene prelevato e reinfuso nella stessa persona, si parla di autotrasfusione ovvero trasfusione autologa. In caso di trasfusione è possibile trasfondere sia sangue intero che alcuni suoi componenti, quali ad esempio globuli rossi, piastrine e fattori della coagulazione (3).
    Sebbene i progressi nell’identificazione dei marcatori di infezioni virali abbiano significativamente portato ad uno straordinario contenimento del rischio infettivo collegato alla trasfusione di sangue, permangono altri alcuni rischi a breve e lungo termine e diverse problematiche tra le quali il reclutamento di nuovi donatori e l’idoneità alla donazione, l’incremento della richiesta di sangue, le carenze stagionali, l’inadeguatezza delle scorte in caso di gravi disastri, il rifiuto di trasfusioni per convinzioni di ordine religioso, sociale, filosofico o personale (1). Sotto certi aspetti la trasfusione può essere considerata come un trapianto, e come tale può dare fenomeni gravi di incompatibilità conosciuti come reazioni trasfusionali.  

    » Quali sono le possibili complicanze di una trasfusione?

    • reazioni immunomediate (complicanze di tipo immunitario): reazioni emolitiche acute o ritardate (con distruzione dei globuli rossi del donatore aggrediti dagli anticorpi del ricevente per incompatibilità), reazioni allergiche, malattia da rigetto, brividi e febbre, TRALI - Transfusion Related Acute Lung Injury (non frequente)
    • complicanze non immunocorrelate (di tipo non immunitario): sovraccarico circolatorio, sovraccarico di ferro, rischi infettivi (epatite C, epatite B) (4)

    Per comprendere meglio il problema di un efficace controllo del sanguinamento durante e dopo un intervento chirurgico è necessario fare riferimento ad alcuni elementi di fisiopatologia: cos’è un’emorragia? Come agisce il processo di emostasi?  

    » Emorragia

    L’emorragia è la fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni.

    Esistono diversi tipi di emorragie:

    • EMORRAGIE ESTERNE
      Il sangue fuoriesce da una ferita della pelle o da un orifizio naturale del corpo verso l’esterno (bocca, ano, narici, ecc.)
    • EMORRAGIE INTERNE
      Il sangue si raccoglie nelle cavità del corpo o nelle parti molli. Queste ultime non essendo visibili hanno un decorso subdolo e talvolta possono provocare in un breve lasso di tempo un pericoloso stato di shock emorragico.


    A seconda del vaso leso è possibile attuare un’ulteriore suddivisione tra emorragia arteriosa caratterizzata dalla fuoriuscita di sangue arterioso a zampillo intermittente ed emorragia venosa dove il sangue esce dalle vene in modo continuo e piuttosto lento, in relazione al vaso leso.  

    » Emostasi

    L’emostasi è un processo fisiologico delle lesioni dei vasi sanguigni che porta all’arresto del sanguinamento al fine di ripristinare la funzionalità dei tessuti lesi.
    L’endotelio vasale è lo strato cellulare che riveste internamente i vasi sanguigni e una sua lesione è alla base dello scatenamento del processo emostatico (7).

    Le fasi principali dell’emostasi sono quattro:

    • Fase vascolare
      La fase vascolare consiste nella vasocostrizione e rappresenta la prima difesa meccanica alla lesione e relativa perdita ematica, il restringimento del vaso arresta momentaneamente l’emorragia e questo permette alle piastrine di ammassarsi nella zona lesionata.
    • Fase piastrinica
      Fase che partecipa insieme a quella vascolare al processo di “emostasi primaria”. Le piastrine in contatto con il sottoendotelio e con i suoi componenti, tra cui il collageno aderiscono tra di loro si aggregano e creano un primo tappo piastrinico. Il contatto delle piastrine con le sostanze sottoendoteliali porta inoltre alla formazione della trombina che si potenzierà nella fase successiva.
    • Fase coagulativa
      La coagulazione è la fase più importante dell’emostasi e porta attraverso la formazione e l’attivazione della trombina alla formazione di un coagulo di fibrina stabile che blocca definitivamente l’emorragia e prepara il campo per la rigenerazione tissutale e la ripresa funzionale del tessuto leso (6).
      • Cos’è la fibrina? La fibrina è una proteina che riveste un ruolo fondamentale nel processo di coagulazione del sangue: forma una rete in cui rimangono intrappolate le cellule ematiche formando il coagulo stabile (7).

     

    • Fase fibrinolitica
      La fibrinolisi e’ l’insieme delle reazioni che portano alla formazione di plasmina nel sangue, enzima che lisa i coaguli di fibrina in eccesso. E’ un fenomeno estremamente importante infatti un’eccessiva formazione di coaguli sanguigni ostacola la circolazione del sangue favorendo il verificarsi di trombosi.

     

    » Emostasi in chirurgia

    L'emostasi può avvenire fisiologicamente o essere indotta meccanicamente come è necessario in chirurgia ove rappresenta una fase fondamentaledell'atto operatorio.

    Esistono diverse tecniche alternative all'emostasi fisiologica, fra cui:

    • Legature e/o suture vascolari
    • Posizionamento di clips al titanio
    • Uso di elettrocoagulazione mono/bi-polare
    • Utilizzo di sistemi a radiofrequenza e/o ad ultrasuoni
    • Dispositivi medici composti da granuli di collageno e trombina per una duplice azione: fisica e meccanica.
    • Colle di fibrina

    Uno degli obiettivi più importanti legati all’emostasi in chirurgia è quello di ridurre al massimo le perdite ematiche (bloodless surgery) obiettivo frequentemente raggiungibile oggi grazie alle numerose innovazioni in campo tecnologico. Infatti sono disponibili oggi dispositivi medici e biomateriali per la chirurgia, quali ad esempio le falde di collageno o prodotti di ultima generazione come le matrici emostatiche fluide. Tali dispositivi associati ad una minuziosa tecnica chirurgica possono portare ad un’ emostasi sicura ed efficace.  

    Bibliografia

    1.     Castelnuovo G, La donazione in Italia. Springer-Verlag Italia 2011

    2.     Goglia G, Anatomia e fisiologia. Piccin-Nuova Libraria 1987

    3.     Dragone M, Responsabilità medica danni da trasfusione e da contagio. Giuffré Editore 2007

    4.     Conti G, Terapia intensiva. Elsevier Srl. 2007

    5.     Di Minno G et al., Emocoagulazione ed emostasi. Immunoematologia e trasfusione. Piccin-Nuova Libraria 1991.

    6.     Giuliani L, La microchirurgia in urologia. Piccin Nuova Libraria S.p.A. 1983

    7.     Balboni V, Glossario di anatomia umana (con nozioni di fisiologia). Alpha Test. 2001

     

     

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    Fumo: 10 consigli per superare l'astinenza


    Da “Salute e Benessere”

     

    Fumo: 10 consigli per superare l'astinenza

     

    Smettere di fumare è una scelta coraggiosa e difficile; spenta l'ultima sigaretta bisogna combattere la voglia che spesso non lascia tregua. Ecco dieci consigli per contrastare l'astinenza.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Per un fumatore rinunciare al vizio è una vera e propria impresa, ci vogliono forza di volontà, sostegno, coraggio. A volte il desiderio di accendere una sigaretta sembra incontrollabile. Ecco allora un decalogo per provare a superare i momenti di crisi, l'hanno stilato Fabio Beatrice e Johann Rossi Mason nel loro nuovo volume 101 motivi per non fumare.

    1.
    Rimandare. Di fronte all'impellente desiderio di accendere una sigaretta, prova a rimandare la decisione di 10-15 minuti e fai qualcosa che ti distragga; in molti casi questo tempo è sufficiente per superare la crisi.

    2.
    Non dire "una sola". Accendere anche una sola sigaretta significa fallire nella propria decisione. Evitare accuratamente di credere in questa menzogna.

    3.
    Evitare le situazioni trigger. Gli esperti sanno che esistono situazioni che scatenano il desiderio di fumare. Quali sono i tuoi momenti più a rischio? Identificali tra pause pranzo, aperitivi con gli amici, telefonate. Se non puoi evitarli, dedica qualche secondo per scrivere i pensieri associati a quel momento. Il diario del fumatore è uno strumento utile per rendersi conto dei contesti favorenti e scatenanti. individuare le singole situazioni rischiose aiuta a mettere a punto alcune strategie mirate per combattere l'impulso.

    4.
    Fare attività fisica. L'esercizio aiuta a distrarsi e diminuisce l'intensità dell'astinenza grazie alla produzione di endorfine, sostanze che giungono al cervello e diminuiscono il senso di fatica e di dolore. Una camminata di mezz'ora a buon passo allontana le tentazioni; via libera anche all'attività fisica che tiene le mani impegnate.

     

    5. Rilassamento o meditazione. Resistere a una tentazione è molto stressante e possono essere utili diverse tecniche: yoga, biofeedback, massaggi e ipnosi.

    6.
    Chiamare i rinforzi. Se hai voglia di fumare chiedi aiuto: chiama al telefono genitori o fratelli, collegati in chat con gli amici e avverti che hai bisogno di un aiuto per resistere.

    7.
    Ricordare i benefici. Smettere di fumare comporta moltissimi benefici, tra i tanti: migliorare la salute, proteggere chi si ama, risparmiare denaro.

    8.
    Andare on line. Ci sono molti gruppi di auto-aiuto in rete che possono incoraggiare e sostenere chi sta smettendo di fumare.

    9.
    Rivolgersi a un centro. Si tratta di strutture pubbliche, distribuite in tutta Italia, spesso anche all'interno degli ospedali. In alcuni casi si paga un ticket, in altri il servizio è gratuito e prevede il supporto di medici e psicologi durante tutto il percorso.

    10.
    Masticare liquirizia o una gomma, rigorosamente senza zucchero.

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    Le piante che proteggono il cuore


    Da "Salute e benessere"
    Mese della prevenzione cardiovascolare

    Per un mese le farmacie offrono la possibilità di scoprire gratuitamente il proprio rischio cardiovascolare, aiutando nella scelta dei rimedi naturali più adatti a proteggere il cuore.

    Sanihelp.it - Le malattie del cuore sono la prima causa di morte in Italia, con 242.000 decessi all’anno, il 30% causato dall’infarto. Nel giro di 20 anni, però, il tasso di mortalità per patologie coronariche è diminuito del 10%. Ma non è ancora sufficiente.

    Per questo Apoteca Natura, in collaborazione con SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) e AMD (Associazione Medici Diabetologi), ha lanciato la campagna di prevenzione Ci sta a cuore il tuo cuore. Per tutto il mese di novembre, in 500 farmacie italiane, saranno a disposizione dei cittadini strumenti utili alla prevenzione, come un opuscolo informativo e un questionario per individuare i fattori di rischio cardiovascolare e i corretti stili di vita da seguire. 

    Oggi, secondo i dati dell’Istituto Superiore della Sanità, il 26% degli uomini e il 3,5% delle donne sono a rischio cardiovascolare. Ma una corretta alimentazione, una regolare attività fisica e l’abolizione dei fattori di rischio, come il fumo, rappresentano le armi vincenti per combattere, a qualsiasi età, l’insorgere di patologie cardiovascolari. Le persone che praticano movimento con regolarità presentano il 45% in meno di probabilità di sviluppare una malattia cardiaca rispetto ai sedentari.

    Ogni martedì di novembre, in tutti i 500 punti del network, sarà possibile effettuare controlli gratuiti su prenotazione: misurazione della pressione arteriosa, della colesterolemia totale, dell’indice di massa corporea. I dati rilevati verranno inseriti all’interno di un questionario, compilabile in farmacia o sul sito www.apotecanatura.it, che consente di ottenere la propria Mappa del Benessere Cardiovascolare.

    Il questionario, insieme all’utilizzo di due strumenti, quali la Carta del Rischio Cardiovascolare dell’Istituto Superiore di Sanità e il Test di Tuomilehto per il rischio di diabete mellito di tipo 2, permette la valutazione e l’autocontrollo. Oggi nel nostro Paese il diabete colpisce 3 milioni di persone, il 4,9% della popolazione, e si prevede che nel 2030 i malati saranno 5 milioni. 

    Oltre ad adottare uno stile di vita sano e corrette abitudini alimentari, si può ricorrere, sempre su consiglio del medico o del farmacista, ad alcuni rimedi naturali. Per esempio preparati contenenti piante come il carciofo, il tarassaco, l’olio di pesce, a base di omega 3 (EPA e DHA), il riso rosso fermentato, l’aglio aiutano a ridurre il colesterolo e proteggere le pareti dei vasi sanguigni. Oppure associazioni di olivo e biancospino sono un valido aiuto per la pressione e la regolazione del battito cardiaco. Infine, in caso di alterazioni lievi dei valori glicemici nel sangue, sono consigliati prodotti a base di mirtillo, carciofo e bardana.

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    I corsi prematrimoniali civili


    Da “Salute e benessere”

     

    Forum della famiglia

    I corsi prematrimoniali civili

    Ogni anno separazioni e divorzi costano circa cinquanta milioni di euro allo Stato. Per limitare il fallimento delle unioni l'Osservatorio Familiare Italiano ha ideato i Corsi Prematrimoniali Civili.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Il fallimento di un progetto matrimoniale ha un impatto sociale ed economico rilevante. Secondo l'Eurispes nel 2006 i procedimenti di separazione e divorzio in corso aperti presso gli Uffici Giudiziari sono stati 539.000 con un costo medio di 815 euro a procedimento, il che significa che il sistema Giudiziario dello Stato ha speso circa 49,6 milioni di euro in
    un anno. A questo importo va aggiunta la perdita di retribuzione dei due coniugi che devono assentarsi dal lavoro sia per incontrare i propri legali che per presentarsi alle udienze. Questa cifra è stata calcolata in circa 2.400 euro a coppia; per le separazioni dunque gli italiani hanno speso 153 milioni di euro e per i divorzi circa 266 milioni. Da non dimenticare il costo dei due legali (da 3000 euro per una separazione consensuale a 13.000 per una causa di divorzio). Incalcolabili i costi psicologici e personali.

    Da qui l'idea dell'Osservatorio Familiare Italiano di un progetto a supporto delle nascenti famiglie: i
    corsi prematrimoniali civili. L'Osservatorio Familiare Italiano (OFI) è un'associazione formata da studenti universitari che ogni anno organizza a Napoli i Forum della Famiglia con lo scopo di focalizzare l'attenzione su quegli argomenti che con maggiore frequenza creano incertezza in chi è prossimo al matrimonio.

    Il corso prematrimoniale multidisciplinare, aperto gratuitamente alle giovani coppie ma anche ai genitori e alle coppie di fatto, nasce con l’obiettivo di
    approfondire i molti aspetti da valutare prima di sposarsi ma mira anche a fornire validi strumenti che nella vita di coppia possono concorrere a rendere più stabili e durature le unioni

    Il presidente dell’Osservatorio Familiare Italiano, Martina Ferrara, considera il matrimonio un’istituzione da tutelare e la famiglia la cellula fondamentale della società. Talvolta 
    però viene affrontato senza una reale consapevolezza degli obblighi e dei diritti di ciascuno e degli inalienabili diritti dei figli minori: «Una maggiore preparazione giuridica e informazioni specifiche su temi come l'economia, la psicologia e la pedagogia potrebbero aiutare le coppie a un percorso a minor rischio di fallimento».

    Anche Annamaria Bernardini de Pace, avvocato e Presidente Onorario dei Forum della Famiglia, sottolinea l'importanza di alcuni passi prima di convolare a nozze: «Oggi è obbligatorio unicamente il corso prematrimoniale religioso, che pur essendo importante, non è completamente esauriente rispetto ad alcune questioni pratiche tipiche della società attuale. La maggior parte delle coppie affronta il matrimonio con entusiasmo ed emotività e spesso rifiuta per principio di affrontare questioni pratiche come ad esempio gli aspetti economici e patrimoniali. Se la coppia non dura però le questioni si presentano ingigantite».

    Gli incontri formativi saranno l’occasione per approfondire le tematiche giuridiche legate al vincolo del matrimonio che, al di là del legame affettivo su cui si fonda, è un vero e proprio contratto con il quale i coniugi si assumono obblighi ben precisi. Ai futuri sposi saranno forniti i riferimenti normativi che regolano l’istituto del matrimonio, con una forte attenzione a quegli argomenti che più preoccupano: gli aspetti giuridici della vita familiare, il regime patrimoniale, la separazione o la comunione dei beni, i figli e la genitorialità.


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    Trapianti: pazienti contro generici, rischi in terapia salvavita


    Trapianti: pazienti contro generici, rischi in terapia salvavita

     (AGI) - Roma, 20 nov. -L'allarme arriva dai pazienti trapiantati italiani e dai medici della rete trapiantologica: il passaggio non controllato dai farmaci originali ai farmaci generici per la terapia immunosoppressiva post-trapianto mette a rischio la salute di pazienti "fragili" come i pazienti trapiantati, che possono andare incontro a rigetto e alla perdita d'organo. "Alcuni immunosoppressori, come tacrolimus, rientrano nella categoria dei farmaci a basso indice terapeutico: anche lievi modificazioni della concentrazione plasmatica di questi farmaci possono comportare gravi conseguenze in termini di tossicita' o perdita di efficacia", afferma Pasquale Berloco, presidente della Societa' italiana Trapianti d'Organo, durante un forum sul tema. "In questo particolare ambito terapeutico, la sostituzione di un farmaco originale con un generico, o quella di un generico con un altro generico, deve essere prescritta da un medico esperto del trapianto e valutata nel suo rapporto rischio/beneficio poiche' ogni sostituzione deve essere seguita da controlli dei livelli plasmatici del farmaco e sostituzioni ripetute e consecutive devono assolutamente essere evitate". In Italia sono circa 3.000 ogni anno le persone sottoposte a trapianto d'organo, con risultati paragonabili a quelli dei principali Paesi europei, grazie all'elevata efficienza dei Centri trapianto. "Le percentuali di successo sono ormai elevatissime, con una sopravvivenza d'organo a un anno che e' del 91,9% per il rene, dell'83,5% per il cuore e dell'81,6% per il fegato", afferma Alessandro Nanni Costa, direttore Centro nazionale Trapianti.
      "Sono ottimi anche i dati relativi al reinserimento dei pazienti trapiantati nella vita sociale: i pazienti italiani sottoposti a trapianto che lavorano o sono nelle condizioni di farlo, sono il 90,3% per il trapianto di cuore, 78,2% per il trapianto di fegato e 89,8% per il trapianto di rene". Per i pazienti trapiantati i farmaci immunosoppressori hanno un ruolo salvavita. Da oltre un anno nei prontuari terapeutici sono stati introdotti i farmaci immunosoppressori equivalenti, la cui efficacia e sicurezza sono in generale garantite da normative che ne disciplinano l'immissione in commercio. Ma in alcune situazioni particolari l'uso dei generici comporta dei rischi. "La sostituzione di alcuni farmaci immunosoppressori con un equivalente presenta rischi oggettivi e specifici nella terapia post-trapianto" afferma, a nome dei pazienti, Anna Maria Bernasconi, presidente Associazione nazionale Emodializzati - Dialisi e Trapianto (Aned).

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    Feste e cibo: mangiare con giudizio!


    Da “Da Salute e benessere”

     

    Feste e cibo: mangiare con giudizio!

    Natale = cibo abbondante ed eccellente; ma come coniugare la buona tavola con un'adeguata forma fisica? Come limitare gli eccessi delle feste?

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - L’Osservatorio Nazionale Grano Padano ha pensato bene di indagare sulle abitudini degli italiani a ridosso delle festività natalizie basandosi sui dati raccolti dai medici di base durante il Natale 2011 e gli inizi del 2012: ne è emerso che gli italiani consumano gradi quantità di frutta secca, salse, salumi, olio, superalcolici e per questo durante le feste ingrassano di almeno due o tre kg.

    Quest’indagine non vuole essere fine a se stessa, ma anzi l’Osservatorio Grana Padano partendo da queste evidenze ha messo a punto tutta una serie di consigli da seguire al fine di festeggiare degnamente il Natale anche a tavola, ma senza appesantire in maniera ingiustificata e insensata la propria linea.

    La nostra società consumistica porta a festeggiare il Natale per ben due settimane consecutive, ma in realtà i giorni di festa con la F maiuscola sono solo 4 Natale, la Vigilia, Capodanno e l’Epifania: in questi giorni qualche eccesso è concesso, ma negli altri giorni non c’è davvero motivo di abbuffarsi o eccedere inutilmente.

     È stato stimato, invece, che il 40% del campione di età tra i 24 e i 64 anni dichiara di consumare nel periodo natalizio patatine fritte confezionate e quasi il 50% degli stessi mangia anche focacce e pizzette, il 25% dei soggetti di questa stessa fascia di età beve superalcolici, ma vengono consumate sistematicamente anche buone quantità di maionese, salumi e frutta secca.

    Un ottimo modo per ridurre questo eccesso calorico è di riservare le salse, le creme, il pandoro, il panettone, il torrone e via dicendo solo ai 4 giorni di feste più importanti.  Sarebbe buona abitudine prediligere a tavola il consumo di acqua e servire con parsimonia vino rosso, evitando bevande gassate e superalcolici.
    Meglio evitare gli antipasti, di fare la scarpetta con il sugo ed è bene evitare di servire formaggi dopo il secondo.

    Sarebbe buona abitudine, infine, preparare il soffritto con il vino bianco anziché con il burro o l’olio e insaporire le portate con le spezie piuttosto che ricorrere a salse arzigogolate e quando possibile preferire la cottura al vapore, alla piastra o al vapore.

     

     

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    Sci, snowboard e ciaspole, ecco le regole per non farsi male


    Dal “Corriere della Sera”

     

    MONTAGNA E SALUTE

    Sci, snowboard e ciaspole,
    ecco le regole per non farsi male

    Alimentazione, abbigliamento e meteo. E se perdete l'equilibrio i maestri da sci suggeriscono: «Lasciatevi andare»

    MONTAGNA E SALUTE

    Sci, snowboard e ciaspole,
    ecco le regole per non farsi male

    Alimentazione, abbigliamento e meteo. E se perdete l'equilibrio i maestri da sci suggeriscono: «Lasciatevi andare»

    Conto alla rovescia per la stagione invernale. Le stazioni sciistiche sono pronte a partire e gli appassionati dello sci e dello snowboard sono in fermento e attendono la prima neve per lanciarsi sulle piste. Ma per non finire infortunati nel bel mezzo della prima discesa è bene seguire una serie di regole d'oro per non farsi male. «Prima di tutto - spiega Cristina Smiderle, ortopedico e fisiatra all'Asl di Bassano del Grappa - occorre un'adeguata preparazione fisica. Durante la settimana è buona norma allenarsi a casa e in palestra già prima che arrivi la neve e prima di scendere in pista meglio scaldare i muscoli». Altro aspetto da non trascurare è l'alimentazione durante la giornata sulle neve: «Occorre un buon apporto calorico e una dieta ricca di carboidrati. Se la gita è lunga senza punti di appoggio è raccomandabile portare con sè tè caldo ben zuccherato e frutta secca ad alto contenuto calorico» consiglia la fisiatra. Infine per non farsi male è saggio dosare le proprie forze. Meglio dire no alla classica frase «faccio l'ultima discesa e poi smetto» e rinunciare perché la maggior parte degli incidenti avviene proprio nel pomeriggio, poco prima della chiusura degli impianti. «Le energie di riserva vanno conservate per le situazioni di emergenza» suggerisce Cristina Smiderle. E in caso di perdita di equilibrio i maestri da sci consigliano «di lasciarsi andare» per ridurre i rischi di fratture o distorsioni. Anche saper cadere è un'arte ed è importante non irrigidirsi per la paura per aumentare i danni.

    ATTENZIONE AL METEO - Attenzione al meteo e al rispetto di tutti gli allerta e i divieti, specie per quello che riguarda le valanghe, usando ogni precauzione per non compromettere la propria e l'altrui sicurezza. Per lo sci alpinismo (ma anche per chi si avventura con le ciaspole in percorsi mediamente difficili) è indispensabile portare Arva, pala e sonda. Anche il vento è una variabile da non sottovalutare perché in casi di peggioramento della situazione meteo vengono chiusi gli impianti di collegamento e si rischia di restare bloccati nella valle «sbagliata».

    ABBIGLIAMENTO E PROTEZIONI - Per evitare colpi di sole va protetto il capo (meglio con il casco che protegge anche dal trauma cranico). Vanno protetti anche gli occhi con adeguati occhiali da sole (si rischia l'oftalmia) e la pelle e le labbra (si rischiano danni da Uv e herpes labiale). L'abbigliamento deve essere adeguato, capace di assorbire il sudore (ottimo il capilene), antivento e idrorepellente (per esempio il goretex che è traspirante) e in grado di mantenere una buona termicità. Per chi pratica lo snowboard esistono ottime protezioni per la colonna simili a quelle per motociclismo e, per ogni disciplina, guanti con apposite protezioni.

    I BAMBINI - Attenzione ai bambini: non portarli mai nello zainetto sulla neve. Loro non si muovono e sono ad alto rischio di congelamenti e assideramento. Possono essere portati per brevi camminate sulla neve solo con temperature gradevoli, avendo cura di proteggere i loro occhi e il capo

    Cristina Marrone21 novembre 2012 (modifica il 22 novembre 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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    Il volontariato consapevole: valori e strumenti


    Dal "Notiziario FIDAS"

     

    Il volontariato consapevole: valori e strumenti

    21 Novembre 2012

    Oltre 120 responsabili associativi FIDAS si ritroveranno da venerdì 7 a domenica 9 dicembre a Roma per l'annuale appuntamento con il Corso di formazione. “Il volontariato consapevole: valori e strumenti” è il titolo scelto per questa edizione che si preannuncia ricca di interventi di rappresentanti del Sistema sangue nazionale nonché di indicazioni per una comunicazione sempre più efficace del mondo del dono

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    Le dipendenze negli adolescenti


    Da “Salute e benessere”

     

    Vizio o dipendenza?

    Le dipendenze negli adolescenti

    Internet, cellulare e videogiochi: queste sembrano essere le dipendenze degli adolescenti di oggi. Come riconoscere i campanelli di allarme? I consigli degli specialisti.

    Sanihelp.it - Ore sui social network, cellulare sempre in mano e sfide con gli amici ai videogiochi: questa rappresenta una delle fotografie degli adolescenti di oggi. Abitudini dei nostri ragazzi, spesso vizi. E se fossero dipendenze? La linea che separa la patologia dal semplice svago è molto sottile e viene oltrepassata quando queste attività tolgono la libertà a chi vi si dedica.

    I medici di Villa San Benedetto Menni di Albese con Cassano (CO) nel corso di un convegno svoltosi ad Albavilla (CO) si sono occupati delle
    dipendenze degli adolescenti. L’incontro fa parte del ciclo di convegni organizzati da FORIPSI Onlus attraverso il progetto Fidans.

    Come spiega il Professor Giampaolo Perna, direttore scientifico e primario del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche di Villa San Benedetto Menni: «Il mestiere del genitore è di per se stesso complesso, ma diventa particolarmente difficile soprattutto durante la fase di crisi rappresentata dall’adolescenza, nella quale i figli propongono una serie di comportamenti impulsivi ed emotivi che i familiari faticano a comprendere.
    Uno dei problemi maggiori è riconoscere quando tali atteggiamenti siano l’espressione normale dell’instabilità tipica di quell’età oppure il segnale di una psicopatologia nascente». 

    Dal decimo rapporto nazionale di Eurispes e Telefono Azzurro sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza emerge che il 13-25% dei ragazzi è dipendente da Internet; di questi il 20-30% non riesce a fare a meno dei social network (soprattutto Facebook, Twitter e MySpace). Il cellulare viene usato in maniera patologica dal 27% degli adolescenti, mentre i videogiochi dal 38%. Altre attività che possono essere praticate in maniera compulsiva dai più giovani sono la televisione (circa il 20%), il cibo (18%), lo sport e l’esercizio fisico (8%).

    Il cellulare rappresenta un importante fattore di rischio. Secondo il rapporto dell’Istat Infanzia e vita quotidiana, tra il 2000 e il 2011 l’uso del telefonino tra i ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 17 anni è passato dal 55,6% al 97,7% (dal 70,4% al 97,7% nella fascia 14-17 anni, dal 35,2% all’86,2% in quella 11-13). I ragazzi usano il cellulare soprattutto per telefonare (93,1%), inviare e ricevere messaggi (83,3%), giocare (50%), cambiare suoneria (48%), usare la rubrica telefonica (47%), ascoltare musica (45%), scattare e ricevere foto (41,7%), fare squilli (38,1%). L’uso del computer è passato dal 34,3% al 63,7% tra il 2000 e il 2011 nella fascia di età che va dai 6 e ai 17 anni. Al computer i ragazzi installano giochi, condividono sui social network, cercano informazioni, guardano e scaricano materiale pornografico. 

    Un dato importante riguarda anche
    l’utilizzo dei videogiochi, che tra il 2000 e il 2011 è aumentato significativamente. Il 65,8% degli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni si dichiara appassionato; il 57% di questi vi si dedica meno di un’ora al giorno, mentre il 25% da 1 a 3 ore. I giochi preferiti sono quelli di combattimento (38%) seguiti dall’avventura (29%) e dallo sport (21,5%). Oltre il 60% di loro pratica abitualmente questa attività da solo; il 40% si identifica con le storie del videogioco. 

    Spiega il Dottor Paolo Cavedini, vice-direttore del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche di Villa San Benedetto: «La difficoltà maggiore dei genitori è legata alla rapida evoluzione della tecnologia, che mette a disposizione sempre nuovi strumenti di comunicazione spesso poco controllabili (come Facebook, Twitter, Skype e WhatsApp) e attività ludiche complesse quali gli strumenti di gioco multimediale. Ovviamente tutto ciò è inserito in un accesso a internet spesso poco monitorabile e fonte di ansie nei genitori. È importante quindi prestare attenzione ai primi segnali che conducono alla dipendenza: aumento eccessivo della frequenza di utilizzo e della durata di ogni singolo videogioco, crescita del tempo impiegato a controllare il telefono, perdita dell’interesse verso le relazioni vis-à-vis e della capacità di leggere le proprie e altrui emozioni, primi segnali di malessere in relazione alla mancata risposta o all’impossibilità di accedere al computer». 

    I campanelli d’allarme sono quindi tendenza all’isolamento sociale, apatia, difficoltà scolastiche e/o lavorative accompagnate da assenze frequenti e ingiustificate, perdita degli interessi pregressi, nervosismo e irritabilità, peggioramento delle relazioni familiari, diminuzione del tono dell’umore e dell’interesse nelle attività quotidiane, disturbo del sonno, difficoltà di memoria e concentrazione, sintomi fisici quali mal di testa, dolori al collo e disturbi della vista.

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    Allergie: pesticidi acqua aumentano quelle alimentari


     

    Allergie: pesticidi acqua aumentano quelle alimentari

    12:58 04 DIC 2012

    (AGI) - Arlington Heights (Usa), 4 dic. - Se aumentano le allergie alimentari la causa potrebbe essere nei pesticidi contenuti nell'acqua di rubinetto. Un nuovo studio statunitense ha rilevato, infatti, che alcuni prodotti chimici utilizzati per la purificazione dell'acqua del rubinetto di casa possono potenzialmente provocare allergie alimentari. La ricerca e' stata promossa dall'allergologa Elina Jerschow dell'American College of Allergy, Asthma and Immunology (Acaai) e pubblicata sulla rivista 'Annals of Allergy, Asthma and Immunology'. Lo studio ha dimostrato che alti livelli di diclorofenolo - sostanza chimica utilizzata nei pesticidi o per aggiungere cloro all'acqua - rilevati nel corpo umano possono essere associati allo sviluppo di allergie alimentari. "La nostra ricerca mostra che alti livelli di questa sostanza inclusa nei pesticidi possono indebolire le tolleranze alimentari in alcune persone, scatenando le allergie", ha spiegato la Jerschow, "si tratta di un prodotto chimico comunemente contenuto nei pesticidi utilizzati dagli agricoltori, nell'acqua di rubinetto e negli insetticidi domestici".
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    12:58 04 DIC 2012

    (AGI) - Arlington Heights (Usa), 4 dic. - Se aumentano le allergie alimentari la causa potrebbe essere nei pesticidi contenuti nell'acqua di rubinetto. Un nuovo studio statunitense ha rilevato, infatti, che alcuni prodotti chimici utilizzati per la purificazione dell'acqua del rubinetto di casa possono potenzialmente provocare allergie alimentari. La ricerca e' stata promossa dall'allergologa Elina Jerschow dell'American College of Allergy, Asthma and Immunology (Acaai) e pubblicata sulla rivista 'Annals of Allergy, Asthma and Immunology'. Lo studio ha dimostrato che alti livelli di diclorofenolo - sostanza chimica utilizzata nei pesticidi o per aggiungere cloro all'acqua - rilevati nel corpo umano possono essere associati allo sviluppo di allergie alimentari. "La nostra ricerca mostra che alti livelli di questa sostanza inclusa nei pesticidi possono indebolire le tolleranze alimentari in alcune persone, scatenando le allergie", ha spiegato la Jerschow, "si tratta di un prodotto chimico comunemente contenuto nei pesticidi utilizzati dagli agricoltori, nell'acqua di rubinetto e negli insetticidi domestici".

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    5 segreti per vivere più a lungo


    Da “salute e benessere”

     

    Li hanno scoperti gli esperti, analizzando le abitudini delle popolazioni che vivono di più e in salute. Ecco le blue zones, le aree della longevità.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Si chiamano blue zones, sono i luoghi al mondo dove si vive di più (Sardegna, Ikaria, Loma Linda, Okinawa, Costa Rica) e hanno 5 caratteristiche fondamentali: non si fuma, la famiglia ha una assoluta priorità, si è attivi forzatamente poiché sono zone scoscese che costringono a camminate dispendiose, si fa una vita sociale importante, e si mangiano prevalentemente frutta, verdura e cereali.

    «Ma il resto del mondo non è così e non lo sarà mai - spiega il professor Roberto Bernabei, direttore dei dipartimento di geriatria al Gemelli di Roma e presidente di Italia Longeva (italialongeva.it), il network voluto dal Ministero della Salute, dall’Inrca e dalla Regione Marche - I cittadini giovani di oggi hanno una probabile
    aspettativa di vita di 100 anni. Solo se i futuri nonni saranno il più possibile in salute e autosufficienti, gli Stati e i sistemi sanitari nazionali riusciranno a garantire un'assistenza utile e ragionevole».

    Ma cosa possiamo fare oggi per garantirci una
    longevità di qualità, che non è un dono, ma una conquista? Ecco le cinque regole di Italia Longeva:

    1) Evitiamo da subito tutto ciò che può compromettere la nostra salute di domani. Attenzione massima verso una corretta
    alimentazione.

    2)
    Fumo, alcol e sostanze stupefacenti hanno effetti devastanti più a lungo termine che a breve: vanno eliminate. L’esercizio fisico è la pillola più efficace. Una camminata a passo veloce con abbondante sudata è il minimo da cui partire che deve entrare nelle nostre abitudini quotidiane. Anche gli affetti, costanti e maturi fanno più longevi.

    3) Costruiamoci più possibile una
    sicurezza economica. Assicurazioni e pensioni integrative saranno sempre più necessarie: è proprio su queste situazioni che i conti degli Stati e dei sistemi sanitari rischiano di saltare. Una sicurezza economica garantisce la salute, la possibilità di acquistare prodotti alimentari di qualità, di iscriversi a una palestra.

    4) Anche le nostre abitazioni vanno programmate per il futuro.
    Servizi domotici come controlli automatici per elettrodomestici, luci, gas, acqua, possono non solo darci maggiore sicurezza ma garantirci un importante risparmio economico.

    5) Prepariamoci alla
    tecnologia che entra nel controllo della nostra salute: maglie che effettuano check-up costanti, elettrodomestici intelligenti, tablet e telefoni palmari saranno fondamentali. Sarà possibile essere sempre in contatto con un centro di riferimento competente o con i figli, ci renderanno autonomi in molte attività domestiche, e ci consentiranno di usufruire di importanti servizi a domicilio quando ne avremo bisogno.

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    CHIUSURA DEL SAN FILIPPO NERI ?


    L'Azienda Complesso Ospedaliero SAN FILIPPO NERI è stata riconosciuta come ospedale di rilievo nazionale e di alta specializzazione per le attività svolte, soprattutto nel campo della  Neurochirurgia e Neurologia intensiva, Cardiologia e Cardiochirurgia, Pneumologia e Oncologia.
    E' sede di Dipartimento di Emergenza ed Accettazione (D.E.A.) di 2° livello. 
    Centro di Riferimento Regionale per l'Oncologia, la Cardiologia,
    la Chirurgia Vascolare, e la Neurochirurgia.

    E' presente un centro di Nutrizione Clinica ed una Unità Valutativa Alzheimer.
    E' attivo il modello organizzativo Dipartimentale.

    Malgrado tale status invidiabile, sintetizzato solo per motivi di spazio……………….

    ENRICO BONDI, NOMINATO DA MARIO MONTI COMMISSARIO ALLA SANITA’ AL POSTO DELLA DIMISSIONARIA RENATA POLVERINI, HA COMUNICATO LA PROPRIA DECISIONE DI ELIMINARE 180 POSTI LETTO E TOGLIERE LO STATUS DI “AZIENDA COMPLESSO OSPEDALIERO” AL S. FILIPPO NERI.

     

    TALE BRUTALE, OTTUSO  ED INACCETABILE PROVVEDIMENTO, OLTRE A PRIVARE UNA VASTA ZONA DI ROMA E DELLA LIMITROFA PROVINCIA DI VITERBO, DI UN IMPORTANTE CENTRO OSPEDALIERO DI FAMA NAZIONALE, PORTERA’, INEVITABILMENTE, ALLA MORTE DELL’AZIENDA, CON LA CONSEGUENTE FORMAZIONE DI LISTE DI MOBILITA’, LICENZIAMENTI PER CENTINAIA DI DIPENDENTI E SOFFERENZA PER NUMEROSE AZIENDE DELL’INDOTTO, NONCHE’ DI ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO, COME EMA-ROMA.

    EMA-ROMA E’ NATA NEL 2001 IN QUESTO PRESTIGIOSO OSPEDALE, NEL QUALE HA TUTTORA HA IL VANTO DI AVERE LA PROPRIA SEDE LEGALE E OPERATIVA UBICATA ALL’INTERNO DEL CENTRO DI MEDICINA TRASFUSIONALE SANGUE, DIRETTO DAL PROF. GIACOMO MENICHELLA, SOCIO FONDATORE DELLA NOSTRA ASSOCIAZIONE. IN POCO PIU’ DI 10 ANNI DI ATTIVITA’ INTENSA AD OPERA DEI POCHI VOLONTARI CHE VI DEDICANO GRAN PARTE DEL LORO TEMPO LIBERO, EMA-ROMA HA RECLUTATO BEN OLTRE 9.000 DONATORI DI SANGUE RIVERSANDO NEI CENTRI DI ELABORAZIONE E DISTRIBUZIONE MIGLIAIA DI LITRI DI SANGUE CHE, DEBITAMENTE FRAMMENTATI ED ELABORATI, RISULTANO INDISPENSABILI IN MOLTEPLICI INTERVENTI CHIRURGICI ED IN NUMEROSE TERAPIE. FATTO DI GRANDE IMPORTANZA, SOPRATTUTTO SE SI CONSIDERA L’ENDEMICA “EMERGENZA SANGUE” CHE, GRAZIE ALL’INDIFFERENZA DELLE ISTITUZIONI DELLA REGIONE E DEL COMUNE, IMPERVERSA NELLA NOSTRA REGIONE ED IN CITTA’ IN MODO PARTICOLARE. OLTRE ALL’APPORTO DI SOSTEGNO ALL’INTERNO DEI TRASFUSIONALI CON I QUALI HA STABILITO UNA “CONVENZIONE DI LAVORO”, EMA-ROMA HA FORMATO, AD OGGI, PIU’ DI 70 GRUPPI DI DONATORI PRESSO CENTRI MILITARI, SCUOLE, UNIVERSITA’, PARROCCHIE, ENTI ED AZIENDE, EFFETTUANDO, NEL 2012, OLTRE 110 USCITE DI RACCOLTE DI SANGUE, CON RISULTATI ECCELLENTI. SE QUESTO SCIAGURATO PROGETTO DOVESSE ANDARE IN PORTO, IN DISPREZZO DELLA CITTADINANZA E DI MIGLIAIA DI DIPENDENTI, ANCHE EMA-ROMA RISCHIEREBBE LA PROPRIA INTEGRITA’ OPERATIVA.

    MA POICHE’ MALGRADO TUTTO CONSERVIAMO UN GRANDE OTTIMISMO, ANCHE A NOME DELLE MIGLIAIA DI PERSONE CHE GRAZIE AL SANGUE TRASFUSO, CONTINUANO A VIVERE, CI  AUGURIAMO CHE QUESTO PROGETTO VENGA ANNULLATO E RICORDATO IN FUTURO SOLO COME UN INCUBO REMOTO.

    LA REDAZIONE DI EMA-ROMA

    Le ultime informazioni purtroppo confermano quanto espresso nel servizio. PREGHIAMO TUTTI COLORO CHE  SONO IN ACCORDO CON QUANTO DA NOI DICHIARATO, DI RECARSI PRESSO L'OSPEDALE SAN FILIPPO NERI PER APPORRE UNA FIRMA CONTRO TALE DECISIONE.

     

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    Lìesercizio fisico sarà sempre più high tech


    Dal “Corriere della Sera”

     L'esercizio fisico sarà sempre più high tech

    Scarpe che riducono il rischio di traumi e «materassini-allenatori» per fare sport divertendosi. In modalità 2.0

    ULTIME NOVITÀ

    L'esercizio fisico sarà sempre più high tech

    Scarpe che riducono il rischio di traumi e «materassini-allenatori» per fare sport divertendosi. In modalità 2.0

    MILANO - L'allenamento in palestra con i pesi o il materassino, la corsetta nel parco con un paio di vecchie scarpe da ginnastica qualunque? Roba da museo: lo sport sta diventando sempre più high-tech e a breve avremo a disposizione scarpe da jogging con sensori che ci aiuteranno a migliorare le prestazioni ma anche a non farci male. E per chi non ama correre arriverà il materassino intelligente, anche lui ben provvisto di sensori, per spronarci a non battere la fiacca e indicarci i movimenti da fare.

    Il funzionamento delle scarpe 'Runsafer' SCARPE – Sono le novità in arrivo da due progetti, entrambi coordinati da ricercatori europei, che promettono di rendere l'ora di attività fisica quasi roba da fantascienza. Il progetto RUNSAFER, condotto dall'Istituto di Biomeccanica dell'università spagnola di Valencia, è stato finanziato anche dalla Comunità Europea sulla base di un dato: la corsa oggi è uno degli sport più popolari e si stimano almeno 80 milioni di appassionati in Europa, ma il 38 per cento di questi sportivi ha avuto un trauma grande o piccolo correndo, il 37-56 per cento dei runner va incontro a piccoli incidenti ogni anno. Non pochi "effetti collaterali", quindi, così i ricercatori spagnoli hanno pensato di creare una scarpa ipertecnologica che aiuti chi corre a non farsi male e pure a migliorare le prestazioni. Il progetto non ha ancora partorito un oggetto reale, ma procede speditamente e si sono già messi a punto i microsensori che saranno inseriti nella scarpa. Il "cuore" della super-calzatura sarà infatti un sistema microelettronico di misurazione di parametri biomeccanici dell'atleta, dalla frequenza cardiaca al movimento del piede e la tecnica di corsa: questi dati saranno trasmessi wireless a un cellulare dove una specifica applicazione li raccoglierà e informerà il soggetto in tempo reale di come sta correndo, quale sia la sua prestazione, che cosa può fare per evitare traumi e migliorare la performance. Tutti i dati si potranno quindi scaricare su un portale web dove una specie di personal trainer virtuale, mettendo a confronto le prestazioni di ogni corsetta, darà indicazioni personalizzate per l'allenamento e la prevenzione dei traumi. E il training diventerà pure 2.0, perché le proprie informazioni saranno scambiate con altri appassionati ovunque nel mondo, per consigli di ogni genere.

    Il materassino 'Hopscotch' MATERASSINO – Vi state stancando solo all'idea di correre con le scarpe che vi fanno da tutor? Potrete allenarvi in palestra con il materassino messo a punto dai ricercatori del Fraunhofer Institute di Monaco, in Germania: un sistema interattivo che, giurano gli ideatori, servirà a far smuovere dalla poltrona pure i più incalliti sedentari. Anche in questo caso ci sono sensori nel materassino, suddivisi in nove aree individuate da lettere e numeri: «Per crearlo ci siamo ispirati al gioco chiamato "campana" e infatti il materassino si chiama "Hopscotch" (campana in inglese, ndr) - spiega Martina Lucht, fra i responsabili del progetto -. Il materassino è connesso a un monitor attraverso un cavo e sul monitor l'"allenatore virtuale" indica che cosa si deve fare: comporre parole saltando sulle lettere, formare numeri e così via». Qualcosa che ricorda i giochi in cui si danza mettendo i piedi su grossi "pulsanti" colorati in una precisa sequenza, insomma. Il "giocatore" deve completare obiettivi man mano più complessi e i sensori sono la bocca della verità: sentono infatti se su questa sorta di "mattonelle" ci si salta davvero su o se invece ci si sta muovendo troppo lentamente, senza bruciare calorie, e in tal caso il monitor richiama all'ordine. «Chi usa il materassino infatti indossa alla cintura un altro piccolo sensore, chiamato ActiSENS, che misura l'attività fisica registrando i movimenti della persona e la loro intensità: non conta solo portare a termine l'obiettivo ma anche come lo si fa, quanto "impegno" fisico ci si mette - specifica Lucht -. Il risultato appare sullo schermo e in questi modo il sistema sprona a muoversi di più e meglio, in maniera divertente. Le possibili applicazioni sono tante: a scuola Hopscotch potrebbe aiutare a far muovere di più i bambini, che oggi talvolta non sono neppure in grado di camminare correttamente all'indietro o stare su una gamba sola da quanto sono poco abituati al movimento; in strutture riabilitative il materassino tecnologico potrebbe motivare i pazienti a muoversi, usandolo in parallelo alla terapia fisica standard». I sedentari cronici sono avvertiti: con materassini high-tech e scarpe-tutor sarà difficile sottrarsi alle fatiche dello sport. Anche se resta un dubbio: forse ci divertiremmo di più senza tutti questi aggeggi tecnologici, se riscoprissimo da soli il piacere dell'attività fisica. Fin da piccoli, magari giocando per davvero a campana, per strada o in cortile come si faceva fino a qualche anno fa.

    Elena Meli 15 dicembre 2012 | 9:56

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    EMA-ROMA in difesa del S. Filippo Neri


    DISATTIVARE l'ospedale San Filippo Neri: perché?

    · Perché è l'unico ospedale pubblico di Roma Nord e non rappresenta gli interessi delle lobbies che condizionano da sempre la sanità romana?

    · Perché, nel trattamento dell'infarto del miocardio, è uno dei centri che garantisce tra le più elevate probabilità di sopravvivenza in Italia, come testimonia il programma Programma Nazionale Esiti (PNE) ? (Emodinamica attiva 24 ore su 24, 365 giorni l'anno; 150 angioplastiche coronariche d'urgenza nel 2011)

    · Perché la mortalità dei pazienti con ictus è la più bassa della regione, come testimonia il programma "PNE"?

    · Perché ha una Cardiochirurgia che nell'ultimo anno ha ridotto la mortalità dei pazienti (3.1%) abbattuto i costi di esercizio del 66%, triplicando il numero di interventi?

    · Perché in Neurochirurgia si effettuano oltre 50 interventi al mese nonostante i decreti regionali dal 2010 ad oggi abbiano spostato tutta la patologia politraumatica di questa Area al Policlinico Gemelli? Perché il reparto, di fatto, è centro di riferimento per le neoplasie cerebrali? Perché ha una percentuale di interventi maggiori sul cervello superiore a quella delle mastodontiche strutture esistenti nella Regione Lazio?

    · Perché le complicanze della colecistectomia laparoscopica sono le più basse della regione e si rileva anche la più bassa mortalità per emorragia acuta non varicosa, come testimonia il programma "PNE"?

    · Perché è una delle pochissime strutture regionali che l'anno scorso ha avuto il coraggio di chiudere un costoso presidio satellite (Valle Fiorita) e riportare l'attività all'interno delle mura ospedaliere (risparmio superiore ai 10 milioni di euro)?

    · Perché in ospedale si sta per mettere in funzione la strumentazione di radioterapia più moderna ed efficace della Regione Lazio ? (Con investimenti importanti già affrontati e autorizzazioni all'attivazione già concesse dopo un lungo iter burocratico)

    · Perché ha una delle pochissime strutture regionali di Radiologia interventistica sempre attive?

    · Perché è la sola struttura pubblica del Centro Sud che fa la brachiterapia dei tumori della prostata?

    · Perché l'oncologia attira oltre il 50% dei pazienti da fuori regione?

    · Perché il tasso di occupazione dei letti dell'intero ospedale è superiore al 90%? Perché al S.Filippo, in media, il 10% dei pazienti vengono da fuori regione e il 50% fuori dal territorio della ASL di zona?

    · Perché, pur con il personale al minimo, si è riusciti a gestire nell'ultimo anno 68 neonati con peso inferiore a 1500 grammi o età inferiore alle 32 settimane?

    · Perché i laboratori clinici hanno spuntato, con semplici e oneste gare, i migliori prezzi di acquisto del Lazio su reagenti e diagnostici (circa la metà, dato certificato)?

    · Perché è l'ospedale che ha insegnato a tutta Roma come si fa la sorveglianza delle infezioni ospedaliere e l'unico che tiene sotto controllo l'uso degli antibiotici?

    No, non ci risponda commissario Bondi. Lei in fondo è un semplice liquidatore con un compito molto limitato e con dati tecnici di scarsa qualità su cui lavorare. Il punto è che i dati di attività del nostro ospedale non sono quelli di una struttura da chiudere, o da "disattivare" come qualcuno dell'Agenzia di Sanità Pubblica (ASP) ha detto. Il San Filippo non è un ospedale marginale – trasformabile in un colpo solo in una residenza per anziani – e, soprattutto, non è un ospedale inefficiente. Chiediamo di poterci confrontare sui dati reali del nostro ospedale e su quelli delle altre strutture del Lazio. Pensiamo di essere competitivi con molti dei "giganti" della sanità regionale, universitaria e non. Non appena sarà noto il contenuto dell'incontro tra il direttore generale del S.Filippo e l'ASP, verrà organizzata una pubblica conferenza stampa in cui direttori e responsabili delle unità cliniche ospedaliere comunicheranno i dati reali e aggiornati di questa struttura, in nome di una trasparenza che dobbiamo prima di tutto ai pazienti e poi a noi stessi. 

    I professionisti dell'Azienda Ospedaliera San Filippo Neri di Roma

     

    EMA-ROMA condivide i tanti "perché" e ne aggiunge ancora uno, "perché" importante:

    · Perché ha un ottimo Centro di Medicina Trasfusionale dotato di strumenti moderni e di personale qualificato, all'interno del quale opera EMA-ROMA, dinamica e combattiva Associazione di Donatori Volontari di Sangue, che coopera con il Trasfusionale per garantire la difficile autonomia di scorte di sangue, evitando l'ulteriore aggravio del bilancio dell'Azienda, conseguente agli acquisti di sacche di sangue all'esterno? (n.d.r.)

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    Censimento, in Italia 59,4 milioni di residenti


    Censimento, in Italia 59,4 milioni di residenti

    Aumentano le ultracentenarie e gli over85

    19 dicembre, 11:09
    Censimento, in Italia 59,4 milioni di residenti

    ROMA - I residenti in Italia sono 59.433.744. E' il dato definitivo dell'ultimo censimento, dal quale emerge un incremento del 4,3% rispetto al 2001 quando si contarono 56.995.744 residenti. L'incremento è dovuto solo agli stranieri: in dieci anni sono aumentati di 2.694.256 mentre gli italiani sono diminuiti di 250mila unità

    (-0,5%).

    I cittadini stranieri risultano in crescita in tutte le regioni della Penisola, mentre gli italiani diminuiscono nel Mezzogiorno oltre che in Piemonte, Liguria e Friuli-Venezia Giulia. In particolare, i cittadini italiani aumentano nel 43,2% dei comuni (3.493) e diminuiscono nel restante 56,8% (4.599). I comuni in cui si registra il maggior incremento di residenti italiani sono Rognano, Sant'Alessio con Vialone e Roncaro, tutti in provincia di Pavia; quelli che ne perdono di più sono Paludi in provincia di Cosenza, Quindici in provincia di Avellino e Rocca de’ Giorgi in provincia di Pavia. Dall'ultimo censimento (2011), i maggiori incrementi di popolazione si rilevano nelle regioni del Centro-Nord, specie in Trentino-Alto Adige (+9,5%), Emilia-Romagna (+8,5%), Lazio (+7,6%), Lombardia (+7,4%) e Veneto (+7,3%). Al contrario, nelle regioni del Sud e delle Isole si registrano incrementi lievi (intorno all’1% in Campania, Puglia e Sicilia) e perdite di popolazione (superiori al 2% in Molise, Basilicata e Calabria).

    Nel corso dell'ultimo decennio la popolazione straniera residente in Italia e triplicata, passando da 1.334.889 milioni a 4.029.145 milioni, con una crescita del 201,8%.  Due stranieri su tre risiedono al nord, il 24% al centro e solo il 13,5% al sud. Le donne stranieri sono il 53,3% del totale, ma salgono al 56,6% nel Meridione. Quasi un quarto degli stranieri vive in Lombardia, il 23% in Veneto e in Emilia Romagna. Il 46% ha un'età compresa tra 25 e 44 anni.

    In Italia la popolazione aumenta soprattutto nei comuni di media dimensione. Dal 2001 ad oggi, la popolazione è aumentata nel 60,1% dei comuni: in particolare si registra un incremento nell'81% dei comuni di dimensione compresa tra 5.000 e 50.000 abitanti, nel 68,4% dei comuni tra 50.000 e 100.000 abitanti e nel 51,8% di quelli con meno di 5.000 residenti. Gli incrementi più consistenti si registrano nel nord-ovest, nel nord-est e nel centro; nel sud e nelle isole, al contrario, prevalgono i comuni dove il numero di abitanti si è ridotto. In particolare, 1.153 comuni del sud hanno perso popolazione e per 179 la diminuzione è stata superiore al 15%.

    In Italia, al 9 ottobre 2011, ci sono 93,7 uomini ogni 100 donne. In 10 anni gli over 65 sono passati dal 18,7% al 20,8%. Anche i gli ultra 85/enni, incrementano il loro peso sul totale della popolazione (dal 2,2% al 2,8%); in particolare, aumentano del 78,2% nella classe 95-99 anni e del 138,9% in quella degli ultracentenari. Questi ultimi infatti erano 6.313 nel 2001 mentre nel 2011 sono diventati 15.080, con una percentuale di donne dell'83,7%: due di queste alla data del censimento avevano compiuto 112 anni.

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    Sigarette elettroniche: guida al consumo


    Dal “Corriere della Sera”

    I consigli dell’esperta ai fumatori

    Sigarette elettroniche: guida al consumo

    «No ai prodotti senza marchio CE e a chi le usa per gioco». Mancano studi che dicano se sono nocive o utili per smettere

    MILANO - Un’alternativa più salutare alla sigaretta? Un’opportunità valida per smettere di fumare? O, fino a nuove conferme, prodotti «potenzialmente nocivi»? Sono tante le domande che arrivano (anche tramite il forum "Stop al fumo") sulle sigarette elettroniche, sempre più diffuse in Italia e nel mondo. Di certo appare in crescita il numero di quanti passano al «fumo al vapore», che peraltro consente di mantenere la gestualità cara ai fumatori persino in ambienti chiusi, come uffici o ristoranti. Non pochi sono gli ex tabagisti che sostengono di aver buttato il loro ultimo pacchetto grazie all’aiuto della sigaretta elettronica. Il fatto che le e-cig (abbreviazione dell’inglese e-cigarettes) siano da molti considerate «innocue» attira poi anche un certo numero di non fumatori, a cui piace l’idea di gustarle nei loro differenti sapori, un po’ come si fa con il narghilè nei Paesi arabi. Il nocciolo della questione, che tiene banco anche fra gli scienziati, è però se questi prodotti facciano male alla salute o meno. E se siano utili o no per chi vuole dire addio al tabacco.

    MOLTISSIMI MODELLI DIFFERENTI - «Di fatto, gli studi scientifici in materia sono pochi - spiega Roberta Pacifici, responsabile dell’Osservatorio Fumo dell’Istituto superiore di Sanità (Iss) -, ma ce ne sono alcuni in corso di cui attendiamo i risultati per poter dare una risposta chiara. L’unica risposta che al momento possiamo dare è che non avendo i risultati di test mirati non sappiamo se le sigarette elettroniche siano un presidio utile per smettere di fumare. Né conosciamo se e quali danni possono causare. Inoltre è fondamentale capire che non si può parlare genericamente di "sigarette elettroniche": ne esistono molti modelli differenti, con altrettanti contenuti e non è possibile generalizzare». In pratica, infatti, il meccanismo di funzionamento è l’unica cosa che le varie e-cig hanno in comune. Il contenuto, cioè quello che si aspira e che può essere dannoso, varia (in qualità e quantità di sostanze presenti) da modello a modello e non sempre è noto. Ecco perché è così difficile poter fare valutazioni generiche e dare risposte universalmente valide.

    COM’È FATTA UNA E-CIG? – Tutti i modelli di sigaretta elettronica sono composti da una batteria, un atomizzatore e una cartuccia. La parte iniziale della sigaretta, cioè quella che nelle sigarette tradizionali corrisponde alla zona in cui è contenuto il tabacco, è ricaricabile (grazie ad appositi caricabatterie) e la durata può variare più o meno da 70 a 150 «tiri» a seconda del modello. In molti modelli è presente una luce rossa in punta che si illumina ad ogni tirata (che serve semplicemente a simulare una sigaretta vera, ma che indica anche - se lampeggiante - che la batteria è scarica). L’atomizzatore produce il vapore che, passando per la cartuccia, si arricchisce di sapore e gusto in base all’aroma scelto. «Questo non significa però che si fuma soltanto "vapore acqueo" come molti sostengono, ma bensì il vapore prodotto da glicerina vegetale o glicerolo e glicole propilenico, più eventuali aromi. Ed eventuale nicotina, che essendo una sostanza psicoattiva crea dipendenza proprio come nelle sigarette normali» chiarisce Pacifici.

    IN ATTESA DI CONFERME, OCCHIO AL MARCHIO CE - In conclusione, molti specialisti concordano sull’atteggiamento da adottare. Chi non ha mai fumato è bene che stia lontano da questi prodotti: dannosi o no, perché rischiare? In ogni caso non si tratta di un gioco. Altro discorso invece per i fumatori che vogliono smettere: «Ancora non sappiamo se le e-cig siano uno strumento utile per la disassuefazione dal fumo - conclude l’esperta dell’Iss -. Ad esempio, mantenere la gestualità all’inizio potrebbe essere utile, ma alla lunga può rivelarsi critico (perché non s’interrompe l’abitudine). D’altro canto le e-cig che contengono nicotina potrebbero venire usate con "dosaggi a scalare", come avviene attualmente con i farmaci sostitutivi nicotinici (bupropione e vareniclina), impiegati contro le crisi di astinenza di certi fumatori. Va comunque considerato che una sigaretta normale contiene circa 4mila sostanze, tra cui diverse cancerogene e tossiche, e le sigarette elettroniche molte meno. Certo tutto dipende dall’uso che se ne fa e per chi decide di dire addio al tabacco da solo sono comunque un punto d’inizio migliore di nulla. Ma la via migliore da seguire è quella di recarsi nei centri antifumo e seguire i metodi approvati: farmaci o counseling psicologico, a seconda di quanto indicato da uno specialista». Infine, un avvertimento: per chi si decide all’acquisto, è fondamentale (vista la notevole gamma di prodotti sul mercato) controllare che sia presente il marchio di garanzia della Comunità europea (CE) e che non sia contraffatto.

    Vera Martinella
    (Fondazione Veronesi)21 dicembre 2012 (modifica il 23 dicembre 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    La dieta è fattibile al mattino, ma non di sera!


    Da “Salute e benessere”

     

    La dieta è fattibile al mattino, ma non di sera!

             

    La dieta funziona al mattino, ma di sera ai cibi ipercalorici non si resiste: eppure anche senza dieta, ma evitando alcuni alimenti, si può stare in forma.

    Sanihelp.it - Al mattino siamo tutti virtuosi: la colazione quasi sempre è equilibrata e bilanciata, ma con il passare delle ore si cominciano a commettere errori alimentari e a cedere alle tentazioni culinarie, minando in maniera grave la propria silhouette; è questo quello che è emerso da un vero e proprio censimento effettuato sulle abitudini alimentari in 50 paesi diversi.

    È stato possibile analizzare una quantità di dati così vasta grazie all’utilizzo di una
    app che permette a chi la utilizza, di segnalare cosa si è mangiato durante la giornata e di esprimere un giudizio sulla qualità nutrizionale di quello che si è consumato.
    Si è visto che gli utilizzatori della app a partire dalle 10 del mattino cominciano a segnalare i propri errori alimentari, che lievitano nelle ore notturne.

    Secondo gli studiosi una spiegazione a questo comportamento starebbe nel fatto che nelle prime ore della giornata la
    forza di volontà è più salda, mentre va scemando con il passare delle ore.

    D’altra parte uno studio pubblicato sulla rivista British Medical Journal ha evidenziato come per non ingrassare non è necessario seguire diete ferree o fare terribili rinunce alimentari, ma per dimagrire in maniera duratura bisogna privilegiare una dieta povera di grassi consumando di preferenza latte e yogurt scremato e mangiando con parsimonia formaggio, burro, dolci e patatine fritte.

    Durante questi giorni di festa, dunque, è bene ricordare che è inutile imporsi questa o quella rinuncia alimentare pena spiacevoli contraccolpi psicologici, ma sarà meglio mangiare con gusto, senza eccedere ricordando che di sera è necessario un supplemento di forza di volontà in più per non lasciarsi andare a pericolose trasgressioni alimentari.

    Ancora una volta i latini avevano ragione: in media stat virtus!

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    Feste e troppo alcol? Gli asparagi disintossicano il fegato


    Dal “Sole 24 Ore”

    Feste e troppo alcol?
    Gli asparagi
    disintossicano il fegato

    Troppo alcol durante le feste di Natale? La natura batte i rimedi anti-sbronza di dubbia efficacia presenti sul mercato. Lo conferma uno studio pubblicato sul Journal of Food Science che evidenzia gli effetti depurativi degli asparagi, alleato contro le scorie che assediano il fegato.  

     I ricercatori sudcoreani guidati da B.Y. Kim della Jeju National University hanno, infatti, studiato da vicino l’azione degli estratti dell’ortaggi di cui sono note le proprietà disintossicanti, che si coniugano con quelle diuretiche, ma anche quelle antinfiammatorie. Un toccasana per l’organo sul quale più di tutti si abbatte il superlavoro del metabolismo durante le festività, il fegato, alle prese con troppi bicchieri di vino, birra e superalcolici.  A favorire l’attività di protezione e prevenzione sarebbe l’alto concentrato di sali minerali e amminoacidi che aiutano a ripulire il fegato dalle scorie in eccesso. Lo dimostra un esperimento condotto su cellule umane e animali di fegato “intossicate” dall’alcol che sono state “curate” con estratti bioattivi di foglie e germogli di asparago.  

     Da sconsigliare, anche perché si sono dimostrati inefficaci anche ai test degli esperti, i rimedi anti-sbronza che si trovano su Internet: pillole e cerotti non hanno nessuna efficacia scientifica e proprio in questi giorni uno dei prodotti, le pillole Etisorb, è stato ritirato dal mercato su ordine del Ministero della Salute.

    di (28/12/2012)

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    Ictus: 3,5 ore di passegiata a settimana salvano le donne


    Ictus: 3, 5 ore di passeggiata a settimana salvano le donne

     (AGI) - Madrid, 5 gen. - Le donne che camminano almeno tre ore e mezzo la settimana hanno una probabilita' inferiore di avere un ictus. Lo afferma uno studio spagnolo pubblicato dalla rivista 'Stroke', secondo cui il beneficio non c'e' se si fanno esercizi anche piu' intensi ma per meno tempo; e il discorso non vale per gli uomini. I ricercatori dell'autorita' sanitaria regionale di Murcia hanno utilizzato i dati dei questionari di 33mila persone che avevano partecipato a uno studio sul cancro negli anni '90, contattandole regolarmente negli anni successivi. Al termine dei 12 anni di follow up si sono verificati 442 casi di ictus sia tra gli uomini sia tra le donne: "Per le donne che camminavano piu' di 210 minuti - scrivono gli autori - il rischio e' risultato minore del 43 per cento, mentre per gli uomini non abbiamo visto benefici di questo tipo, e al momento non abbiamo una spiegazione per questo fenomeno".

     

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    Grassi saturi riducono numero di spermatozoi


    Grassi saturi riducono numero di spermatozoi

     (AGI) - Washington, 7 gen. - I grassi saturi sono legati a una caduta del numero di spermatozoi. A dirlo e' uno studio danese, riportato nella rivista The American Journal of Clinical Nutrition, che ha scoperto che i giovani maschi danesi che mangiano le maggiori quantita' di grassi saturi hanno una concentrazione di liquido seminale del 38 per cento minore e un numero di spermatozoi del 41 per cento minore rispetto a quelli che ingeriscono meno grassi. Lo studio e' opera del Rigshospitalet di Copenhagen. I ricercatori hanno esaminato 701 giovani uomini danesi di eta' media 20 anni. Gli uomini che traevano meno dell'11,2 per cento della loro energia dai grassi saturi avevano una concentrazione spermatica media di 50 milioni per millilitro e un conto totale di 162 milioni. Quelli che invece traevano oltre il 15 per cento della loro energia dai grassi saturi avevano una concentrazione di 45 milioni per millilitro e un computo totale di 128 milioni di spermatozoi.
      Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanita', la concentrazione minima dovrebbe essere di 15 milioni per millilitro: nello studio, il 13 per cento degli uomini che mangiavano meno grassi saturi e il 18 per cento degli uomini che ne mangiavano di piu' erano al di sotto di questo valore.

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    La top ten dei mestieri più psicopatici.


    La top ten dei mestieri 'piu' psicopatici'

    Amministratori delegati, avvocati e operatori dei media sul podio

    10 gennaio, 14:06

    Stilata la top ten dei mestieri che attirano persone con disturbi della personalita', al top delle 'professioni da psicopatici' ci sono gli amministratori delegati, seguiti da avvocati e impiegati nei mezzi di comunicazione radio e tv. I giornalisti sono al sesto posto, preceduti dai chirurghi e questi ultimi dai venditori.

    A stilare la classifica Kevin Dutton della University of Oxford, che l'ha sviluppata per il suo libro, The Wisdom of Psychopaths: What Saints, Spies, and Serial Killers Can Teach Us About Success. Al settimo posto troviamo le forze dell'ordine, poi gli ecclesiastici, a seguire chef ed impiegati statali. Tra i mestieri associati con tratti meno vicini a quelli di uno psicopatico ci sono invece quelli legati all'assistenza agli altri, per esempio insegnanti, infermieri, terapisti.

    L'esperto ha stilato la classifica dei ''mestieri psicopatici'' facendo un'indagine online - 'Great British Psychopath Survey' - cui hanno risposto circa 5500 persone che hanno compilato un questionario per verificare alcuni tratti della loro personalita' e detto quale lavoro facessero.

    L'esperto ha incrociato i dati e visto che i tratti della personalita' che di solito sono legati a una diagnosi di psicopatia (ad esempio l'essere senza pieta' e senza paura) si ritrovano piu' spesso nelle persone che fanno certi mestieri. Il che non significa che dobbiamo aver paura del nostro vicino di casa se fa il chirurgo, ma piu' semplicemente che alcuni dei tratti caratteriali che spingono verso certe professioni e verso il successo in dette professioni sono anche caratteristiche che, crescendo in ambienti sbagliati o esposti a traumi e brutte esperienze, possono favorire l'insorgere di un disturbo di personalita'.

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    Quelle macchie bianche sulle gambe cosa sono?


    Dal “Sole 24 Ore”

    Quelle macchie bianche
    sulle gambe cosa sono?

    Di piccole dimensioni, destinate a crescere nel tempo, localizzate sul tronco, sulle braccia, sulle gambe, sul viso. Sono micro-lesioni che appaiono più bianche rispetto alla pelle che le circonda, con confini spesso sfumati, brutte a vedersi, antiestetiche, ma che non devono spaventare, perché non hanno nulla a che fare con la vitiligine né l'anticipano, assicura Mauro Picardo, direttore di Fisiopatologia Cutanea e Centro di Metabolomica dell'Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma.    

     “Tra le lesioni ipopigmentarie del viso e del tronco ci sono quelle da foto-danneggiamento cronico, cioè lesioni prodotte dalla eccessiva esposizione solare – spiega lo specialista – che in particolare dopo l'estate sono più evidenti, perché le differenze cromatiche sono amplificate ed è più facile notarle, e sono più frequenti soprattutto nei soggetti adulti o anziani che si siano esposti molto al sole negli anni, la presenza di lesioni ipopigmentarie del viso e del tronco”.    

     Ma anche nelle giovani donne può insorgere un problema simile, ad esempio “possono essere più evidenti lesioni sulle gambe – spiega Picardo - definite depigmentazione a confetti, che non sono correlate alla vitiligine, e che possono aumentare lievemente di numero nel tempo ma in genere non di dimensioni”. 

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    Fragole e mirtilli contro l'infarto, ecco la dieta della salute per le donne


    Dal “Sole 24 Ore”

    Fragole e mirtilli contro
    l'infarto, ecco la dieta
    della salute per le donne

    Se si è donne per ridurre di un terzo il rischio di infarto basta mangiare fragole e mirtilli almeno tre volte alla settimana. A svelarlo è uno studio pubblicato su Circulation dai ricercatori dell'Harvard School of Public Health (Usa) e dell'University of East Anglia (Regno Unito), secondo cui le amanti di questi frutti hanno una probabilità di avere un infarto inferiore del 32% rispetto alle donne che li mangiano al massimo una volta al mese. 

    Lo studio ha previsto l'analisi di questionari compilati ogni 4 anni, per un periodo totale di 18 anni, da 93.600 donne di età compresa tra i 25 e i 42 anni. In questo lasso di tempo fra le partecipanti sono stati registrati 405 casi di infarto ed è stato osservato che anche le donne che seguono un'alimentazione ricca di frutta e verdura, ma non mangiano fragole e mirtilli più di una volta al mese, sono più esposte a questo evento cardiovascolare rispetto a quelle che si garantiscono almeno tre porzioni alla settimana di questi frutti di bosco. Gli ingredienti segreti di questi ultimi sarebbero più d'uno: da un lato, i flavonoidi presenti anche nell'uva, nelle more, nelle melanzane e in molta latra frutta e verdura, dall'altro, una classe specifica degli stessi flavonoidi, le antocianine, che contribuiscono a mantenere le arterie dilatate e a contrastare la formazione delle placche aterosclerotiche. 

    “Mirtilli e fragole possono essere facilmente aggiunti a ciò le donne mangiano tutte le settimane - spiega Eric Rimm, responsabile della ricerca -. Questo semplice cambiamento alimentare potrebbe avere un impatto significativi sulla prevenzione”. Non è, però, detto che altri frutti di bosco non siano altrettanto efficaci. Infatti l'analisi si è concentrata su fragole e mirtilli perché sono i frutti di bosco più consumati negli Stati Uniti, ma sono gli stessi ricercatori a ipotizzare che anche altri cibi possano avere lo stesso effetto.

    di Silvia Soligon (15/01/2013)

     

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    Sanità nel Lazio, solo quattro aree........Afferma Filippo Palumbo, Capo del Dipartimento della programmazione del Servizio Sanitario Nazionale e nuovo Commissario alla Sanità


    Da “La Repubblica”

       

    "Sanità, nel Lazio solo quattro macroaree
    Ricalcoleremo i servizi e l'assistenza"

    La prima intervista del capo di dipartimento. "Per questo settore ci vuole il cortisone". Palumbo, commissario alla Sanità vara il piano contro i tagli indiscriminati

    di LORENZO D'ALBERGO Il commissario alla sanità Filippo Palumbo

    "La sanità laziale è un paziente che si sostiene col cortisone". Filippo Palumbo, capo del dipartimento della programmazione del Servizio sanitario nazionale e nuovo commissario, ha preso il posto di Enrico Bondi il 7 gennaio. Il suo predecessore ha lasciato "un documento privato con 20 punti a cui dare continuità". Una breve guida per curare un malato che nel 2012 è costato ai contribuenti più di mezzo miliardo di euro.

    Commissario, perché parla di "cortisone"?
    "L'Irpef genera circa 800 milioni di euro l'anno e viene riversato completamente nella sanità. Il disavanzo 2012 è di 780 milioni: si arriva a fine anno con un piccolo attivo. Il paziente sembra in salute. Ma la cura ha i suoi effetti negativi: le entrate fiscali usate per sostenere la sanità sono sottratte ad altri rami dello sviluppo della Regione: istruzione, trasporti e aiuti alle imprese. Noi vogliamo liberare queste risorse".

    È possibile farlo in poco più di un mese?
    "Servono tre o quattro mesi. Il rientro prevede un taglio dell'eccesso di posti letto per acuti e riabilitazione e la semplificazione di un apparato barocco: troppi i posti minidirigenziali. Noi prepareremo il lavoro, cercando una via intermedia. Vogliamo che il prossimo commissario abbia spazio di manovra per la gestione delle risorse. Non ci possiamo fermare come chiedono i sindacati: metteremmo nei guai chi verrà. Da lunedì vedrò le parti sociali e ci confronteremo su questo".

     

     Idi e San Raffaele. Qual è lo stato dell'arte?
    "Per l'Idi stiamo verificando come pagare tutto il pagabile senza cadere in ulteriori contenziosi. La situazione, però, va risolta: non solo gli stipendi, vanno pagati anche i fornitori. Lo stesso vale per il San Raffaele. Incontrerò la proprietà la prossima settimana, così come le associazioni che riuniscono gli ospedali privati".

    Dall'altra parte c'è il pubblico. Medici e infermieri occupano da settimane il Cto e il San Filippo Neri. Che futuro li attende?
    "I tagli di Bondi sono delle simulazioni per ora. Vanno integrate, allargando lo spettro di programmazione anche al privato. Il ragionamento era: mi occupo prima del pubblico perché lì pago direttamente stipendi, beni e servizi, mentre il privato lo governo con i tetti di spesa. Funziona solo nel breve periodo".

    Sul lungo periodo come si può procedere?
    "Va recuperata la logica del decreto 80 della Polverini, lì dove si sentiva forte l'impulso culturale di Guzzanti. Vanno create quattro macroaree nel Lazio, calcolandone il fabbisogno di assistenza. Poi seguiremo degli standard per i tagli. Saranno definiti con il regolamento sulle reti ospedaliere, che sarà varato dalla conferenza StatoRegioni il 24 gennaio. Così, dati alla mano, individueremo i reparti che hanno avuto le performance peggiori negli ultimi tre anni. Si perderà una quota fisiologica di posti letto e alcune Asl romane potrebbero essere tagliate. Ma solo così ogni macroarea sarà come una piccola Regione più governabile".

    Il suo piano prevede solo tagli?
    "No. Serve una rete di assistenza territoriale e domestica. Il mercato si aprirà per chi ha professionalità in questo campo. Nel Lazio abbiamo solo qualche migliaia di posti letto per anziani e lungodegenti, mentre il Veneto con una popolazione simile ne ha 22 mila. Bisogna programmare e costruire con cautela e ottimismo".

    (18 gennaio 2013) © Riproduzione riservata

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    Trapianti: Italia terza per donazioni


    Trapianti: Italia terza per donatori

     
    2.921 interventi dato parziale 2012
     
    22 gennaio, 11:04
     
    (ANSA) - ROMA, 22 GEN - L'Italia, con 21.8 donatori d'organo per mln di abitanti, e' terza tra i grandi paesi europei dopo la Spagna (35.3) e la Francia (25), e con valori piu' elevati rispetto a Regno unito (17) e Germania (14.7). Quanto al numero totale dei trapianti, il dato aggiornato a novembre 2012 e' pari a 2.921 di cui 1.591 trapianti di rene, 992 di fegato, 238 di cuore, 115 di polmone, 14 di pancreas, 56 di combinati rene-pancreas e 3 di altri combinati. Questi i dati emersi al II seminario sui trapianti.
     
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    Bella notizia! Quando si potrà dire la stessa cosa per le donazioni di sangue nel Lazio?
     
    La Redazione del Sito di EMA-ROMA
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    Igiene nasale quotidiana contro raffreddori & Co.


     

     

    Tenere puliti il naso, le mucose e le alte vie respiratorie è una misura preventiva efficace.

    Soprattutto nei bambini, ma anche negli adulti che tendono ad andare incontro a ripetuti episodi di raffreddore durante l’inverno e i cambi di stagione, curare regolarmente l’igiene del naso con lavaggi o aerosol consoluzioni saline è un metodo semplice ed efficace per prevenire sintomi fastidiosi come arrossamento, infiammazione e naso chiuso e per alleviare il disagio quando i virus hanno ormai colpito.

    A differenza dei decongestionanti nasali in gocce o in spray, il cui uso è controindicato nei bambini sotto i 12 anni, e ammesso con moderazione, per non più di 3-4 giorni, negli adulti, i lavaggi nasali e l’aerosol con soluzioni saline isotoniche aiutano a liberare il naso senza sensibilizzare le mucose né causare l’antipatico “effetto rebound”, consistente in un’accentuazione dei sintomi del raffreddore (infiammazione nasale e rinorrea) quando se ne interrompe l’impiego.

    La soluzione viene dal mare

    Al contrario: l’azione riequilibrante dei sali minerali contenuti nelle soluzioni nasali specifiche vendute in farmacia e il loro effetto “umidificante” contribuiscono a migliorare le difese immunitarie locali, offrendo una protezione naturale prolungata.

    Le soluzioni saline per lavaggi nasali e aerosol si possono acquistare in farmacia senza bisogno di ricetta medica e sono molto semplici da usare anche nei bambini di pochi mesi, per i quali rappresentano praticamente l’unico rimedio autorizzato contro il raffreddore e in generale contro tutte le condizioni che portano a un’eccessiva produzione di muco.

    Nel caso dei lavaggi, per liberare il naso dal muco, è sufficiente mettersi (o porre il bambino) in posizione sdraiata su di un lato e instillare 2-3 gocce di soluzione in ciascuna narice (una per volta), facendo attenzione a non toccare il naso con l’erogatore.

    Successivamente, si deve tornare in posizione seduta e soffiare il naso con un certa decisione. Se il bambino è molto piccolo e non ancora in grado di soffiare dal naso in modo efficace, il liquido e il muco nasale in eccesso possono essere asportati aiutandosi un piccolo aspiratore nasale (peretta in gomma morbida), da inserire delicatamente nella narice per 2-3 millimetri.

    Questa procedura può essere ripetuta anche più volte al giorno se il raffreddore è molto intenso. La sera prima di coricarsi, i lavaggi nasali (o l’aerosol) con soluzione salina permettono di liberare il naso, facilitando il riposo notturno; al mattino, al risveglio aiutano a eliminare il muco accumulato durante la notte. Nei neonati non ancora svezzati, può essere utile ripetere queste procedure anche prima della poppata per permettere al bambino di succhiare meglio il latte.

    Regole per conservarlo bene

    Per avvantaggiarsi di tutte le proprietà benefiche delle soluzioni saline, bisogna ricordare di conservarle, una volta aperte, in frigorifero, ben chiuse e in una zona separata dagli alimenti, per un massimo di sette giorni (per non sbagliare basta scrivere la data di apertura sulla confezione).

    Se ad aver bisogno dei lavaggi nasali è più di un componente della famiglia, per evitare di trasferire involontariamente i virus del raffreddore da uno all’altro, si deve avere l’accortezza di utilizzare flaconcini di soluzione salina individuali, per esempio scrivendo il nome (o un simbolo distintivo) su ogni confezione.

    In alternativa, si può optare per le più pratiche soluzioni in confezione monodose che evitano ogni rischio di contaminazione e si conservano più a lungo.

    Carolina Giusti

     

     

     

     

     

     

     

     

     

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    A San Valentino dona il sangue con Radio Dee Jay

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    IN PRIMO PIANO

    A San Valentino dona il sangue con Radio Dee Jay

    04 FEBBRAIO 2013

     

    locandinaGiovedì 14 febbraio 2013, in occasione di San Valentino, il Trio Medusa, in collaborazione con le associazioni e federazioni dei donatori volontari di sangue, AVIS, CROCE ROSSA ITALIANA, FIDAS e FRATRES, con l'Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, invita la popolazione italiana a donare il sangue. Un gesto d'amore verso tutti coloro che necessitano di terapie trasfusionali. Le città coinvolte nella manifestazione saranno: ROMA, MILANO, VERONA, FERRARA, GROSSETO, PERUGIA, BENEVENTO, MATERA e RAGUSA.

     

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    Da verdure pericolo n.1 infezioni cibo

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    Da verdure pericolo n.1 infezioni cibo

    Studio Cdc Atlanta, carne pollo contaminata prima causa morti

    05 febbraio, 16:53

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    (ANSA) - ATLANTA, 5 FEB - A dispetto delle loro indiscusse qualita' nutritive, le verdure sono il pericolo maggiore nel frigo. Lo afferma uno studio dei Centri di controllo per le malattie Cdc di Atlanta, pubblicato da Emerging Infectious Diseases, secondo cui i vegetali a foglia larga sono la prima causa di intossicazione, mentre la carne di pollo contaminata e' prima per le morti. Lo studio si e' basato sui dati raccolti dall'agenzia tra il 1998 e il 2008, periodo con 9,6 mln intossicati e 1.500 morti negli Usa.

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

     

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    Mamme e bambini, questione di gioco

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    Dal “Corriere della Sera”

    STUDIO AMERICANO

    Mamme e bambini, questione di gioco

    Le donne che lasciano maggiore libertà ai figli, dando spazio alla fantasia, hanno con loro un rapporto più affettivo

    MILANO - Imporre regole dettate dall'alto, dare ordini e provare a giocare in modo adulto con i propri figli abbondando un po' troppo in razionalità potrebbe influire sul rapporto genitore-bambino: lo dice una nuova ricerca americana, svolta dagli psicologi dell'Università del Missouri, che ha indagato sulle modalità di gioco tra le mamme e i loro bambini, a partire da un anno di età, fino all'ultimo anno di asilo. In quel delicato mondo del gioco, in cui i piccoli costruiscono la loro personalità, lasciano emergere paure e sentimenti contrastanti per rielaborarli, un intervento troppo duro e direttivo nuoce all'affettività del rapporto.

    QUANDO UN GIOCO È BELLO - Sull'importanza del giocare dei piccoli da soli o in compagnia per sviluppare la propria interiorità, per imparare a socializzare, ma anche sul ruolo fondamentale del gioco per costruire un rapporto con i genitori ed educare, si è detto e scritto molto. Ancora però in pochi avevano indagato sulla lettura che i bambini traggono dai comportamenti tenuti dalle mamme in questi momenti di confronto attraverso la fantasia, il "campo di lavoro" preferito dei piccolissimi. Per questo motivo, gli psicologi americani hanno analizzato video di mamme alle prese coi loro figli in momenti ludici a 1, 2, 3 e poi 5 anni di età. Memorizzando e analizzando i loro comportamenti, e confrontandoli poi con i sentimenti dei bimbi nei confronti dei genitori, per esempio verificandone poi la fiducia, l'affettività, la propensione alla ricerca di coccole e di sicurezza nel proprio genitore.

    MAMME SEVERE, MAMME ANAFFETTIVE - Nella maggioranza dei casi studiati dalla ricerca, i bambini creano un miglior rapporto con quelle mamme che, nel momento del gioco, lasciano che fantasia e creatività dei piccoli abbiano la meglio. Incoraggiando anche la sperimentazione e piegandosi, in un certo senso, alle regole seppur strampalate inventate dalla prole. Mentre i problemi nascono con quei figli le cui madri impongono regole di gioco severe, ancor peggio se a questo si dimentica di accompagnare un atteggiamento dolce e comprensivo. Gli esempi vanno dalle regole complicate di un gioco di società a gesti banali, come quelli di una mamma che dice al figlio che no, il cavallo inserito nella fattoria non deve entrare dal tetto ma dal portone. Nel mondo dei piccoli, in cui il gioco è una cosa seria, divieti e rigidità possono essere vissuti come tentativi di controllo e mancanze di amore. Per questo i figli e le figlie di mamme rigide hanno mostrato scarso attaccamento, rabbia, aggressività nei confronti del genitore.

    AD OGNI PAESE LA SUA MAMMA - La stessa ricerca ha anche trovato differenze nei comportamenti delle mamme a seconda dell'origine: in generale, nel primo anno di età le mamme afro-americane si sono dimostrate le più rigide nel gioco, seconde le mamme latino-americane e terze quelle di origine europea. La situazione però pare livellarsi col passare degli anni: a 5 anni infatti tutte le mamme i cui comportamenti sono stati studiati hanno mostrato maggiore duttilità nel trattare i figli. E la stessa mamma che al bimbo di un anno vietava di toccare i fornelli (finti) dicendogli che si poteva bruciare, a 5 anni lasciava il suo piccolo "chef" improvvisare e rischiare sui fuochi.

    Eva Perasso8 febbraio 2013 | 14:34© RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Benedetto XVI lascia il pontificato, Papa si dimette il 28 febbraio

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    Benedetto XVI lascia il pontificato, Papa si dimette il 28 febbraio

     

    Il Papa lascia il pontificato dal 28 febbraio. Lo ha annunciato personalmente, in latino, durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. "Un fulmine a ciel sereno". Con queste parole il decano del collegio cardinalizio, cardinal Angelo Sodano ha commentato la decisione di Benedetto XVI di lasciare il pontificato

    Il Papa ha spiegato di sentire il peso dell'incarico di pontefice, di aver a lungo meditato su questa decisione e di averla presa per il bene della Chiesa.

    Il papa ha indicato il 28 febbraio per il termine del pontificato e chiesto che si indica un conclave per l'elezione del successore.

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

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    Chirurgia: arriva la smartlipo, liposuzione in versione


     

    Chirurgia: arriva la smartlipo, liposuzione in versione "soft"

     

    12:44 13 FEB 2013

     

    (AGI) - Milano, 13 feb. - Niente rischi, zero ematomi e tempi di recupero ridotti. E' la smartlipo, la versione "soft" della liposuzione che in un'ora elimina le piccole localizzazioni di grasso. L'intervento di medicina estetica sta conquistando un posto di primo piano soprattutto in vista della bella stagione, quando si inizia a scoprire il corpo e quindi anche le imperfezioni."La smartlipo, a differenza della liposuzione, non comporta un intervento chirurgico vero e proprio e ha dei tempi di recupero estremamente ridotti", ha spiegato Patrizia Gilardino, chirurgo estetico di Milano, socio Aicpe e Sicpre.
      "Si rivela estremamente utile per rimuovere concentrazioni di adipe localizzate, ad esempio su cosce, pancia, ginocchia e anche sul viso, per il doppio mento", ha aggiunto. Quando invece gli accumuli sono eccesivi, ci vuole il bisturi, e quindi la liposuzione. Come precisa Gilardino: "Permette di rimodellare le linee del corpo eliminando le piccole concentrazioni di grasso. Per esempio, la smartlipo e' indicata per eliminare le culotte de cheval, ovvero per togliere quei cuscinetti che si formano tra gluteo e coscia e che sono particolarmente difficili da eliminare, persino con una costante e mirata attivita' fisica. Ma anche, e' utile per ridurre sensibilmente il giro vita e la cosiddetta pancetta che, secondo quanto osservo dal mio studio, tanto da' fastidio ai quarantenni. Si arriva a poter intervenire anche sulle ginocchia e persino nella eliminazione del doppio mento".Il termine "smart" indica un approccio particolarmente agevole per i pazienti. "La smartlipo di ultima generazione e' un'evoluzione della tradizionale laserlipolisi: alla base c'e' sempre la tecnologia laser, ma vengono utilizzate delle micro cannule piu' sottili che comportano anche dei minori traumi e tempi di recupero piu' rapidi, oltre ad una migliore uniformita' dell'intervento", ha aggiunto. Nello specifico, il trattamento prevede l'utilizzo di un laser che cancella i cuscinetti di grasso: l'energia prodotta "scalda" la pelle dall'interno e non solamente colpisce, eliminandolo, il tessuto adiposo in eccesso, ma anche stimola la produzione di collagene, quindi un ringiovanimento generale della cute. Come spiega la dottoressa: "L'intervento si esegue ambulatorialmente in anestesia locale utilizzando una sottilissima fibra ottica che viene introdotta nel cuscinetto adiposo con uno speciale ago. La fibra ottica e' collegata ad un laser che lisa le cellule adipose, che poi vengono riassorbite". Il metodo e' atraumatico e solitamente non si formano lividi ed ecchimosi, che accompagnano invece la liposuzione. Una seduta dura, circa un'ora: il paziente puo' lasciare l'ambulatorio subito dopo e non e' necessario sospendere l'attivita' lavorativa. "Unico accorgimento: tenere in compressione l'area trattata per un paio di settimane dopo il trattamento per armonizzare il risultato", ha raccomandato Gilardino. Il costo del trattamento parte dalle 700 euro .

     

     

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    ANTEPRIMA Area medica, ammissione all'Università: ecco le date degli esami per gli anni accademici 2013-2014 e 2014-2015

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    Dal "Sole 24 Ore"

     

    LAVORO E PROFESSIONE

    ANTEPRIMA Area medica, ammissione all'Università: ecco le date degli esami per gli anni accademici 2013-2014 e 2014-2015




     
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    L'esame di ammissione a medicina e chirurgia e a odontoiatria si terrà il 24 luglio 2013 e il 25 quello per veterinaria. Lo ha reso noto ieri 14 febbraio il ministero dell'Università che ha confermato per settembre l'esame di ammissione per le professioni sanitarie, anticipandolo di una settimana al 4 settembre.

    Altra novità che arriva dal Miur è la comunicazione, con oltre un anno di anticipo, delle date di esame per il successivo anno accademico 2014-15: medicina e odontoiatria 8 aprile 2014; veterinaria 9 aprile 2014; professioni sanitarie 3 settembre 2014.

    Novità in arrivo anche sul versante della disponibilità dei posti per le professioni sanitarie nel nuovo anno academico.

    Secondo Angelo Mastrillo (Conferenza delle lauree delle professioni sanitarie e Osservatorio professioni sanitarie) pur non essendo ancora conclusa e completata la rilevazione dei dati per alcune Regioni, al momento si registrerebbe la riduzione di circa 4mila posti (-12%) del fabbisogno di circa 31.500 stimato dalle Regioni rispetto ai 35.704 dello scorso anno.

    A determinare la diminuzione sarebbe la Regione Siciliana. Confermata, anche se in misura inferiore, l'analoga riduzione di 1.292 delle categorie, dai 34.729 dello scorso anno agli attuali 33.438 (-3,7%). «Di fatto - spiega Mastrillo - è in corso una riflessione rispetto a una fase critica sul tasso occupazionale che negli ultimi 4 anni ha visto un progressivo calo, dall'86% del 2007 al 75% del 2010. Si tratta comunque di alti valori occupazionali, se confrontati con gli altri settori, come evidenziato da AlmaLaurea».

    «Scandaloso», giudica l'Unione degli Universitari il calendario dei test di ammissione che inizieranno il 23 luglio con medicina e odontoiatria e si concluderanno il 4 settembre con professioni sanitarie per il 2013, mentre nel 2014 saranno addirittura ad aprile. 

    «Il ministro Profumo - afferma Michele Orezzi, coordinatore nazionale Udu - non si smentisce nemmeno da dimissionario. Dopo il tentativo di far passare il Dm sul diritto allo studio, che di fatto annienta i diritti degli studenti meritevoli ma privi di mezzi, in sordina senza il coinvolgimento degli studenti, adesso sferra un altro attacco agli studenti. Stabilire l'inizio delle prove per i test di ammissione a luglio è un ulteriore ostacolo all'accesso all'università».

    «Non solo - spiega Orezzi - gli studenti dovranno prepararsi a sostenere un test d'ingresso su materie che possibilmente non hanno mai nemmeno studiato, inoltre avranno pochissimo tempo a disposizione per farlo in quanto saranno impegnati, almeno fino alla prima metà di luglio, a sostenere gli esami di maturità. E' un altro palese attacco al diritto allo studio e all'accesso alla formazione per migliaia di studenti».

    «Noi - conclude Orezzi - da sempre lottiamo contro il numero chiuso e abbiamo promosso e vinto numerosi ricorsi al Tar, permettendo a centinaia di studenti di potersi immatricolare. Abbiamo anche organizzato un ricorso straordinario collettivo gratuito direttamente al presidente della Repubblica che a breve sarà deciso per scardinare questo sistema iniquo di selezione aprioristica». Ricordando di essere ancora in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, l'Udu annuncia l'intenzione di mettere «in campo tutte le iniziative politiche e legali contro un mezzo di selezione aprioristico».

     

     

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    Alimentare: con mense 'intelligenti' piu'consumo frutta e verdura

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    Alimentare: con mense 'intelligenti' piu'consumo frutta e verdura

     


    13:51 23 FEB 2013

    (AGI) - New York, 23 feb. - Bastano pochi accorgimenti nelle mense o nelle caffetterie per convincere bambini e ragazzi a mangiare piu' sano. Lo afferma uno studio pubblicato dal Journal of Pediatrics della Cornell university, secondo cui sono sufficienti poche ore e qualche decina di dollari per risultati concreti. I ricercatori hanno studiato le mense di due scuole superiori di New York in cui erano state fatte piccole migliorie, dal posizionamento di frutta fresca vicino alle casse in stand dedicati all'esposizione di cartelli con scritte tipo 'perche' non provi una mela?', secondo quello che le scienza comportamentali chiamano 'paternalismo libertario', che cerca di influenzare le scelte ma senza imporle. I miglioramenti, spiegano gli autori, hanno richiesto poche ore e circa 50 dollari di spesa: "Dopo gli interventi - spiegano - il consumo di frutta e' aumentato del 18 per cento, mentre quello di verdura del 25 per cento, ed e' aumentato anche il numero di studenti che consumava le porzioni di cibo 'sano' interamente".
     

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    Contro lo stress bisogna darsi una mossa

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    CONFERMATI I BENEFICI PSICOLOGICI DELL’ESERCIZIO

    Contro lo stress bisogna darsi una mossa

    La continuità è essenziale, quindi l'attività non deve essere «punitiva». Migliorano anche i risultati della psicoterapia

    MILANO - È secondo molti il vero male del nostro tempo, quello da cui sono in pochi a sfuggire. Chi infatti non si lamenta dello stress? Eppure, limitarne gli effetti non è impossibile: per ottenere buoni risultati basta decidere di alzarsi dal divano e dedicare almeno due ore e mezza la settimana - distribuite su almeno tre giorni - all’attività fisica che si ama di più. «Diversi studi hanno documentato come l'esercizio fisico possa avere una azione sovrapponibile ai farmaci nel ridurre irritabilità, ansia e depressione che spesso sono associate allo stress cronico» puntualizza Gianfranco Beltrami, cardiologo e medico dello sport dell'Università di Parma (GUARDA).

    DEPRESSIONE E ANSIA - Tra le ricerche più recenti vanno segnalate una revisione su una trentina di studi condotta l'estate scorsa dal gruppo Cochrane (che abitualmente verifica la validità delle affermazioni basate sulla produzione scientifica) per quanto riguarda la depressione, e l'analisi di otto ricerche sui disturbi d'ansia appena pubblicata sul British Journal of Sport Medicine da un gruppo di ricercatori dell'Università di Leeds, in Gran Bretagna: in entrambi i casi è emerso che l'attività fisica non può sostituirsi alle medicine nei casi più gravi, tuttavia può rappresentare un valido aiuto in più. «Anche nelle situazioni in cui non occorrono farmaci, l'esercizio migliora i risultati che si possono ottenere con la psicoterapia - aggiunge Luigi Discalzi, psicologo dello sport di Milano -. Vinte le resistenze iniziali, tutti traggono vantaggio da uno stile di vita meno sedentario: il corpo è il mezzo con cui anche la mente esprime il suo disagio e attraverso il corpo la si può aiutare a superarlo».

    I BENEFICI - Il movimento infatti agisce su molti fronti: «Contribuisce a ridurre le tensioni muscolari e favorisce il riposo notturno; migliora l'ossigenazione alle cellule cerebrali, determina il rilascio di endorfine, sostanze ormonali che favoriscono calma e benessere psico- fisico e fa utilizzare all'organismo gli ormoni - come il cortisolo - che si sono accumulati in conseguenza dello stress» rinforza Beltrami. «Quando poi si cominciano a vedere i primi risultati aumenta la soddisfazione e l'autostima e migliora il modo in cui ci si percepisce - riprende lo psicologo -. Se poi l’attività fisica è svolta insieme ad altre persone, si arricchisce di ulteriori valenze, facilitando le relazioni. Anche se si sceglie una attività individuale, tuttavia, quel che conta è che sia considerata piacevole da chi la deve praticare». Dalle ricerche scientifiche, infatti, sembra che, ai fini del benessere psicologico, il tipo di attività conti poco.

    IN COMPAGNIA - «Per essere utile contro lo stress, l'attività fisica, oltre che divertente, non deve essere esasperata da un eccessivo agonismo - raccomanda Beltrami -. Meglio ancora se è praticata all'aperto, in compagnia, possibilmente in un ambiente distensivo e rilassante». Anche in relazione all'età, alle esigenze, ad attitudini e condizioni di salute individuali, quindi, lo stesso effetto antistress di una corsa al parco o di una partita a calcetto può essere ottenuto con una bella passeggiata o lavorando in giardino, giocando a golf, o andando a ballare, purché l'attività sia svolta con continuità, con una frequenza minima di tre volte alla settimana. «Si potrà iniziare con venti minuti-mezz'ora, per poi incrementare progressivamente la durata dell'esercizio fino a un'ora» precisa il medico delle sport. Specialmente per i soggetti più anziani sono particolarmente utili anche quelle attività a impegno fisico più blando e che favoriscono il rilassamento, come lo yoga, il tai chi, il pilates.

    CONTROLLO DELLE EMOZIONI - Oltre che una cura, infine, l'attività è anche un sistema di prevenzione dell'ansia, molto più del relax in poltrona. In una sperimentazione condotta su una quarantina di volontari, Carson Smith, dell'Università del Maryland, ha recentemente dimostrato che lo sforzo fisico rende le persone meno suscettibili alle conseguenze di forti stimoli emotivi. «Chi intraprende un programma di attività fisica acquisisce progressivamente un miglior controllo delle proprie emozioni e delle reazioni fisiologiche mediate dallo stress - conclude Beltrami -, fra le quali tachicardia, tensione muscolare, sudorazione, incremento della pressione arteriosa». Insomma, l'attività fisica non solo è una medicina, che secondo molti andrebbe prescritta su ricetta come pillole e iniezioni, ma può diventare anche un efficace vaccino contro il logorio della vita moderna.

    Roberta Villa

    25 febbraio 2013  (modifica il 26 febbraio 2013)  © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Londra, arriva il ristorante (per un giorno) dalle «calorie neutrali»

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    L'INIZIATIVA

    Londra, arriva il ristorante (per un giorno)
    dalle «calorie neutrali»

    Si consumeranno le stesse calorie che si sono mangiate grazie a piccoli esercizi fisici che non compromettano la digestione

    MILANO – Entrare al ristorante e uscirne, novanta minuti dopo, senza avere in corpo una caloria in più, pur avendo cenato con un delizioso menu studiato da uno chef famoso. È l'idea – provocatoria, ma educativa – di un ristorante pop-up (ovvero, una esperienza unica che viene montata e smontata in un giorno solo) che aprirà a Londra il prossimo 13 marzo. Zero calorie, un menu cotto a vapore, qualche esercizio di ginnastica prima di sedersi a tavola: secondo gli organizzatori (si tratta di una trovata di marketing per promuovere una linea di cucine) uscire a cena e non far del male alla propria linea è possibile.

    IL RISTORANTE – La giornata magica in cui mangiare senza ingrassare è il prossimo 13 marzo. A Londra, vicino al Covent Garden, saranno serviti pasti in 4 fasce orarie diverse, due a pranzo e due a cena. È possibile prenotarsi via mail e l'accesso è gratuito, a esaurimento posti: paga tutto lo sponsor Miele. Unica regola, rispettare il programma del pasto, e promettere che si resterà all'interno per tutto il tempo necessario, ovvero 90 minuti. Una volta entrati, ecco svelato il trucco del pasto a zero calorie. Si inizia infatti con alcuni esercizi di riscaldamento, per stuzzicare il metabolismo. Si passa poi a una normale sessione di lavoro fisico, la cui sequenza di esercizi non è stata svelata. E poi tutti a tavola.

    IL PRANZO – La parola d'ordine del pasto è leggerezza. E non potrebbe essere altrimenti, visto lo spazio risicato dedicato all'attività fisica e visto il contenuto calorico di molte pietanze elaborate. Anche se il menu non è noto al pubblico, si sa che lo preparerà lo chef britannico Frederick Forster, star televisiva, chef dell'anno nel 2011 nel suo Paese, tra i più quotati della capitale del Regno Unito. Spetta a lui il compito di calcolare con precisione l'apporto calorico del pasto, oltre che del bilanciare cotture, condimenti, ingredienti usati senza che a farne le spese sia l'equilibrio del gusto. Per aiutarsi, cuocerà le pietanze usando il vapore, la cui cottura esalta gusti, colori, e non intacca gli apporti nutritivi come avviene nel caso di altre tecniche.

    UNA TROVATA EDUCATIVA - Ma come è possibile uscire dal ristorante con il conto calorico pari a zero? In effetti, come commenta Andrea Ghiselli, ricercatore dell'INRAN (Istituto Nazionale Ricerca Alimenti e Nutrizione), si può fare: «Sostanzialmente se si affronta un percorso di attività fisica che valga almeno 200-300 kcal, e poi si cucina a vapore senza olio – ricordiamo che un cucchiaio di olio è pari a 90 calorie – senza eccedere nell'aggiunta di carboidrati e proteine, può accadere di tornare a casa a zero calorie». Oppure, ma si tratta pur sempre di ipotesi, è possibile utilizzare gli spaghetti al glucomannano, altamente dietetici, o ancora calcolare le calorie partendo dal metabolismo basale, come ipotizza Ghiselli: «Per i novanta minuti al ristorante il nostro cuore batte, i reni lavorano, il fegato metabolizza e noi spendiamo circa una caloria al minuto, dunque a fine cena ne abbiamo già consumate 90». Ma al di là del conto calorico, lo spunto più interessante di questo progetto è l'abbinamento tra cibo e attività, come spiega il ricercatore: «L'idea è carina ed educativa proprio perché associa alla cena l'esercizio fisico e dunque fa capire che si può anche mangiare (tanto), ma in un certo senso te lo devi meritare».

    Eva Perasso   28 febbraio 2013 | 13:01

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Prevenzione cardiovascolare:

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    Dal “Sole 24 Ore”

     

    MEDICINA E SCIENZA

    Prevenzione cardiovascolare: "La Prevenzione in Farmacia" dal 4 al 9 marzo 2013

     

    Per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, oltre ad adottare un corretto stile di vita, è necessario tenere sotto osservazione i fattori di rischio controllando i valori che agiscono sulla salute del nostro cuore. Per questo la Siprec, la Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare presieduta dal Professor Bruno Trimarco, ha promosso la Settimana della Prevenzione: dal 4 al 9 marzo 2013 in oltre 500 farmacie in tutto il territorio nazionale sarà possibile effettuare un controllo gratuito del colesterolo. 

    L'iniziativa, supportata dall'azienda farmaceutica Rottapharm, intende offrire la possibilità di un dosaggio gratuito di colesterolemia e trigliceridemia al fine di sensibilizzare le persone sull'importanza di tenere sotto controllo questi valori. In quell'occasione verrà consegnato il "diario della salute" Siprec, dove poter annotare nel tempo i valori di peso, pressione, colesterolo e glicemia. I chili di troppo, l'ipertensione e un livello elevato di colesterolemia e zuccheri nel sangue determinano, infatti, un aumento del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.
    I dati raccolti attraverso l'iniziativa garantiranno alla Siprec la possibilità di effettuare una valutazione epidemiologica della popolazione. Dopo il controllo sarà possibile, infatti, compilare un questionario sui principali fattori di rischio cardiovascolare.

    L'elenco completo delle farmacie che hanno aderito all'iniziativa è consultabile sul sito www.siprec.it.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Alle donne che amano la vita, un invito a donare il sangue

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    Dal “Notiziario FIDAS”

     

    Alle donne che amano la vita, un invito a donare il sangue

    01 MARZO 2013

    FIDAS, in prossimità dell'8 marzo, si rivolge a tutte le donne attraverso una campagna di sensibilizzazione alla donazione del sangue e degli emocomponenti. Protagonista della campagna è Rosalba Forciniti, atleta del CS Carabinieri e della Nazionale, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra 2012, che con generosità ha messo a disposizione il suo sorriso e la sua simpatia, per incoraggiare le donne a “fare la mossa giusta”.

    Lo spot, dal titolo “Campionessa di vita”, cui si affianca una campagna visiva, percorre alcune delle azioni che compie una donna ogni giorno; tanti piccoli ed abitudinari gesti che trovano la loro focalizzazione sul braccio, strumento emblematico del dono del proprio sangue, un gesto semplice che può contribuire a salvare una vita. Il video è stato girato interamente presso il Centro Federale di Ostia (RM) della Fijlkam, la Federazione Italiana Judo Lotta Karate e Arti Marziali, con la quale FIDAS ha sottoscritto una partnership estremamente prolifica, nella condivisione di valori comuni, in primo luogo l’attenzione ai corretti stili di vita. La campagna di sensibilizzazione rientra nel programma “La sfida di donare”, che coinvolge 16 Associazioni di Donatori di sangue federate FIDAS e gode del sostegno della Fondazione con il Sud.

    Guarda il video su FIDAS Channel http://www.youtube.com/user/FIDASchannel/feed

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    Per depurare la nostra casa niente «fumi» e le piante giuste


     

    Dal" Corriere della Sera"

     

    INQUINAMENTO INDOOR

    Per depurare la nostra casa
    niente «fumi» e le piante giuste

    Ficus, aloe, giglio sono amici dell'aria domestica. Dannosi acari, sigarette, batteri, polveri sottili e monossido di carbonio

    MILANO - Trascorriamo nei luoghi chiusi il 90% del nostro tempo ed è qui che respiriamo la maggioranza degli inquinanti che minacciano la nostra salute. Negli ambienti "indoor", infatti, penetrano e si concentrano le sostanze che ammorbano l'aria esterna, alle quali si aggiunge un variegato esercito di molecole che si sprigiona da oggetti, mobili, dai prodotti chimici usati in casa, da pitture, tessuti e persino dai fornelli. Lo studio Iaiaq, finanziato dalla Ue, ha valutato che in Europa il 3% di tutte le malattie sono determinate dall'inquinamento indoor.

     

    QUALI SONO - «A minacciare la salute sono soprattutto le polveri sottili (PM2,5), i contaminanti biologici come muffe, acari e batteri, il monossido di carbonio e i composti organici volatili (Cov), una classe di molecole di piccole dimensioni che si diffondono nell’aria e penetrano facilmente nei polmoni, raggiungendo, da qui, il sangue» spiega Paolo Carrer, responsabile dell'Unità operativa di Medicina del lavoro all'Ospedale Sacco di Milano, fra gli autori dello studio. L'indagine ha anche stilato la graduatoria dei Paesi in cui gli ambienti sono più salubri. I migliori sono Svezia, Finlandia, Regno Unito e Francia; i peggiori Romania, Bulgaria e Ungheria, mentre l'Italia si colloca a circa metà classifica, dopo Austria, Germania, Grecia, Portogallo, Belgio, Irlanda e Spagna. «Fra le malattie legate all'inquinamento indoor - prosegue Carrer - quelle che più incidono sulla salute degli europei sono, in ordine di importanza, quelle cardiovascolari, l'asma e le allergie, il tumore del polmone, le malattie respiratorie e le intossicazioni da monossido di carbonio».

    MIX DI SOSTANZE - E per alcune, il contributo della qualità dell’aria negli ambienti confinati è davvero fondamentale: un rapporto dell'Oms-Europa, pubblicato nel 2011, ha valutato che nel vecchio continente il 12 -15% dei casi di asma può essere attribuito alle muffe e all'umidità che si sviluppano fra le quattro mura. Mentre in anni recenti uno studio del Cnr di Pisa ha calcolato che eliminare l'esposizione ai contaminanti biologici nei primi anni di vita ridurrebbe, fra i bambini di 6-7 anni, la tosse cronica del 9%, l'asma del 7% e le rinocongiuntiviti del 6%. In linea generale, comunque, i danni che un ambiente insalubre provoca all'organismo sono dovuti al mix di sostanze più o meno nocive presenti, più che a un singolo inquinante. E sono strettamente legati anche al tempo che si trascorre al suo interno, alla suscettibilità individuale (i bambini, gli anziani e gli allergici sono più vulnerabili) e ai comportamenti di chi occupa gli ambienti. «Il fumo di sigaretta è la fonte più importante di inquinamento, ma il bruciare incensi e l’accendere candele hanno effetti analoghi» dice Carrer.

    LE FONTI - Fra gli inquinanti che più sono influenzati da queste abitudini c'è il benzene, un cancerogeno che nelle case libere dal fumo di sigaretta si attesta solitamente su livelli che comportano rischi bassissimi per gli occupanti, ma che è in media due volte e mezza più abbondante nelle abitazioni dei fumatori. «Altre sorgenti di inquinanti sono il traffico stradale, gli impianti di riscaldamento, le attività che si svolgono in cucina, le infiltrazioni di acqua, i prodotti chimici e gli oggetti di ampio consumo presenti in casa» prosegue l'esperto. Su questi ultimi, indicazioni importanti stanno arrivando dallo studio europeo Ephect, ancora in corso, che ha l'obiettivo di identificare le emissioni di una quindicina di tipi di prodotti e mettere a punto un sistema di etichettatura per indicarle con chiarezza ai consumatori. «Si sta confermando che un contributo importante all'inquinamento indoor arriva dai materiali da costruzione e dagli arredi, dai prodotti per la pulizia della casa e dai deodoranti» afferma Carrer.

    NEI MOBILI - Le preoccupazioni riguardano soprattutto i Cov, e fra questi la formaldeide, un gas dall'odore pungente, accusato di favorire i tumori del naso, della laringe e le leucemie. Sebbene normalmente non raggiunga nelle case concentrazioni ritenute cancerogene, la formaldeide è fortemente irritante per le vie respiratorie e le mucose e, miscelandosi ad altri inquinanti, genera composti molto reattivi, che moltiplicano l'effetto. Usata nella fabbricazione di materiali molto comuni, si emana da alcuni mobili in truciolato, dai tappeti e dalle tende, dalle colle, dalle pitture, dalle carte da parati e da certi materiali isolanti. È presente poi nei detergenti per la pulizia della casa e nei lucidi da scarpe, negli smalti per le unghie, negli insetticidi, ed è emessa persino da alcune apparecchiature elettroniche, come computer e fotocopiatrici. Come per il benzene, però, la sorgente principale nelle case di chi fuma restano le sigarette, che sono pure la fonte più importante di un’altra classe di inquinanti che gli esperti tengono d'occhio: gli idrocarburi policiclici aromatici (o Ipa). Negli ambienti frequentati da fumatori, anche l'87% di queste molecole può derivare dalla loro cattiva abitudine, mentre il resto arriva per lo più dall'inquinamento che c'è all'esterno.

    CIBI BRUCIATI - Le conseguenze per la salute possono essere importanti: alcuni Ipa, come il benzo(a)pirene, sono infatti cancerogeni. Va tuttavia precisato che l'inalazione è soltanto uno dei modi in cui queste sostanze penetrano nell'organismo. Nei non fumatori, anzi, la via di ingresso principale è rappresentata dai cibi bruciacchiati, come la carne alla griglia e le caldarroste, che proprio per questo gli esperti consigliano di consumare con moderazione. «L'inquinamento indoor è una materia difficile da normare, perché dipende da moltissime sorgenti e perché le leggi dovrebbero intervenire su ciò che ciascuno fa in casa propria - riprende Carrer -. Ma c'è anche un aspetto positivo in tutto ciò. Perché, mentre il nostro potere per migliorare la qualità dell'aria cittadina è piuttosto limitato, possiamo fare moltissimo per rendere più salubri gli ambienti che frequentiamo quotidianamente».

    AERARE I LOCALI - Il primo consiglio è ovviamente quello di non fumare in casa. Una volta fatto questo, ulteriori benefici si possono avere aerando spesso i locali per impedire il ristagno di sostanze nocive e limitando le sorgenti inquinanti: ovvero, scegliendo arredi e pitture a basse emissioni e usando con moderazione i prodotti per la pulizia della casa e le altre sostanze chimiche. «La riduzione delle sorgenti è anche il solo modo per fare andare d'accordo il risparmio energetico, che richiede che le case siano ben isolate, e la salubrità degli ambienti» fa notare Carrer. Infine, per controllare muffe e acari, l'umidità non dovrebbe superare il 40-50%. E a ripulire l'aria possono contribuire anche le piante di aloe, clorofito, crisantemo, gerbera, giglio, peperomia, sansevieria e ficus. Purché, però, siano rigogliose.

     (modifica il 7 marzo 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Lo storico incontro tra Francesco e Ratzinger

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    Ansa

     

    Lo storico incontro tra Francesco e Ratzinger

     

    Il colloquio privato è durato 45 minuti, un momento di profondissima comunione

    23 marzo, 14:09

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    Un momento di altissima, profondissima comunione". Così padre Federico Lombardi ha definito l'incontro di oggi tra i due papi. Il colloquio, ha detto, ha dato modo a Benedetto XVI di "rinnovare il suo atto di riverenza e obbedienza al suo successore" e a questi di rinnovargli la "gratitudine sua e di tutta la Chiesa per il ministero svolto da papa Benedetto nel suo pontificato".

    All'eliporto c'è stato un "abbraccio bellissimo tra il Papa e il papa emerito" dice padre Lombardi. E quando si sono recati nella cappella di Castelgandolfo per pregare, Benedetto XVI voleva che il Papa si sedesse sull'inginocchiatoio d'onore, ma il Papa ha voluto che si sedessero insieme sullo stesso banco a pregare. "Siamo fratelli", ha detto, secondo quanto ha riferito padre Federico Lombardi.  Il papa emerito nell'incontro con il Papa, vestiva con la talare bianca. Lo ha riferito padre Federico Lombardi conversando con i giornalisti all'esterno del palazzo apostolico di Castelgandolfo.

    Il colloquio privato tra il Papa e il papa emerito è durato "tra i 40 e i 45 minuti". "Il Papa emerito - ha detto padre Federico Lombardi - ha intenzione di accompagnare anche all'eliporto Papa Francesco, quando sarà il momento di rientrare".

    Lombardi ha ricordato che si è trattato del primo incontro di persona, ma che il Papa "ha già rivolto molte volte il suo pensiero al Papa emerito". Ha anche ricordato che l'emerito ha già fatto atto di obbedienza al nuovo papa.

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

     

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    Ad Aosta è nato lo Sportello del donatore di sangue

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    Dal “Notiziario FIDAS”

     

    Ad Aosta è nato lo Sportello del donatore di sangue

     

    10 APRILE 2013

    Ha preso il via il 9 marzo scorso lo "Sportello del donatore di sangue", attivo presso la sede della federata “San  Michele Arcangelo” in via Lucat, 2A ad Aosta. Tutti i mercoledì dalle ore 16 alle ore 19 gli stessi donatori FIDAS mettono a disposizione il proprio tempo per diffondere la cultura del dono del sangue. Si tratta di un'azione che sottolinea il fondamentale ruolo dei volontari e donatori attivi che svolgeranno una corretta informazione di aspetti e modalità per sostenere e invitare chi intende avvicinarsi alla donazione del sangue in modo consapevole e associato. “Lo sportello del donatore FIDAS, dice Rosario Mele presidente regionale FIDAS, - è aperto a tutti: cittadini, volontari, donatori e principalmente ad aspiranti donatori che desiderano conoscere aspetti e modalità utili a sgombrare definitivamente il campo da dubbi e agofobie.  Sarà un momento di conoscenza, di confronto, di ascolto di proposte, verranno distribuite brochure informative, saranno illustrati i requisiti utili per diventare donatori e le modalità di accesso all’attività trasfusionale”. Ricordiamo a tutti che in Valle d’Aosta il sangue si dona solo ed esclusivamente presso il Servizio Regionale di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell’ Ospedale “U. Parini “ di Aosta in Viale Ginevra 3 o presso i Centri Distaccati di Verres e Donnas.

    Attraverso questa iniziativa la FIDAS Valle d’Aosta spalanca le porte della Federazione regionale al territorio per una responsabile attività di promozione e diffusione della cultura del dono del sangue e di tutti i suoi componenti.  “L’obiettivo di fondo che ha suscitato la nascita dello Sportello del donatore di sangue” – continua Severino Cubeddu, presidente della federata San Michele Arcangelo - è quello di continuare a sensibilizzare tutti alla donazione, ma principalmente rivolge lo sguardo ad una fascia di popolazione di un’età compresa tra i 18 e i 35 anni affinché prenda coscienza dell’importanza che riveste il nobile gesto della donazione del sangue. Donare il sangue è un segno di profonda attenzione alla vita di emofiliaci, talassemici, trapiantati, pazienti oncologici e tanti altri che aspettano da noi tutti un gesto di solidarietà” 

     

    Bravissimi! Iniziativa da plaudire e da imitare. Nel Lazio, intanto, dove il sangue continua clamorosamente a mancare, non si nota nessun segnale positivo! 

     

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    Più a rischio chi fuma appena sveglio

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    Più a rischio chi fuma appena sveglio

    I livelli di sostanze cancerogene sono più elevati in chi si accende la prima sigaretta entro la prima ora dal risveglio

    MILANO - Fumare immediatamente dopo il risveglio aumenta l’esposizione ai carcinogeni presenti nel tabacco. La dimostrazione arriva da uno studio della Penn State University, pubblicato recentemente sulla rivistaCancer, Epidemiology, Biomarkers and Prevention, che ha valutato i dati di circa duemila fumatori americani. I ricercatori hanno analizzato i livelli nelle urine di biomarcatori specifici della presenza di carcinogeni dovuti al tabacco e hanno così scoperto che il tasso di sostanze nocive in chi fuma entro i primi cinque minuti da quando si sveglia è doppio rispetto chi aspetta almeno un’ora. Oltre ad essere un valido indicatore del livello di dipendenza da nicotina, il momento della prima sigaretta appare dunque, secondo gli studiosi, come il secondo indicatore di "nocività" del fumo subito dopo il numero di sigarette fumate nell’arco della giornata. E, come dimostrato da altri studi, accendersi la sigaretta subito dopo il risveglio aumenta anche il rischio di ammalarsi di tumore alla bocca e ai polmoni.

    FUMO: 70MILA MORTI ALL’ANNO - L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno il fumo uccida ben sei milioni di persone nel mondo, più di 70mila solo in Italia, di cui circa 40mila per neoplasia polmonare, 10mila per altre malattie legate al tabacco e oltre 20mila per malattie cardiovascolari. Secondo un'indagine Doxa in Italia i fumatori sono il 20,8 per cento della popolazione, meno del 2011, e la percentuale più bassa degli ultimi 50 anni. Nonostante la consapevolezza sui danni causati dal tabacco e la crisi economica, il 76,2 per cento di quanti continuano a fumare non ha però cambiato le sue abitudini e non intende smettere. E c'è di più: si sente in buona salute e mette le sigarette al penultimo posto della lista delle spese da tagliare per far fronte alla mancanza di liquidità.

    17 aprile 2013 | 15:43

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Cassazione penale: il medico non è colpevole anche in caso di imperizia se si attiene alle linee guida


     

    Dal “Sole 24 Ore”

     

    GIURISPRUDENZA

    Cassazione penale: il medico non è colpevole anche in caso di imperizia se si attiene alle linee guida

     

    La legge Balduzzi, pur a tratti «laconica» e «incompleta» e pur avendo perso «l'occasione per una disciplina compiuta della relazione terapeutica e delle sue patologie», ha comportato due grandi innovazioni. La prima: aver introdotto per la prima volta nell'ambito della disciplina penale dell'imputazione soggettiva la distinzione tra colpa lieve e colpa grave. La seconda: aver valorizzato le linee guida e le virtuose pratiche terapeutiche, purché corroborate dal sapere scientifico. In altre parole, «la colpa penale assume ora una duplice configurazione» e «viene abbozzato in ambito applicativo un indirizzo sia per il terapeuta che per il giudice, nel segno della documentata aderenza al più accreditato sapere scientifico e tecnologico». Indirizzo di cui si sentiva un gran bisogno.

    È stata depositata il 9 aprile la sentenza n. 16237/2013 della Cassazione (presidente Brusco, relatore Blaiotta), di cui era stata data notizia a fine gennaio (si veda Il Sole-24 Ore Sanità n. 4/2013). La Suprema Corte rilegge le novità normative con lo sguardo rivolto non alle imperfezioni ma agli aspetti positivi. E finisce per annullare con rinvio la condanna di un chirurgo di una clinica privata che, nel corso di un intervento per ernia discale recidivante, aveva leso la vena e l'arteria iliaca della paziente determinandone il decesso per una grave emorragia.

    Chiaro l'invito ai giudici d'appello: valutare se all'epoca dei fatti esistevano direttive scientificamente accreditate in materia (al medico si contestava di aver violato la regola precauzionale di non agire in profondità superiore a tre centimetri) e stabilire se il fatto si collochi nella sottofattispecie abrogata o in quella vigente. «Posto che l'innovazione esclude la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve che si collochino all'interno dell'area segnata da linee guida o da pratiche mediche scientificamente accreditate», la Corte dovrà fare i seguenti passi: accertare se l'intervento si sia mosso entro i confini segnati dalle raccomandazioni, ove esistenti, e chiarire se nell'esecuzione vi sia stata colpa lieve o grave, valutazioni da cui discenderà l'esistenza o meno dell'elemento soggettivo del reato.

    La Cassazione segnala in più punti l'importanza della valorizzazione delle linee guida, che «non danno luogo a norme propriamente cautelari e non configurano ipotesi di colpa specifica», ma rispondono alle «forti istanze di determinatezza che permeano la sfera del diritto penale». In presenza di «un sostanziale vuoto normativo» sulla responsabilità medica - si legge nella sentenza - e della specificità dell'attività dei camici bianchi («attività davvero difficile e rischiosa che merita una speciale considerazione»), «la scienza e la tecnologia sono le uniche fonti certe, controllabili e affidabili» per il giudice.

    Ma da sole non bastano. Per questo il legislatore le ha rapportate «all'accreditamento presso la comunità scientifica», proponendo «un modello di terapeuta attento al sapere scientifico», ma anche capace di discostarsi dalle linee guida e di derogare quando è il caso. La loro osservanza - conclude la Cassazione - «costituisce uno scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino la loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamenti del sapere codificato alle peculiarità contingenti». Una disciplina che «trova il suo terreno d'elezione nell'ambito dell'imperizia».

     

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    Zanzare: vero e falso in venti risposte


     

    Zanzare: vero e falso in venti risposte

    Trapassano i vestiti? Perché le punture ci fanno grattare? Sfatiamo le leggende metropolitane su questi insetti


    MILANO - Mangiando aglio si tengono lontane le zanzare? Chi ha il sangue "dolce" viene punto di più? Si possono prendere brutte malattie da una puntura di zanzara? Le domande (e le leggende metropolitane) in merito ai ronzanti insetti sono moltissime: rispondiamo ai dubbi più frequenti con l'aiuto dell'entomologo Stefano Maini, del Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Bologna, e del dermatologo Marcello Monti, dell'unità di Dermatologia dell'Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano).

    Perché pungono solo le femmine?
    La zanzara femmina ha bisogno di un pasto di sangue per far maturare le sue uova; il maschio si nutre di sostanze zuccherine che trova in natura. La femmina punge per la prima volta dopo qualche giorno dalla sua formazione, a seguito della metamorfosi.

    Quante volte colpiscono?
    La zanzara vive dalle tre alle cinque settimane, durante le quali produce altrettanti cicli di uova: punge perciò dalle tre alle cinque volte in tutto.

    Perché alcune attaccano di giorno?
    Il comportamento fa parte delle caratteristiche intrinseche di ogni specie (si stima che ne esistano circa 2700); ad esempio, la zanzara tigre punge anche durante il giorno, mentre quella comune soltanto alla sera.

    Quanto sangue succhiamo?
    La femmina assume in genere una quantità di sangue circa uguale al suo peso, di 2-3 milligrammi.

    La "tigre" trapassa perfino i vestiti?
    Molte specie riescono a farlo. Il cotone a nido d'ape delle polo estive viene oltrepassato facilmente dalle zanzare.

    Quanto si spingono lontano dal "nido"?
    La zanzara depone le uova in luoghi idonei allo sviluppo delle larve, ovvero in raccolte d'acqua più o meno naturali, piccole o grandi, chiamate "focolai". La capacità di allontanamento dal focolaio e di dispersione nelle aree circostanti cambia a seconda della specie: alcune zanzare restano nel giro di poche centinaia di metri, altre arrivano a volare fino a 10-20 chilometri di distanza dal focolaio.

    Perché emettono il tipico ronzio?
    Il fastidioso rumore è provocato dallo sbattere velocissimo delle ali; si tratta di un insetto che può volare molto velocemente, coprendo fino a tre chilometri in un'ora.

    Dove prediligono cacciare?
    Ogni specie ha le sue preferenze alimentari, per cui non tutte le zanzare "amano " gli animali che troverebbero in campagna. La zanzara tigre, la più comune nelle nostre città, preferisce fare il pasto di sangue sull'uomo; una ricerca dell'Università La Sapienza di Roma ha mostrato che nel 75% delle zanzare "cittadine" si trova sangue umano, contro il 60% negli insetti "di campagna".

    Perché ci fanno grattare?
    Mentre punge la femmina immette nell'ospite la saliva, che contiene sostanze anticoagulanti per contrastare le difese della preda e assicurarsi un buon apporto di sangue. È la saliva a essere irritante e a determinare una risposta più o meno marcata a seconda del soggetto punto.

    Esistono persone iper-sensibili?
    Sì, e in chi è allergico la reazione alla puntura è eccessiva, il pomfo immediato, con eritema e a volte perfino linfedema (gonfiore da accumulo di linfa); in alcuni casi si formano papule rilevate e dure che possono durare anche qualche giorno. L'allergia tende a risolversi col tempo nella maggior parte dei casi, ma ci sono adulti che continuano ad avere una iper-reattività alla zanzara. Di norma invece il prurito compare subito e dura circa mezz'ora, quindi si ha la "bollicina" che però è piccola e scompare velocemente.

    Possono essere veicolo di virus?
    In linea teorica è possibile (la malaria è diffusa proprio dalle zanzare, nei Paesi dove è endemica) ed è anche successo con il virus Chikungunya, del quale si è avuto un piccolo focolaio in Romagna. Tuttavia, si può essere abbastanza tranquilli perché il rischio è basso; in futuro potrebbe diffondersi in Italia tramite le zanzare la febbre da virus del Nilo Occidentale, già comune ad esempio in alcuni territori degli Stati Uniti.

    Perché spesso le difese falliscono?
    Oltre alla naturale perdita di efficacia di questi prodotti con il tempo, i repellenti interagiscono con la pelle e i suoi odori: questo significa che su alcune persone i repellenti possono funzionare poco, su altri addirittura non servire affatto per tenere lontane le zanzare.

    C’è qualcosa che le attira?
    Gli odori che emana il nostro corpo e l'anidride carbonica che produciamo respirando sono i fattori principali che rendono una persona più o meno "appetibile" per il pasto delle zanzare.

    Esistono alimenti anti-zanzara?
    Sì, se influenzano il nostro odore. L'aglio, per esempio, lo modifica, ma non ci sono prove scientifiche che riesca a tenere lontane le zanzare.

    I profumi sono controproducenti?
    Quelli impiegati nella cosmesi, come dopobarba o veri profumi, non attraggono le zanzare; anzi, se mascherano gli odori corporei possono perfino funzionare da repellenti. Però nell'interazione con la pelle l'aroma può cambiare e avere effetti diversi.

    Il gruppo sanguigno influisce?
    Il gruppo sanguigno non ha alcuna importanza, ma esistono davvero persone che vengono punte con maggior frequenza, per colpa del mix specifico di odori che emanano.

    Viene punto di più chi suda molto?
    Chi suda tanto emette più odori e più vapore acqueo, per cui è più "attraente" per le zanzare. Anche la temperatura corporea alta attira l’insetto. Non a caso la zanzara che diffonde la malaria punge le persone febbricitanti, quando il protozoo causa della malattia è al massimo di presenza nel sangue.

    Spegnere le luci ci protegge?
    Le zanzare non hanno una vista molto sviluppata, ma percepiscono luce e calore e ne sono attratte.

    Che «funzione» hanno le zanzare?
    Anche le zanzare rientrano nell’equilibrio dell'ecosistema: le larve nutrono animaletti acquatici e "ripuliscono" l'acqua da sostanze organiche e batteri, gli "adulti" sono cibo per pipistrelli e uccelli.

    Perché ci sono anche se non fa caldo?
    Soprattutto la zanzara tigre, più resistente a temperature basse, può essere presente anche oltre la primavera-estate.

    Elena Meli   -  29 aprile 2013

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Accreditamento dei servizi trasfusionali, export di plasmaderivati e malattie emorragiche congenite: gli accordi Stato-Regioni in Gazzetta


     

    Dal “Sole 24 Ore”

    DAL GOVERNO

    Accreditamento dei servizi trasfusionali, export di plasmaderivati e malattie emorragiche congenite: gli accordi Stato-Regioni in Gazzetta

     

    10 maggio 2013

     

    APPROFONDIMENTI

    ·         Le linee guida per l'accreditamento dei servizi trasfusionali e delle unita' di raccolta del sangue e degli emocomponenti

    ·         Esportazione di prodotti plasmaderivati ai fini umanitari

    ·         Percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da malattie emorragiche congenite (Mec)

    ·         L'allegato all'accordo Stato-Regioni sulle Mec

    Tre accordi Stato-Regioni relativi a sangue ed emoderivati sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 107 del 9 maggio 2013.

    Il primo si riferisce alle «Linee guida per l'accreditamento dei servizi trasfusionali e delle unità di raccolta del sangue e degli emocomponenti»

    Le linee guida si impegano a:

    a. garantire omogeneità e uniformità nell'erogazione dei Lea in materia trasfusionale, per quanto riguarda la raccolta del sangue e degli emocomponenti;

    b. garantire adeguati livelli di qualità, sicurezza ed efficienza delle attivilà di raccolta deI sangue e degli ernocomponenti;

    c. garantire la qualificazione ed efficienza delle attività di produzione degli emocompoheriti e la razionalizzazione dei processi diagnostici di qualificazione biologica degli eniocomponenti;

    d. conseguire, nell'ambito di tali attività, i livelli di qualità e standardizzazione frevisti dalle norme vigenti, in particolare quelle di matrice comunitaria, e il contenimento dei costi di produzione a vantaggio della complessiva economicità ed efficienza del sistema trasfusionale nell'ambito del Ssn.

    Le Regioni si impegnano a recepire le linee guida entro sei mesi dalla definizione dell'Accordo. Il recepimento sarà oggetto di valutazione del Comitato Lea.

    Il secondo accordo riguarda la promozione ed attuazione di accordi di collaborazione per l'esportazione di prodotti plasmaderivati ai fini umanitari.

    Salute e Regionisono sono impegnati in programmi per l'appropriato utilizzo nazionale dei prodotti medicinali emoderivati, con particolare riferimento ai fattori della coagulazione derivanti dalla lavorazione del plasma raccolto sul territorio nazionale, ma per la gestione e l'«utilizzo razionale ed etico dei prodotti medicinali o prodotti intermedi derivati dal plasma nazionale» eccedenti il fabbisogno regionale e nazionale, senza fini di lucro, possono essere avviati specifici accordi, programmi o progetti, grazie ai quali si possono prevedere l'esportazione o la cessione dei medicinali emoderivati o dei prodotti intermedi di lavorazione del plasma per il supporto all'organizzazione dei sistemi trasfusionali dei Paesi destinatari degli interventi, la formazione e addestramento delle risorse umane e il supporto alla progettazione e implementazione di reti assistenziali per i pazienti affetti da emofilia e da malattie emorragiche congenite (MEC).

    E proprio sulle malattie emorragiche congenite è il terzo accordo pubblicato in Gazzetta.

    Le Mec sono patologie rare e come tali devono essere prese in carico su tutto il territorio nazionale grazie a un percorso assistenziale per i pazienti che garantisca qualità e sicurezza ed efficienza nell'erogazione dei Lea nella formulazione della diagnosi, comprese l'informazione e l'eventuale definizione diagnostica dei familiari del paziente; nel processo di cura, che può includere diversi trattamenti tra cui anche la prescrizione e la somministrazione dei concentrati di fattore della coagulazione; nella gestione delle emergenze emorragiche e nella prevenzione e trattamento delle complicanze dirette e indirette della patologia.
    L'accordo in questo senso è sugli indirizzi per i percorsi regionali di assistenza in cui si prevede che le Regioni devono assicurare funzioni complesse, in collegamento con i presìdi accreditati Mec, definiscono i percorsi di diagnostica genetica pre e postnatale e la relativa consulenza genetica, identificano i laboratori che assicurano l'esecuzione dei test di coagulazione funzionali alla diagnosi, alla terapia e follow-up del paziente affetto da Mec e quelli h24 funzionali all'emergenza.

    Il tutto avverrà anche attraverso accordi interregionali che definiscono il modello assistenziale e organizzativo per la gestione delle emergenze e per la consulenza telefonica da parte di personale medico esperto di Mec. Le Regioni promuovono protocolli, percorsi assistenziali e attività di formazione, anche in accordo con la rete dell'emergenza-urgenza e la rete dei presìdi accreditati Mec per la corretta gestione dell'emergenza nel paziente sul territorio. I protocolli contengono indicazioni in merito all'assegnazione del codice di triage e ai percorsi di trattamento del paziente.

    Garantita anche la terapia/trattamento domiciliare delle Mec, anche attraverso specifici provvedimenti, tenendo conto dei progressi tecnico-scientifici e degli specifici bisogni dei pazienti.

    E le Regioni programmano l'approvvigionamento dei medicinali per il trattamento delle Mec, per garantire la continuità della terapia in qualsiasi regime di trattamento e assicurano il costante monitoraggio dei dati relativi ai consumi attraverso i servizi farmaceutici territoriali e ospedalieri e i sistemi informativi eventualmente già costituiti a livello regionale.

    L'accordo disciplina anche i presìdi accreditati per la diagnostica e la cura delle Mec.

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    ANTEPRIMA Corsi di laurea di area medica: ecco le richieste ufficiali di posti a bando per il 2013-2014 di Regioni e ministero della Salute


     

    Dal “Sole 24 Ore”

    DAL GOVERNO

    ANTEPRIMA Corsi di laurea di area medica: ecco le richieste ufficiali di posti a bando per il 2013-2014 di Regioni e ministero della Salute

    21 maggio 2013

     

    Per i medici 11.923 posti, 988 per gli odontoiatri, 716 per i veterinari e 2.859 in tutto tra farmacisti (578), psicologi (525), biologi (409), chimici (177) e fisici (170). Per i medici il Miur ne ha già messi a bando poco più di 10mila e ha già provveduto anche per odontoiatri e farmacisti. Con troppi posti, secondo la FnomCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici, secondo cui dopo lo stop alle pensioni precoci ne basterebbero 9mila per evitare il ripetersi della pletora degli anni '80.

    Ma Regioni e ministero della Salute rilanciano, alzano la quota dei futuri dottori e aggiungono al carnet quasi 32mila posti per le lauree triennali nelle 22 professioni sanitarie e 1.687 per le loro lauree biennali specialistiche. Sono questi i numeri ufficiali delle richieste di ministero della Salute e Regioni scritte negli schemi di accordo sul fabbisogno di posti a bando per le lauree di area sanitaria consegnati alla Stato-Regioni per essere messi in calendario in uno dei prossimi incontri.

    Per quanto riguarda le professioni sanitarie, rispetto alle prime proiezioni, sono stati ridotti gli esuberi per i tecnici di laboratorio, radiologia, prevenzione e neurofisiopatologia, tutti da parte della Regione Lazio. «In realtà però - spiega Angelo Mastrillo, segretario della Conferenza dei corsi di laurea delle professioni sanitarie e membro dell'Osservatorio sulle professioni sanitarie - non è finita perché anche con queste riduzioni restano esuberi per i tecnici di laboratorio che sono 1.164 invece di 1.000 e per quelli di radiologia: 1.309 invece di 1.000. È vero che il ministero della Salute ha indicato di ridurre rispettivamente per queste due professioni altri 100 e 90 posti, ma dovrebbe indicare anche dove dovrebbero avvenire le riduzioni, altrimenti non si ottengono risultati».

    Per medicina il ministero dell'Università con il decreto 334 del 24 aprile di posti ne ha messi a bando 10.021, per odontoiatria 954 e per veterinaria 825, rispetto alla richiesta di ministero e Regioni quindi rispettivamente 1.902 in meno per medicina, 34 in meno per odontoiatria e 109 in più a veterinaria. A questi si aggiungono per gli studenti non comunitari non soggiornanti 555 a medicina, 86 a odontoiatria e 104 a veterinaria.

    Diverso invece il discorso per le professioni sanitarie. La determinazione ufficiale del Miur non c'è ancora stata ma secondo Mastrillo i posti finali potrebbero essere gli stessi (27.350) dello scorso anno accademico 2012-13, di cui 16mila per solo per gli infermieri. Come già sottolineato però la richiesta di ridurre il fabbisogno per alcune professioni è stata accolta nella programmazione di ministero e Regioni solo in parte e, quindi, potrebbero esserci ulteriori riduzioni prima della programmazione finale.

    Per le lauree biennali specialistiche delle professioni sanitarie invece la richiesta è di 1.687 posti, 457 in meno rispetto a quelli messi a bando lo scorso anno.

    Per quanto riguarda la laurea in medicina le differenze maggiori dell'assegnazione reale dei posti (che ricalca un turn over medio al 2,7% rispetto agli iscritti agli Ordini) rispetto alle richieste di Salute e Regioni si hanno soprattutto in Campania, Veneto e Lazio dove ne sono stati assegnati molti meno di quelli previsti nel fabbisogno, mentre al contrario ne sono stati assegnati di meno in Lombardia, Puglia e Calabria.
    La distribuzione dei posti assegnati dall'Università è decrescente: 39% al Nord, 31% al Centro e 30% al Sud, mentre rispetto alla richiesta delle Regioni avrebbe dovuto essere del 41% al Nord, 27% al Centro e 32% al Sud. Il numero maggiore di posti, comunque è in entrambi i fabbisogni maggiore nel Lazio, seguito secondo le richieste delle Regioni dalla Campania e poi dalla Lombardia, mentre nell'assegnazione dell'Università è seguito dalla Lombardia e poi dalla Campania.

    LEGGI IL SERVIZIO COMPLETO SU IL SOLE-24 ORE SANITA' N. 19/2013 (per gli abbonati)

     

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    Trucco in spiaggia promosso dai dermatologi, previene tumori


    Trucco in spiaggia promosso dai dermatologi, previene tumori

    Maquillage con filtri solari e sostanze antiage, nuova tendenza

    23 maggio, 13:32

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    Foto storica di una campagna pubblicitaria Shiseido del 1966

    Fondotinta, polveri per le guance, fard, terre, ombretti e matite, infine rossetti e gloss sulle labbra. E' boom del maquillage da spiaggia, diverso dall'invernale perche' formulato appositamente per proteggere dai raggi solari in base al fototipo, nutrire la pelle sotto l' azione disidratante del sole, evitando l'effetto lucido e compensare i danni di raggi a livello cellulare. Promosso perfino dai dermatologi, una volta schierati contro il trucco sotto il solleone perche' ritenuto l'artefice di pelle grassa, brufoli e intolleranze cutanee. Ora l'American Academy of dermatology plaude al maquillage da spiaggia dotato di filtri solari aggiuntivi, includendolo fra le strategie anti-sole piu' efficaci per prevenire i tumori della pelle, insieme alle creme idratanti schermanti e ai prodotti solari classici. ''I nuovi filtri sono uno strumento importante contro il cancro della pelle ed e' importante che ognuno scelga i vari prodotti in base al proprio fototipo da usare al mare o in citta''' afferma Zoe Draelos, docente di dermatologia alla Duke university School of medicine di New York. ''Il nuovo maquillage estivo e' indicato per chi sta al mare e chi resta in citta''' sottolinea Simona Caletti, national trainer e specialista in makeup per la cosmetica Shiseido. ''Protegge, colora, cancella i difetti, attenua le occhiaie sotto gli occhi e idrata la pelle. Non cola neanche durante i bagni al mare e permette comunque di abbronzarsi in modo uniforme, limitando il rischio di allergie'' . Sottolinea l'esperta: ''Il fondotinta e' il principale prodotto, utile soprattutto nei primi periodi della vacanza in cui la pelle e' poco colorita e mostra i difetti. Si puo' scegliere compatto, in polvere o fluido per le pelli grasse, crema o in stick per pelle secca e in base al proprio fototipo.

    Il makeup estivo resiste all'acqua come una crema solare. I prodotti non si sciolgono e resistono al caldo secco e umido, ai bagni in acqua, senza sbavare''.

    Nuovi i rossetti e i gloss colorati per labbra lucide e brillanti, anche aromatizzati alla frutta tipica estiva, come papaya, mango anguria e melone. ''Sulle labbra sono molto indicati rossetti e stick ad alta protezione ultravioletta che prevengono l'herpes labiale che si accende generalmente sotto i primi raggi di sole estivo'' conclude Caletti. 

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    Un portale per la consulenza legale, fiscale e amministrativa per il non profit


    Dal periodico FIDAS

     

    Un portale per la consulenza legale, fiscale e amministrativa per il non profit

    24 MAGGIO 2013

    On line Infocontinua Terzo Settore (www.infocontinuaterzosettore.it), il portale di consulenza giuridica, fiscale e amministrativa dedicato al mondo del volontariato, dell’associazionismo e della cooperazione sociale.

    Grazie al complesso lavoro realizzato da CSVnet - Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato - in collaborazione con il Forum Nazionale del Terzo Settore, Consulta del Volontariato presso il Forum e ConVol - Conferenza Permanente delle Associazioni, Federazioni e reti di Volontariato - le organizzazioni aderenti e le loro articolazioni territoriali hanno a disposizione una serie di informazioni e servizi per essere sempre aggiornate sulle normative del settore, sugli adempimenti e le scadenze amministrative. Il Portale nasce dall’esperienza che la rete dei Centri di Servizio per il Volontariato ha maturato nel corso degli anni con servizi di consulenza ed informazione indirizzati alle Organizzazioni di Volontariato.Oltre alle notizie, di facile lettura e consultazione, saranno disponibili anche approfondimenti e strumenti utili come vademecum, modulistica istituzionale, fac simili e percorsi di accompagnamento su “come fare”  per rispettare gli adempimenti normativi del settore non profit. Per informazioni e approfondimenti:www.infocontinuaterzosettore.it

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    Ricerca: 5 geni prevedono se dieta avra' successo


    Ricerca: 5 geni prevedono se dieta avra' successo

     

     31 MAG 2013

     

    (AGI) - New York, 31 mag. - Cinque biomarker genetici possono predire se un regime di dieta ed esercizio fisico potranno portare ad un'effettiva perdita di peso. Lo afferma uno studio pubblicato sulla rivista The FASEB Journal dall'universita' di Navarra, in Spagna, che offre anche dei possibili obiettivi per una terapia dell'obesita'. I ricercatori hanno analizzato il Dna di 24 adolescenti che avevano avuto il responso peggiore e migliore da un programma di perdita di peso, scoprendo che l'analisi dell'espressione di cinque geni prima del programma era in grado di prevedere l'eventuale successo. "Questo studio - scrivono gli autori - e' un passo in piu' verso un momento in cui potremo prescrivere non solo esercizio fisico e dieta, ma anche interventi sui geni".

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    14 giugno: World Donor Blood Day


    Dal “Notiziario Fidas” 

     

    14 giugno: World Donor Blood Day

     

    03 GIUGNO 2013

    "Give the gitt of life, donate blood". Regala il dono della vita, dona sangue. E' questo lo slogan scelto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per celebrare la Giornata mondiale del Donatore di sangue. Numerose le iniziative in programma per ringraziare tutti i cittadini che permettono le 92 milioni di donazioni che ogni giorno avvengono in tutto il mondo.

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    Il cibo scaduto si può mangiare (in alcuni casi)


    Dal "Coorriere della Sera"

     

    Il cibo scaduto si può mangiare (in alcuni casi)

    Scadenze perentorie e «preferibilmente entro». Dal maiale al miele, cosa è commestibile e cosa non lo è oltre la «data X»

    MILANO - Una sniffatina e via: a colpo di naso si decide se quell’alimento un po' "andato" è in realtà ancora "mangiabile". Ma tutto ciò è sicuro? Mangiare cibi scaduti può essere pericoloso. Ma anche no. Come regolarsi dunque per decidere se un determinato alimento è davvero da buttare (preferibilmente nel compost)?

    INGLESI AVVELENATI - L’Agenzia per gli standard alimentari inglese ha lanciato un monito preoccupato: oltre il 40 per cento delle persone sono disposte a mangiare cibi scaduti, e la maggior parte di loro utilizza metodi inaffidabili per testarli. Sarebbe anche a causa di questa cattiva abitudine che in Gran Bretagna si verificano 1,7 milioni di casi di avvelenamento alimentare all’anno, una vera e propria "epidemia". «È un problema degli inglesi, mangiano male!» scherza Umberto Agrimi, direttore del Dipartimento Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare dell’Istituto Superiore di Sanità, che rileva come da noi, nonostante il problema e i casi d’intossicazione esistano, le statistiche non siano allarmanti.

    SCADENZE NON NEGOZIABILI - La discriminazione fondamentale è tra una data di scadenza tassativa, e un "preferibilmente entro". «Se un prodotto indica una scadenza perentoria non va consumato dopo di essa»: Andrea Ghiselli, ricercatore del CRA (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura) di Roma, fornisce una prima, ineludibile, indicazione. Il discorso vale in particolare per carne e pesce fresco. Da noi il pesce fresco è la tipologia di alimento che con più frequenza determina le intossicazioni acute. Tornando al Regno Unito, la prima fonte di avvelenamento alimentare sono invece la carne di maiale e il pollame. Uno studio realizzato dall’organizzazione non governativaCompassion In World Farming, che si occupa di promuovere un allevamento rispettoso degli animali, ha mostrato come gli animali sottoposti allo stress dell’allevamento intensivo (terreno fertile per patogeni densità-dipendenti) e soprattutto della macellazione industriale (tutti gli animali che si mangiano vengono storditi e la morte avviene poi per dissanguamento) abbiano un sistema immunitario assai indebolito e siano quindi portatori nelle carni di batteri nocivi che negli animali che vivono allo stato brado rimangono invece nelle viscere. Una tesi almeno in parte controversa, dato che gli esperti fanno notare che, se certamente esiste un problema di benessere animale, dall’altro lato l’allevamento industriale garantisce che l’intero ciclo sia controllato.

    IN UNA BOTTE DI SALE (O DI ZUCCHERO) - «La normativa sulla sicurezza alimentare toglie qualsiasi responsabilità al consumatore: l’onere della garanzia spetta all’operatore e a chi controlla - spiega Agrimi, che ricorda come i prodotti scaduti non possano essere venduti -. Gran parte dei problemi sanitari sono legati alla post-produzione del cibo (trasporto, conservazione) e il momento critico è quello del consumo post-vendita: attenzione alla gestione casalinga. I frigoriferi, per esempio, sono tenuti troppo spesso ben al di sopra dei 4 gradi, che è la temperatura giusta». Detto questo, per molti cibi la data di scadenza consigliata - il famoso "preferibilmente entro" - si riferisce sostanzialmente alla data entro cui è preferibile mangiarli per una questione di gusto, nel senso che dopo il giorno X a non essere più garantite sono le caratteristiche organolettiche originarie, non la sicurezza alimentare. Un semplice biscotto, per esempio, magari dopo un po' s’affloscia, ma anche se consumato mesi dopo la sua morte annunciata, non ammazza nessuno. In via generale, il secco si conserva bene. Il sale, poi, è da sempre un metodo utilizzato per preservare gli alimenti, e lo stesso discorso vale per lo zucchero. O il miele: una giara di nettare d’api trovata recentemente in Egitto e risalente a 5.000 anni fa, si è rivelata essere ancora commestibile. L’aceto, così come il processo di fermentazione (quello con cui si fanno i crauti, per intenderci) sono altri due buoni metodi di conservazione.

    LATTICINI E UOVA - Cosa dire dei formaggi? Bisogna distinguere la pasta molle da quella dura. Nei formaggi stagionati a pasta dura un po' di muffa non fa male, basta rimuoverla e l’interno sarà perfettamente commestibile. Occhio invece a quelli più freschi o a pasta molle, dove attenersi alla scadenza ha un suo sano perché. E le uova? Una settimana dopo la scadenza non succede nulla. Chiaro, più passa il tempo, più converrà optare per un uovo sodo nell’insalata (ben lavata!) piuttosto che uno alla coque o crudo. La cottura è sempre importante (e il fornello tradizionale è meglio del microonde), perché ripara da alcuni rischi, ma attenzione: un alimento che ha una carica batterica eccessiva non è commestibile, cotto o crudo che sia. Anche in questo caso, il giudizio ultimo - normative a parte - non può che essere del consumatore finale: è un peccato correre rischi inutili, ma anche buttare via cibo ancora perfettamente commestibile.

    Carola Traverso Saibante14 giugno 2013 | 11:29© RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Tintarella piace a 40% italiani, 1 su 5 'dipendente'


    Tintarella piace a 40% italiani, 1 su 5 'dipendente'

    In Romagna c'e' il personal trainer. Da Coldiretti la dieta ad hoc

    15 giugno, 14:06

     

    La tintarella e' il sospirato obiettivo di 4 italiani su 10 che con l'arrivo del caldo si vanno a cercare il sole, con una netta prevalenza dei giovani tra i 18 e 24 anni (66%) e delle donne (53%) . E' quanto afferma la Coldiretti sulla base di una indagine Gfk Eurisko dalla quale emerge che c'e' solo una minoranza del 10% che preferisce la ''tintarella di luna'' con la pelle color latte ma c'e' anche una porzione di ''addicted'' (1 su 5), ovvero di 'tintarella-dipendenti', che prevede di stendersi sotto i raggi solari anche per 5 o piu' ore al giorno.

    Se il consiglio e' quello di esporsi gradualmente al sole e di evitare le ore piu' calde soprattutto in caso di carnagione chiara, l'alimentazione - sottolinea Coldiretti - aiuta a 'catturare' i raggi del sole ma e' anche in grado di difendere l'organismo dalle elevate temperature. La dieta adeguata per una abbronzatura sana e naturale si fonda - precisa la Coldiretti - sul consumo di cibi ricchi in vitamina A che favorisce la produzione nell'epidermide del pigmento melanina.

    Sul podio del 'cibo che abbronza' secondo la speciale classifica stilata dalla Coldiretti salgono carote, radicchi e albicocche ma sono d'aiuto anche insalate, cicoria, lattughe, meloni, peperoni, pomodori, fragole o ciliegie. Il primo posto e' conquistato indiscutibilmente dalle carote che contengono ben 1200 microgrammi di Vitamina A.

    Al posto d'onore gli spinaci che ne hanno circa la meta', a pari merito con il radicchio, mentre al terzo si posizionano le albicocche seguite da cicoria, lattuga, melone giallo e sedano, peperoni, pomodori, pesche gialle, cocomeri, fragole e ciliege che presentano comunque contenuti elevati di vitamina A o caroteni. E' addirittura arrivato per la prima volta sulla riviera romagnola - conclude Coldiretti - il personal trainer di Campagna Amica per aiutare il turista a mantenersi in forma con una corretta alimentazione e garantirsi una tintarella naturale.

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

     

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    Pazienti «in fuga» per garantirsi una sanità migliore


    Dal "Corriere della Sera"

     

    Pazienti «in fuga» per garantirsi 
    una sanità migliore

    Il 70% dei malati opta per strutture nella regione confinante. I dati possono servire per riqualificare l'offerta delle prestazioni

     


    Sono più di 800 mila gli italiani che si spostano ogni anno da una regione all'altra nella speranza di ricevere cure migliori o più tempestive. Lo dicono i dati del Ministero della Salute e dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). I pazienti si muovono dal Sud verso il Nord, ma anche tra regioni vicine. «La mobilità sanitaria in circa il 70% dei casi è di confine — afferma infatti Paolo Di Loreto, coordinatore del gruppo dedicato a questo tema nella Commissione salute della Conferenza delle Regioni —. Per esempio, per un cittadino veneto che abita ai confini con l'Emilia Romagna può essere più comodo ricoverarsi in un ospedale emiliano piuttosto che in una struttura della sua regione ma distante parecchi chilometri. Da alcune regioni del Sud, poi, molti vanno a curarsi in Lombardia, Emilia Romagna e Toscana».

     

    In base ai dati del Ministero della Salute, il Censis ha elaborato «indici di fuga» e di «attrazione» per ciascuna regione. «La nostra analisi conferma che alcune regioni, soprattutto settentrionali, continuano a essere meta dei viaggi della salute perché hanno più ospedali ad alta specializzazione — afferma Carla Collicelli, vicedirettore della Fondazione Censis — . Ma anche altre regioni, come Molise e Lazio, hanno un alto «indice di attrazione»: la prima per la presenza di un Centro di eccellenza in neurologia (Neuromed, a Pozzilli, Isernia, ndr), l'altra perché ha un ospedale pediatrico di riferimento a livello nazionale (il Bambino Gesù, di Roma ndr)».

    Ma la scelta di curarsi fuori Regione avviene anche quando le prestazioni sono disponibili nel proprio luogo di residenza. Spiega Isabella Morandi di Agenas: «Sono i casi di ricoveri potenzialmente inappropriati: per esempio, ci si ricovera in un’altra regione per un intervento di cataratta perché nella propria la stessa operazione è fatta in day hospital o in ambulatorio». Il rapporto dell'Osservatorio sul Federalismo in sanità, di Cittadinanzattiva, segnala inoltre la migrazione per la procreazione assistita. «Si fugge dal Sud dove i Centri sono perlopiù privati — riferisce Maria Paola Costantini, consulente legale di Cittadinanzattiva —. In Sicilia, per esempio, la maggior parte delle coppie deve sostenere interamente i costi delle procedure». «I dati sulla mobilità sanitaria, se interpretati correttamente, permettono di capire se i pazienti vanno lontano per curarsi perché nella loro regione mancano i servizi o perché non si fidano di quelli che ci sono — sottolinea Fulvio Moirano, direttore di Agenas —. Questi dati, quindi, possono servire per riqualificare la rete dell'offerta di prestazioni».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Numero verde per il tumore del colon-retto


    Dal "Corriere della Sera"

     

    ATTIVO PER SEI MESI

    Numero verde per il tumore del colon-retto

    Iniziativa del Policlinico Gemelli di Roma: chiamando è possibile fissare una visita entro 48 ore e avere informazioni

    MILANO - Con 52mila nuovi casi nel 2012, quello del colon-retto è il tumore con maggior insorgenza tra gli italiani: 300mila i connazionali che ad oggi ne soffrono. Sono i dati del registro "I numeri del cancro in Italia 2012", realizzato dall'Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM) e dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), secondo cui ogni anno sono circa 20mila i decessi causati da questo tumore, che si colloca al secondo posto per mortalità. Tra gli uomini si trova al terzo posto, preceduto da quello alla prostata e da quello al polmone (14% di tutti i nuovi tumori), mentre nelle donne occupa il secondo posto, preceduto da quello alla mammella, con il 14%.

    NUMERO VERDE - Al Policlinico Gemelli di Roma, a partire da oggi e per 6 mesi, è attivo un numero verde dedicato a questa patologia. Chiamando l'800.101.151 è possibile prenotare una visita con uno specialista dell'Unità operativa di chirurgia digestiva entro 48 ore. «Il numero verde è indirizzato a chi vuole fare prevenzione - spiega Giovan Battista Doglietto, direttore della Chirurgia digestiva del Gemelli -, in particolare a chi ha una familiarità per questo tumore, chi ha una malattia infiammatoria del colon e chi ha superato i 50-55 anni». Secondo gli esperti nei prossimi anni si riscontrerà in Italia un netto aumento del numero di persone che contrarranno la patologia: dal 2020 potrebbero esserci più di 57mila nuovi casi ogni anno. Un "boom" dovuto all'aumento di alcuni fattori di rischio come l'invecchiamento della popolazione, le cattive abitudini alimentari e l'eccessivo consumo di alcol e tabacco.

    TEST E COLONSCOPIA - Il programma di screening del colon-retto è indirizzato a uomini e donne dai 50 ai 69 anni di età. Consiste in un test che individua l'eventuale presenza di sangue occulto nelle feci e in una successiva colonscopia nei casi positivi, con ripetizione regolare ogni 2 anni. Lo screening può consentire il riscontro e la rimozione di precursori (adenomi) prima della trasformazione in tumore e la diagnosi di carcinomi in stadio iniziale. L'obiettivo del numero verde è sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema e informare la popolazione sull'importanza che rivestono la diagnosi precoce e i percorsi terapeutici d'avanguardia. «Oggi, se diagnosticato in tempo, la percentuale di guarigione del tumore del colon-retto è alta - precisa Sergio Alfieri, responsabile Uos Laparoscopia in chirurgia digestiva del Gemelli -. Grandi e importanti sono le novità sia nell'ambito della ricerca sia nel campo dei trattamenti per la cura di questa neoplasia. In particolare la tecnica chirurgica - sottolinea - rappresenta il trattamento di elezione, è sempre più mini-invasiva e precisa, garantendo al paziente un minore stress operatorio e un più rapido recupero».

    Redazione Salute Online14 giugno 2013

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Riforma degli Ordini: approda in Senato il Ddl Silvestro-Bianco


    Dal "Sole 24 Ore"

     

    IN PARLAMENTO

     

    Riforma degli Ordini: approda in Senato il Ddl Silvestro-Bianco


     
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    Primo atto dei neo-eletti presidenti di Fnom e Iapsvi, Amedeo Bianco e Annalisa SIlvestro è la ri-presentazione al Senato di un disegno di legge degli Ordini professionali e per la trasformazione degli attuali Collegi in Ordini («Atto Senato n. 818 Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie di medico-chirurgo, di odontoiatra, di medico veterinario, di farmacista e delle professioni sanitarie di cui alla legge 30 agosto 2000, n. 251» ), sottoscritto da tutti i membri del gruppo Pd della commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama

    Un provvedimento apparso a più risprese nella scorsa legislatura ma che non ce l'ha fatta mai ad arrivare in porto per motivi sia di opportunità (numerse sono state le messe a punto dei vari testi che si sono susseguiti) che di tempo.

    Il Ddl - firmatari Annalisa SilvestroAmedeo BiancoEmilia Grazia De Biasi (presidente della commissione), Nerina Dirindin (capogruppo Pd), Manuela Granaiola(segretario della commissione), Donatella MattesiniGiuseppina MaturaniVenera Padua - prevede per gli Ordini già esistenti la revisione della legge 233/1946 , prevedendo che gli ordini, visti i nuovi assetti territoriali, siano costituiti in ogni città metropolitana o ambito territoriale definito con specifico e successivo decreto del ministro della Salute.

    E si prevede poi che i collegi e le federazioni delle professioni sanitarie si trasformino da collegi e Federazioni nazionali degli infermieri professionali, degli assistenti sanitari e delle vigilatrici d'infanzia (Ipasvi) in ordini degli infermieri e infermieri pediatrici e Federazione nazionale degli ordini degli infermieri e infermieri pediatrici. E ancora la trasformazione dei collegi delle ostetriche/i in ordini professionali delle ostetriche e dei collegi dei tecnici sanitari di radiologia medica in ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Per questo, gli assistente sanitari, prima inseriti nel Collegio degli infermieri, confluiscono in quest'ultimo ordine.

    Gli Ordini e le relative Federazioni poi sono enti pubblici non economici, sono organi sussidiari dello Stato per tutelare gli interessi pubblici legati all'esercizio professionale, dotati di autonomia patrimoniale, finanziaria, regolamentare e disciplinare. Ma a questi non si estendono le norme di contenimento della spesa pubblica e la sottoposizione alla vigilanza del ministero della Salute perché si finanziano attraverso le quote versate dai propri iscritti. Promuovono e assicurano l'indipendenza, l'autonomia e la responsabilità dell'esercizio professionale, la qualità tecnico-professionale, la valorizzazione della funzione sociale delle professioni, la salvaguardia dei princìpi etici dell'esercizio professionale indicati nei codici deontologici al fine di garantire la tutela della salute individuale e collettiva. 

    Tra i compiti loro assegnati ci sono la tenuta e la pubblicità degli albi delle rispettive professioni; la verifica del possesso dei titoli abilitanti all'esercizio professionale; la valutazione delle attività di formazione continua; il rafforzamento e il rinnovamento dei codici deontologici; l'istituzione di specifici organi disciplinari e la definizione di idonee procedure a garanzia dell'autonomia e terzietà del giudizio disciplinare, separando la funzione istruttoria da quella giudicante in particolare attraverso la costituzione di appositi Uffici Istruttori di Albo; la definizione delle modalità di partecipazione degli ordini e dei relativi compiti, nelle procedure relative all'esame di abilitazione all'esercizio professionale; la promozione, l'organizzazione e la valutazione dei processi di accreditamento, di aggiornamento e della formazione per lo sviluppo continuo di tutti i professionisti iscritti, ai fini della certificazione del mantenimento dei requisiti professionali, includendo anche la formazione e i crediti formativi acquisiti anche all'estero. 

    Il disegno di legge interviene anche sugli organi, disciplinandone la composizione e le funzioni anche con l'istituzione di un Coordinamento degli Ordini presenti in una Regione. 

    Per quanto riguarda gli attuali Ordini, nel periodo trasitorio i relativi organi restano in carica fino alla scadenza del proprio mandato e la nuova organizzazione parte dal successivo rinnovo. 

    I Consigli nazionali delle Federazioni nazionali dovranno poi approvare i relativi regolamenti per definire la loro organizzazione e il funzionamento interno. La norma abroga poi tutte le disposizioni del Dlgs 233/1946, incompatibili con le nuove modifiche dal momento dell'entrata in vigore dei vari regolamenti attuativi.


     

     

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    Il Ministro Beatrice Lorenzin ringrazia i donatori di sangue


    Fidas

     

    14 GIUGNO 2013

    In occasione della Giornata Mondiale del Donatore di Sangue, il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin è intervenuta questa mattina all’evento di sensibilizzazione e informazione organizzato dal Centro Nazionale Sangue e dal Centro Regionale Sangue del Lazio, in collaborazione con le Associazioni e Federazioni dei donatori, presso l’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma. “L'Italia ha raggiunto l'autosufficienza per la produzione di sangue ed emocomponenti, ma se ancora deve importare medicinali plasma derivati, può sicuramente esportare un modello di solidarietà che si basa sull'attività dei volontari non remunerati - ha detto il ministro Lorenzin".

    "Per questo vorrei ringraziare gli oltre un milione e 700 mila donatori volontari, le Associazioni e Federazioni di donatori, i professionisti delle strutture sanitarie, ma dobbiamo fare ancora di più per mantenere questi importanti risultati anche in quei periodi, come quello estivo, in cui si registra un calo fisiologico delle donazioni.” Presenti alla giornata il direttore del Centro Nazionale Giuliano Grazzini, la responsabile del Centro Regionale Sangue Maria Cristina Martorana e i presidenti nazionali delle Associazioni e Federazioni dei Donatori di sangue. La giornata-evento ha visto anche l'apertura della Mostra “Globulandia, un’avventura in rosso” un percorso progettato dal Centro Nazionale Sangue per intercettare il pubblico più giovane accompagnandolo verso la cultura del dono, attraverso la conoscenza della biologia e della consapevolezza della propria salute. 

    (Nella foto la ministra della Salute Beatrice Lorenzin con il presidente nazionale FIDAS Aldo Ozino Caligaris)

     

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    Da ottobre non più necessario nulla osta Asl per il rimborso delle cure all’estero


    MEDICINA E SALUTE

    Da ottobre non più necessario nulla osta Asl per il rimborso delle cure all’estero

    giovedì 20 giugno 2013

    dRosanna Flammia 
    AboutPharma and Medical Devices

     

    Per il rimborso basterà presentare le ricevute: assistenza sanitaria oltreconfine primo focus della tre-giorni del Collegio degli oncologi ospedalieri

    “In Italia il farmaco innovativo non c’è; in Francia, Germania o Austria sì. E se attualmente è necessaria un’autorizzazione della ASL per recarsi in un altro Paese a curarsi, dal 25 ottobre 2013 il ‘via libera’ non sarà più necessario e si potrà andare oltreconfine per assicurarsi le terapie più all’avanguardia, che nel nostro Paese giungono con circa un anno di ritardo rispetto alla media europea”. Con queste parole, Giampietro Gasperini, direttore dell’Unità di Oncologia dell’Azienda ospedaliera San Filippo Neri di Roma, ha introdotto ieri, 19 giugno, il tema della Direttiva europea 24/2011 sull’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, primo importante focus del Congresso del Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo), in corso a Roma da oggi al 22 giugno prossimo.

     

    “L’Italia – ha ricordato Gasperini - ha recentemente recepito la direttiva, e se fino a oggi il paziente aveva bisogno dell’approvazione della propria ASL per recarsi all’estero per un intervento chirurgico o una terapia farmacologica a spese del SSN, da ottobre gli basterà partire, effettuare i trattamenti, farsi fare una ricevuta e farsi poi rimborsare dalla Asl, inclusi viaggio e costi sostenuti da un accompagnatore”.

     

    La situazione italiana per quanto riguarda l’offerta di medicinali innovativi continua a preoccupare gli specialisti”, ha aggiunto Roberto Labianca, presidente di Cipomo. Malgrado siano apprezzati “gli sforzi messi in campo recentemente dall’Aifa, occorre accelerare i tempi di approvazione dei nuovi prodotti e dare più potere d’indirizzo alle autorità centrali”.

     

    L’indirizzo di Labianca è stato prontamente recepito dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ad un messaggio ha affidato il suo saluto per l’apertura del Congresso: “C’è grande attenzione da parte delle istituzioni all’oncologia, un tema che si colloca tra le grandi priorità del Servizio sanitario nazionale. Interverremo per valorizzare le eccellenze che vi sono e correggere le lacune strutturali alla base della differenza nell’accesso alle cure”.

     

     

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    Eccellenza italiana: i “top italian scientists” secondo VIA-Academy


    SCIENZA & RICERCA

    Eccellenza italiana: i “top italian scientists” secondo VIA-Academy

    giovedì 23 maggio 2013

    di Rosanna Flammia 
    AboutPharma and Medical Devices

     

    Pubblicata la classifica delle eccellenze mediche ed accademiche italiane. Molti nomi noti di docenti e Istituti di cura

    “Top italian scientists”: pubblicata la classifica di docenti e istituti di cura italiani stilata dalla VIA-Academy (Virtual Italian Academy), rete accademica virtuale che unisce scienziati e professionisti operanti in Italia e in Europa, finalizzata alla diffusione e integrazione delle conoscenze scientifiche a livello internazionale. Nata per sostenere la comunità di studiosi italiani nel Regno Unito, la rete è volta, fra l’altro, a migliorare il profilo e il prestigio internazionale delle maggiori istituzioni scientifiche del nostro Paese.

    La classifica dei cosiddetti “Top italian scientists” è un vero e proprio censimento degli scienziati di “maggior impatto” nei principali settori disciplinari. Secondo quanto precisato sul sito internet dell’Academy, la graduatoria è stilata in base all’H-index o indice di Hirsch, parametro generalmente noto al mondo accademico scientifico. L’indice H “racchiude sia la produttività che l’impatto scientifico di una persona, nonché la continuità di questo impatto nel tempo”, sulla base delle citazioni ricevute dallo studioso; una sorta di valore bibliometrico che conserva tuttavia “un’incertezza intrinseca”, in quanto è strettamente dipendente dal settore scientifico, dall’età dello scienziato e dal numero dei suoi papers.

    In vetta alla classifica VIA-Academy, Alberto Mantovani, Ordinario di Patologia Generale presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore Scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas;seguono Giuseppe Remuzzi, nefrologo dell’Istituto Mario Negri e Presidente della Società Mondiale di Nefrologia; Lorenzo Moretta, immunologo e Direttore scientifico dell’Istituto Gaslini di Genova; Giuseppe Mancia, Ordinario di Medicina Clinica presso l’Università di Milano-Bicocca e Vincenzo Di Marzo, Direttore di Ricerca presso l’Istituto di Chimica Biomolecolare del CNR di Napoli.

    Fra le università e gli istituti di cura di eccellenza, oltre ai citati, il San Raffaele di Milano, la ScuolaNormale Superiore di Pisa, l’Università Cattolica, l’IRCCS Fondazione S. Lucia di Roma e l’Azienda ospedaliera-universitaria di Perugia.

    In merito alla presenza del centro perugino nella top list, rappresentato da Luigina Romani, Brunangelo Falini e Giancarlo Agnelli, il direttore generale Walter Orlandi ha espresso il più vivo apprezzamento, e ha aggiunto: “Un riconoscimento come questo aumenta in ciascun operatore sanitario del nostro ospedale il senso di appartenenza, a tutto giovamento dei risultati conseguiti sia in ambito nazionale sia internazionale”.

     

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    Estate: esperti, ecco quali farmaci mettere in valigia


    Estate: esperti, ecco quali farmaci mettere in valigia

     

     21 GIU 2013

     

    (AGI) - Roma, 21 giu. - Scatta ufficialmente oggi il primo giorno d'estate ma un caldo soffocante si fa gia' sentire da diverse settimane. Le valige sono pronte dunque per i primi vacanzieri che si accingono a partire per le prossime vacanze estive. Ecco quali farmaci portare in valigia, secondo gli esperti di Assosalute (Associazione nazionale farmaci di automedicazione) per una vacanza senza incidenti:antidolorifici/antinfiammatori e antipiretici; creme e pomate contro le irritazioni della pelle (antistaminici e cortisonici a bassa media potenza); disinfettanti per la gola; farmaci contro la cattiva digestione (antiacidi e pro cinetici); lassativi; melatonina e altri prodotti contro il jet-lag; il kit del pronto soccorso (disinfettanti, garze sterili e cerotti); antidiarroici. Non bisogna poi dimenticarsi, sottolineano gli esperti, di portare con se' i farmaci con ricetta che si assumono abitualmente (ad esempio quelli per la pressione alta, per il cuore, la pillola anticoncezionale, etc.). Quanto alle regole per una corretta conservazione dei farmaci in vacanza: evitare forti sbalzi di temperatura: e' consigliabile non superare i 30°C (meglio mantenersi sui 25°C) per cui e' bene non lasciare i farmaci in macchina sotto il sole: dentro l'auto si raggiungono facilmente temperature molto elevate. Sono dannose anche le temperature troppo basse, per cui ad esempio se si viaggia in aereo e' sempre meglio tenere la valigetta dei farmaci nel bagaglio a mano: nelle stive degli aerei la temperatura scende anche di molti gradi sotto lo zero. Accertarsi sempre delle modalita' di conservazione indicate dai foglietti illustrativi: alcuni farmaci, infatti, prevedono una conservazione in frigorifero.
      Prestare attenzione all'umidita': l'umidita', presente per esempio in un bagno non ben aerato, puo' alterare compresse, capsule e cerotti medicati. E' importante ricordarsi di eliminare il batuffolo di cotone che a volte si trova all'interno delle confezioni perche' puo' trattenere l'umidita'. Non sostituire mai la confezione originale: la confezione dei farmaci aiuta a rendere sempre riconoscibile un farmaco; riporta la data di scadenza e conservandola siamo certi di non perdere il foglietto illustrativo, fonte preziosa di informazioni quali le modalita' di assunzione, il corretto dosaggio e gli eventuali effetti indesiderati. Bisogna quindi anche evitare d'inserire farmaci diversi in una sola confezione o mescolarli in uno stesso contenitore per risparmiare spazio in valigia. Conservare i farmaci lontano dalla portata dei bambini: questa e' una regola da seguire sempre, a casa come nel luogo di vacanza. (AGI) .
     

     

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    Al via 'Frecciabimbo', pediatri su treni


    Al via 'Frecciabimbo', pediatri su treni

    Da oggi al 7 luglio, con patrocinio Ministero della Salute

    24 giugno, 15:25

     

    (ANSA) - ROMA, 24 GIU - Due settimane dedicate alla salute e alla sicurezza dei bambini sulle Frecce Trenitalia e nelle principali stazioni italiane. E' l'iniziativa 'Frecciabimbo', che da oggi al 7 luglio porterà un team di medici e volontari della FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri) sui Frecciarossa, per offrire consulenze sanitarie e dimostrazioni pratiche ai genitori sugli interventi di pronto soccorso pediatrico.

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    Orario di lavoro e riposi dei medici: Lorenzin chiede un confronto con Affari europei, Lavoro e Funzione pubblica per l'adeguamento alle norme Ue


    Dal “Sole 24 Ore”

     

    IN PARLAMENTO

    Orario di lavoro e riposi dei medici: Lorenzin chiede un confronto con Affari europei, Lavoro e Funzione pubblica per l'adeguamento alle norme Ue

     giugno 2013

    «Ho provveduto a firmare una nota indirizzata al ministro degli Affari europei in cui ho promosso l'esigenza di avviare un rapido confronto anche con il ministero del Lavoro e delle politiche sociali e con il dipartimento della Funzione pubblica per condividere soluzioni volte a rispristinare anche per il personale medico sanitario la validità delle disposizioni sull'orario massimo di lavoro settimanale e sul diritto di riposo di cui la direttiva 2003/88 per garantire piena corrispondenza a quanto sollevato dalla commissione europea». Ha dichiararlo è la ministra della Salute Betarive Lorenzin, rispondendo a un question time alla Camera sulle iniziative per ripristinare la disciplina sul'orario massimo di lavoro settimanale e sul diritto al riposo per il personale medico e sanitario.


    La direttiva 2003/88 della comunità europea contiene norme sull'organizzazione dell'orario di lavoro per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. In attuazione, ha spiegato Lorenzin, in Italia é stato emanato il decreto legislativo dell'8 aprile 2003 n. 66 che nel regolamentare l'articolazione dell'orario di lavoro detta principi in materia di r iposo, ferie, lavoro notturno e straordinario. Ma con la legge 24 dicembre 2007 n. 244 (finanziaria 2008) é stata introdotta una prima deroga per i riposi del personale di area dirigenziale del servizio sanitario nazionale, prevedendo la non applicazione della norma, ma delle disposizioni contrattuali in materia di orari di lavoro, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori. Successivamente la legge 133/2008 oltre alla normativa su riposo é stata derogata anche quella relativa sul limite massimo dell'orario di lavoro settimanale. 

    La commissione europea - ritenendo che la repubblica italiana sia venuta meno agli obblighi imposti dalla direttiva 2003/88 - ha avviato nei confronti del governo italiano una procedura per chiedere chiarimenti sulla mancata applicazione della stessa e nonostante la risposta della Salute, ha emesso il 30 maggio parere motivato per il mancato recepimento dell'ordimanemto giuridico nazionale della direttiva 2033/88. 
    Pertanto, ha detto Lorenzin, «la stessa commissione invita l'italia - pena il possibile deferimento alla corte di giustizia europea - ad adottare le misure necessarie per conformarsi alla normativa richiamata entro 2 mesi dal recepimento del suddetto parere motivato».

     

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    Trasparenza: Ema apre la consultazione su accesso ai dati clinici


    SCIENZA & RICERCA

    Trasparenza: Ema apre la consultazione su accesso ai dati clinici

    mercoledì 26 giugno 2013

    di Maddalena Guiotto 
    AboutPharma and Medical Devices

     

    Aperta la consultazione pubblica: nel 2014 il regolamento dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema) su pubblicazione e accesso ai dati dei trial clinici

    Sulla trasparenza dei dati dei trial clinicil'Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha aperto la consultazione pubblica una bozza di orientamento (draft guidance) che tiene conto della necessità dell'accesso ai dati con quella di proteggere le informazioni personali.

     Tre le categorie di accesso individuate dall'Agenzia che separa i dati clinici in:

    ·         informazioni commerciali riservate (commercially confidential);

    ·         dati di accesso aperto (open access) perchè non contengono informazioni personali dei pazienti;

    ·         accesso controllato (contolled access) a dati  in base a requisiti del richiedente, tra cui la firma di un accordo di condivisione dei dati.

    L'Ema, che ha iniziato le consultazioni sulla pubblicazione dei clinical trial lo scorso novembre, accoglierài commenti sul progetto di linee guida per tre mesi. Entro la fine dell'anno attesa la pubblicazione del regolamento che dovrebbe entrare in vigore all'inizio del 2014.

    Secondo Chris Viehbacher, Cief executive officer di Sanofi , che lo scorso lunedì ha assunto la carica di presidente Efpia, Federazione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche questo regolamento mina la competitività perché informazioni confidenziali su processi produttivi, potrebbero essere di libero accesso ai competitor e  frenare gli investimenti da parte delle imprese farmaceutiche in Europa. Critiche anche da  PhRma, l’associazione delle aziende biotech americane, mentre Richard Bergstrom, direttore generale di Efpia, ha dichiarato che l'associazione rilascerà la sua posizione in merito alla questione "da un giorno all'altro."

    L'Ema dal novembre 2010 ha pubblicato due milioni di pagine di informazioni dettagliate sui farmaci, come parte della sua politica volta a mettere in comune le informazioni di ricerca e di aumentare la trasparenza nel settore. Nel mese di aprile, AbbVie e InterMune hanno ottenuto l’ingiunzione che proibisce all’Agenzia europea  rilasciare documenti delle sperimentazioni cliniche delle aziende fino a quando viene data una sentenza definitiva.

     

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    Sigarette elettroniche vietate ai minori in Italia e Francia


    Sigarette elettroniche vietate ai minori in Italia e Francia

    Lorenzin firma ordinanza che ne impedisce l'uso a scuola

    28 giugno,

     

    Italia e Francia introducono limiti per le sigarette elettroniche. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha annunciato di avere firmato l'ordinanza che vieta l'utilizzo delle sigarette elettroniche per i minori e all'interno delle scuole, aderendo al parere del Consiglio Superiore di Sanita'. L'ordinanza e' stata firmata nei giorni scorsi. ''Non vogliamo dire che le sigarette elettroniche siano piu' pericolose della sigaretta normale ma - ha spiegato - non vanno utilizzate come strumenti innocui. Bisogna essere informati su cosa si usa'', ricordando che ''un conto sono acqua e aromi, ma se c'e' nicotina questa puo' creare dipendenza''.

    Anche il parlamento francese ha votato un'emendamento che vieta l'utilizzo delle sigarette elettroniche per i minori di 18 anni, nell'ambito del progetto di legge sui beni di consumo. La ministra francese della Sanita', Marisol Touraine, ha spiegato che la sigaretta elettronica non e' ''un prodotto banale'' e ''incita a fumare'', aggiungendo che sta pensando a un divieto anche nei luoghi pubblici oltre a una circolare che ne vieti la pubblicita', come per le sigarette tradizionali. 

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    Bronchite cronica, il respiro può tornare in cinque minuti


    Dal “Corriere della Sera”

    NUOVO FARMACO

    Bronchite cronica, il respiro
    può tornare in cinque minuti

    Il glicopirronio bromuro agisce in appena 5 minuti, migliorando il respiro per 24 ore

    MILANO - Al mattino si alzano dal letto già con il fiato corto. Succede a molti pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva o BPCO: i sintomi si fanno sentire appena svegli e la giornata inizia subito in salita. Da poco però è arrivato in Italia un farmaco che agisce molto velocemente, in appena cinque minuti dall'inalazione: i bronchi si dilatano, il respiro torna normale, la tosse si acquieta e l'effetto dura per 24 ore.

    FARMACO - Il medicinale si chiama glicopirronio bromuro ed è un antimuscarinico di nuova generazione: agisce cioè bloccando i recettori muscarinici per il mediatore acetilcolina che si trovano nelle vie aeree, inducendo in questo modo il "rilassamento" dei bronchi. A differenza di altri farmaci con meccanismo d'azione simile, il glicopirronio è molto selettivo: proprio per questo basta un'inalazione e agisce subito, entro cinque minuti. «La maggior selettività lo rende più efficace e potente rispetto agli altri medicinali disponibili oggi - commenta Pierluigi Paggiaro, docente di malattie dell'apparato respiratorio dell'università di Pisa e membro del comitato scientifico del Progetto LIBRA (Linee guida Italiane BPCO, Rinite e Asma) -. Il vantaggio principale del glicopirronio è proprio la rapidità d'azione, che lo rende ideale per i pazienti che hanno i sintomi soprattutto al mattino. Peraltro la percezione del miglioramento è anch'essa quasi immediata, e pure l'efficacia massima si ottiene quasi dal primo giorno di cura: si tratta di passi avanti piccoli ma consistenti per i malati».

    EFFICACIA - «Nella notte si ha un ristagno di secrezioni nell'albero respiratorio: queste provocano tosse e catarro che il polmone del malato non riesce a eliminare o controllare. Ai pazienti fumatori va anche peggio, perché il fumo altera la funzione delle ciglia delle cellule che tappezzano le vie aeree e hanno il compito di eliminare il muco», aggiunge Francesco Blasi, docente di malattie respiratore dell'università di Milano. Il glicopirronio è indicato per i pazienti con molti sintomi al mattino, e per fortuna è un farmaco che per una volta non costa di più dei suoi predecessori. «Nel giro di un anno dovrebbe arrivare in Italia anche la combinazione del glicopirronio con indacaterolo (un beta-agonista anch'esso con azione broncodilatatoria, ndr): si troveranno nello stesso inalatore, perciò arriveranno in contemporanea nelle vie aeree andando però ad agire su obiettivi diversi. In questo modo l'effetto sinergico sarà potenziato e si riuscirà a ottenere il massimo di broncodilatazione, con un beneficio ancora più evidente», informa Paggiaro. Per potersi curare al meglio, l'importante è arrivare anche e soprattutto alla diagnosi: la BPCO è purtroppo una patologia ancora sottostimata, nonostante riguardi il 5-6 per cento della popolazione e si stimi che entro il 2020 diventerà la terza causa di morte e aumenterà addirittura del 130 per cento nelle donne. Il motivo del rischio maggiore nella popolazione femminile? Le donne fumano sempre di più, e il fumo è il principale fattore di rischio per la BPCO. In più nelle donne a parità di esposizione alle sigarette il danno polmonare è maggiore, così come più consistente il declino della funzionalità respiratoria.

    Elena Meli27 giugno 2013 | 14:20

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Corte dei conti: personale in calo nel Ssn. E scendono anche costi e retribuzioni. La relazione sul costo del lavoro pubblico 2013


    Dal "Sole 24 Ore"

     

    DAL GOVERNO

    Corte dei conti: personale in calo nel Ssn. E scendono anche costi e retribuzioni. La relazione sul costo del lavoro pubblico 2013

    28 giugno 2013

     

    Meno personale, meno costoso e con retribuzioni più basse nel Ssn. Questo, in sintesi, il risultato dell'analisi che la Corte dei conti fa nella sua Relazione 2013 sul costo del lavoro pubblico, appena pubblicata.

    Il personale del comparto sanità (717.670 unità complessive) - si legge nella relazione -, assorbito per il 93% dal personale delle aziende sanitarie e concentrato nelle strutture con un numero di dipendenti compreso tra 1.000 e 5.0007, accentua la riduzione registrata nel precedente anno (-1,5%), in relazione alle misure di contenimento della spesa, previste dalla legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 565) e confermate dal Patto per la salute per il periodo 2010-2012 e dalla legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009), nonché all'ulteriore impegno alla riduzione della consistenza di personale in connessione con i processi di riorganizzazione, ivi compresi quelli di razionalizzazione ed efficientamento della rete ospedaliera.

    Coerente con tali politiche si presenta la riduzione della dirigenza esterna (direttori generali e direttori sanitari, amministrativi e dei servizi sociali) che si contrae, nel triennio considerato, del 10,2%. Il 2011 segna una maggior riduzione, rispetto agli anni considerati, della dirigenza medica (-1,5%) e del personale non dirigente (-0,7%) che mostra una maggiore dinamicità nell'ambito del personale tecnico e amministrativo rispetto al personale infermieristico, sostanzialmente stabile nel triennio.

    Contribuiscono, inoltre, all'equilibrio numerico del comparto anche gli effetti delle politiche di stabilizzazione avviate (oltre 2.500) che, tuttavia, non hanno evitato un significativo ricorso al personale a tempo determinato (4% del complesso del personale), indice di una sofferenza nel garantire la continuità nell'erogazione dei servizi.

    Dal punto di vista economico, il servizio sanitario nazionale mostra una diminuzione di spesa dell'1,4%, riferibile alle voci stipendiali che assorbono più del 70% del complesso (oltre l'84% per il personale non dirigente). La variazione registrata, che si ridimensiona se depurata dalla componente arretrati percepita nel 2010 dalla dirigenza a seguito del rinnovo relativo al biennio economico 2008-2009, è in linea con la diminuzione di personale.

    Significativa appare, comunque, la diminuzione della spesa per il personale dirigente che risente inoltre, come già ricordato, del blocco del turnover nelle Regioni in piano di rientro, delle politiche di contenimento delle assunzioni messe in atto autonomamente dalle Regioni non sottoposte ai piani di rientro e dell'applicazione delle ulteriori misure di contenimento previste per tutto il personale pubblico.

    Passando all'esame dell'evoluzione delle retribuzioni medie, i relativi valori, sotto il profilo metodologico, si riconducono al rapporto tra la spesa per voci stipendiali e trattamento accessorio (al netto degli arretrati) e le unità annue; vanno escluse, per non falsare la base di riferimento, le voci di spesa non aventi carattere direttamente retributivo (assegni familiari, buoni pasto, coperture assicurative) nonché alcune indennità che non rivestono per legge o per disposizioni contrattuali carattere retributivo come le indennità di servizio all'estero, l'indennità di esclusività percepita dai medici e dagli altri dirigenti del servizio sanitario nazionale, l'indennità e il trattamento aggiuntivo in favore del personale universitario che presta servizio presso le strutture sanitarie, il trattamento accessorio corrisposto al personale in posizione di comando o distacco presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

    Per quanto riguarda i trattamenti integrativci per il personale non dirigente, il 17% per cento delle istituzioni esaminate segnala incrementi nel valore dei diversi fondi sommati tra loro4, con uno scostamento percentuale dai valori teorici dello 0,7%, percentuale che si attesta
    all'1,1% se si considerano anche le mancate riduzioni.

    Per la dirigenza amministrativa la percentuale di enti con fondi in crescita ovvero non ridotti come da disposizioni normative è del 43 per cento.
    Per la dirigenza medica, infine, il valore dei fondi risulta superiore del 2,4% alle teoriche risultanze connesse con l'applicazione della normativa. Quanto sopra, per effetto della crescita evidenziata nel 18% degli enti interessati ovvero per mancate o irregolari riduzioni.

    Di particolare rilievo appare l'individuazione del personale con contratti di lavoro flessibile la cui crescita ha spesso, seppur parzialmente, compensato i vincoli posti dal legislatore alla crescita del personale pubblico. Anche in tal caso appare significativo distinguere tra le annualità antecedenti il 2009 e il triennio successivo. Il periodo 31.12.2001-31.12.2008 è caratterizzato dall'andamento in forte crescita del personale a tempo determinato (concentrato essenzialmente nell'ambito dei comparti Regioni e autonomie locali e servizio sanitario nazionale), con un incremento del 37,5% e, nel contempo, da una decisa flessione dei lavoratori socialmente utili (-63,1%).

    Il periodo successivo (31.12.2008–31.12.2011) registra un'inversione di tendenza nell'ambito del personale a tempo determinato (-15,2%; -3,6% nel 2011) da ricondurre, da un lato, alle disposizioni che hanno nuovamente irrigidito la possibilità per le pubbliche amministrazioni di assumere con contratti di lavoro diversi da quelli a tempo indeterminato e, dall'altro, all'avvio di un programma straordinario di stabilizzazione volto a ridurre significativamente il fenomeno del precariato.

    Gli enti del comparto Regioni e autonomie locali hanno utilizzato il maggior numero di personale con contratto di lavoro flessibile (circa 50.000 unità annue) che, tuttavia, ha registrato una consistente flessione (-6,8%), mentre il comparto sanità ha utilizzato una quantità di contratti flessibili pari a circa 35.200 unità annue ma con un tasso di riduzione molto più accentuato (-12,3%). Seguono i dati registrati dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e Bolzano (circa 6.600 unità nel 2011, con esclusione del personale scolastico non di ruolo delle Province di Trento e Bolzano).

    Anche le altre tipologie di flessibilità (lavoratori interinali e lavoratori socialmente utili) sono presenti in numero rilevante solo nel comparto Regioni ed enti locali e nella sanità, mentre nei restanti comparti la consistenza è più limitata. dal personale delle aziende sanitarie e concentrato nelle strutture con un numero di dipendenti compreso tra 1.000 e 5.0007, accentua la riduzione registrata nel precedente anno (-1,5%), in relazione alle misure di contenimento della spesa, previste dalla legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 565) e confermate dal Patto per la salute per il periodo 2010-2012 e dalla legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009), nonché all'ulteriore impegno alla riduzione della consistenza di personale in connessione con i processi di riorganizzazione, ivi compresi quelli di razionalizzazione ed efficientamento della rete ospedaliera.

    Coerente con tali politiche si presenta la riduzione della dirigenza esterna (direttori generali e direttori sanitari, amministrativi e dei servizi sociali) che si contrae, nel triennio considerato, del 10,2%. Il 2011 segna una maggior riduzione, rispetto agli anni considerati, della dirigenza medica (-1,5%) e del personale non dirigente (-0,7%) che mostra una maggiore dinamicità nell'ambito del personale tecnico e amministrativo rispetto al personale infermieristico, sostanzialmente stabile nel triennio. Contribuiscono, inoltre, all'equilibrio numerico del comparto anche gli effetti delle politiche di stabilizzazione avviate (oltre 2.500) che, tuttavia, non hanno evitato un significativo ricorso al personale a tempo determinato (4% del complesso del personale), indice di una sofferenza nel garantire la continuità nell'erogazione dei servizi.

    Per il turn over, la maggioranza dei comparti evidenzia, a livello complessivo, valori inferiori al 50%18, ad indicare una non completa sostituzione del personale cessato, con l'eccezione delle agenzie fiscali (ove il dato, pari al 138,7%, risente del trasferimento di personale proveniente dal Ministero dell'economia e finanze), del servizio sanitario nazionale (79,9%, più accentuato nell'ambito dei profili del ruolo sanitario del personale non dirigente) e negli enti di ricerca (100,6%), esclusi nel Di particolare interesse si presenta la lettura di tali dati distinguendo, da un lato, tra personale dirigente e non dirigente e considerando, dall'altro, gli effetti dei passaggi verticali che comunque concorrono alla programmazione delle assunzioni.

    Sotto il primo profilo, nettamente superiori si presentano, in tutti i comparti, gli indici di sostituzione del personale dirigente che, dopo la forte riduzione registrata nel precedente periodo, segna un rallentamento nel 2011. Tali indici appaiono particolarmente consistenti nell'ambito degli enti pubblici non economici (87,2%), agenzie fiscali (79,2%), Presidenza del Consiglio dei ministri (95,7%) e servizio sanitario nazionale (medici: 73,4%, dirigenti non medici: 72,1%), mentre più contenuti quelli registrati dal comparto Regioni ed enti locali (44,4%) e università (59,3%), in coerenza con i più stringenti vincoli introdotti dal 2011 e con la maggiore responsabilizzazione finanziaria degli enti sui cui bilanci ricade la spesa per il personale.

    Decisamente inferiori appaiono invece gli indici relativi al personale non dirigente che, in alcuni comparti, si avvicina al tetto previsto nelle disposizioni di contenimento come nel caso dei ministeri (29,6%), Regioni ed enti locali (37,6%) e Presidenza del Consiglio (39,3%).

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    Dolore, al via IMPACT 2013 “Closing the gap”


    SANITÀ E POLITICA

    Dolore, al via IMPACT 2013 “Closing the gap”

    venerdì 28 giugno 2013

    di Redazione AboutPharma And Medical Devices 
    AboutPharma and Medical Devices

     

    La Legge 38 è un modello per l'Onu, ma in Italia restano lacune da colmare. Al via a firenze IMPACT 2013, gli stati generali sul dolore

    Un modello normativo di riferimento a livello internazionale, ma una gestione concreta della patologia ancora da affinare. È l'immagine, schematica ma ben rappresentativa della situazione reale, delle prestazioni erogate in Italia per la diagnosi e la cura del dolore: un sintomo che si trasforma in alcuni casi in vera e propria malattia, allorché cessa di essere un campanello d'allarme di altre patologie e diviene "sofferenza inutile". Ne parlano esperti e Istituzioni, riuniti nell'IMPACT Proactive 2013, al via a Firenze in queste ore.

    Tra gli argomenti trattati ci sarà anche il rischio d’abuso legato ai farmaci oppioidi, altro titolo di merito per l'Italia dove questo pericolo, secondo gli esperti, risulta inesistente.

    All’estero la Legge 38 - che disciplina trattamento del dolore e cure palliative nel Belpaese - è considerata “un esempio di strategia ben bilanciata”.

    L’80% della popolazione mondiale non ha accesso a un adeguato trattamento del dolore,così l’Ufficio Onu contro Droga e Crimine (Unodc), nella revisione della Model Law per garantire in tutti i Paesi aderenti l’accesso alle terapie analgesiche e la prevenzione dell’illegalità, si ispira proprio alla normativa made in Italy.

    Ma nel Paese che le ha dato i natali questa normativa è ancora distante dai cittadini che dovrebbe tutelare. Gli sforzi profusi per darle vita rischiano di essere vanificati, se non si pone rimedio algap di conoscenze che interessa la maggior parte della classe medica e alle lacune organizzative nell’assistenza al paziente che soffre. È stato questo il messaggio d’aperturadella V edizione di IMPACT Proactive, gli Stati Generali della lotta alla dolore che oggi e domani, a Firenze, riuniscono Ministero della Salute, Regioni, oltre 65 Società Scientifiche, Associazioni e Fondazioni, per valutare lo stato di attuazione della Legge 38, ma soprattutto per definire le azioni da mettere in campo al fine di garantire ai cittadini cure adeguate ed efficaci su tutto il territorio nazionale.

    “Il titolo scelto per l’edizione 2013 di IMPACT, ‘Closing the gap’, rispecchia l’intenzione di affrontare i nodi problematici irrisolti nella gestione del paziente con dolore, oncologico e non”, ha evidenziato Gian Franco Gensini, Presidente del Comitato Scientifico Impact proactive e Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze. “Occorre colmare il gap esistente fra le Regioni che hanno recepito quanto previsto dalla Legge 38 – individuando i centri HUB e SPOKE integrati con l’attività dei medici di famiglia – e quelle che invece non lo hanno ancora fatto. È necessario ridurre ildivario fra gli esperti della nostra Assemblea di IMPACT, profondi conoscitori della recente normativa, impegnati per una sua corretta applicazione, e tutti quegli operatori sanitari 'non responder'. Molti clinici, pur gestendo patologie con dolore, non eseguono una sua diagnosi appropriata o non si aggiornano sull’argomento con la stessa sollecitudine che dimostrano per altre tematiche. All’interno di diversi reparti ospedalieri si procede alla diagnosi e alla misurazione del dolore, ma solo come vincolo burocratico cui attenersi. Bisogna quindi colmare un ampio gap di conoscenza, sensibilità e coinvolgimento umano-professionale da parte della maggioranza degli operatori sanitari”.

    D'altro canto, non mancano risultati positivi messi a segno di recente: “Un apposito Decreto del Ministro della Salute ha istituito la disciplina delle cure palliative con le relative materie equipollenti”, spiega Guido Fanelli, Presidente della Commissione ministeriale Terapia del Dolore e Cure Palliative, “padre” della Legge 38 e per questo recentemente insignito dalla Presidenza della Repubblica della Medaglia d’argento al merito della sanità pubblica. “Ciò significa che si potrà finalmente avere un primariato di cure palliative in ambito ospedaliero. Il 13 giugno scorso, inoltre, si è svolto il primo tavolo tecnico sulle tariffe per la terapia del dolore e le cure palliative, con la partecipazione di esperti del Ministero della Salute, del Ministero dell’Economia e di rappresentanti delle Regioni appositamente nominati. Altro importante fronte su cui stiamo lavorando è quello delleSchede di dimissione ospedaliera (Sdo), affinché venga indicato al loro interno se il paziente è stato sottoposto o meno a terapia del dolore e se il trattamento è stato efficace”.

    “Quasi tutte le Regioni – ha concluso Fanelli – hanno istituito le Commissioni per le reti di terapia del dolore e cure palliative; alcune hanno già recepito l’intesa Stato-Regioni del 25 luglio 2012 sui requisiti minimi per l’accreditamento di Hub e Spoke. Molto significativo che la Lombardia, con delibera regionale dello scorso 31 maggio, abbia stabilito che lo sviluppo della rete di cure palliative all’interno degli ospedali sia uno dei criteri con cui valutare l’operato dei Direttori Generali. Infine, un importante riconoscimento a livello internazionale che ci rende molto orgogliosi: l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine ha preso spunto proprio dalla nostra Legge 38/2010 per la revisione di una Model Law che garantisca l’accesso dei pazienti ai farmaci oppioidi e, al tempo stesso, prevenga i fenomeni di illegalità legati a queste sostanze”.

     

     

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    Fidas Coast to Coast per donare sangue


    Fidas Coast to Coast per donare sangue

     

    Tappe in 41 porti, l'attrice Cucinotta tra sostenitori

    04 luglio, 16:21

     

     (ANSA) - ROMA, 4 LUG - Prima edizione del Fidas Coast to Coast, una iniziativa che, con tappe in 41 porti italiani in 14 regioni, vuole incentivare, nella bella stagione, i giovani, a donare il sangue. Partira' da Imperia e da Trieste il 7 luglio, il periplo promosso dalla Federazione italiana Associazione Donatori Sangue. Due barche a vela abbracceranno l'Italia incontrarsi a Reggio Calabria il 27 luglio in occasione della 7/ma edizione della Traversata della Solidarietà. Tra i sostenitori Maria Grazia Cucinotta.

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    Ecco le spiagge a misura di bimbo


    Ecco le spiagge a misura di bimbo

    consigli dei pediatri per le vacanze al mare


    5 luglio, 20:23
    Ecco le spiagge a misura di bimbo
    (ANSA)- ROMA, 5 LUG - Una spiaggia a misura di bimbo?
    Deve essere di sabbia, con un fondale basso che degrada dolcemente fino a parecchi metri dal bagnasciuga e possibilmente sorvegliata da un bagnino, presenza rassicurante in caso di un piccolo malore o di uno spavento. Questi i consigli di Giuseppe Di Mauro, presidente della Sipps, Societa' italiana di pediatria preventiva e sociale, per scegliere il luogo adatto per le vacanze al mare con i piu' piccoli.
     

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

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    Oltre i DRG: per un’assistenza di qualità occorre valorizzare la SDO


    CULTURA

    Oltre i DRG: per un’assistenza di qualità occorre valorizzare la SDO

    martedì 9 luglio 2013

    di Redazione 
    AboutPharma and Medical Devices

     

    Presentata oggi a Roma la “Guida alla Classificazione degli Interventi Chirurgici”, con l’obiettivo di proporre una corretta valutazione degli interventi

    Per una corretta valorizzazione degli interventi chirurgici è fondamentale conoscere non solo i DRG (Diagnosis Related Group), ma anche la Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO) e i codici in essa contenuti, in questo caso, i campi relativi a interventi chirurgici e/o procedure diagnostico-terapeutiche rilevanti, che condizionino l’attribuzione al DRG finale. Avere i dati analitici e di costo per tipologia, è fondamentale per un processo regolatorio equamente distribuito, che premi efficacia ed innovazione.

    Questo, in estrema sintesi, il messaggio emerso durante l’evento di presentazione della “Guida alla Classificazione degli Interventi Chirurgici – Edizione 2013” presentata oggi a Roma dagli autoriMarino Nonis, Direttore Sanitario dell’Ospedale Cristo Re di Roma ed Enrico Rosati, Direttore Sanitario della Casa di Cura Istituto Neurotraumatologico (Grottaferrata, RM), organizzato daAboutPharma  con il contributo non condizionato di Medtronic Italia e del gruppo Giomi.

    Per descrivere, indagare e valutare correttamente un’attività di degenza, non ci si può fermare al DRG, ma occorre ritornare a utilizzare al meglio tutti gli item della SDO e l’ICD-9-CM nel loro complesso.

     

    I DRG costituiscono un sistema di classificazione dei ricoveri ospedalieri attraverso la definizione di categorie significative sotto il profilo clinico ed omogenee per quantità di risorse assorbite (calcolate come costi medi del processo assistenziale, a seconda del profilo di cura, per singolo episodio) durante la degenza ospedaliera.

    Oggi, la priorità,  è individuare le soluzioni più appropriate, in termini di efficacia e di efficienza per rendere il sistema a regime maggiormente in sintonia con le reali esigenze di rendicontazione a tutti i livelli delle attività ospedaliere, superando quelle che sono state le criticità più rilevanti dell’attuale organizzazione, quali ad esempio, i ritardi degli aggiornamenti (in Italia abbiamo una media di aggiornamento di 6-7 anni).

    “Il Sistema ICD-9-CM è stato concepito per associare correttamente i codici ai DRG, ma non è stato pensato per “pesare” le singole procedure. – dichiara Marino Nonis, Direttore Sanitario dell’Ospedale Cristo Re di Roma - Per questo la “Guida” che presentiamo oggi ha preso analiticamente in esame i circa 2.500 codici in grado di determinare una diversa attribuzione ai DRG chirurgici, partendo dalla classificazione ICD-9-CM. Tenuto conto che i DRG chirurgici nell’attuale versione 24.0 sono 255, a cui vanno però sottratti 114 DRG omologhi (in quanto in questo caso è una coppia di DRG a venir determinata dal medesimo set di codici), otteniamo 141 DRG, in cui la distribuzione di codici è molto variabile: in media vi sono 17,7 codici per un singolo DRG, con una possibile varietà di tipologie, tecnologie e costi mediamente generati”.

    “Ciò significa – continua Nonis - che se prendiamo in considerazione, ad esempio, i medical device,  abbiamo nello stesso DRG pacemaker con defibrillatori automatici, cateterizzazioni cardiache insieme a sostituzione di valvole per via percutanea. In questo caso il rischio è quello che, prevalendo la logica del pagamento (e dello sconto) unico e indifferenziato, se ci si ferma solo all’etichetta del DRG, non si riusciranno più a distinguere i diversi dispositivi, con una penalizzazione delle tecnologie più evolute”.

     

    La Scheda di Dimissione Ospedaliera diventi così la principale fonte e archivio di dati sull’attività ospedaliera, patrimonio comune di conoscenza non ancora sfruttato nella propria interezza.

     

    Nella “Guida” gli autori hanno evidenziato, in particolare, le criticità del Sistema, proprio in tema dimedical device, anche in previsione dell’introduzione del nuovo IT-DRG prevista per il 2015, ovvero la nuova versione italiana del DRG attualmente allo studio del Ministero della Salute, che andrà a sostituire quella americana attuale (CMS 24.0).

     

    Gli approfondimenti del Disciplinare Tecnico allegato al DM n. 380/2000 relativi alle regole specifiche per ciascuna disciplina medico-chirurgica sarebbero dovuti essere stabiliti di comune accordo tra le diverse Regioni, in una serie di documenti vagliati all’interno della conferenza Stato-Regioni. Ciò ha comportato una rilevante quanto evitabile produzione di Linee Guida regionali di codifica della SDO che, se da un lato hanno rappresentato certamente un momento di crescita culturale, sopperendo a un importante vuoto normativo verificatosi a livello centrale, dall’altro hanno dato luogo a diverse “scuole di pensiero” per cui in alcune situazioni per una medesima procedura chirurgica si è ricorsi a differenti “soluzioni” di codifica, delineando modus operandi  difformi.

    Risulta evidente che il “florilegio” regionale abbia talora in parte inficiato la bontà del sistema sia da un punto di vista statistico-epidemiologico, che in termini di corretta rappresentazione delle attività e conseguente distribuzione delle risorse.

     

    “Ciò che va fatto – conclude Nonis – a questo punto, è molto semplice: azioni attuabili senza ricorrere a interventi straordinari. Ovvero utilizzare al meglio gli strumenti in nostro possesso (e la classificazione degli interventi chirurgici ICD-9-CM, 3° volume è solo un esempio), può essere un buon inizio o una strada da continuare a seguire con determinazione e costanza”.

     

     

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    I fulmini più frequenti in estate


    I fulmini più frequenti in estate

    Occhio a spazi aperti dove non ci sono parafulmini

    12 luglio, 11:37

     

     (ANSA) - ROMA, 12 LUG - L'estate è il periodo nel quale i fulmini diventano più frequenti nell'emisfero Nord e di conseguenza aumenta il rischio di incidenti legati a questi fenomeni, considerati la seconda causa di morte dovuta ad eventi naturali. ''In estate si è maggiormente esposti ai temporali perchè si trascorre più tempo all'aperto e si è quindi maggiormente esposti ai temporali improvvisi'', spiega Stefano Dietrich, dell'Isaac-Cnr. Cautela quindi sulle spiagge, dove non ci sono parafulmini.

     

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    Le infradito: sì per la spiaggia no per lunghe passeggiate in città


    Dal “Corriere della Sera”

    Le infradito: sì per la spiaggia
    no per lunghe passeggiate in città

    Possono favorire infiammazioni ai metatarsi o della pianta del piede e aumentano il rischio di distorsioni

     

    MILANO - La scarpa è il vestito del nostro piede. E oltre che bella, deve calzare a pennello, essere comoda e adatta all’uso: semaforo verde, dunque, per il tacco alto per una serata a teatro o in pizzeria, ma non per un’intera giornata in ufficio. Così come le coloratissime infradito possono essere calzate per andare in spiaggia o in piscina, ma non per fare lunghe passeggiate in città. «Queste ciabatte ultraleggere, infatti, non offrono adeguato sostegno e protezione, possono dunque procurare dei traumi al piede e di conseguenza compromettere il nostro benessere» precisa Mauro Montesi, presidente dell’Associazione Italiana Podologi. Eppure, che siano di paglia, cuoio, gomma o plastica, le infradito sono sempre più di moda e per alcuni addirittura irrinunciabili, il vero must della stagione estiva, da mettere ai piedi in qualsiasi occasione. Ma se è di gran lunga meglio indossare le "flip flops" che andare a piedi nudi, per esempio, quando si cammina sul bordo di una piscina, nelle camere d’albergo e negli spogliatoi delle palestre, per evitare verruche plantari o il piede dell’atleta (infezione causata da un fungo che si insinua tra le dita dei piedi), se indossate troppo spesso o per alcune attività ad alta intensità le infradito possono causare una serie di problemi ai nostri piedi. Per esempio, essendo super basse possono favorire infiammazioni ai metatarsi o della pianta del piede e, non sostenendo adeguatamente l’arco plantare e il tallone, aumentano il rischio di distorsioni. «Inoltre - aggiunge Montesi - a lungo andare la fascetta tra il primo e il secondo dito danneggia lo spazio interdigitale, a causa della pressione del piede che, nel fare il passo, procura un trauma meccanico all’intersezione tra le due dita, con il rischio di vesciche e infezioni».

    I CONSIGLI DELL’APMA - Se però siete tra coloro che non riescono a rinunciare alle ciabatte infradito, meglio seguire le raccomandazioni dell’Associazione dei Medici Podologi Americani: una serie di consigli per non mettere a repentaglio la salute dei piedi indossando l’infradito sbagliato al momento sbagliato. Innanzitutto, meglio preferire i modelli in pelle o in cuoio, che riducono il rischio di vesciche e altre irritazioni. Al momento dell’acquisto, inoltre, verificare che non siano troppo fragili (piegandole da un capo all’altro, sono da scartare quelle che si piegano completamente a metà) e siano della misura giusta, evitando che il piede esca dai bordi. Inoltre, evitare di indossare lo stesso paio anno dopo anno, se non perfettamente integro. Infine, è sconsigliato metterle ai piedi in previsione di lunghe camminate, lavori in giardino o attività sportive, perché ci rendono più vulnerabili a lesioni, distorsioni e fratture.

    LA SCARPA GIUSTA PER OGNI OCCASIONE - «Insomma, buon senso e attenzione alla salute del piede dovrebbero guidarci al momento della scelta della scarpa da indossare, senza mettere al primo posto sempre e comunque l’estetica e il diktat della moda - commenta Montesi -. La scarpa deve essere infatti comoda, non deve procurare stress al piede e deve proteggerlo, perché un piede sano è fondamentale per la nostra salute». «Un uso prolungato del tacco alto, per esempio - ricorda il podologo – compromette una corretta postura, alterando la distribuzione del nostro peso a sfavore dell’avampiede, crea inoltre problemi alla schiena e alla cervicale. Così come l’uso eccessivo di scarpe estremamente basse può causare dolori ai polpacci e tendiniti». Attenzione dunque a scegliere la scarpa giusta per ogni occasione, a seconda delle attività previste nel corso della giornata. «Il tacco ideale non dovrebbe superare i 4-5 centimetri e anche la pianta dovrebbe essere adeguatamente larga, non costringendo le cinque dita dei piedi a entrare in uno spazio che ne può contenere al massimo due. E se per andare al mare, via libera alle infradito, per una giornata in montagna meglio la scarpa chiusa, in modo che il piede poggi correttamente sul terreno accidentato. Ben venga, invece, camminare scalzi sulla sabbia o sul brecciolino, per stimolare le articolazioni del piede e contrastare, nei bambini, la formazione del piede piatto».

    12 luglio 2013 | 17:01

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    Simona Regina

     

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    In spiaggia, pesche e albicocche per chi ha la pressione bassa


    Dal “Corriere della Sera”

    VACANZE AL MARE

    In spiaggia, pesche e albicocche
    per chi ha la pressione bassa

    È essenziale bere molto, perché sudando l'organismo si disidrata, il sangue diventa meno fluido e scorre peggio

    MILANO - La montagna mette l'ansia agli anziani con il cuore non proprio in forma? Meglio allora optare per una vacanza in spiaggia: altitudine zero, ossigeno in abbondanza, nessun pericolo di picchi di pressione. Tutto vero, ma anche per godere appieno dei benefici del mare serve qualche precauzione. «Vale comunque la raccomandazione di non passare dalla sedentarietà assoluta a un esercizio fisico eccessivo per le proprie condizioni di salute - consiglia Niccolò Marchionni, presidente della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica -. Bisogna poi proteggersi dal caldo, evitando di stare troppo a lungo sotto al sole nelle ore centrali della giornata e preferendo zone ventilate. In spiaggia, il pericolo maggiore può derivare da una riduzione eccessiva della pressione, per effetto dell'alta temperatura che dilata i vasi sanguigni: in estate fra gli anziani si registra un aumento delle fratture di femore, proprio perché molti cadono svenendo per colpa dell'ipotensione ortostatica, un brusco calo di pressione mentre ci si trova in posizione eretta».

    PRESSIONE - «Un rischio concreto, quello del brusco calo di pressione per colpa del caldo eccessivo, tanto che pure chi è iperteso potrebbe dover rivedere la terapia consueta, abbassando le dosi di farmaci. È quindi essenziale misurare regolarmente la pressione e confrontarsi con un medico in caso di variazioni consistenti rispetto ai valori abituali - spiega Gianfranco Parati, direttore della Divisione di Cardiologia all'Auxologico di Milano e docente di medicina interna all'Università di Milano-Bicocca -. Attenzione, però: quando si riducono le cure, occorre farlo con molto buonsenso. L'obiettivo è evitare l'ipotensione, certo, ma soprattutto bisogna mantenere il controllo della pressione durante le 24 ore, modulando tempi e dosi dei medicinali. Se non si usano farmaci a lunga durata d'azione o se si tolgono pillole senza essere certi di bilanciarne gli effetti nell'arco della giornata, si rischia di ritrovarsi con una "coperta corta", ovvero con la pressione che tende a salire di nuovo, e magari parecchio, durante la notte. Non a caso in estate c'è un incremento significativo degli ictus».

    BERE MOLTO - Essenziale bere molto, perché sudando l'organismo si disidrata, il sangue diventa meno fluido e scorre peggio. Un apporto adeguato di liquidi serve a mantenere idratati gli organi e a far funzionare al meglio i reni, che sono importanti proprio per il controllo della pressione sanguigna. Questo vale a maggior ragione per chi ha la pressione bassa: gli ipotesi al mare devono fare particolare attenzione, perché il rischio di svenimento è ancora più consistente e, oltre alle accortezze valide per tutti, è opportuno introdurre in abbondanza sali minerali come magnesio e potassio. Lo sui può fare garantendosi la presenza nella dieta di cibi che sono ricchi di questi minerali: per esempio, frutta secca, spinaci, sardine per il magnesio; albicocche, pesche e patate per l’apporto di potassio.

    16 luglio 2013 | 9:18

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    Elena Meli

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    Cresce l'attenzione per stili di vita corretti e per la loro tutela: il Dm, approvato il 24 aprile, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 20 luglio


    Da "Abuotpharma"

    Cresce l'attenzione per stili di vita corretti e per la loro tutela: il Dm, approvato il 24 aprile, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 20 luglio

    Gli studenti delle scuole che svolgono attività organizzate e chi pratica sport amatoriale devono sottoporsi a un controllo annuale e tutte le società, dilettantistiche e professionistiche, devono dotarsi di defibrillatore semiautomatico: lo stabilisce il decreto pubblicato lo scorso 20 luglio sulla Gazzetta Ufficiale numero 169.  Contenuto nel Dl Sviluppo delgoverno Monti il decreto ministeriale approvato il 24 aprile era stato firmato dall'ex ministro della Salute, Renato Balduzzi, di concerto con l'ex ministro per lo Sport, Piero Gnudi.

    Ecco le novità principali previste dal provvedimento:

    I certificati per l'attività sportiva non agonistica: gli studenti che svolgono attività fisico-sportive organizzate dalle scuole nell'ambito delle attività parascolastiche, i partecipanti ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quella nazionale e le persone che svolgono attività organizzate dal Coni o da società affiliate alle Federazioni o agli Enti di promozione sportiva che non siano considerati atleti agonisti devono sottoporsi a un controllo medico annuale effettuato da un medico di medicina generale, un pediatra di libera scelta o un medico dello sport. La visita dovrà prevedere la misurazione della pressione arteriosa e un elettrocardiogramma a riposo.
    Regole più stringenti sono previste per chi partecipa ad attività ad elevato impegno cardiovascolare come manifestazioni podistiche oltre i 20 km o le gran fondo di ciclismo, nuoto o sci: in questo caso verranno effettuati accertamenti supplementari.

    I certificati per l'attività sportiva amatoriale: chi non è tesserato alle federazioni sportive nazionali e pratica attività amatoriale deve sottoporsi a controlli medici periodici. Gli uomini fino a 55 anni e le donne fino ai 65, senza evidenti patologie e fattori di rischio, potranno essere visitati da un qualunque medico abilitato alla professione e il certificato avrà valenza biennale. Gli uomini che invece hanno almeno due delle seguenti condizioni (età superiore ai 55 anni per gli uomini e ai 65 per le donne, ipertensione arteriosa, elevata pressione arteriosa differenziale nell'anziano, l'essere fumatori, ipercolesteloremia, ipertrigliceridemia, glicemia alterata a digiuno o ridotta tolleranza ai carboidrati o diabete di tipo II compensato, obesità addominale, familiarità per patologie cardiovascolari, altri fattori di rischio a giudizio del medico) dovranno essere visitati necessariamente da un medico di medicina generale, un pediatra di libera scelta o un medico dello sport, che dovranno effettuare un elettrocardiogramma a riposo e eventualmente altri esami necessari secondo il giudizio clinico. Il certificato dovrà essere rinnovato ogni anno.

    I defibrillatori semiautomatici: le società sportive dilettantistiche e quelle sportive professionistiche dovranno dotarsi di defibrillatori semiautomatici. Sono escluse le società dilettantistiche che svolgono attività a ridotto impegno cardiocircolatorio. Le società dilettantistiche hanno 30 mesi di tempo per adeguarsi, quelle professionistiche 6. Gli oneri sono a carico delle società, ma queste possono associarsi se operano nello stesso impianto sportivo, oppure possono accordarsi con i gestori degli impianti perché siano questi a farsene carico.
    Il decreto ministeriale contiene linee guida dettagliate sulla dotazione e l'utilizzo dei defibrillatori. Dovrà essere presente personale formato e pronto a intervenire e il defibrillatore deve essere facilmente accessibile, adeguatamente segnalato e sempre perfettamente funzionante. I corsi di formazione sono effettuati dai centri di formazione accreditati dalle singole Regioni.

     

     

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    MANGIARE COME ALL'ETÀ DELLA PIETRA


    Dal “Corriere della Sera”

     

    MANGIARE COME ALL'ETÀ DELLA PIETRA

    Perché è impossibile (e inutile)
    seguire una «paleo-dieta»

    L'uomo di oggi è molto diverso dai cavernicoli, piante e animali attuali non sono quelli di diecimila anni fa

     

    MILANO - Mangiare bacche, noci, carne in grande quantità. Evitare accuratamente latticini, cereali trasformati di qualunque genere, zuccheri. È la dieta "da cavernicoli" di chi è convinto che l'uomo non sia molto cambiato dal Paleolitico in poi e quindi non basti togliere i cibi spazzatura per un'alimentazione davvero sana, ma serva tornare a nutrirsi come i nostri antenati cacciatori-raccoglitori. Tuttavia un articolo sulle pagine di Scientific American, raccontando le riflessioni raccolte nel libro "Paleofantasy" della biologa evoluzionista Marianne Zuk dell'università di Riverside in California, avverte: la dieta paleolitica è sbagliata e pure impossibile da seguire per davvero, perché né l'uomo né le specie animali e vegetali sono più le stesse rispetto a decine di migliaia di anni fa.

    PPROGENITORI - I fautori dell'alimentazione "alla Flintstones" sottolineano che dalla fine del Paleolitico, circa 10mila anni fa quando si sviluppò l'agricoltura, il genoma umano non si è modificato in maniera sostanziale: a quel tempo, secondo i nostalgici, l'uomo era in sintonia con l'ambiente in cui viveva e non soffriva di malattie cardiovascolari, obesità, tumori. Mangiava solo ciò che riusciva a procurarsi con le sue forze, cacciando prede e raccogliendo semi selvatici, erbe, bacche. Poiché il corpo umano si sarebbe adattato alla vita allora, per restare sani il nostro regime alimentare non dovrebbe scostarsi da quello dei nostri progenitori: tumori e altre malattie attuali sarebbero il frutto di un'incompatibilità del nostro organismo con gli alimenti di cui ci nutriamo. Da qui la necessità di evitare tutti i cibi inventati dall'uomo dopo il Paleolitico: latticini, cereali trasformati (dal pane bianco ai prodotti per la colazione), zuccheri, insaccati, per non parlare di patatine e fast food. La paleo-dieta, se da un lato ha almeno il pregio di eliminare i cibi spazzatura che di sicuro bene non fanno, nella sua versione integralista non concede neppure latticini ricchi di calcio, legumi che sono un'ottima fonte di proteine, cereali pieni di fibre. Un rischio per la salute, secondo parecchi nutrizionisti.

    EVOLUZIONE - Per di più, come scrive Zuk, le teorie dei paleo-ammiratori partono da presupposti sbagliati: noi non siamo affatto gli uomini che eravamo decine di migliaia di anni fa. «Come ogni altro essere vivente, nel nostro lungo percorso evolutivo abbiamo subito cambiamenti - scrive Zuk -. Diversi esempi chiariscono che l'evoluzione di alcuni nostri tratti, correlati al cibo e non solo, non si è fermata all'età della pietra e anzi, è stata molto rapida». La capacità di digerire il latte da adulti è forse l'esempio più famoso: dopo l'avvento della pastorizia e l'inizio della produzione dei latticini è comparsa in molti una mutazione genetica che consente di mantenere "acceso" il gene che codifica per l'enzima lattasi, indispensabile per il metabolismo del latte, anche dopo la primissima infanzia. Non solo: la biologa sottolinea che pure la microflora intestinale, che interagisce con il cibo che introduciamo, oggi è quasi certamente diversa rispetto a quella che si trovava negli intestini dei cavernicoli. Insomma, l'uomo non è più quello di allora e non ha molto senso cibarsi come se fossimo all'età della pietra, anche perché pure le nostre attività sono diverse: nessuno di noi sgobba dall'alba al tramonto per cacciare, raccogliere legna o difendersi da predatori pericolosi.

    IMPOSSIBILE - Non basta. Se pure la dieta paleolitica avesse un senso, sarebbe impossibile seguirla davvero perché oltre all'uomo sono cambiate anche le specie animali e vegetali di cui dovremmo nutrirci. Christina Warinner, biologa dell'università di Zurigo, ha spiegato che quelle attuali non hanno più nulla a che vedere con quelle del Paleolitico, perché abbiamo selezionato artificialmente prodotti che ritenevamo migliori: frutti più grandi, animali più produttivi, sottotipi diversi per sapore e aspetto. I pomodori erano più piccoli, le banane avevano i semi, non esistevano cavoli, cavolfiori o broccoli ma un solo tipo di "cavolo" primordiale. Che allora basti guardare come mangiano oggi le tribù rimaste più ancorate al passato? Non è così semplice, perché l'alimentazione dei cacciatori-raccoglitori moderni è assai variegata, come lo era quella dei nostri avi: in sostanza, allora come adesso l'uomo era molto flessibile nelle sue scelte alimentari, mangiava in base a ciò che offriva il suo ambiente, alla stagione, alle opportunità che trovava. Morale, è praticamente impossibile dire come debba essere la paleo-dieta ideale.

    SALUTE - Per di più, ieri come oggi chi si alimenta con ciò che offre la natura senza poter accedere a nulla che non ci si possa procacciare con arco, frecce, canna da pesca e pochi altri strumenti non è più sano di noi occidentali "crapuloni". L'idea che la paleo-dieta garantisca salute è un falso, secondo gli studiosi delle popolazioni del passato e delle tribù di cacciatori-raccoglitori attuali: una recente ricerca pubblicata sulla rivistaLancet, condotta analizzando poco meno di 150 mummie risalenti fino a 4mila anni fa e rinvenute in quattro aree archeologiche nel mondo, dall'Egitto al Perù, ha dimostrato che in buona parte di quegli uomini del lontano passato è possibile trovare chiari segni di aterosclerosi dei vasi sanguigni. Non è vero, quindi, che emulare gli stili di vita preindustriali o addirittura pre-agricoli ci metterebbe al riparo da una delle malattie che riteniamo maggiormente legate a doppio filo con i nostri stili di vita sbagliati, come hanno scritto i ricercatori; peraltro allora l'aspettativa di vita era a dir poco scarsa rispetto a oggi per colpa di infezioni e malattie oggi perfettamente curabili (ma nessun seguace della paleo-dieta rinuncerebbe anche agli antibiotici, si suppone). Non va meglio prendendo in considerazione la salute dei cacciatori-raccoglitori di oggi: Ana Magdalena Hurtado e Kim Hill, dell'università di Tempe, hanno studiato la dieta e le condizioni di salute degli Hiwi, una tribù del Venezuela, arrivando alla conclusione che cibarsi di radici, frutta, miele e animali vari (formichieri, armadilli, tartarughe, iguane selvatiche e lucertole: chi vorrebbe imitare l'alimentazione dei nostri avi dovrebbero tenerlo presente quando mangia manzo o maiale) non fa poi così bene alla salute. «Gli Hiwi non sono particolarmente sani: bassi, esili, malnutriti e affamati, sono bersaglio di infezioni intestinali varie e i loro figli non superano i quindici anni in un caso su due», spiegano Hurtado e Hill. Insomma, la paleo-dieta è una paleo-fantasia, come dice la Zuk: vivere mangiando solo i cibi disponibili prima che imparassimo a coltivare i campi è un'illusione e non garantisce per forza una buona salute. I nostri progenitori erano costretti a mangiare così, noi no: forse non è indispensabile privarci di tutto ciò che siamo stati in grado di produrre e cucinare da 10mila anni fa a oggi, basterebbe mangiare con moderazione e buonsenso evitando (o riducendo al massimo) solo quello che sappiamo potrebbe essere dannoso, dal fast food ai grassi saturi.

    24 luglio 2013 | 10:26

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    Elena Meli

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    Ecco la pagella degli ospedali del Lazio


    Dal “Sole 24 Ore”

     

    REGIONI E AZIENDE

    Ecco la pagella degli ospedali del Lazio

     

    Quarantatre indicatori di volume di attività e 76 indicatori di esito, per diverse aree cliniche di assistenza sia ospedaliera che territoriale. I risultati di Prevale sono stati presentati questa mattina dal Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e «mostrano una grande eterogeneità degli esiti delle cure, sia per soggetto erogatore che per popolazione», spiega la Pisana. «Quello emerso oggi é un quadro che in parte conoscevamo - ha detto Zingaretti - di convivenza tra strutture di eccellenza e sacche di inefficienza e addirittura rischi per la salute dei cittadini. Non vogliamo stilare la pagella dei buoni e dei cattivi, dei bravi e non, ma finalmente partire dai dati oggettivi di quel che é l'offerta della sanità del Lazio per uscire dal tunnel»
    Ecco alcuni indicatori così come sono stati elaborati da Prevale.
    Intervento chirurgico per frattura di femore entro 48 ore. Nel Lazio, nel 2012 solo un quarto delle fratture di femore negli anziani sono operati entro le 48 ore dall'accesso all'ospedale. La proporzione varia da meno del 5% negli ospedali di Tarquinia, Frosinone, Rieti e Tivoli a più del 50% nell'ospedale di Latina, nella Casa di Cura Città di Aprilia, al Policlinico Gemelli, al Cto, al Fatebenefratelli e al Sant'Eugenio, in cui quasi l'80% delle persone con frattura di femore vengono operate entro le 48 ore dall'accesso all'ospedale. La disomogeneità tra ospedali fa sì che, in termini di popolazione, più di un anziano su due con frattura di femore residente nei "vecchi" municipi XI e XII di Roma venga operato entro 48 ore e meno di uno su dieci tra i residenti nelle Asl di Frosinone, Rieti e Viterbo.
    Nel Lazio la proporzione di interventi chirurgici per frattura di femore entro 48 ore è passata dal 10% del 2008 al 24% del 2012. Alcune strutture come il Gemelli, il Cto, il Sant'Eugenio e l'ospedale di Latina sono migliorati in maniera molto sensibile passando da valori inferiori o vicino al 10% a valori superiori al 50%, anche in un solo anno. In alcuni casi, invece, come il Policlinico Umberto I e l'ospedale di Frosinone non si è osservato alcun cambiamento nel tempo, con valori molti bassi, intorno al 10% nel primo caso e del 5% nel secondo. In altri casi si è osservata addirittura una riduzione, come nel S.Andrea e nel Santo Spirito che avevano valori relativamente alti nel 2007 e che ora sono scesi a valori bassi (15% al Sant'Andrea e 22% al Santo Spirito).
    Parto cesareo. La "Proporzione di parti con taglio cesareo primario" (cioè in donne che non avevano già avuto un parto cesareo in precedenza) è uno degli indicatori di qualità più usati a livello internazionale. L'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l'uso del taglio cesareo nel 10-15% dei parti. Allo stato attuale la percentuale di parti cesarei registrata in Italia è la più alta d'Europa (percentuale). Nella Regione Lazio nel 2012 una donna su tre ha un parto cesareo primario: più del 40% al Policlinico Umberto I, all'ospedale S.Pietro Fatebenefratelli, agli ospedali di Alatri, Rieti, Monterotondo e Colleferro e alla casa di cura accreditata Villa Pia e meno del 20% negli ospedali C. Cristo Re, S.Eugenio di Roma, S. Maria Goretti di Latina e Belcolle di Viterbo.
    Questa disomogeneità di qualità dell'offerta tra ospedali fa sì che in termini di popolazione, quasi una donna su due residente nel comune di Rieti abbia un parto cesareo primario e solo una su cinque nei comuni di Latina e Viterbo. Sulla proporzione di parti cesarei primari non ci sono variazioni di rilievo tra 2007 e 2012.
    Interventi di colecistectomia laparoscopica con degenza inferiore ai 3 giorni. Nel Lazio nel 2012 il 57% dei pazienti sottoposti ad intervento di colecistectomia laparoscopica rimane in ospedale meno di 3 giorni dopo l'intervento con una variabilità che va da più dell'80% al Policlinico Casilino, all'ospedale di Fondi, di Rieti, al Campus Biomedico, al San Carlo di Nancy e alla Casa di Cura Madonna delle Grazie a meno del 30% al San Filippo Neri, all'ospedale di Frascati e Viterbo, al Cto, ad Albano e Palestrina.
    Ospedalizzazione per broncopneumopatia cronica ostruttiva in regime ordinario in pazienti con Bpco. L'indicatore "Ospedalizzazione per broncopneumopatia cronico ostruttiva in regime ordinario in pazienti con diagnosi di Bpco" valuta la qualità dell'assistenza territoriale misurando il numero di ospedalizzazioni potenzialmente evitabili con una corretta gestione del paziente affetto da Bpco. L'indicatore non misura la qualità dell'assistenza ospedaliera, ma la capacità dell'assistenza territoriale di gestire adeguatamente la Bpco evitando l'evoluzione verso livelli di gravità maggiori e la conseguente necessità di ricorrere alle ospedalizzazioni per riacutizzazioni, insufficienza respiratoria e, nei casi più gravi, alla chirurgia polmonare
    Nel Lazio nel 2012 il 13.1‰ dei pazienti affetti da Bpco è stato ricoverato per una riacutizzazione della patologia. I tassi di ospedalizzazione variano da meno del 10‰ nel vecchio Municipio XIII e nei comuni e province di Latina e Viterbo a più del 16‰ nei vecchi Municipi I, VII, XV, XVI, XVIII e nel comune e nella provincia di Rieti.
    Interventi di angioplastica coronarica. Prevale contiene un'analisi approfondita sull'offerta e l'appropriatezza degli interventi di angioplastica coronarica. L'intervento ha un importante effetto protettivo sulla salute sia a breve che a lungo termine, se effettuato tempestivamente su specifiche tipologie di infarti acuti del miocardio, ma se effettuato non in infarto è ad alto rischio di appropriatezza. La proporzione di angioplastica effettuata entro 90 minuti dal primo accesso a un ospedale del Lazio in specifiche tipologie d'infarto è un buon indicatore della tempestività di cura e nel Lazio è solo del 21%, ma è superiore al 35% per i pazienti che accedono al San Filippo Neri, al Sant'Andrea, a Tor Vergata, al Santo Spirito e all'ospedale Vannini. E' invece inferiore al 20% al San Camillo, al S.Eugenio. E' poi inferiore al 10% in alcuni ospedali della provincia, Anzio, Civitavecchia, Tivoli, Frosinone, Formia Albano Laziale, Cassino e la Casa di Cura S.Anna di Pomezia. 
    Dal punto di vista di popolazione, questa disomogeneità di offerta delle strutture del Lazio si traduce in una iperofferta di interventi ad alto rischio di inappropriatezza in alcuni sottogruppi di popolazione residenti nelle aree di Roma dove sono presenti la maggior parte delle strutture che effettuano angioplastica ed una offerta insufficiente dell'intervento più appropriato che è l'angioplastica primaria in alcuni gruppi di popolazione. A questo proposito dagli stessi dati del Lazio si evidenzia che, a parità di condizioni cliniche, la probabilità di avere un angioplastica primaria diminuisce progressivamente al diminuire del livello di istruzione; il 45% delle persone con infarto laureate riceve un angioplastica coronarica entro i 90 minuti rispetto al 25% delle persone che hanno concluso la scuola dell'obbligo, e al 10% di quelle senza titolo di studio.
    Mortalità a 30 giorni dopo intervento chirurgico di bypass aortocoronarico. La mortalità a 30 giorni dopo intervento di bypass aortocoronarico è un indicatore molto valido per la valutazione delle qualità di questo intervento di cardiochirurgia. Nel Lazio, per il periodo 2011-2012, a fronte di una mortalità media del 2.6%, sovrapponibile con il valore nazionale, il San Camillo si conferma come l'ospedale con la più bassa mortalità, 0.3% e il San Filippo Neri quello con la più alta mortalità, 4.7%.

     

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    Il Consiglio dei Ministri vara il Ddl Lorenzin


    SANITÀ E POLITICA

    Il Consiglio dei Ministri vara il Ddl Lorenzin

    venerdì 26 luglio 2013

    di Rosanna Flammia 
    AboutPharma and Medical Devices

     

    Approvato il provvedimento che interviene in materia di sperimentazione clinica, riordino delle professioni sanitarie e norme per corretti stili di vita

    Via libera del Consiglio dei ministri al disegno di legge proposto dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, contenente “Disposizioni in materia di sperimentazione clinica dei medicinali, di riordino delle professioni sanitarie e formazione medico specialistica, di sicurezza alimentare, di benessere animale, nonché norme per corretti stili di vita”.

     

    Molteplici i temi toccati dal testo, il quale rivede, integra e innova molte proposte normative già presenti nel decreto Omnibus  nella scorsa legislatura e che non hanno mai portato a termine il loro iter in Parlamento. Presenti anche questioni che non avevano trovato posto nel decreto Balduzzi.

     

    Fra i principali punti del Ddl Lorenzin, il divieto di fumo nelle scuole (relativo alle sigarette tradizionali e alle elettroniche), anche all’aperto, esteso, dunque, ai cortili e a tutte le aree di pertinenza degli edifici scolastici.

     

    Parto indolore, inoltre, per tutte le donne: il Ddl inserisce nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) la possibilità di ricorrere all’anestesia epidurale.

     

    Grande attenzione è rivolta alla norma per le professioni sanitarie e la riforma degli Ordini, con una passaggio dettagliato su Albi e Collegi.

     

    “Per rendere l’Italia più competitiva a livello internazionale nel campo della ricerca biomedica” , il Ddl contiene la “riforma della Sperimentazione clinica”, ossia una revisione e razionalizzazione delle norme che, a tal riguardo, si sono stratificate nel tempo.

     

    È previsto, inoltre, un inasprimento delle pene relative all’abusivismo medico - “una vergogna”, secondo il ministro – e, oltre alla misura pecuniaria, il sequestro dei beni utilizzati nell’attività illecita dal falso professionista, con relativa reimmissione degli stessi “in un circuito meritevole”.

     

    Nel programma di tutela dei pazienti più fragili si inserisce, invece, l’inasprimento delle pene per maltrattamenti di pazienti ricoverati in strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali e semiresidenziali: una misura resa ancor più urgente a seguito dei controlli effettuati dai Carabinieri dei Nas nelle strutture per anziani e disabili.

     

    Infine, presenti nel testo anche importanti novità concernenti la sicurezza alimentare e quella veterinaria, volte ad una maggiore sicurezza e trasparenza dei processi produttivi e ad una più alta competitività dei prodotti sui mercati internazionali.

     

    “È un disegno di legge piuttosto complesso”, ha commentato il ministro Lorenzin in conferenza stampa al termine del Cdm. “Nei primi 90 giorni di Governo ho recepito una serie di emergenze e il lavoro fatto dai colleghi che rischiava di rimanere ingolfato”.

     

    “Un decreto ampio e corposo”, secondo il presidente del Consiglio, Enrico Letta, “e che cerca di raccordare molti decreti che pendevano nelle commissioni Salute di Camera e Senato e che il governo offre al Parlamento come strumento di raccordo, su aspetti importanti”. “Un testo che, probabilmente, farà discutere”, ha concluso il Premier.

     

     

     

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    Prima di partire per un lungo viaggio...


    Da “Salute e Benessere”

    L’importanza dell’alimentazione prima di partire

    Prima di partire per un lungo viaggio...

    di Angela Nanni - Sanihelp.it
    Pubblicato il: 29-07-2013

           
     

    È tempo di partire e per affrontare il viaggio che ci separa dalla meta agognata è importante curare adeguatamente l’alimentazione

     

    Mangiare bene prima di mettersi al volante
    Le vacanze sono ormai alle porte: le partenze sono già iniziate e la maggior parte degli italiani si sposterà servendosi dell’automobile. 
    Prima di mettersi al volante con il caldo e l’afa bisognerebbe curare con estrema attenzione l’alimentazione, perché una corretta alimentazione aiuta a meglio affrontare le lunghe ore di guida.

    La colazione della partenza

    Il giorno della partenza è bene fare una buona colazione: meglio evitare i cornetti farciti che possono indurre sonnolenza, meglio ripiegare su frollini e fette biscottate con un bicchiere di latte. 
    Chi non ama il dolce può optare per un toast salato con prosciutto cotto e frutta fresca.

    Se il problema è il mal d’auto

    Chi sa di soffrire di mal d’auto deve ricordare che è meglio evitare qualsiasi bevanda prima della partenza: meglio evitare latte, orzo o te, ma è buona abitudine sorseggiare dell’acqua fresca, sia prima della partenza che in viaggio; questa regola vale anche per i bambini.

    La frutta: un rimedio alla nausea

    Se non appena salite in macchina il problema è la nausea, può essere una buona abitudine consumare della frutta fresca: hanno proprietà antinausea frutti come la pesca, l’albicocca, la mela e la pera, mentre frutti come il melone e il cocomero favoriscono l’insorgenza di nausea.

    All’ora di pranzo...

    Se all’ora di pranzo la destinazione di arrivo è ancora lontana è bene pranzare, ma è buona abitudine evitare cibi troppo grassi e di difficile digestione (come la parmigiana di melanzane della suocera), meglio la pasta al sugo di pomodoro e un contorno di verdure, il tutto annaffiato di tanta acqua fresca. Meglio evitare gli alcolici.

    Chi parte al pomeriggio...

    Chi parte al pomeriggio, dopo aver pranzato a casa e dopo un bel riposino, prima di mettersi al volante dovrebbe comunque consumare un piccolo spuntino per evitare crisi ipoglicemiche che potrebbero appannare i riflessi, un toast leggero, uno yogurt e un frutto sono l’ideale. 

    Attenzione al caffè

    Se il viaggio è lungo è buona abitudine fare più soste durante il percorso, ma è bene non abusare di caffè e bevande energizzanti: meglio fermarsi, fare quattro passi e bere tanta acqua fresca e magari qualche succo di frutta.

    Per chi deve prendere l’aereo

    Anche chi deve prendere l’aereo dovrebbe curare attentamente l’alimentazione: se il viaggio è breve non ci particolari accorgimenti, ma è sempre bene non abbuffarsi prima di imbarcarsi perché in questo caso eventuali turbolenze o il mal d’aria si sopportano con più difficoltà.

    Se il viaggio è lungo...

    Se il viaggio in aereo è molto lungo è buona abitudine spostare, al momento dell’imbarco, le lancette all’orario di destinazione e fare i pasti secondo gli orari del luogo di destinazione. 
    Questo aiuta l’organismo umano a meglio adattarsi e più in fretta.

    Quanto è importante l’idratazione!

    Lunghe ore in volo possono aumentare il rischio di disidratazione, perciò è un’ottima abitudine bere un bicchiere di acqua per ogni ora di volo per scongiurare il rischio di disidratazione e aiutare l’organismo ad adattarsi più facilmente al cambio di fuso orario. 
     

     

     

     

     

     

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    Da sport a tablet, consigli per Ferragosto a misura bimbi


    Da sport a tablet, consigli per Ferragosto a misura bimbi

    Decalogo esperti ospedale Bambino Gesù per evitare infortuni

    13 agosto, 17:50

    ·          

    L'estate per i bambini, senza impegni scolastici, è un momento di libertà e i controlli su tutte le attività e nell'intero arco della giornata, per i genitori, risultano più difficili. Che si tratti di sport o videogiochi, rispetto all'inverno la soglia del rischio e' maggiore. Dunque sia che si decida di trascorrere la giornata in spiaggia, in montagna o in città è importante osservare delle precauzioni per far trascorrere ai bambini un Ferragosto 'sicuro'. A mettere in guardia contro i pericoli in agguato gli esperti dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. ''Ricordiamoci sempre - afferma il responsabile di Traumatologia, Vincenzo Guzzanti - di valutare con oggettività le capacità e i limiti dei nostri figli quando li indirizziamo verso le avventure in mountain-bike, le arrampicate o lo sci estivo''. Per evitare traumi alle articolazioni, sensi allertati al massimo quando si gioca a palla nei giardini aperti, quando si va in bicicletta magari in strada e non nelle piste ciclabili o nel caso di buche del fondale marino soprattutto con il mare mosso. Inoltre seggiolini sempre allacciati nei trasferimenti in auto.

    Con le temperature elevate poi è importante idratarsi correttamente: ''Portatevi sempre una borsa termica per mantenere cibo e bevande - dichiara Giuliano Torre, responsabile di Epatologia, Gastroenterologia e Nutrizione - e si raccomanda di bere molto''. Attenzione anche in campagna. ''Giocare all'aria aperta fa bene - sottolinea May El Hachem, responsabile di Dermatologia - ma bisogna mettersi al riparo da punture 'dubbie'. Se non se ne riconosce la provenienza, bisogna recarsi al Pronto Soccorso più vicino''. Per i più piccoli e per coloro che soffrono di problemi cardiaci poi, è fondamentale astenersi da sforzi estremi nelle ore più calde: ''No alla troppa competizione quando si gareggia tra amici - afferma il responsabile del Dipartimento Medico Chirugico di Cardiologia Pediatrica, Giacomo Pongiglione -. E' infatti accaduto di aver avuto a che fare con casi di ragazzi che soffrivano di cardiopatia in forma lieve, ma che a furia di giocare a pallone in spiaggia sono comunque svenuti''.

    Attenzione anche ai condizionatori dall'aria troppo fredda, causa frequente di rinofaringiti e faringiti.

    Infine, per gli amanti di computer, tablet e videogiochi, attenzione agli occhi: ''stare troppo davanti a uno schermo - conclude Luca Buzzonetti, responsabile di Oculistica - non nuoce alla vista, ma provoca comunque un affaticamento''. E anche se in genere l'utilizzo degli occhiali da sole in età precoce è obbligatorio solo in rari casi il consiglio è quello di non acquistare mai lenti protettive low cost.

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    Fumo: Lorenzin ai parlamentari, sostenete battaglia civilta'


     

    Fumo: Lorenzin ai parlamentari, sostenete battaglia civilta'


    17:05 14 AGO 2013

    (AGI) - Roma, 14 ago. - La lotta contro il fumo come battaglia di civilta', per vincere la quale serve l'aiuto del Parlamento.
      E' l'appello lanciato dal ministro per la Salute Beatrice Lorenzin in una lettera aperta ai parlamentari in cui si legge: "Vi chiedo sostegno, dentro e fuori il Parlamento, per fare un piccolo passo avanti di civilta', per aiutarci a perseguire uno degli obiettivi che mi stanno piu' a cuore, come donna e come ministro: la prevenzione. Perche' la prevenzione, prima di essere un'analisi o una tac, e' dentro di noi, nei nostri comportamenti, nel nostro stile di vita". "C'e' un allarme culturale e sociale, prima ancora che sanitario, sul quale e' necessario riflettere tutti assieme - scrive Lorenzin - sono stata colpita, come donna e poi come ministro, dalle statistiche che brutalmente ci dicono come i nostri ragazzi inizino ad accendere una sigaretta ormai gia' a 12 anni. Adolescenti che evidentemente non sono stati positivamente influenzati dalle pressanti campagne antifumo che hanno trovato largo spazio nell'Occidente industrializzato in questi ultimi decenni, mentre molti dei loro genitori hanno annunciato orgogliosamente d'aver "smesso di fumare" vincendo la loro personale battaglia contro una dipendenza pericolosissima". E insiste nella conclusione della lettera: "La crisi dell'Occidente non e' solo economica. E' anche una crisi di valori. Ci stiamo dimenticando le nostre conquiste, il rispetto dell'altro, i principi piu' elementari di educazione civica. Ma se ridiamo la parola ai nostri figli, se li sentiremo dire in auto 'papa' non si passa col rosso', 'papa' non si dicono parolacce', 'papa' il fumo mi fa male', allora a qualcosa forse saremo serviti".

     

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    Bambini: pelle protetta dalle infezioni


    Da “Salute e Benessere”

    I consigli dell'esperto

    Bambini: pelle protetta dalle infezioni

    di Roberta Camisasca
    Pubblicato il: 06-08-2013

           
     

    Funghi, batteri, verruche possono rovinare l'estate dei più piccoli. Ecco come riconoscere le infezioni e affrontarle senza paura.

    © Photos.com 

    Sanihelp.it - Le infezioni cutanee, complici il clima caldo-umido e i giochi al parco o in spiaggia, sono tra le cause più comuni che spingono mamme e papà a rivolgersi al pediatra. «In caso di una ferita, un graffio o una puntura d’insetto – osserva la professoressa Susanna Esposito, Direttore della UOC Pediatria 1 Clinica, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano e Presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP) – i batteri possono trovarvi un facile accesso per insediarsi all’interno e dare l’infezione che successivamente potrà diffondersi in altre zone della cute, anche sana, a causa del grattarsi del bambino».

    Innanzitutto, è bene porsi alcune domande: quando è insorta la lesione? Da quanto tempo è presente e come si è modificata? Ci sono sintomi associati, come per esempio febbre, dolore e prurito? Ci sono stati fattori predisponenti, quali l’assunzione di farmaci, l’esposizione alla luce solare, il contatto con allergeni o animali?

    Le infezioni cutanee più comuni in età pediatrica sono l'impetigine, le infezioni micotiche, la candida e le verruche. L’
    impetigine rappresenta circa il 10% di tutti i problemi cutanei pediatrici e, in estate, è favorita dai giochi sulla sabbia. La forma non bollosa, provocata da Staphylococcus aureus e, più raramente dallo Streptococcus beta-emolitico di gruppo A, esordisce sulla cute del volto o delle estremità, spesso in seguito a punture d’insetto, abrasioni, bruciature o infezioni come la varicella; presenta piccole vescicole o pustole che evolvono rapidamente in croste color miele. Tipicamente, tali lesioni non sono dolorose sebbene circondate da una zona di eritema; raramente provocano prurito e, più frequentemente, un aumento dimensionale dei linfonodi. 

    La forma bollosa, invece, causata da Staphylococcus aureus, è caratterizzata dalla comparsa di bolle flaccide e trasparenti, spesso localizzate nell’area del pannolino o sul volto; le bolle tendono poi, nel tempo, a rompersi.

    Nel primo caso, le lesioni scompaiono spontaneamente nell’arco di due settimane, senza lasciare cicatrici; nei casi di forma bollosa, invece, il trattamento può essere topico, con pomate antibiotiche (mupirocina) oppure con un antibiotico per via orale se la zona interessata è molto estesa o quando le creme verrebbero facilmente rimosse, come intorno alla bocca.
    I funghi possono diffondersi in molte zone del corpo quali il cuoio capelluto o la cute glabra. Nel primo caso (tinea capitis), la lesione è inizialmente costituita da piccole papule localizzate alla base del follicolo e, successivamente, si forma una placca circolare eritematosa e squamosa, al cui centro il capello diventa fragile e si spezza. 

    Diventano così evidenti zone prive di capelli (
    alopecia) e il bambino può lamentare prurito. Nel secondo caso, le infezioni della cute (tinea corporis) si presentano come placche squamose, lievemente sopraelevate ed eritematose, che si diffondono in senso centrifugo lasciando una tipica lesione ad anello. Sia nelle infezioni del cuoio capelluto che in quelle della cute, le lesioni micotiche richiedono il trattamento con un farmaco antifungino e spariscono spontaneamente nel giro di qualche mese.

    La candidiasi orale o mughetto colpisce circa il 2-5% dei neonati, che contraggono tale infezione durante il passaggio attraverso il canale del parto. L’infezione si può riscontrare anche in bambini più grandi durante trattamenti antibiotici o immunodepressori. Si presenta con piccole chiazze biancastre distribuite sulla mucosa del cavo orale, in particolare sulla lingua, e la mucosa sottostante è lievemente arrossata. Il trattamento, generalmente, prevede l’utilizzo di sospensioni orali antimicotiche.
    Le 
    verruche sono lesioni caratteristiche delle infezioni virali da Papillomavirus e riguardano il 5-10% dei bambini; la loro trasmissione è più frequente in quelli che frequentano piscine o docce pubbliche.

    Le verruche comuni (verruca vulgaris) si riscontrano più frequentemente sulle dita, sul dorso delle mani, sul volto, sulle ginocchia e sui gomiti. Si tratta di papule ben circoscritte, con superficie irregolare e rugosa. Le verruche piane (verruca plana) sono caratterizzate da papule lievemente rilevate, di dimensioni generalmente inferiori ai 3 mm e di colore variabile dal rosa al marrone. La distribuzione è simile a quella delle verruche comuni, in alcuni casi però possono essere multiple e distribuirsi lungo una linea di trauma cutaneo, per esempio dal margine dei capelli al cuoio capelluto a causa dell’utilizzo del pettine.

    Nel 50% dei casi le verruche scompaiono spontaneamente entro due anni; il mancato trattamento può, però, provocare la diffusione ad altre sedi del corpo. Le verruche sono lesioni che interessano la parte superficiale della cute, quindi non cicatrizzano a meno che vengano trattate in modo aggressivo; generalmente si consiglia l’applicazione di pomate all’
    acido salicilico, mentre più discusso è l’utilizzo dell’azoto liquido.

    «La pelle del bambino è altamente sensibile e più soggetta di quella di un adulto alle infezioni - conclude Susanna Esposito - per questo raccomandiamo ai genitori alcuni accorgimenti preventiviquali l’igiene, perchè una pelle pulita e ben detersa, è anche una pelle ben difesa dai batteri e dai funghi; inoltre, una moderata esposizione al sole, importante nei primi anni di vita perché favorisce la sintesi della 
    vitamina D, non dovrebbe mai avvenire nelle ore più calde né essere troppo prolungata».

    FONTE - CONFLITTO DI INTERESSI:
    Società italiana di infettivologia pediatrica (SITIP) 

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    Scuole di specializzazione in medicina: posti a carico dello Stato e avvio della formazione in Gazzetta


    Dal “Sole 24 Ore”

    Scuole di specializzazione in medicina: posti a carico dello Stato e avvio della formazione in Gazzetta

    26 agosto 2013

    Per il 2012-2013 i contratti per le scuole di specializzazione di medicina finanziari dallo Stato sono 4.500. Autonome le scuole dell'Università Vita e Salute San Raffaele di Milano. Data di inizio selle attività didattiche è l'8 agosto 2013.

    Sono questi in estrema sintesi i contenuti di tre decreti del ministero dell'Università datati rispettivamente 24 aprile, 16 maggio e 10 giugno, appena pubblicati sul Supplemento ordinario n. 65 alla Gazzetta Ufficiale n. 197 del 23 agosto.

    Il primo decreto, quello sul numero di contratti finanziati, stabilisce anche alcune riserve di posti, come quella per i medici militari (24 posti), per i medici dipendenti del ministero della Difesa che possono essere ammessi alle scuole di specializzazione, nei limiti percentuali previsti dalla legge e della capacità ricettiva delle singole scuole, dopo che siano stati ammessi i vincitori di concorso titolari di contratti statali, regionali e privati e per i medici del Ssn fuori rete formativa ai quali sono dedicati oltre 300 posti.

    Il secondo decreto stabilisce che l'Università Vita Salute San Raffaele emetterà il bando di concorso per le scuole di specializzazione indicate nella tabella allegata e che le Università di Milano e di Milano Bicocca sono tenute a emettere un nuovo bando di concorso per le scuole di specializzazione indicate nella tabella. Le altre Università, alle quali afferiscono le tipologie di scuole di specializzazione, indicate nella tabella sono tenute ad aggiornare, nel bando in vigore, le date relative allo svolgimento delle prove d'esame e all'inizio delle attività didattiche.

    Il terzo decreto infine indica la data di inizio delle attività didattiche 2012-2013 per tutte le scuole di specializzazione mediche all'8 agosto 2013. E corregge l'allegato delle scuole di specializzazione con l'inserimento della scuola di specializzazione in Gastroenterologia, per la quale la prova scritta è fissata al 17 luglio.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    La posizione al lavoro è la prima causa dei dolori


    Dal “Corriere della Sera”

     

    LA RICERCA INGLESE

    La posizione al lavoro è la prima causa dei dolori
    Tre persone su quattro non vanno dal medico

    Il sondaggio su oltre un migliaio di lavoratori:molti danno la responsabilità alla sedia usata o a una posizione tenuta a lungo

    MILANO – Indolenziti, dal collo alla schiena, dopo ore e ore alla scrivania, magari davanti al monitor del computer. Ecco il ritratto delle conseguenze più comuni del lavoro sedentario, visto dalla parte dei lavoratori stessi. Che si lamentano di soffrire di patologie articolari, pesantezza al collo, danno la colpa alla sedia usata per lavorare, ma in tre casi su quattro decidono, comunque, di non curarsi per i loro dolori.

    IL PRIMATO DELLA LOMBALGIA – Il sondaggio sulle conseguenze del lavoro sedentario è stato svolto su un campione di lavoratori inglesi, tra i 25 e i 65 anni – un migliaio in tutto – regolarmente impiegati con mansioni da ufficio e l’obbligo dunque di rimanere alla propria scrivania a lungo durante la giornata lavorativa. Tra questi, uno su quattro ha dato la colpa dei persistenti dolori articolari e muscolari, fitte a schiena e collo al proprio lavoro e alla posizione tenuta in ufficio. In particolare, è l’indolenzimento della parte bassa della schiena il problema più accusato tra le varie dorsopatie, tanto che, almeno in Gran Bretagna, la lombalgia è classificata come la patologia di questo tipo più ricorrente tra la popolazione adulta.

    UN PROBLEMA DI SEDUTA – Davanti alla domanda sul perché questi dolori fossero arrivati, uno su sei è concorde nel dare la colpa alla sedia usata in ufficio: sedute inadatte per periodi lunghi che peggiorano l’indolenzimento. Ma le motivazioni usate come scusante dai lavoratori non finiscono qui, e molti parlano dell’età come variabile importante, oltre ad ammettere di lamentarsi per il dolore ma di non porvi rimedio andando dal medico, nemmeno da quello di base. Tra gli intervistati infatti il 75 per cento, pur cosciente di aver bisogno dell’aiuto di un fisioterapista, ha deciso di convivere con il male, mentre quasi il 90 per cento si dice riluttante all’aiuto dello specialista. Peraltro, lo stesso sondaggio dice che a furia di portare il dolore a casa, uno su sette si sente anche meno interessato alla propria relazione sentimentale.

    QUESTIONE FEMMINILE – Pur seguendo le regole, imposte anche per legge, e dedicando qualche minuto di pausa ogni ora dalla scrivania, i problemi alla schiena dati dai lavori sedentari e ripetitivi continuano a colpire soprattutto la popolazione femminile, che aggiunge ai dolori rilevati anche quello alle articolazioni delle ginocchia. Tra loro – tralasciando le lombalgie comuni e momentanee tra le donne in gravidanza – resta diffuso il malcontento, visto che il 28 per cento si dichiara frustrata e depressa per i dolori, mentre il 40 per cento dà la colpa al mal di schiena se negli ultimi tempi si è sentito particolarmente invecchiato, contro il 25 per cento degli uomini.

    LE SOLUZIONI – Ma cosa fare in caso di dolori persistenti? Se un piccolo indolenzimento di poche ore è cosa comune e può essere lasciata al suo decorso naturale, è fondamentale consultare il proprio medico di base in ogni altro caso, prima ancora di somministrare antidolorifici di ogni genere, in modo da venir indirizzati al giusto professionista e agli eventuali esami di approfondimento. Che si tratti dei sedute di fisioterapia, semplici massaggi o agopuntura, spetta al professionista la scelta giusta. Senza dimenticare il lavoro preventivo: per chi lavora molte ore alla scrivania, è fondamentale mantenere la postura corretta, stimolando la fascia addominale e non abbassando troppo le spalle curvandosi sullo stomaco (le cosiddette posizioni a “S” o a “C”), fare pause continue, sgranchire le gambe e allungare i muscoli del dorso con piccoli esercizi di stretching.

    27 agosto 2013 | 15:25

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Eva Perasso

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    REGIONI E AZIENDE Piani di rientro: verifica negativa per Piemonte, Calabria, Molise e Lazio. Va meglio in Abruzzo. Le sintesi della Salute


    Dal "Sole 24 Ore"

     

    REGIONI E AZIENDE

    Piani di rientro: verifica negativa per Piemonte, Calabria, Molise e Lazio. Va meglio in Abruzzo. Le sintesi della Salute




     
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    Questi in sintesi i risultati economici per una serie di Regioni in piano di rientro dei tavoli di monitoraggio che si sono svolti per tutto il mese di luglio e che il ministero della Saluite sta pubblicando via via sul suo sito.Per il Piemonte il 2012 si è chiuso con un disavanzo da coprire di 861,615 (anche se per colpa degli anni precendeti il 2012) e nel 2013 la previsione è di ulteriori -113 milioni. Alla Calabria nel 2011-2012 mancano ancora all'appello 198,940 milioni e nel 2013 la stima è di -68 milioni. Il Molise perde nel 2012 e anni precedenti 87,694 milioni e nel 2013 la stima è di 18 milioni di ulteriore disavanzo. In Abruzzo le cose vanno decisamente meglio e la previsione è di 47,209 mln di euro.
    Con riferimento allo stato patrimoniale si evidenzia la fmilioni di avanzo nel 2012. Nel Lazio non è stato possibile effettuare una valutazione del consuntivo 2012 perché i dati trasmessi «risultano carenti dell'istruttoria preliminare da parte della Regione e della struttura commissariale» e per il 2013 il risultato d'esercizio appare peggiore del preconsuntivo 2012.

    Ma risultati economici a parte le ombre - tranne che per l'Abruzzo - tolgono quasi la luce estiva alle Regioni monitorate.

    Ecco di seguito la sintesi dei tavoli elaborata dalla Salute

    Piemonte
    Gli Organismi di monitoraggio hanno chiesto alla Regione Piemonte di trasmettere una nuova bozza del Programma operativo 2013-2015 che recepisca quanto indicato dai ministeri affiancanti.
    In merito all'erogazione dei Lea la maggior parte degli indicatori di assistenza ospedaliera, comprese le misure di appropriatezza ed efficienza, presenta valori compresi all'interno degli intervalli di riferimento. La dotazione totale di posti letto risulta sostanzialmente immutata, a partire dal 2009, e – al 1 gennaio 2013 - è di 4,2 posti letto per 1.000 abitanti residenti, di cui 3,14 per acuti e 1,05 per la post-acuzie; valori superiori a quelli di riferimento nazionali (3,7 p.l. per 1.000 ab.; 3,0 p.l. per 1.000 ab. per acuti e 0,7 p.l. per 1.000 ab per post acuzie). 
    La degenza media pre-operatoria presenta un livello positivo con un valore di 1,26 a fronte di un valore nazionale di riferimento pari a 1,85.
    Per quanto riguarda l'erogazione di assistenza territoriale la quota di anziani assistiti a domicilio è inferiore all'atteso, a fronte però di una dotazione di posti letto presso strutture residenziali per pazienti anziani molto elevata (24,3 p.l per 1.000 ab. anziani vs 10 p.l per 1.000 ab. anziani).
    A livelli minimi si attesta il valore della prevenzione con particolare riferimento alla quota di screening oncologici.
    In riferimento all'erogazione dei livelli aggiuntivi rispetto ai Lea non è possibile per la Regione utilizzare risorse aggiuntive da bilancio regionale per l'erogazione di prestazioni non ricomprese nei Lea.
    In relazione al previsto superamento delle Federazioni sovrazonali da attuarsi per via legislativa, l'operatività della nuova organizzazione si dovrà avviare dal 1 gennaio 2014 prevedendo, nell'ultima parte del 2013, la gestione del percorso transitorio volto al passaggio di competenze tra le predette Federazioni sovrazonali e le aziende sanitarie che dovranno prendersi in carico le relative attività.
    Per l'accreditamento si ribadisce la necessità di prevedere una revisione complessiva delle norme regionali che contenga l'adeguamento alle disposizioni del Dlgs 502/92. Si resta infine in attesa del completamento del processo di accreditamento istituzionale definitivo per tutte le diverse tipologie assistenziali.
    Si è in attesa di un report sullo stato dell'arte della disattivazione dei laboratori di emodinamica.
    Relativamente alla rete di emergenza rilevano ancora ritardo nell'attivazione dei trasporti secondari urgenti in capo al 118.
    Relativamente alla rete ospedaliera si rilevano incoerenze, in termini di posti letto, tra la D.D. 523/2013 e la D.G.R. n°6-5519/2013. Inoltre per quanto riguarda le Unità Operative si rilevano alcuni scostamenti rispetto alla programmazione regionale in merito ai quali si chiede di conoscere le cause che li hanno determinati.
    Per quanto riguarda i rapporti con gli erogatori privati si ribadisce la necessità di dare attuazione alle previsioni del DL95/2012e si resta in attesa di ricevere un report sullo stato dell'arte della sottoscrizione degli accordi e dei contratti per tutte le tipologie assistenziali.
    Si ritiene valido per l'intero anno 2013 il provvedimento regionale adottato in materia di determinazione delle tariffe.
    La gestione per l'anno 2012 a consuntivo presenta un disavanzo di 108,615 mln di euro e, dopo il conferimento delle coperture, un avanzo di 21,385 mln di euro. In ragione del disavanzo emerso in relazione ai crediti ridotti e non re-impegnati nel bilancio regionale per 883 mln di euro, la Regione presenta un disavanzo da coprire di 861,615 mln di euro. A seguito delle ulteriori coperture rinvenienti dal decreto commissariale n°48/2013 per complessivi 864,046 mln di euro, il risultato di gestione dopo le coperture è in avanzo di 2,431 mln di euro. Pertanto avendo adottato entro i termini misure idonee e sufficienti a garantire l'equilibrio di bilancio per l'anno 2012, non risulta più sussistente il presupposto per l'incremento automatico delle aliquote nella misura massima secondo quanto disposto dall'art. 1, comma 174, della legge 311/2004.
    Per il 2013 si profila un disavanzo non coperto di 113 mln di euro scontando la copertura Lea di 50 mln di euro così come presente nel Programma Operativo.

    Calabria 
    Gli Organismi di monitoraggio, fatte presenti criticità e mancanze, restano in attesa di una nuova bozza del Programma operativo per il triennio 2013-2015. In merito al gravissimo ritardo riguardo gli interventi connessi all'erogazione delle prestazioni comprese nei Lea, anche per evitare che si creino i presupposti di cui all'art. 2, comma 84, della legge 191/2009, invitano il Commissario ad attuare tempestivamente ogni utile azione necessaria per garantire l'erogazione dei LEA in maniera uniforme sul territorio regionale.
    In merito all'erogazione dei Lea si rileva un decremento dell'ospedalizzazione totale a partire dal 2009, il cui tasso si colloca al 2012 lievemente al di sopra del valore di riferimento nazionale (162,6 per 1.000 abitanti vs 160 per 1.000 abitanti). Si osserva altresì una consistente riduzione dei ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza se erogati in modalità ordinaria. Il valore della degenza media pre-operatoria, indicatore di efficienza nella gestione del percorso preoperatorio e di efficace pianificazione dell'utilizzo delle sale operatorie e dei servizi di supporto all'attività chirurgica, pur mostrando un decremento nel tempo si mantiene ancora, nel 2012, al di sopra del valore medio nazionale (2.08 vs 1.85). La dotazione di posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie risulta pari a circa 0,4 posti letto per 1.000 abitati residenti al 1 gennaio 2013 a fronte di un valore medio nazionale di riferimento di 0,7 p.l. per 1.000 abitanti. Nell'erogazione di assistenza territoriale dagli ultimi dati disponibili si evidenzia una quota di anziani assistiti a domicilio inferiore all'atteso e una dotazione insufficiente di posti letto presso RSA per anziani, seppure entrambi gli indicatori mostrino dal 2009 un lieve incremento. Il numero di posti letto presso strutture residenziali destinate all'assistenza psichiatrica o presso strutture tipo hospice risulta ancora insufficiente. A valori non accettabili rispetto a quelli medi di riferimento, si ascrive il settore della prevenzione con particolare riferimento agli screening oncologici effettuati in programmi organizzati.
    L'aggiornamento delle Linee guida per gli atti aziendali risponde parzialmente ai rilievi espressi dai ministeri con i rispettivi pareri.
    In merito alle reti assistenziali restano in attesa del richiesto atto complessivo di programmazione, anche in virtù del grave ritardo con cui la struttura commissariale sta operando in relazione alla riorganizzazione della rete territoriale e laboratoristica.
    Rispetto alla tematica dell'emergenza urgenza ribadiscono la necessità di portare a compimento con la massima tempestività l'attuazione della riorganizzazione della rete.
    Relativamente all'atto di intesa tra la Fondazione Campanella e Aou Mater Domini permangono diverse criticità: requisiti per l'accreditamento della Fondazione, posti letto di cardiochirurgia dell'Ao di Reggio Calabria, finanziamento delle strutture, gestione dei servizi comuni, modifica statuto della Fondazione, personale. Inoltre si ribadisce l'esigenza di ricevere gli atti che definiscono l'assetto giuridico della Fondazione stessa.
    In materia di personale, in relazione al disavanzo sanitario non coperto relativo agli anni 2012 e precedenti opera, ai sensi dell'art. 1, comma 174 della legge 311/2004, il blocco automatico del turn over del personale del Ssr fino al 31/12/2015. La norma relativa alla stabilizzazione inoltre risulta in contrasto con il Piano di Rientro.
    A consuntivo 2012 la Regione Calabria presenta un disavanzo di 70,722 mln di euro. Dopo il conferimento delle coperture derivanti dal gettito delle aliquote fiscali massimizzate relative all'anno di imposta 2013, che copre il 2012, il risultato di gestione evidenzia un avanzo di 43,498 mln di euro.
    Inoltre sulla base delle analisi condotte in relazione al debito 2007 non coperto, al disavanzo 2008 e 2009, al risultato di gestione 2011 e 2012, si stima il permanere di un debito non coperto di 198,940 mln di euro, scontando le risorse Fas per 578 mln di euro che al momento attuale non sono disponibili e sono vincolate alla riprogrammazione del "Piano Sud".
    In ordine all'andamento dei conti del I trimestre 2013 l'advisor stima il profilarsi di un disavanzo prima delle coperture di 68 mln di euro.

    Molise 
    Gli Organismi di monitoraggio hanno evidenziato il persistere di numerose criticità peraltro già emerse nelle precedenti riunioni di verifica. Alla luce di questo hanno concluso chiedendo alla Gestione commissariale della Regione Molise di porre in essere, nel minor tempo possibile, tutte le azioni di risanamento che ad oggi avrebbero già dovuto essere approntate. Rimangono in attesa di una nuova bozza di Piano Operativo 2013-2015 che tenga conto delle indicazioni ministeriali e ne sottolineano l'urgenza vista che risulta oramai trascorsa la prima parte dell'anno 2013.
    In merito alla riorganizzazione delle reti assistenziali, l'ospedalizzazione totale per il 2012 presenta un consistente decremento mantenendo però ancora un livello superiore a quello di riferimento nazionale. Analogo andamento negativo è rilevabile nel valore della degenza media pre-operatoria che si mantiene, nel 2012, al di sopra del valore medio nazionale (2,42 vs 1,85). La dotazione totale di posti letto, in diminuzione dal 2009 e pari a 4,54 posti letto per 1.000 abitanti residenti al 1 gennaio 2013, risulta superiore al valore di riferimento nazionale (3,7 p.l. per 1.000 ab). Tale eccesso riguarda sia il numero di posti letto per acuti che quello destinato all'assistenza post-acuzie, entrambi superiori ai valori previsti. L'erogazione di assistenza territoriale evidenzia valori positivi in linea con quelli attesi come valori adeguati e in costante aumento dal 2009. Apprezzabili risultano anche le attività dedicate alla prevenzione con particolare riferimento agli screening oncologici. In ultimo ancora inadeguata si presenta la dotazione di posti letto presso strutture residenziali e semi-residenziali destinate alla popolazione anziana non autosufficiente.
    Ancora incompleta risulta la riorganizzazione della rete dell'emergenza-urgenza e di quella laboratoristica. Per la rete territoriale è prioritario che la Regione indichi l'attuale offerta assistenziale per pazienti non autosufficienti, anche anziani, distinta per regime residenziale e semiresidenziale oltre che per intensità assistenziale, e quali azioni intenda avviare per monitorare l'andamento della riorganizzazione nell'area della non autosufficienza.
    In relazione al Piano Sanitario Regionale 2013-2015 risultano ancora poco chiari i meccanismi di attribuzione dei posti letto alle strutture pubbliche e private a causa di una inadeguata metodologia di determinazione del fabbisogno. Inoltre occorre procedere tempestivamente a regolamentare il fenomeno della mobilità sanitaria soprattutto per quanto attiene la Fondazione Giovanni Paolo II e la struttura Neuromed per la quale è ancora da completarsi la procedura di riconoscimento del carattere scientifico. 
    Ancora carenti nell'istruttoria risultano i provvedimenti di accreditamento delle strutture socio-sanitarie.
    Elevato permane il livello di contezioso espresso in particolare dalle principali strutture private accreditate a diretta gestione regionale.
    Si è ancora in attesa dell'atto Aziendale dell'ASrem.
    A consuntivo 2012 la Regione Molise presenta un disavanzo, prima delle coperture, di 54,764 mln di euro e, dopo le coperture, residua un disavanzo non coperto di 32,951 mln di euro. Considerando la perdita del 2011 e precedenti non coperta, residua una perdita non coperta per il 2012 e precedenti di 87,694 mln di euro. La percentuale di disavanzo si convalida pari all'8,9% ben al di sopra della soglia del 5% considerata di riferimento per l'obbligatorietà della sottoscrizione di un piano di rientro. Considerando anche i disavanzi pregressi, la percentuale di disavanzo risulta pari al 17,9%.
    Per il 2013 si prefigura il manifestarsi di un disavanzo non coperto di 18 mln di euro a cui deve aggiungersi tutta la situazione di disavanzo pregresso non coperto.
    I pagamenti dei fornitori sono superiori agli 800/1000 giorni.
    In merito alla richiesta di deroga al blocco del turn-over ai sensi dell'art. 4 bis del DL 158/2012, la struttura commissariale non ha provveduto ad inoltrare la documentazione richiesta e si è evidenziato che è nuovamente operativo il blocco totale fino al 31/12/2015 in conseguenza del mancato raggiungimento dell'equilibrio sull'anno 2012.

    Abruzzo 
    Criticità primaria il mancato invio - da parte della struttura commissariale della Regione Abruzzo - del Programma operativo 2013-2015. Nonostante i ripetuti solleciti da parte degli Organismi di monitoraggio, allo stato attuale la Regione Abruzzo si presenta senza una cornice di contesto del Ssr per gli anni 2013-2015. 
    In merito all'erogazione dei Lea si evidenzia un decremento dell'ospedalizzazione totale dal 2009, il cui tasso si colloca - nel 2012 - lievemente al di sopra del valore di riferimento nazionale (165 vs 160). Si osserva inoltre una consistente riduzione del ricorso a ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza, se erogati in modalità ordinaria (con un valore – per l'anno 2012 – pari a 21,05 a fronte del valore nazionale di riferimento pari a 23) e dell'ospedalizzazione della popolazione ultrasettantacinquenne. Il valore della degenza media pre-operatoria, indicatore di efficienza nella gestione del percorso preoperatorio e di efficace pianificazione dell'utilizzo delle sale operatorie e dei servizi di supporto all'attività chirurgica, si mantiene per il 2012 lievemente al di sopra del valore medio nazionale (1,96 vs 1,85).
    La dotazione di posti letto è nel complesso in linea con il valore medio nazionale.
    Per quanto riguarda l'erogazione di assistenza territoriale, gli indicatori evidenziano una dotazione di posti letto inferiore ai parametri di adeguatezza individuati dal comitato LEA sia presso strutture residenziali per anziani che presso strutture tipo hospice.
    Importanti e gravi criticità si rilevano nell'erogazione di servizi per la prevenzione con particolare riferimento agli screening oncologici.
    In relazione allo stato di attuazione del Piano di Rientro e specificatamente per quanto inerente la rete ospedaliera è da completarsi il piano delle riconversioni previste con l'attribuzione delle relative funzioni assistenziali e la riorganizzazione dei punti nascita. È necessaria la completa attivazione delle strutture dedicate ai malati terminali (hospice) e dovranno essere intraprese iniziative per implementare l'assistenza residenziale agli anziani.
    Anche in merito alla rete laboratoristica si attende il completamento del percorso intrapreso in particolare nella definizione delle modalità di determinazione del fabbisogno di prestazioni specialistiche ambulatoriali tenendo conto dei criteri di appropriatezza ed efficienza. Si resta in attesa inoltre di una relazione di aggiornamento sullo stato della riconversione dei laboratori dei PTA di Gissi, Casoli e Guardiagrele in Punti Prelievo e del completamento delle attività previste nelle ASL di Pescara e Lanciano-Chieti.
    Sulla rete di emergenza-urgenza si permane in attesa di chiarimenti sulla convenzione con la Regione Emilia Romagna, sulla Centrale Unica, sui collegamenti funzionali tra le varie strutture per garantire la continuità assistenziale con particolare riguardo alle reti tempo-dipendenti.
    In materia di cure primarie si è in attesa di aggiornamenti sui Piani Attuativi Aziendali e sul livello di implementazione dei nuovi livelli organizzativi.
    Per quanto riguarda il numero di strutture semplici e complesse di ciascuna azienda si è in attesa del già richiesto atto che le attribuisce numericamente coerentemente agli standard definiti dal Comitato Lea.
    In relazione all'accreditamento si registra un ritardo nelle procedure e si sollecita pertanto la Regione a procedere con maggiore rapidità.
    In materia di applicazione del tariffario nazionale di cui al DM 18/10/2012 si segnala il persistere nei provvedimenti adottati delle stesse criticità già osservate in precedenza.
    A consuntivo 2012 la Regione Abruzzo presenta un avanzo, prima delle coperture, di 9,160 mln di euro. Dopo il conferimento del differenziale sul debito al 31/12/2005, pari a 3,991 mln di euro, presenta un avanzo di 5,169 mln di euro. Considerando le risorse preordinate a valere sulla massimizzazione delle aliquote fiscali, pari a 42,040 mln di euro, di rileva un avanzo di 47,209 mln di euro.
    Con riferimento allo stato patrimoniale si evidenzia la fragilità delle informazioni contabili che la Regione ha inviato e pertanto si ribadisce la necessità di ricevere bilanci consolidati definitivi e regolarmente approvati dalla Giunta Regionale entro i termini di legge. A seguito di ciò ci si riserva di condurre l'istruttoria sullo stato patrimoniale 2012 in occasione della prossima riunione di verifica.
    I tempi medi di pagamento sono tutt'ora superiori ai sei mesi.

    Lazio 
    Gli Organismi di monitoraggio, in relazione alla proposta di Programma operativo 2013-2015, redatta in coerenza, a grandi linee con gli indirizzi forniti dai ministeri affiancanti ed inviata senza tutti gli allegati richiesti nella riunione dello scorso 17 aprile 2013, avevano evidenziato la necessità di integrare il documento anche con il riferimento alle aree di erogazione dei Lea nelle quali sono presenti criticità e avevano richiesto l'invio di una versione definitiva. Gli Organismi, nel corse della riunione, in merito alla nuova versione del P.O. inviata dalla struttura commissariale è stato rilevato che quest'ultimo non è stato aggiornato così come richiesto e presenta ancora diverse criticità. Ciò è indicativo di una non corretta gestione dei rapporti con i Ministeri affiancanti e con i Tavoli di verifica che ricevono un documento che presenta tutt'ora criticità già segnalate. Gli Organismi di Monitoraggio invitano la struttura commissariale a prendere i provvedimenti necessari al fine di evitare la compromissione dei risultati attesi per gli anni 2013 e seguenti.
    In merito all'erogazione dei Lea si evince un decremento dell'ospedalizzazione totale a partire dal 2009 che, pur mostrando margini di riduzione ed un lieve incremento nell'ultimo biennio, è ancora al di sopra del valore medio nazionale di riferimento (178,9 vs 160) e si accompagna ad un decremento del tasso di dimissione della popolazione anziana e del ricorso a ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza, se erogati in modalità ordinaria.
    Il valore delle degenza media pre-operatoria, indicatore di efficienza nella gestione del percorso preoperatorio e di efficace pianificazione dell'utilizzo delle sale operatorie e dei servizi di supporto all'attività chirurgica, pur mostrando segnali di decremento nel tempo si mantiene, nel 2012, al di sopra del valore medio nazionale (2,25 vs 1,85).
    La dotazione totale di posti letto, in diminuzione dal 2009, risulta comunque ancora superiore al valore di riferimento, per effetto soprattutto di un eccesso di posti letto per le acuzie rispetto al parametro di riferimento (3,18 posti letto per 1.000 abitanti vs 3,0 p.l. per 1.000 ab.).
    Per quanto riguarda l'erogazione di assistenza territoriale, si evidenzia una dotazione ancora inadeguata di posti letto presso strutture residenziali per anziani non autosufficienti e di posti letto per l'assistenza residenziale psichiatrica, valori che ad oggi non mostrano segnali di incremento.
    In riferimento all'erogazione di servizi afferenti all'area della prevenzione, si evidenziano criticità soprattutto nel settore degli screening oncologici, come peraltro si evince dalla bassa quota di popolazione residente che ha effettuato test in programmi organizzati.
    Nella valutazione dell'erogazione dei Lea si è evidenziato un notevole miglioramento soprattutto relativamente agli indicatori sul tasso di ospedalizzazione e sul costo percentuale dell'assistenza farmaceutica tale da portare il punteggio della cosiddetta Griglia Lea da 132 nel 2010 a 152 nel 2011. E' da considerarsi dunque superata l'inadempienza per il 2010 mentre per l'anno 2011 si attende il concretizzarsi di azioni volte a superare le criticità per quanto concerne gli indicatori delle coperture vaccinali e gli screening.
    Con riferimento agli adempimenti permangono, per l'anno 2010, inadempienze relative a: posti letto, accreditamento, certificazione in merito al blocco automatico del turn over e del divieto di effettuare spese non obbligatorie. Per quanto riguarda il 2011 permangono inadempienze con rinvio al piano di rientro per: acquisto di beni e servizi, mantenimento erogazione dei Lea, posti letto, contabilità analitica, accreditamento, riorganizzazione rete laboratoristica; e inadempienze relative a : obblighi informativi, implementazione percorsi diagnostico-terapeutici, Lea aggiuntivi,, certificazione in merito al blocco automatico del turn over e del divieto di effettuare spese non obbligatorie, sistema Fse, attività trasfusionale. Per l'anno 2012 l'istruttoria è ancora in corso. 
    Si registra la soppressione, con legge regionale 4/2013, dell'ASP e il trasferimento delle sue competenze alla Giunta Regionale e all'azienda RME con riferimento alle analisi epidemiologiche.
    Si ritiene non più procrastinabile stabilire il fabbisogno effettivo sulla base del quale procedere alla rimodulazione dell'offerta assistenziale.
    In merito alla rete dell'emergenza, anche in relazione alle criticità legate alla gestione del 118, si chiede un aggiornamento sulla riorganizzazione complessiva del servizio con obiettivi e tempistiche definite.
    Per quanto concerne l'accreditamento si resta in attesa del completamento delle procedure e si ribadisce la necessità che tutte le strutture che erogano prestazioni a carico del SSR siano accreditate.
    In merito alla rete laboratoristica si registrano ritardi nell'attuazione del percorso di riorganizzazione.
    In relazione al settore del contenzioso si chiede di conoscere quali tempestive iniziative la struttura commissariale voglia intraprendere per governarlo in maniera adeguata.
    Si richiama l'urgenza di procedere al rinnovo del protocolli d'intesa con tutte le università statali e non statali.
    In riferimento al Programma Tessera Sanitaria si rileva il superamento delle criticità.
    Non è stato possibile effettuare una valutazione del consuntivo 2012 in quanto i dati trasmessi risultano carenti dell'istruttoria preliminare da parte della Regione e della struttura commissariale nella sua interezza e presentano iscrizioni passibili di modifiche e necessitano di approfondimento in merito a possibili errori di contabilizzazione. Si registra il ritardo con cui è stato trasmesso lo stato patrimoniale consuntivo 2012 che sarà quindi esaminato nella prossima riunione di verifica.
    Si registra una inversione di tendenza con riferimento alla stima del risultato d'esercizio 2013 che appare peggiore 
    del preconsuntivo 2012.

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    Ecco il nuovo Consiglio superiore di sanità: 40 componenti, solo tre donne


    Dal “Sole 24 Ore”

    Ecco il nuovo Consiglio superiore di sanità: 40 componenti, solo tre donne

    9 settembre 2013

     

    Dal 13 settembre si insedierà ufficialmente il nuovo Consiglio superiore di sanità, organo consultivo del ministero della Salute. Il decreto di nomina dei componenti, che resteranno in carica per tre anni, è stato firmato dalla ministra Beatrice Lorenzin. «Mi sono basata - dice - su requisiti di altissima professionalità e sulle competenze maturate nelle diverse discipline di interesse per la sanità pubblica italiana».

    I membri non di diritto sono scesi da 47 a 40, in applicazione del Dpr 44/2013 sul riordino degli organi collegiali operanti presso la Salute. Diciassette le conferme, tra cui Andrea Lenzi, Walter Ricciardi, Silvio Garattini, l'attuale presidente Enrico Garaci, Alberto Zangrillo e Roberto Iadicicco, ex Aifa e ora direttore dell'agenzia giornalistica Agi. Ventitré i nuovi ingressi: spiccano i nomi dell'ex sottosegretario alla Salute Adelfio Elio Cardinale, del genetista Giuseppe Novelli, del presidente della Lega Tumori Francesco Schittulli, e del neuropsichiatra infantile Gabriel Levi. Pochissime le donne, appena tre: Maria Cristina Messa, Eleonora Porcu (confermata) e Anna Teresa Palamara.

    Ecco la lista dei componenti in ordine alfabetico:

    BANDERALI GIUSEPPE (Docente presso la Scuola di specializzazione in Pediatria dell'Università degli Studi di Milano
    BELLANTONE ROCCO (Professore Ordinario di Chirurgia generale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma; Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma)
    BERNABEI ROBERTO (Professore Ordinario di Medicina interna presso l' Università Cattolica "Sacro Cuore" di Roma; Direttore del Dipartimento di Scienze Gerontologiche, Geriatriche e Fisiatriche, del Policlinico "A. Gemelli" di Roma)
    BOVE FRANCESCO (Docente di Anatomia Umana e Clinica dell'Apparato Muscolo-Osteoarticolare presso la Sapienza -Università di Roma) 
    BRAMANTI PLACIDO (Professore Ordinario di Scienze Tecniche Mediche Applicate presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e delle Immagini Morfologiche e Funzionali dell'Università degli Studi di Messina)
    CANDIANI MASSIMO (Professore Associato di Ostetricia e Ginecologia presso Università Vita-Salute San Raffaele di Milano; Docente Coordinatore del Corso di Laurea in Ostetricia e Ginecologia) CARDINALE ADELFIO ELIO (Professore emerito di Radiologia)
    CASTAGNARO MASSIMO (Professore Ordinario di Patologia generale Veterinaria e di Anatomia Patologica Veterinaria presso l'Università degli Studi di Padova)
    CHIARELLO LUIGI (Professore Ordinario di Cardiochirurgia presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata; Direttore della Cattedra di Cardiochirurgia e Scuola di Specializzazione in Cardiochirurgia, Università di Roma – Tor Vergata; Presidente Corso di Laurea in tecniche della Fisiopatologia Cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, Università di Roma – Tor Vergata)
    DALLAPICCOLA BRUNO (Direttore scientifico dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – IRCSS)
    FINI MASSIMO (Direttore Scientifico dell'IRCCS San Raffaele Pisana di Roma)
    GARACI ENRICO (Professore di Microbiologia presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata)
    GARATTINI SILVIO (Direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri" di Milano)
    GENSINI GIANFRANCO (Professore Ordinario di Medicina Interna presso l'Università degli Studi di Firenze; Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Firenze)
    IADICICCO ROBERTO (Giornalista professionista; Direttore Agenzia Giornalistica Italia)
    LENZI ANDREA (Professore Ordinario di Endocrinologia presso la Sapienza - Università di Roma; Presidente del Consiglio Universitario Nazionale (CUN))
    LEVI GABRIEL (Professore Ordinario di Neuropsichiatria infantile presso la Sapienza Università di Roma)
    MAIRA GIULIO (Professore Ordinario di Neurochirurgia presso l'Università "Cattolica del Sacro Cuore" Roma)
    MARCHIONNI MAURO (Professore Emerito di Ostetricia e Ginecologia)
    PROF.SSA MESSA MARIA CRISTINA (Professore Ordinario di Diagnostica per Immagini presso l'Università "Bicocca" di Milano 
    MUTO GIOVANNI (Direttore S.C. Urologia ASL TO2 -Ospedale San Giovanni Bosco di Torino)
    MUZZIO PIER CARLO (Direttore Generale dell'IRCCS - Istituto Oncologico Veneto)
    NOVELLI GIUSEPPE (Professore Ordinario di Genetica Medica presso l'Università Tor Vergata di Roma; Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Roma "Tor Vergata"; Direttore della Scuola di Specializzazione in Genetica Medica dell'Università di Roma "Tor Vergata" e delle Scuole Aggregate Sapienza, Chieti e Bari)
    PALAMARA ANNA TERESA (Professore Ordinario di Microbiologia presso la "Sapienza" Università di Roma) 
    PAOLISSO GIUSEPPE (Professore Ordinario Medicina Interna e Geriatria presso la II Università degli Studi di Napoli; Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia della II Università degli Studi di Napoli) 
    PERRICONE CORRADO (Docente di Immunologia presso la Scuola di Specializzazione Biochimica Clinica della Università Federico II di Napoli) 
    PIGOZZI FABIO (Professore Ordinario Medicina Interna presso Università degli Studi di Roma "Foro Italico"; Docente presso le Scuole di Specializzazione in Medicina dello Sport delle Università di Roma "Tor Vergata" e de L'Aquila; Pro Rettore Vicario dell'Università degli Studi di Roma "Foro Italico")
    PORCU ELEONORA (Docente di Fisiopatologia della Riproduzione Umana presso il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell'Università degli Studi di Bologna –corso di Laurea in Medicina e chirurgia) 
    PROSDOCIMO GIOVANNI (Direttore UOC di Oculistica presso l'Ospedale De Gironcoli – ULSS 7 Veneto) 
    REDLER ADRIANO (Professore Ordinario di Chirurgia Generale presso La Sapienza -Università di Roma; Preside della Facoltà di Medicina e di Odontoiatria de La Sapienza, Università di Roma; Direttore della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Vascolare I de La Sapienza, Università di Roma; Presidente del Corso di Laurea in Infermieristica sede di Bracciano de La Sapienza, Università di Roma) 
    RICCIARDI GUALTIERO WALTER (Professore Ordinario di Igiene presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma; Direttore Istituto di Igiene e della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma)
    ROMEO FRANCESCO (Professore Ordinario di Cardiologia presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata; Direttore della Scuola di Specializzazione di Cardiologia dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata)
    ROSSI FRANCESCO (Professore Ordinario di Farmacologia presso la II Università degli Studi di Napoli;Rettore della II Università degli Studi di Napoli)
    SANTORO EUGENIO (Libero Docente di Patologia Clinica presso La Sapienza Università di Roma; Direttore Scientifico del Centro Trapianti Multiorgano – Azienda Ospedaliera Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma) 
    SCAMBIA GIOVANNI (Professore Ordinario di Ginecologia e Ostetricia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma)
    SCHITTULLI FRANCESCO (Presidente della Lega italiana per la lotta contro i tumori (LILT))
    SEGRETO GIUSEPPE (Medico di Medicina Generale)
    SIMONETTI GIOVANNI (Professore Ordinario di Radiologia e Direttore della Cattedra di Radiologia presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata; Direttore del Dipartimento Diagnostica per Immagini e Radiologia Interventistica Policlinico Universitario Tor Vergata)
    STIRPE MARIO (Presidente IRCCS "Fondazione G.B. Bietti" Roma per lo studio e la ricerca in Oftalmologia - Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico)
    ZANGRILLO ALBERTO (Docente presso la Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione dell'Università Vita e Salute San Raffaele di Milano;Direttore dell'UO di Anestesia e Rianimazione Cardio-Toraco-Vascolare presso l'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano)

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

     

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    Controlli su dispositivi medici: il Parlamento europeo pretende un giro di vite


    Medical Device

    Controlli su dispositivi medici: il Parlamento europeo pretende un giro di vite

    martedì 22 ottobre 2013

    di Rosanna Flammia
    AboutPharma and Medical Devices

     

    Più controlli e tracciabilità su protesi e dispositivi per diagnostica in vitro: ecco i due emendamenti approvati oggi dal Parlamento Europeo

    Procedure di controllo e di certificazione più rigorose, maggiore tracciabilità dei dispositivi medici – come protesi mammarie e delle anche – e regole più severe sulle informazioni obbligatorie e i requisiti dei device medico-diagnostici utilizzati in gravidanza o nei test del Dna. È il contenuto di due provvedimenti approvati oggi, 22 ottobre, dal Parlamento europeo, allo scopo di garantire maggiore trasparenza delle informazioni a favore dei pazienti e del personale medico, rafforzando anche le regole di tracciabilità, “senza tuttavia creare oneri aggiuntivi per i fabbricanti minori”.

     

    Come spiega il comunicato pubblicato sul sito dell’Europarlamento, in base agli emendamenti proposti la semplificazione delle modalità di accesso pubblico ai dati clinici faciliterà e favorirà la scelta del prodotto migliore. In seguito ai recenti scandali, come quello delle protesi mammarie PIP, i deputati propongono di munire i pazienti di un’apposita scheda di impianto su cui essere registrati, affinché possano essere rintracciati e avvisati in caso di incidente.

     

    Secondo quanto approvato, gli organismi incaricati della valutazione dei dispositivi medici, che normalmente si affidano a subappaltatori, potranno in futuro contare su un team permanente di esperti interni che provvederà all’aggiornamento dei requisiti di qualificazione. Un nuovo gruppo di organismi, nominati dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema), dovrà valutare i dispositivi considerati ad alto rischio.

     

    Quanto ai dispositivi medico-diagnostici ‘in vitro’, nei test di gravidanza, negli auto-test per il diabete e nei test dell’HIV e del DNA – di cui “gli eurodeputati sottolineano l’importanza” – il Parlamento chiede la nomina di un comitato etico e l’aggiunta di ulteriori disposizioni per il consenso informato dei pazienti e la consulenza genetica.

     

    Sulle proposte – conclude la nota – i negoziati con il Consiglio saranno avviati nelle prossime settimane ed eventuali accordi in prima lettura saranno sottoposti all’attenzione della Commissione per la sanità pubblica, prima della richiesta di approvazione definitiva.

     

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    Vaccinazione contro influenza protegge cuore, meno infarti


    Vaccinazione contro influenza protegge cuore, meno infarti

    Soprattutto fra vaccinati che l'anno prima hanno avuto crisi cardiaca

    23 ottobre,

     

    La vaccinazione antinfluenzale non solo protegge dal virus stagionale ma diminuisce anche i rischi di attacco cardiaco, in qualche caso dimezzandoli. Lo afferma uno studio dell'università di Toronto pubblicato dalla rivista Jama, che fa il punto su tutta la ricerca recente in quest'area.

    Per il nuovo studio sono stati utilizzati i risultati di sei ricerche per un totale di quasi 7mila pazienti, fatte su persone che avevano ricevuto il vaccino confrontate con altre che non lo avevano ricevuto.

    In assoluto, il 3% di chi si era vaccinato ha avuto un attacco di cuore o un ictus entro un anno, mentre nel gruppo di controllo la percentuale è risultata del 5%. L'effetto protettivo risulta ancora maggiore se chi si vaccina ha avuto nell'anno precedente un evento cardiovascolare. In questo caso gli immunizzati ne hanno un altro nel 10% dei casi, mentre in chi aveva ricevuto il placebo il tasso era del 23%.

    "E' chiaro che chi ha avuto un attacco cardiaco recente ha la maggior protezione - scrivono gli autori - questo giustifica le raccomandazioni che diamo ai nostri pazienti".

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

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    Un nuovo esame sul sangue materno cambia la diagnostica prenatale


    Dal “Corriere della Sera”

     

    PUÒ INDIVIDUARE SU FRAMMENTI DEL DNA ALCUNE MALFORMAZIONI

    Un nuovo esame sul sangue materno
    cambia la diagnostica prenatale

    Test del «Dna libero» Molto costoso, si esegue solo in pochi laboratori. Non abolisce gli altri esami, ma costringerà a rivedere le strategie di indagine

    Dal primo gennaio di quest’anno circola in Italia, e dal 2011 negli Usa, una nuova offerta per le future mamme: un test, detto delDna libero o del Dna fetale, che promette, con un semplice prelievo di sangue, di prevedere con certezza “quasi assoluta” la sindrome di Down e altre alterazioni cromosomiche del nascituro, senza dover ricorrere a esami invasivi come amniocentesi o villocentesi. Circola su Internet, ma viene anche proposto negli studi medici. Nel mare di proposte diagnostiche, genetiche e non, per non parlare di miracolose staminali, questo esordio è passato abbastanza inosservato.

    AFFIDABILITÀ ALTISSIMA - Eppure si tratta di un test che rappresenta una novità clamorosa. Non è ancora l’esame perfetto, capace di scoprire con certezza tutte le possibili alterazioni genetiche che possono provocare malformazioni o malattie nel nascituro, che è da decenni uno degli obbiettivi della ricerca. Ma questa volta ci siamo vicini, tanto vicini da sconvolgere nel prossimo futuro le strategie sanitarie e da porre fin d’ora problemi di ordine medico, etico ed economico. L’esame in questione, che richiede un semplice prelievo di sangue materno, è in grado, ad esempio, di individuare latrisomia 21, cioè l’alterazione cromosomica che comporta la sindrome di Down (1 su 1000 nati) con il 99,5% di probabilità, più di qualsiasi altro test di screening conosciuto, con un’affidabilità vicinissima a quella degli unici esami diagnostici “sicuri”, cioè amniocentesi e villocentesi, ma senza il rischio di aborto che questi esami comportano. Lo stesso vale per le altre due trisomie più comuni, la “18” (sindrome di Edwards, 1 su 6 mila nati) e la “13” (sindrome di Patau, 1 su 10 mila), se pure con un’accuratezza minore, comunque superiore al 90%. I falsi positivi sono, a seconda degli studi, tra lo 0,1 e lo 0,5%.

    COSTA CIRCA MILLE EURO - È già in commercio con almeno con almeno 5 brand diversi, a un prezzo elevato, ma che dagli iniziali 1.200 euro è già sceso sotto i 1.000. Da quest’anno anche alcuni laboratori privati italiani dispongono del kit di prelievo: da qui il materiale biologico viene spedito in uno dei sei laboratori al mondo che sono per ora in grado di svolgere questa analisi. «I dati degli studi finora effettuati sono schiaccianti - dice il professor Luigi Fedele, direttore della clinica di ostetricia e ginecologia della Mangiagalli di Milano -. Siamo all’inizio di un cambiamento epocale, soprattutto per l’Italia, dove si registra una percentuale molto alta, più che negli altri Paesi, di amniocentesi e villocentesi. Speriamo di poter offrire a tutte le donne questo test, una volta che sia ufficialmente validato».

    FILAMENTI DI DNA - Ma come è nato e come è stato sviluppato questo test? Fin dagli anni ‘90 gli scienziati cercavano di percorrere quella che sembrava la strada più logica: individuare nel sangue materno cellule fetali e cercare di decifrarne il patrimonio genetico. Cellule fetali sono effettivamente presenti nel flusso sanguigno, ma la loro “lettura” si rivelò assai ostica, perché occorreva estrarle, coltivarle e sottoporle a un’analisi genetica. Tali cellule si rivelarono poco adatte a questo processo, perché spesso non erano integre, perché era molto complesso coltivarle e anche perché, si scoprì successivamente, nel sangue di una madre non primipara è possibile trovare le cellule dei figli precedenti. La svolta venne nel ‘97, quando un professore cinese di Hong Kong, Dannis Lo, annunciò in un famoso articolo sulla rivista The Lancet la presenza nel sangue di filamenti di Dna libero, piccoli frammenti circolanti composti da una mescolanza di materiale genetico materno e fetale, certamente prodotti dalla gravidanza in corso. Apparentemente questa “materia prima” sembrava ancora più difficile da decifrare. E invece questa “strada laterale”, come spesso avviene nella scienza, si è rivelata molto più feconda, grazie alle tecniche di sequenziazione ed espansione del materiale genetico e soprattutto alla recente conoscenza della nostra mappa cromosomica.

    CROMOSOMI ANOMALI - Si tratta di un processo assai complesso, ma in pratica si procede facendo espandere, cioè moltiplicare, i frammenti di queste piccolissime quantità di Dna che la “libreria” genetica classifica come caratteristici dei un determinato cromosoma. Dopo di che si procede a una valutazione quantitativa. La trisomia 21, responsabile della sindrome di Down, è così chiamata perché accanto ai due cromosomi 21 (i cromosomi sono sempre in coppia) ce n’è un terzo o parte di un terzo. Ecco allora che una quantità anomala di frammenti di cromosoma 21, superiore a uno standard conosciuto, segnala la sindrome di Down. Analogamente si è proceduto per le altre due trisomie, la 18 e la 13. E non solo: la stessa stima può essere effettuata per i cromosomi sessuali, la 24° coppia, che sono chiamati X e Y, per la loro forma: come è noto le femmine hanno una doppia X e i maschi una X e un’ Y. Ovviamente l’assenza di materiale Y definisce il sesso del nascituro, il che non sarebbe una gran scoperta, visto che basta una semplice ecografia per ottenere lo stesso risultato. Quello che è interessante è il fatto che anche i cromosomi sessuali possono essere tre o anche uno solo, alterazioni non così rare come si pensa e che danno origine a diverse sindromi: quella di Klinefelter (XXY), di Jacob (XYY), di Turner (X), e quella detta Triplo (XXX). Anche queste anomalie dunque sono facilmente individuabili con la stessa tecnica. In questo campo si pone però il problema che in molti casi queste sindromi non comportano problemi di salute o mentali (molti se ne accorgono per caso da adulti di avere queste varianti) e si teme quindi un eccesso eugenetico.

    TEST DI SCREENING - È stato lo stesso Lo, con la sua équipe di Hong Kong, a sviluppare nell’arco di un decennio le idee e le tecniche che hanno portato alla realizzazione del test. Dopo di che è iniziata la battaglia commerciale, tuttora in corso, che ha portato alla nascita di quattro società californiane e di una cinese che si contendono un mercato che si prospetta molto lucroso. Sul piano più strettamente scientifico, una ricerca multicentrica (NICE) conclusa nel 2011, guidata dall’Università di Stanford (ma finanziata da una delle case produttrici del test), e due studi indipendenti condotti da un centro pubblico inglese guidato dal prestigioso professor Kyprios Nicolaides, hanno portato alla validazione del test da parte di molte società scientifiche, americane e internazionali. Non c’è invece alcuna approvazione da parte dell’FDA o da parte dell’Emea, perché l’esame viene considerato test di screening e non diagnostico. «Ed è giusto che sia così, questo concetto deve essere chiaro - spiega il ginecologo e chirurgo fetale Nicola Persico, della clinica Mangiagalli, che ha lavorato a Londra con lo stesso Nicolaides -. Gli unici esami diagnostici certi sono amniocentesi e villocentesi. Il che significa che se una donna risultasse positiva a uno di questi test, che sono probabilistici, dovrebbe sottoporsi all’esame per confermare la diagnosi. Tutti gli studi comunque sono per ora convincenti: manca, è tuttora in corso, un grande studio su una vasta popolazione di gestanti (non solo quelle considerate a rischio), soprattutto per chiarire la quantità di falsi positivi. Ciò detto non si può negare che siamo di fronte a un grande passo avanti, perché permetterebbe di ridurre drasticamente il numero di amniocentesi».

    TEST COMBINATO - Quale impatto potrebbe avere, insomma, il test del Dna fetale sulla diagnosi prenatale in Italia, soprattutto nell’ambito del servizio sanitario? «Il test arriva in un momento di grande confusione. L’Italia ha un record di amniocentesi, in Lombardia viene effettuata nel 19% delle gravidanze, in Italia nel 18%. Essendoci un rischio dell’1% circa di aborto, si perde una quantità inaccettabile di feti sani. La normativa tuttora in vigore, la legge Bindi del 1998, prevede che si possa praticare l’amniocentesi a tutte le donne che lo richiedono dai 35 anni in su. Ma nel frattempo l’età della gravidanza si è innalzata e quindi le amniocentesi sono aumentate. Oggi sappiamo inoltre che quasi la metà delle sindromi di Down si ritrovano in figli di donne sotto i 35 anni. La normativa è quindi del tutto inefficace. Tant’è vero che nel 2010 le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità hanno raccomandato il test “combinato” come screening per tutte le donne, che possano poi eventualmente sottoporsi ad amniocentesi - prosegue Persico -. Il test combinato, che comprende il dosaggio di due ormoni del sangue e un’ecografia per valutare anche la traslucenza nucale è un ottimo test che identifica il 90% dei casi, con una percentuale di falsi positivi del 5%. Già questo esame, adottato come screening in diversi Paesi, a partire dalla Gran Bretagna, potrebbe ridurre a un quarto le attuali amniocentesi. Ma le raccomandazioni dell’Iss sono rimaste tali. Abbiamo linee guida , non obbligatorie, diverse dalla legge, che invece è obbligatoria, e quindi c’è un gran caos, ogni centro, ogni Regione va per conto suo. Solo la Toscana con una legge regionale ha adottato lo screening con il “combinato” per tutte le donne. In Lombardia cerchiamo di proporre il test combinato a più donne possibili, ma dobbiamo chiedere un contributo per coprire i costi».

    REFERTI IN INGLESE - Quindi il test fetale, una volta che fosse approvato ufficialmente, potrebbe sostituirlo? «A mio parere sarebbe un errore, perché l’ecografia che viene fatta nel combinato è molto preziosa: se eseguita con competenza può rilevare almeno la metà delle malformazioni e molti problemi del neonato e della gestante che non si vedono con un test genetico. Lo stesso Nicolaides ha proposto uno schema che prevede il test combinato come primo esame di screening per tutte, Dna fetale oltre una certa soglia di rischio molto larga (circa il 25% dei casi) e infine amniocentesi o villocentesi nei casi positivi. In ogni caso bisognerà uscire dall’attuale confusione, in cui prosperano studi privati che garantiscono amniocentesi “sicure” o si eseguono ecografie sbrigative». «Il test combinato è un indicazione perfetta per fare il Dna fetale, che sarebbe più corretto chiamare Dna totale - dice Antonio Farina, medico ricercatore al Sant’Orsola di Bologna dopo aver lavorato negli Usa e uno dei maggiori esperti in materia -. Attualmente come gamma di informazioni il test offre l’80% di quello che può fornire un’amniocentesi e sul restante 20% si sta lavorando. Certo questo esame avrà un grosso impatto, ma per ora sembra destinato a un pubblico medio alto, sia per il costo sia perché serve una certa cultura: basta pensare che i referti arrivano in inglese. Prevedo poi che ci vorrà qualche anno prima che le strutture pubbliche possano organizzarsi, perché bisogna disporre di genetisti e addestrare il personale. In alternativa si potrà ricorrere a convenzioni con strutture private».

    EVITARE IL «FAI DA TE» - «Ci sono ancora dei limiti in questo test - conclude Luigi Fedele -, perché non copre tutta la mappa cromosomica e c’è un margine di falsi positivi. È importante poi che questo, come qualsiasi esame prenatale, sia accompagnato da un colloquio, in cui vengano spiegati con chiarezza i limiti e le conseguenze di quello che si sta facendo. Oggi c’è il rischio del “fai da te”, con una consulenza magari via Internet. Questo va assolutamente evitato. Bisogna in ogni caso che la politica sanitaria si faccia carico di questa problematica, visto che siamo di fronte a una delle più importanti scoperte degli ultimi anni». Il nuovo test del Dna fetale è caduto nella realtà italiana come un sasso non proprio in uno stagno, ma in acque già agitate. Sembra a questo punto necessario prendere decisioni che facciano chiarezza per risolvere i vecchi e i nuovi problemi.

    28 ottobre 2013

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Riccardo Renzi

     

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    Ospedali: nasce "doveecomemicuro" portale trovare quelli "giusti"

     

     30 OTT 2013

     

    (AGI) - Roma, 30 ott. - Nasce il portale per individuare la migliore struttura dove curarsi. Si chiama "doveecomemicuro" ed e' stato presentato a Roma dall'ex ministro della Salute, Ferruccio Fazio con Walter Ricciardi, direttore del dipartimento di Sanita' pubblica dell'Universita' Cattolica-Policlinico A. Gemelli e coordinatore del team di ricerca che in due anni ha raccolto tutte le informazioni riguardanti ospedali, cliniche, presidi sanitari e policlinici universitari del nostro Paese. Il Centro cardiologico Monzino di Milano per l'angioplastica; l'azienda ospedaliera Santa Maria degli Angeli di Sacile, in provincia di Pordenone, per il miglior trattamento dell'infarto miocardico acuto. L'azienda ospedaliero-universitaria di Modena in caso di ictus e la Fondazione Maugeri di Cassano delle Murge (Bari) per il trattamento piu' sicuro della broncopneumopatia cronico ostruttiva. Sono questi alcuni dei migliori ospedali italiani presso i quali recarsi per curarsi. Un progetto nato con l'obiettivo di consentire ai cittadini di individuare la struttura sanitaria piu' adatta alle proprie esigenze e, nei limiti del possibile, piu' vicina alla propria abitazione. Fra i luoghi di cura menzionati, ci sono anche l'ospedale di Magenta a Milano, l'ospedale di Perugia e il San Martino di Genova rispettivamente per gli interventi su tumori al colon, retto e polmone. E ancora, i parti piu' sicuri li garantisce l'ospedale ostetrico Sant'Anna di Torino mentre l'appropriatezza migliore per i parti cesarei si registra all'ospedale Vittorio Emanuele II di Carate Brianza in Lombardia. Il CTO di Milano garantisce la piu' bassa mortalita' a trenta giorni per frattura del femore, ma i tempi d'attesa piu' brevi per l'intervento entro 48 ore si trovano al Rizzoli di Bologna. (AGI) - Roma, 30 ott. - La ricerca sul portale puo' essere effettuata utilizzando diversi criteri: parti del corpo, sono quindici quelle a disposizione; problemi di salute, 28 quelli in elenco; distanza geografica. I risultati daranno l'indicazione delle strutture di riferimento per quella patologia, contrassegnate da semafori(rosso, giallo e verde) che permetteranno di sintetizzare i dati di qualita' delle strutture, dal migliore al peggiore. Una legenda aggiuntiva consentira' agli utenti di orientarsi nella scelta indicando quanto la performance della singola struttura si avvicina agli standard internazionali di qualita' dell'assistenza. Le graduatorie delle strutture sono state stilate, tiene a precisare il coordinatore del progetto Walter Ricciardi, secondo rigorosi criteri scientifici: le aziende sanitarie sono infatti valutate sulla base di un set di 50 indicatori di qualita', selezionati mediante una revisione sistematica delle fonti di dati disponibili (Agenas, Istat, Atlante sanitario Era Web, Osservatorio nazionale per la salute nelle regioni italiane) sulla qualita' assistenziale delle strutture sanitarie Italiane. "L'obiettivo era realizzare un supporto informativo rivolto ai cittadini attraverso un'iniziativa cosiddetta di public reporting - spiega Ricciardi - capace di rafforzare il principio di responsabilita' sociale all'interno del Servizio sanitario nazionale, secondo cui i decisori e le organizzazioni sanitarie devono rispondere delle proprie azioni e performance verso i cittadini, in termini di trasparenza comportamentale, amministrativa, gestionale, strategica ed economica. Tale strumento di pubblicazione dei dati di performance delle strutture sanitarie aumenta il potere decisionale di cittadini e pazienti e consente di migliorare la qualita' dell'assistenza dei servizi sanitari, soprattutto nel contesto ospedaliero. Le evidenze scientifiche dimostrano, infatti - ricorda - che riportare pubblicamente le performance di una certa struttura incoraggia attivita' volte al miglioramento della qualita' delle prestazioni offerte a livello del singolo ospedale". Inoltre, prosegue Ricciardi, "dal 25 ottobre scorso, in virtu' della direttiva europea (2011/24/Ue), ogni cittadino dell'Unione puo' decidere liberamente di ricevere assistenza sanitaria in ciascuno dei Paesi membri. E' chiaro che, per scegliere il luogo dove curarsi, un cittadino deve avere accesso ad informazioni chiare, rigorose e tempestive sulla qualita' dei servizi offerti sia ospedalieri, sia ambulatoriali e domiciliari".

     

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    Presto farmaci da banco venduti online


    DECRETO DI RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA UE 2011/62

    Presto farmaci da banco venduti online

    I siti dovranno essere autorizzati dal Ministero ed esporre un logo: in catalogo solo medicinali senza obbligo di ricetta


    Le farmacie online saranno presto una realtà. Ma solo a patto che dietro al sito internet ci sia un presidio sanitario reale. Nello schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva Ue 2011/62 approvato dal Consiglio dei ministri, è prevista, a determinate condizioni e previa autorizzazione, la possibilità di vendere su internet senza obbligo di ricetta attraverso farmacie o parafarmacie. Mentre rimane vietata quella di medicinali con obbligo di prescrizione medica. I siti internet che vendono farmaci devono contenere un link collegato al portale del Ministero della Salute, il quale a sua volta pubblicherà una lista di tutti gli enti o persone autorizzate alla vendita di farmaci in rete. La presenza di un logo comune renderà tali farmacie online riconoscibili rispetto a quelle illegali.

    FARMACI CONTRAFFATTI - Il provvedimento rafforza le misure contro la contraffazione dei medicinali. «Una delle novità più importanti è che il Ministero della Salute ha ora il potere di oscurare i siti che commercializzano illegalmente farmaci con obbligo di prescrizione o in violazione di legge - spiega il ministro Beatrice Lorenzin -, grazie alle segnalazioni che arriveranno dai Nas o dagli altri organi di polizia e dall’Agenzia italiana del farmaco». La vigilanza sui farmaci, prosegue Lorenzin, «è un passo avanti per il cittadino: viene riordinata tutta la normativa non solo per la parte medica ma anche per farmacisti e per i pazienti stessi che possono essere comunicatori di eventi avversi e anche segnalare i farmaci non attivi, cioè quelli che non funzionano».

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    Redazione Salute Online

     

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    Ebola: domande&risposte


    Dal “Corriere della Sera”

     

    Ebola: domande&risposte

    I principali quesiti sull’infezione, sulla sua origine, sui suoi rischi diffusione 
    e sulla possibilità di cura

    di Redazione online Salute

     

    SALUTE

    L’epidemia di febbre emorragica da virus Ebola in corso in Africa è in assoluto la peggiore mai osservata e pone una serie di interrogativi sulle sue cause, su come contenerla, su come curare la malattia. Abbiamo chiesto alcune precisazioni e chiarimenti di fondo sulla situazione a Massimo Galli, ordinario si Malattie infettive all’università degli studi di Milano e primario di infettivologia all’Ospedale Luigi Sacco, di Milano

    In primo luogo che cosa è Ebola?
    È un virus, il cui ospite abituale è un animale molto «lontano», sia evolutivamente, sia, in condizioni normali, anche «fisicamente» dall’uomo. Una sorta di «alieno» per il quale noi siamo un «pianeta sacrificabile», nella nostra sfortunata qualità di ospiti accidentali. In realtà gli Ebola a oggi noti sono cinque, di cui tre molto patogeni per l’uomo, uno di cui si sa poco, ma che probabilmente è poco patogeno e uno, Ebola Reston, praticamente innocuo per noi. Il più letale di tutti, Ebola Zaire (ZEBOV), è il responsabile della epidemia in corso.

    Da dove proviene il nome Ebola? 
    Ebola è il fiume dello Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo, RDC) presso il quale nel 1976 sono stati documentati i primi casi dell’infezione.

    Quante sono state le epidemie significative documentate?
    ZEBOV è ricomparso dopo 18 anni in Gabon (1994), poi nel ’95 nella RC e nel ’96 e nel 2001 ancora in Gabon, nella RC (2002-2004) e nella RDC (2004-2007 e ancora nel 2008) e infine in Guinea alla fine del 2013.

    Che cos’hanno in comune i Paese storicamente colpiti dalle epidemie?
    Tutti questi Paesi sono compresi nell’areale di distribuzione del principale candidato al ruolo di animale ospite, il pipistrello della frutta dalla testa di martello (Hypsignathus monstruosus).

    Come si spiega l’andamento irregolare delle epidemie?
    È stato ipotizzato che l’infezione possa presentare riaccensioni stagionali nella specie serbatoio, forse condizionate da fattori climatici. La conseguente maggior circolazione del virus, associata a una scarsità di cibo nella stagione secca tale da indurre i pipistrelli a cercare fonti di nutrimento in aree abitate, creerebbero le condizioni per il passaggio all’uomo. L’ultima epidemia può essere stata favorita anche dalla intensa deforestazione, che ha probabilmente inciso sulle abitudini dei pipistrelli. La regione della Guinea attorno a Gueckedou, dove l’epidemia ha avuto inizio, si incunea tra Sierra Leone e Liberia, ed è stata tra le più intensivamente deforestate Si ritiene che l’infezione possa essere acquisita direttamente dalla frutta contaminata dalle deiezioni dei pipistrelli, che sono inoltre cacciati a scopo alimentare.

    A quanto pare, quindi, Ebola c’entra poco con la nostra specie… ma potrebbe succedere che si «adatti» diventando un virus che ci infetta stabilmente ?
    Poco probabile: è invece interessante sottolineare come si siano verificati successivi travasi dal serbatoio animale all’uomo. È chiamato fenomeno dello «spillover», per cui ogni epidemia è attribuibile a un virus uscito di fresco dalla foresta, almeno un po’ diverso dai ceppi responsabili delle epidemie precedenti. Tutte le epidemie, inoltre, si sono fino ad oggi arrestate dopo un numero molto limitato di passaggi tra uomo e uomo. In altre parole, noi non facciamo da serbatoio aggiunto, ma tutto ricomincia da capo ogniqualvolta si creino le condizioni per cui il virus possa uscire di nuovo dalla foresta.

    L’epidemia in corso sembra espandersi molto più delle precedenti: è vero? E se si, perché? 
    Bisogna tener conto delle caratteristiche dei Paesi colpiti. Poverissimi (nello United Nations Development Programme Human Development Index, Liberia,Sierra Leone e Guinea stanno rispettivamente al 174°, 177° e 178° posto su 187 Paesi), devastati (la Liberia e la Sierra Leone) da guerre civili e colpi di stato, con tassi d’alfabetizzazione molto bassi e un’organizzazione sanitaria precaria. A onor del vero, non è che gli altri Paesi africani ove ZEBOV è emerso in passato non siano quasi altrettanto poveri, ma la densità di popolazione dei tre Paesi in cui l’epidemia è in corso è molto maggiore, il che potrebbe aver favorito la diffusione della malattia. Difficile inoltre pensare che l’isolamento obbligatorio di malati possa essere facilmente accettato in luoghi in cui la stessa esistenza dei virus può essere concetto incomprensibile ai più. Anche perché nella maggioranza dei casi le persone isolate perché già sintomatiche sono destinate a morire, e non appena questo viene percepito, non stupisce che ci possa essere chi si sottrae, peggiorando la situazione per se e per i propri familiari. Non meraviglia, se collocato in questo contesto, l’assalto a mano armata verificatosi di recente in Liberia per «liberare» gli isolati da un ospedale. In questa situazione, il contenimento dell’epidemia nei Paesi colpiti richiederà fatica e tempo.

    E fuori dai tre paesi? Cominciamo con la Nigeria ed il Congo… 
    Il focolaio epidemico in Nigeria è un caso a sé, innescato da un funzionario governativo liberiano che aveva raggiunto Lagos in aereo ed è morto cinque giorni dopo, Il 25 luglio, in un ospedale cittadino. Altre quattro persone che avevano avuto contatti con lui sono decedute giorni dopo. Tra confermati e sospetti i casi in Nigeria sono in tutto 15 al 18/8, e il focolaio sembra avviarsi a contenimento. Diversa la situazione nella RDC: i casi, che necessitano ancora di conferma virologica, sono stati segnalati in Equateur, una provincia già interessata da ZEBOV, la cui lontananza dai Paesi interessati dalla epidemia principale fa pensare ad un fenomeno indipendente, a una nuova sortita del virus dalla foresta.

    E l’Europa?
    La gravità della malattia ostacola fortemente gli spostamenti individuali e ne limita la diffusione. Tenuto tuttavia conto della durata d’incubazione dell’infezione, in media circa sette giorni, il trasferimento di persone infettate mediante viaggi in aereo non può essere completamente escluso. Ciononostante, oltre al paziente liberiano volato a Lagos, si ha notizia di un solo caso di trasferimento per via aerea di una persona inconsapevole di essere infettata, avvenuto nel 1996 con un volo commerciale dal Gabon a Johannesburg. A oggi, non si è verificato nessun caso confermato di trasferimento inconsapevole di Ebola in Europa o in America. Una fugace apparizione in Europa ha fatto Ebola Reston, una specie scarsamente patogena per l’uomo, che non ha causato effetti di rilievo nelle 25 infezioni umane documentate. Anche in questo caso l’animale ospite sarebbe un pipistrello, ma delle Filippine: Reston è l’unico Ebola non africano, e ad oggi si è dimostrato in grado di causare malattia nelle scimmie e nel maiale.

    Tornando al temutissimo Ebola Zaire: come si trasmette? 
    Per contatto stretto con sangue, sudore, secreti genitali, saliva, urine e feci dei malati e per contatto con o consumo alimentare di animali malati o morti o con le deiezioni dell’animale ospite. I livelli viremici e quindi, presuntivamente, il rischio di trasmissione sono maggiori nelle fasi avanzate di malattia e correlano con la gravità della stessa. Il rischio di trasmissione in un reparto di isolamento tende ad annullarsi qualora vengano rispettate le raccomandazioni vigenti .

    E per quanto riguarda il rapporto casi/decessi, l’epidemia in corso è la peggiore ?
    Le epidemie da ZEBOV sono state fino ad ora gravate da una letalità compresa tra il 47 e l’89%. Direi che purtroppo siamo in media…

    Le notizie sull’antisiero hanno suscitato speranze. Sono legittime? 
    Come sempre in medicina non ci si può basare su due soli casi per gridar vittoria. Siamo però di fronte a un antisiero fatto da anticorpi monoclonali, cioè da anticorpi tutti rivolti contro il virus Ebola, che potrebbe svolgere un ruolo importante nel contenimento dell’infezione. Lo ZMapp, in particolare, è costituito da una miscela di tre diversi anticorpi monoclonali , pensata per avere più punti d’attacco contro il virus. Secondo quanto scritto sul sito dei CDC (Centers of Disease and Control di Atlanta) l’8 di agosto, sarebbero disponibili dosi solo per un numero molto limitato di trattamenti. Il governo USA, attraverso il National Institute for Allergic and Infectious Diseases (NIAID) ha investito 28 milioni di dollari in un progetto che coinvolge 25 laboratori di ricerca in sette Paesi, al fine di trovare il miglior cocktail di anticorpi monoclonali possibile, ma nessun prodotto ha ancora iniziato l’iter procedurale previsto per lo sviluppo di un farmaco. Lo stesso può essere detto per un farmaco, un analogo nucleosidico all’apparenza assai potente in provetta, sviluppato dall’U.S. Army Medical Research Institute of Infectious Diseases, che avrebbe un costo molto inferiore e sarebbe più facile da usare sul campo. Come si può immaginare, la febbre emorragica da Ebola non è che una delle tante malattie orfane, per le quali non c’è stato fino ad ora un vero interesse da parte delle case farmaceutiche, in questo caso in parte giustificate dalle limitazioni imposte all’impiego di isolati di Ebola al di fuori di un numero limitatissimo di laboratori certificati. Anche sul vaccino non è stato fatto molto, tanto che la rivista Science nell’editoriale del 25 luglio intitola la tabella che elenca l’avanzamento della ricerca sulla terapia e sul vaccino con un mesto too little, too late («troppo poco, troppo tardi).

    23 agosto 2014 | 14:43

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    Stress da rientro a scuola, l'alimentazione per combatterlo


    Stress da rientro a scuola, l'alimentazione per combatterlo

    Mai saltare colazione, fondamentali merende e movimento

    03 settembre, 

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    Mai saltare la colazione, fare uno spuntino a metà mattina e a metà pomeriggio, a cena fare un pasto completo. Sono alcuni dei punti di un decalogo alimentare per un rientro a scuola senza stress, firmato dal comitato scientifico di merendineitaliane.it. Un'alimentazione equilibrata ed uno stile di vita attivo, sottolineano medici e nutrizionisti sulle pagine del sito, costituiscono infatti un valido aiuto per combattere il malumore, la svogliatezza e la tristezza che assale al ritorno dalle vacanze, anche i bambini e i ragazzi. 

    "Al rientro dalla vacanze - commenta Michelangelo Giampietro, nutrizionista e medico dello sport.- è necessario riorganizzare l’alimentazione secondo un ritmo che tenga conto dei nuovi orari e degli impegni dei ragazzi, scolastici e non, e secondo una varietà di scelte che assicuri il rispetto degli equilibri alimentari: circa il 50-60% delle calorie devono venire dai carboidrati, non più del 30% dai grassi, il 12-15% dalle proteine. Fondamentale poi assicurare i giusti apporti di fibra, vitamine e sali minerali”. Qualche regola da tenere a mente? “È molto importante che chi studia, e che deve quindi contare su tutte le proprie energie, fisiche e mentali, impari sin da piccolo a seguire regole precise nella suddivisione dei pasti quotidiani, ovvero una buona prima colazione, una piccola merenda al mattino, un pranzo, un’altra piccola merenda e una cena – continua Giampietro - E visto che anche i ragazzi, e non solo gli adulti, si stressano a causa degli impegni scolastici spesso intensi, nella loro dieta non deve mancare anche la gratificazione sotto forma di cibi preferiti e desiderati”.

    Tra le altre raccomandazioni del prof. Giampietro c'è “evitare pasti troppo abbondanti che impongono una digestione laboriosa, che richiama più sangue verso l’apparato digerente e potrebbe, quindi, indurre sonnolenza. Meglio concedersi nel corso della giornata qualche spuntino a base di prodotti facilmente digeribili e assimilabili, come una merendina, crackers o dei biscotti, per mantenere attenzione e concentrazione anche nelle ultime ore della mattinata e stabilire le giuste pause fisiologiche nelle ore di studio. Una merenda, a base di carboidrati, è importante per compensare le richieste di energia che servono a cervello e muscoli per ricaricarsi in certi momenti critici della giornata. Oltre a questo, i carboidrati contribuiscono a tenere sotto controllo lo stress perché stimolano il cervello a produrre serotonina, ovvero ‘l'ormone del buonumore’ che aiuta anche a stabilizzare il nostro stato d’animo”. 

    Meglio dolce o salato? “Bisogna abituarsi – conclude il prof. Giampietro dalle pagine di merendineitaliane.it – ad alternare spuntini dolci e salati per evitare di introdurre troppi zuccheri o troppo sale nel corso della settimana. Ed è importante che i ragazzi provino anche cibi di diverso sapore e consistenza per educare i loro palati e abituarli alla varietà alimentare. Via libera, quindi, alle merende soffici, ma senza dimenticare quelle più consistenti, ricordandosi che masticare a lungo predispone ad una digestione più agevole e aumenta il senso di sazietà”. 

    Importante, infine, anche il movimento: i genitori, conclude, devono "spingere i propri figli a essere fisicamente più attivi ogni giorno, magari facendo in modo che certe buone abitudini tipiche delle vacanze trovino continuità anche nei mesi invernali. Cercate di ridurre il tempo trascorso davanti a televisore o videogiochi e giocare il più possibile all’aria aperta: l’attività fisica ha sempre, infatti, un effetto molto positivo perché mette in moto energie.”

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    Come scegliere lo zaino per la scuola


    Come scegliere lo zaino per la scuola

    Dalle dimensioni al tipo di bretelle, dal peso alle modalità giuste per riempirlo: tutto quello che c’è da sapere per evitare ai ragazzi un probabile mal di schiena

    di Elena Meli

     

    Colorati, decorati con i personaggi preferiti dei fumetti o dei cartoni, forniti di pupazzetti o ciondoli vari per essere personalizzati. Gli zaini di bambini e ragazzini sono un inno alla fantasia, ma siamo sicuri che siano sempre giusti per la schiena dei nostri figli? Purtroppo no, almeno a giudicare dalle segnalazioni dell’American Orthopaedic Association, secondo cui il 64 per cento delle visite agli adolescenti è dovuto a dolori articolari provocati da un uso scorretto dello zaino; come se non bastasse, diversi studi europei hanno riferito un preoccupante aumento dei casi di mal di schiena fra bambini e ragazzini, tanto che oltre la metà ne soffrirebbe almeno una volta prima dei 15 anni. Così l’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss) ha deciso di stilare una serie di regole per aiutare i genitori a scegliere il prodotto giusto fra le mille possibilità offerte dal mercato e usarlo poi nella maniera più corretta.

     

    Come scegliere lo zaino giusto

    Come scegliere lo zato

     

    Come acquistare lo zaino

    «Come pediatri, possiamo dare indicazioni più scientifiche e precise di quelle generiche offerte dalle pubblicità, dalla “maniglia che consente una buona presa” alle “dimensioni contenute” - spiega Giuseppe Mele, presidente di Paidòss -. Innanzitutto, lo zaino vuoto deve essere più leggero possibile e deve avere uno schienale imbottito, per proteggere la schiena dagli urti contro libri, quaderni, astucci all’interno. No ai monospalla, servono due bretelle ampie anch’esse imbottite e regolate in modo che la parte superiore dello zaino non si discosti dal dorso più di 10-12 centimetri: in questo modo non si permettono troppi “sobbalzi” e allo stesso tempo non vengono compresse troppo le spalle, per non provocare microtraumi ai nervi del plesso brachiale. Se possibile, meglio comprare uno zaino che abbia una cintura per consentire di ancorarlo alla zona lombare e ridurne ulteriormente oscillazioni e movimenti quando si cammina (con lo zaino addosso sarebbe infatti vietato correre, ndr); inoltre, non bisogna optare per il modello più grande e capiente ma sceglierne uno della misura adatta al bambino, facendoglielo provare prima dell’acquisto: il modello ideale non deve coprire più di tre quarti del dorso e, quando è correttamente indossato, la parte inferiore non deve scendere sotto alla cintura più di quattro, cinque centimetri».

    Il peso dei libri

    Seguendo queste indicazioni, il peso dello zaino viene distribuito correttamente sulla schiena; l’essenziale è che il bambino non lo indossi portandolo su una sola spalla, perché in tal modo si sbilanciano troppo la colonna vertebrale e le anche. Una volta acquistato il prodotto giusto e capito come deve essere indossato, siamo solo a metà dell’opera: anche lo zaino migliore, se viene riempito all’inverosimile di libri e quaderni, può diventare una zavorra pericolosa. Il peso massimo trasportato non deve superare il 15 per cento del peso del bambino, meglio ancora se non si va oltre il 10 per cento: in soldoni, un alunno si scuola primaria non dovrebbe portarsi appresso più di tre, quattro chili di materiali scolastici. «Superando questi limiti il baricentro si sposta indietro rispetto agli arti e per sorreggerlo il bambino si piega prima indietro con le spalle e quindi in avanti, per controbilanciare la spinta: il risultato è sottoporre a uno sforzo non corretto anche, spalle e colonna vertebrale - osserva Mele -. Particolare cautela occorre con i bambini più piccoli e le bimbe, nei quali è più facile finire per eccedere con il peso. Altrettanta attenzione serve nel riempire lo zaino: i libri più pesanti vanno messi a contatto con lo schienale, quaderni e materiali leggeri verso l’esterno. Così il peso viene scaricato meglio sui muscoli lombari e il baricentro è più corretto. Inoltre, meglio aiutare il bimbo a indossare lo zaino e insegnargli a fare forza su entrambe le ginocchia per sollevarlo, quando deve metterlo da solo». Per non trasformare i figli in tanti piccoli sherpa, molti optano per gli zaini a trolley: è una buona alternativa ai prodotti classici? «Se si sceglie un trolley va sempre portato a traino, a parte nei momenti in cui tocca alzarlo ad esempio per salire su un mezzo pubblico: se si portano a spalla, al peso normale si aggiunge quello del sistema rotelle/manico - risponde il pediatra -. Infine, va ricordato che zaini troppo pesanti, sbilanciati o di dimensioni eccessive possono provocare danni anche perché i bimbi non riescono a controllare il peso che trasportano né a percepirne l’ingombro: salire o scendere una scala può sbilanciarli e farli perfino cadere, trovarsi su un autobus sovraffollato può esporli a urti e strappi che possono indurre lesioni».

    5 settembre 2014 | 12:29

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    La rivincita delle 'corsette'brevi, fanno meglio della maratona


    La rivincita delle 'corsette'brevi, fanno meglio della maratona

    Basta un chilometro e 600 metri ma a forte velocita'

    09 settembre, 

    ·         ·          

    ·       .

    Negli Stati Uniti è febbre da allenamenti 'short' che, in mancanza di tempo libero, sono il nuovo toccasana. La corsa di 1 miglio, equivalente ad 1,6 km da percorrere al massimo della velocità, vive una seconda giovinezza diventando sempre più popolare tra i maratoneti, i bambini e i corridori amatoriali che non hanno più tempo per allenarsi su distanze più lunghe. Segnala il nuovo fenomeno il quotidiano statunitense Wall Street Journal. L'esercizio intenso batte gli sport d'endurance come la maratona e una recente ricerca dell'American College of Cardiology ha scoperto che chi corre 1 miglio ha gli stessi benefici dei maratoneti sulla lunghezza della vita ma con meno acciacchi. Agonisti a parte, tutti gli altri, bambini inclusi, si possono cimentare in corse brevi alla massima velocità, intervallate da passeggiate, fare le scale o rilassarsi con la propria attività preferita, come lo yoga, per avere benefici per la salute - sottolineano gli esperti.

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    Prostata, quanto l’urologo influenza la scelta della terapia


     

    Dal "Corriere della Sera"

    Prostata, quanto l’urologo
    influenza la scelta della terapia

    Sorvegliare o trattare una neoplasia di basso grado negli over 65? E quale terapia fare? L’inclinazione dello specialista «pesa» più delle caratteristiche della malattia

    di Vera Martinella

     

    Perché agli uomini con un tumore alla prostata a basso rischio viene proposto soltanto di rado, come invece sarebbe indicato, di partecipare a programmi di «sorveglianza attiva»? Molto dipende dall’urologo, che ha un ruolo centrale nella scelta della terapia, sostengono i ricercatori dell’Anderson Cancer Center (Università del Texas, Stati Uniti) in un nuovo studio pubblicato sulla rivista Jama Internal Medicine. La sorveglianza attiva è una strategia riservata solo a determinate tipologie di malati, quelli con un carcinoma di piccole dimensioni e poco aggressivo, che prevede di tenere sotto controllo la malattia senza intervenire nell’immediato e di rinviare eventuali cure (e relativi effetti collaterali) solo a se e quando la neoplasia evolve.

    Sorvegliare la malattia per rinviare gli effetti collaterali delle terapie

    «Oggi molti tumori, oltre la metà di quelli diagnosticati ogni anno, appartengono a una categoria di rischio basso o addirittura molto basso e quindi avranno una “storia naturale” molto lunga – spiega Giario Conti, presidente della Società Italiana di Urologia Oncologica -. Questi tumori “indolenti” possono non avere una rilevanza clinica per la vita del paziente (in pratica non incidono sul suo pericolo di morte o sulla sua salute generale) e potrebbero non necessitare di un trattamento invasivo immediato. Se il tipo di neoplasia lo consente, quindi, si dovrebbe proporre al paziente la sorveglianza attiva, ma questo avviene ancora troppo di rado e troppo spesso la strategia suggerita ai malati dipende oggi dal medico che hanno di fronte. La sopravvivenza per questa malattia a 5 anni dalla diagnosi – continua l’esperto - supera l’85 per cento e proprio per questo è fondamentale scegliere la soluzione terapeutica che assicuri agli uomini la migliore qualità di vita possibile». Secondo le nuove stime saranno circa 35mila i nuovi casi di carcinoma prostatico diagnosticati nel 2014 in Italia. Fra le opzioni terapeutiche fra cui poter scegliere (a seconda del tipo di tumore) ci sono chirurgia, brachiterapia, radioterapia e ormonoterapia, oltre ai farmaci chemioterapici e a bersaglio molecolare indicati nelle fasi più avanzate.

    L’inclinazione dell’urologo conta più del tipo di tumore

    «Precedenti ricerche hanno dimostrato che, a parità di tipo di tumore in questione, il tasso di mortalità è simile fra i malati che scelgono la sorveglianza e quelli che optano per un trattamento. Ciononostante è molto frequente che, anche quando non è necessario, gli uomini finiscano per essere curati e debbano poi fronteggiare inutili conseguenze indesiderate della terapia» dice Karen Hoffman, principale autrice dello studio. I ricercatori dell’Anderson Cancer Center hanno analizzato i dati relativi a oltre 12mila uomini, con più di 66 anni, ai quali fra il 2006 e il 2009 è stato diagnosticato un carcinoma prostatico a basso rischio di progressione. E’ emerso che ben l’80 per cento di loro ha ricevuto una terapia e soltanto il 20 per cento è stato tenuto sotto sorveglianza. Inoltre è risultato evidente che nella decisione della strategia intrapresa il peso dell’urologo è molto più importante delle caratteristiche individuali del malato, quali età, livello di Psa e presenza di eventuali altre patologie. «In pratica – spiega Hoffman – è assai probabile che i pazienti finiscano per ricevere la cura che tradizionalmente il loro urologo è solito impiegare, indipendentemente dalle loro caratteristiche personali. Se, di fronte a un carcinoma di basso grado, lo specialista è incline a chirurgia o a radioterapia, ci sono grandi possibilità che questa sia la scelta che verrà fatta. L’inclinazione dell’urologo, insomma, non solo influenza la decisione del malato sul trattare o sorvegliare la neoplasia, ma anche il tipo di terapia stabilita». Per questo, secondo molti specialisti italiani è importante che gli uomini con tumore alla prostata vengano seguiti da un team multidisciplinare : «È fondamentale che gli tutti uomini, davanti a una diagnosi, siano informati su tutte le opzioni a disposizione e possano valutare bene i pro e i contro di ogni scelta: la decisione finale spetta a loro - conclude Conti -. La multidisciplinarietà rappresenta un approccio vincente che vede urologi, oncologi, radioterapisti e psicologi lavorare insieme nell’ottica di una migliore gestione del paziente».

     

    11 settembre 2014

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    Unghie, aumentano i problemi Colpa di smalti aggressivi e tacchi alti


    Dal "Corriere della Sera"

     

    Unghie, aumentano i problemi
    Colpa di smalti aggressivi e tacchi alti

    Taglietti, abrasioni, infezioni alle dita delle mani, causate spesso da smalti e solventi troppo aggressivi, così come i problemi alle unghie dei piedi dati dai tacchi alti

    di Eva Perasso

     

    Negli ultimi tre anni in Italia sono aumentati i casi di patologie legate alle unghie, delle mani e dei piedi: l’annuncio arriva da un istituto milanese impegnato nella cura dermatologica di questa delicata parte del corpo, e pone l’accento sui rischi a cui, a causa di disattenzione e pratiche errate, le unghie vengono sottoposte. Secondo il dottorAntonino Di Pietro, direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis di Milano e autore dello studio, negli ultimi tre anni le segnalazioni sarebbero cresciute almeno del 75 per cento in generale, mentre sarebbero raddoppiati i casi di infezioni di questa parte del corpo. Complice un nuovo interesse per il mondo della cosmesi legata alla bellezza di mani e piedi, che porta a pratiche fai-da-te e all’uso spesso indiscriminato di prodotti che contengono sostanze altamente nocive per la salute dell’unghia. Ma le patologie fioriscono anche per abitudini posturali e di abbigliamento errate: basti pensare all’uso dei tacchi alti per lunghe ore e alle conseguenze che questo porta sulla conformazione delle unghie dei piedi.

     

    Nell’unghia lo stato di salute

    Monitorare la salute delle unghie, verificandone aspetto, colore, elasticità, forma e consistenza (per esempio verificando se sono ingiallite, sfaldate, a macchie e così via), è uno dei metodi per verificare, a ogni età, la salute generale di una persona. Spesso proprio sotto le unghie compaiono sintomi non trascurabili che portano il medico a fare accertamenti: anche le malattie ereditarie o l’uso di antibiotici possono lasciare tracce proprio sul corpo unguenale. Tra le cause mediche dell’indebolimento delle unghie va citata in primis l’anemia, così come i disturbi polmonari che non permettono all’ossigeno di arrivare adeguatamente anche sotto alla lamina trasparente di cheratina che compone l’unghia: in questo caso quest’ultima è particolarmente fragile e diventa scura. Anche le malattie della pelle come dermatiti e psoriasi compromettono la salute delle unghie, mentre l’alimentazione e il fumo ne variano consistenza e colore.

     

    Una questione (soprattutto) femminile

    Ogni cinque persone che si recano da un dermatologo per un controllo o un eventuale problema alle unghie, quattro sono donne. Le patologie legate a questa parte del corpo sono infatti una questione soprattutto femminile, anche per via dell’uso di prodotti cosmetici e l’introduzione, negli ultimi anni, di pratiche cosmetiche che mettono a dura prova la loro resistenza. Le pratiche di manicure “estreme” infatti, e soprattutto i prodotti usati per eliminare poi gli smalti a lunga durata talvolta contenenti solventi aggressivi, mettono a repentaglio la salute dell’unghia. Proprio le pratiche di rimozione di gel e altre tecniche di applicazione di smalti, se praticate eccessivamente, così come la raschiatura dell’unghia praticata per eliminarli, contribuiscono notevolmente, a lungo andare, a indebolire la struttura. Non solo: batteri e funghi si diffondono maggiormente laddove l’unghia è debole, i taglietti e le eventuali abrasioni possono invece portare a infezioni di varia entità. Un discorso a parte va fatto per le unghie dei piedi femminili: qui una delle principali cause di problemi deriva dall’indossare a lungo scarpe troppo strette e con i tacchi molto alti, fonte di traumi per questa parte del corpo così delicata.

     

    11 settembre 2014

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    I FARMACI EQUIVALENTI PER LA SOSTENIBILITÀ DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE NEL LAZIO


     

    I FARMACI EQUIVALENTI PER LA SOSTENIBILITÀ DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE NEL LAZIO

    martedì 16 settembre 2014

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    è lieta di invitarLa al

    Convegno

    I FARMACI EQUIVALENTI PER LA SOSTENIBILITÀ
    DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE NEL LAZIO

     

    Martedì 16 Settembre 2014
    ore 11.00 – 13.00

     Sala Capranichetta
    Piazza Montecitorio, 125 - Roma


     

     

    PROGRAMMA

    Pur giocando un ruolo cruciale nel futuro della spesa sanitaria nazionale, in termini di sostenibilità e di accesso più ampio alle cure, il farmaco generico in Italia stenta a decollare. Con l’obiettivo di invertire questa tendenza, la Legge Spending Review ha introdotto anche specifiche disposizioni volte a incentivare il ricorso ai medicinali unbranded. Nel caso di pazienti cronici curati per la prima volta o in presenza di un nuovo episodio di patologia acuta, oggi il medico deve indicare in ricetta il principio attivo, eventualmente accompagnato dal nome commerciale del prodotto.

    Ma, dall’entrata in vigore del provvedimento, che cosa è effettivamente cambiato nel nostro Paese e, in particolare, qual è la situazione che oggi si registra nel Lazio? I medici stanno applicando la nuova normativa? Le prescrizioni per principio attivo sono aumentate? E qual è l’atteggiamento attuale dei cittadini, nei confronti del farmaco non “griffato”?

    Proseguendo il ciclo di incontri regionali promossi con successo nel 2013, AboutPharma and Medical Devices, con il patrocinio di AssoGenerici e un grant incondizionato di Mylan, organizza nella città di Roma un convegno finalizzato a indagare l’attuale scenario di applicazione a livello territoriale della Legge, attraverso il confronto tra i principali protagonisti del settore: Istituzioni locali, esperti di farmacoeconomia, farmacologi, specialisti, medici di medicina generale, farmacisti e Associazioni di consumatori.

     


    PROGRAMMA

    Modera i lavori:

    Marco Giorgetti, AboutPharma and Medical Devices 

    Ore 10.45 Registrazione dei partecipanti

    Ore 11.00  Apertura dei lavori

    Ore 11.05 Saluto delle Istituzioni

    Ore 11.15 “Farmaci generici: i dieci anni di cammino e le sfide del futuro
                      Michele Uda, Direttore Generale AssoGenerici

    Ore 11.30 “Farmaci equivalenti: le politiche farmaceutiche della Regione Lazio
                      Lorella Lombardozzi,  Dirigente Area Politica del Farmaco Regione Lazio

    Ore 11.45 “Farmaci equivalenti: i dubbi e le richieste dei cittadini
                      Laura Filippucci, Area Inchieste salute Altroconsumo

    Ore 12.00  Tavola rotonda
                  
    con la partecipazione di:

                      Fiorenzo Corti, Responsabile comunicazione nazionale Federazione Italiana Medici di
                      Medicina Generale

                      Luca Degli Esposti, Presidente CliCon

                      Enrico Magni, Direttore GK Pharma Consultant SA

                      Graziano Onder, Direzione Scientifica Italia Longeva – Rete Nazionale di Ricerca 
                      sull'Invecchiamento e la Longevità Attiva

    Ore 12.45 Interventi dalla platea

    Ore 13.00 Chiusura lavori

    Seguirà cocktail


    Il numero di posti è limitato.

    Il convegno è riservato a Istituzioni, Dirigenti della sanità, medici di medicina generale e specialisti, farmacisti, Associazioni di consumatori, Associazioni di pazienti, giornalisti.
    Si prega cortesemente di confermare la propria partecipazione alla Segreteria Organizzativa.


    Segreteria Organizzativa 
    https://be-mn1.mag-news.it/nl/clienti/3382/img/vrok_1.gif?_lastmod=1364988829033&mnorig=%5bmnimg%20prm=0,0,0,5416%5d
    Francesca Alibrandi
    Cristina Depaoli
    Via G.B. Morgagni, 30
    20129 - Milano
    Tel. 02 2042491 - 02 20424924 (Depaoli) 

    f.alibrandi@vrelations.it
    c.depaoli@vrelations.it

     

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    Ricerca: attivita' fisica aiuta bambini a leggere meglio


    Ricerca: attivita' fisica aiuta bambini a leggere meglio

     

    11 SET 2014

     

    (AGI) - Roma, 11 set. - Fare sport e, piu' in generale attivita' fisica, aiuta i ragazzi nell'apprendimento. Lo dimostra uno studio finlandese che e' stato pubblicato sulla rivista Plos One. Lo studio mostra che sono proprio gli studenti che hanno una intensa e continua attivita' fisica quelli che hanno i rendimenti scolastici piu' alti. Lo studio dimostra che questo e' particolarmente piu' vero nei primi tre anni di scuola e soprattutto nei ragazzi. Lo studio pubblicato su PLoS ONE e' stata condotta in collaborazione con l'attivita' fisica e nutrizione nei bambini (PANICO) Studio condotto presso l'Universita' della Finlandia orientale e l'Universita' di Jyvaskyla. Lo studio ha messo in relazione tra loro i diversi tipi di attivita' fisica e comportamenti sedentari con la capacita' di lettura e abilita' aritmetiche tra i 186 bambini finlandesi della prima elementare. Livelli piu' elevati di attivita' fisica durante la ricreazione sono stati correlati a migliori competenze nella lettura e la partecipazione a sport organizzati e' legata a punteggi dei test aritmetici piu' elevati. In particolare i ragazzi con livelli piu' elevati di attivita' fisica, e soprattutto quelli che andavano a scuola a piedi e in bicicletta, avevano capacita' di lettura migliori rispetto ai ragazzi meno attivi. Inoltre, i ragazzi che hanno trascorso piu' tempo a fare attivita' di lettura e scrittura durante il loro tempo libero hanno avuto una migliore capacita' di lettura rispetto ai ragazzi che passavano meno tempo a fare queste attivita'. Mentre quelli che dedicavano piu' tempo al computer e ai video game, avevano risultati migliori in aritmetica.

     

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    Meteo: ancora qualche pioggia, poi arriva l'estate settembrina


    Meteo: ancora qualche pioggia, poi arriva l'estate settembrina

     

    13 SET 2014

     

    (AGI) - Roma, 13 set. - Il ciclone Odissea ormai e' un ricordo anche se la nuvolosita' legata ad esso interessera' ancora il Nordest e la Puglia con locali piogge e temporali sul Tacco d Italia. "Domenica tutta soleggiata" su gran parte delle regioni. Lo scenario atmosferico sta cambiando: l'affondo sul basso Atlantico di una saccatura favorira' la risalita dell'alta pressione africana che nel corso della prossima settimana riportera' la bella estate settembrina sul nostro Stivale. Tanto sole quindi con le piogge che saranno relegate soltanto sui rilievi del Nord, interessati da correnti piu' umide occidentali e temporaneamente anche sul Piemonte. Antonio Sano', direttore e fondatore del sito www.ilmeteo.it avvisa che la pressione aumentera' gia' dalla giornata di domenica e lentamente conquistera' gran parte dell'Italia, specie centrale e meridionale. Il Nord sara' interessato da correnti piu' umide che porteranno ancora a delle piogge, ma a giorni alterni e soprattutto al Nordovest. Le temperature saliranno gradualmente fino a raggiungere valori estivi piacevoli e dell ordine dei 30/32 gradi al Centro-Sud, meno caldo, ma gradevole al Nord.
      (AGI) .

     

     

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    Pidocchi: ecco perché il contagio avviene con tanta facilità


    Dal “Corriere della Sera”

    Pidocchi: ecco perché il contagio avviene con tanta facilità

    Ci si «contagia» con contatti diretti e scambiandosi pettini o cappelli. I piccoli sono più soggetti al problema anche perché il loro cuoio capelluto è meno ricco di sebo

    di Antonella Sparvoli

     

    Con la riapertura delle scuole torna l’ossessione dei pidocchi. Ma non bisogna allarmarsi: questi parassiti sono innocui e non trasmettono malattie. «E non è vero che prediligono chi ha una scarsa igiene personale - puntualizza Stefano Veraldi, direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venereologia dell’Università di Milano -. Senz’altro è più facile prenderli se si frequentano luoghi affollati e se si sta in comunità (asili, scuole, colonie). I più colpiti sono i bambini, perché poi, con la pubertà, la produzione di sebo, acidifica il cuoio capelluto e lo rende un microambiente meno adatto alla vita del pidocchio. Alcuni studi hanno anche mostrato che i pidocchi, che non superano i 3-4 millimetri, aggrediscono con più facilità chi ha capelli con una sezione rotondeggiante, perché questi piccoli insetti riescono ad aggrapparsi meglio con le loro zampine. Questo tipo di capello è tipico dei caucasici (bianchi), mentre i neri hanno più spesso una sezione ovoidale».

    Come avviene la trasmissione? 
    «I pidocchi non saltano da una testa all’altra e non volano. La trasmissione avviene tramite il contatto diretto o lo scambio di pettini, spazzole, cappelli, cuscini, biancheria da letto e così via. Il pidocchio che vive sul capo è abbastanza facile da riconoscere: ha un colore che varia dal bianco sporco al grigio, si attacca soprattutto alla base del capello e vi depone le uova che sono lunghe poco meno di un millimetro, ovali e grigio-bianche. Le zone predilette sono quelle più ricche di capelli: la nuca e dietro le orecchie».

    Come si capisce se c’è un’infestazione in corso? 
    «Le sole uova (lendini) non indicano un’infestazione attiva: potrebbero essere vuote. Per essere certi che ci sia una pediculosi in atto bisogna vedere i pidocchi o almeno verificare se le uova si trovano a non più di 6,5 millimetri dalla base del capello. Le lendini vengono attaccate dalla femmina del pidocchio alla base del capello e ne seguono la crescita, salendo verso la superficie. Misurando la distanza che le separa dal cuoio capelluto, si può dunque capire se c’è effettivamente un’infestazione e grossomodo da quanto tempo è in atto, dato che i capelli umani crescono poco meno di un centimetro al mese. I classici sintomi della pediculosi sono irritazione e prurito che può però anche essere assente».

    Quali sono i trattamenti? 
    «Diversi prodotti agiscono sia contro i pidocchi sia contro le uova. Quelli realmente efficaci contengono permetrina, piretrina o malathion oppure sostanze, quali i siliconi, che asfissiano il parassita. In genere, è meglio preferire i prodotti in schiuma, crema o gel, perché,restano adesi a cuoio capelluto e capelli più a lungo. In genere si fa una prima applicazione e poi, dopo circa una settimana, si ripete il trattamento. Poco gradita, ma sempre utile è l’attenta rimozione meccanica delle uova con un pettine a denti fitti. Infine, un ultimo mito da sfatare: non esistono rimedi preventivi per evitare l’infestazione. Meglio controllare periodicamente la testa dei propri figli, soprattutto durante il periodo scolastico».

    12 settembre 2014 | 09:27

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    Tagli in sanità, Fondazione Gimbe: «La salute degli Italiani vale più di 80 euro»


    Dal “Sole 24 Ore”

     

    Tagli in sanità, Fondazione Gimbe: «La salute degli Italiani vale più di 80 euro»

    15 settembre 2014

     

    «Per effettuare una sana spending review in Sanità non serve l'accetta, ma una chirurgia superselettiva». Con questo suggerimento Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, interviene nell'acceso dibattito sui nuovi possibili tagli alla Sanità pubblica.

    Interventi mirati, quindi, «finalizzati a eliminare miliardi di euro/anno di inaccettabili sprechi che si annidano a tutti i livelli: politico, organizzativo, professionale e sociale. Il tema della sostenibilità del Ssn non può essere affrontato esclusivamente sotto il segno della finanza pubblica. Occorre mirare al duplice obiettivo di tagliare gli sprechi e investire su servizi e prestazioni sottoutilizzate, sotto il segno delle migliori evidenze scientifiche. Considerato che la maggior parte degli sprechi conseguono al limitato trasferimento delle evidenze alla pratica clinica e all'organizzazione dei servizi sanitari, la sostenibilità del SSN non può più prescindere da adeguati investimenti per migliorare la produzione delle conoscenze, il loro utilizzo da parte dei professionisti e la governance dell'intero processo per trasferire le conoscenze all'assistenza sanitaria».

    Fondamentali governance nazionale e programmazione. Secondo Cartabellotta, «senza un'adeguata programmazione e una governance nazionale, la spending review "interna" alla Sanità definita dal Patto per la Salute rischia di rimanere lettera morta. Infatti, se è sacrosanto che tutte le risorse recuperate rimangano nel comparto sanitario, in assenza di chiari obiettivi di disinvestimento e riallocazione, la maggior parte delle Regioni non riuscirà mai nella duplice titanica impresa di tagliare gli sprechi e investire su servizi e prestazioni sottoutilizzate, oltre che effettuare i necessari investimenti strutturali».

    «Dal momento che nel programma dei mille giorni non s'intravedono impegni concreti per la Sanità - conclude il presidente di Gimbe - il Governo deve, una volta per tutte, scoprire le sue carte. Delle due l'una: o manca un disegno in grado di generare consenso, oppure il disegno esiste, ma è meglio non renderlo pubblico perché rischia di generare un dissenso generale. In particolare, se il Governo è stato realmente sedotto dal "venticello europeo" che intende liberarsi di una consistente parte della spesa pubblica destinata alla Sanità meglio non parlarne. Peccato che questo "assordante silenzio" stia in realtà spianando la strada all'intermediazione assicurativa e finanziaria dei privati e sfilando dalle tasche degli italiani un servizio sanitario pubblico, conquista sociale difficilmente compensabile con 80 euro al mese!».

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    Depressione pre e post partum: il progetto Rebecca Blues


    MEDICINA E SALUTE

    Depressione pre e post partum: il progetto Rebecca Blues

    mercoledì 17 settembre 2014

    di Redazione 
    AboutPharma and Medical Devices

     

    13 e 14 ottobre 2014, Roma, Sala della Protomoteca in Campidoglio

    L’Associazione Strade Onlus e Rebecca Fondazione, il 13 e 14 ottobre 2014, presenteranno a Roma (presso la Sala della Protomoteca, Campidoglio) il Progetto Rebecca Blues, “una risposta efficace e sostenibile al problema della Depressione Pre e Post Partum, per curare la mamma e garantire il futuro del figlio, proteggendolo dalla disabilità conseguente alla depressione materna”.

     

    Il convegno scientifico internazionale, che vede AboutPharma come media partner, si aprirà con la testimonianza di alcune mamme che hanno vissuto l’esperienza della guarigione dalla depressione, dopo aver attraversato tappe drammatiche della propria vita e di quella delle loro famiglie. L’approfondimento scientifico vedrà poi il contributo di ricercatori, esperti, psichiatri, pediatri, psicologi italiani e americani e giornalisti.

    IL PROGRAMMA

    «La sfida che vogliamo lanciare – spiega il Dottor Antonio Picano, dirigente Psichiatra presso l’Ospedale San Camillo di Roma e presidente di Strade Onlus – è la creazione di una rete di supporto alla maternità con un approccio di massa al problema, economicamente sostenibile e pensato per integrarsi senza sovrapporsi al Servizio sanitario nazionale».

     

    Il convegno intende promuovere il punto di vista del figlio nella difficile relazione con la mamma ammalata a causa della Depressione Post Partum. I figli delle madri depresse raggiungono un quoziente intellettivo di 5 punti più basso, si ammalano sette volte di più e sviluppano comportamenti violenti in età adulta.

     

    Le mamme che avrebbero bisogno di un intervento psichiatrico sono il 13% del totale (una donna su sette), ma di queste solo una su quattro riceve un trattamento. I figli delle madri depresse rischiano di essere danneggiati permanentemente e in modo molto grave dalla depressione materna. La madre che sviluppa Depressione Post Partum può vivere un’avversione verso il figlio profonda e difficile da controllare, che può portarla all’infanticidio, anche se l’avversione non esclude affatto che la mamma ami realmente il proprio figlio. La condizione di conflitto interiore che queste mamme provano è davvero penosa e assolutamente pericolosa.

     

    Non si tratterà soltanto di un approfondimento teorico. Durante l’evento sarà presentato il programma pensato su scala nazionale che partirà con un progetto pilota dall’Ospedale San Camillo di Roma, avvalendosi di un social network, Rebecca Blues, che nasce mobile per raggiungere il maggior numero possibile di mamme e che ha come obiettivi la prevenzione, la formazione e il trattamento della Depressione Post Partum.

     

    Rebecca Blues è infatti uno strumento mobile first, scaricabile gratuitamente su smartphone e tablet, realizzato proprio per rafforzare il rapporto medico-paziente. Le donne incinte e tutte le mamme che lo vorranno, potranno iniziare un percorso di formazione, monitoraggio, autodiagnosi e supporto in stretto contatto con il proprio medico, appositamente formato. La strategia innovativa proposta dal convegno è la formazione diretta delle mamme, delle famiglie e dei professionisti attraverso un social network e una piattaforma Mooc integrata.

     

    La ricerca scientifica di Rebecca Fondazione, che si avvale della preziosa collaborazione dell’Università di Roma “Cattolica” (Professor Luigi Janiri) della Pontificia Università Santa Croce (Professor José Maria Galvan) e dell’Università di Roma Tor Vergata (Professor Leonardo Becchetti) punta su un approccio multidisciplinare che tenga conto di tutti gli aspetti del fenomeno e che raccolga il contributo di personalità autorevoli del mondo medico, dell’antropologia, del diritto, dell’economia e del giornalismo.

    REGISTRAZIONE AL CONVEGNO

    ACCREDITAMENTO GIORNALISTI


    Per informazioni scrivere a: ufficiostampa@stradeonlus.it

     

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    La frutta e la verdura non bastano per dimagrire: sì al menu equilibrato


    Dal “Corriere della Sera”

     

    La frutta e la verdura non bastano
    per dimagrire: sì al menu equilibrato

    I frutti sono ricchi di zuccheri semplici che incidono sulle calorie giornaliere; gli ortaggi hanno un apporto energetico limitato e alto potere saziante

    di Carla Favaro

     

    A chi ha problemi di sovrappeso si raccomanda spesso di mangiare più verdura e frutta. Ma questa strategia, che può certamente avere effetti salutari, è davvero efficace anche per dimagrire? Per rispondere, ricercatori americani (dell’Alabama University di Birmingham e della Purdue University di West Lafayette) hanno condotto una revisione di sette studi, riguardanti più di 1.200 individui. La conclusione: aumentare il consumo di frutta e verdura non ha, di per sé, effetti di rilievo sulla perdita di peso, ma non sembra neppure favorire un aumento. Ovvero: è probabile che dando più spazio a frutta e verdura lo si tolga ad altri alimenti più calorici, però, non è detto che questo avvenga sempre, e soprattutto in misura tale da portare a una riduzione delle calorie sufficiente a perdere peso.

    «Questi studi confermano ciò che diciamo sempre ai pazienti - commenta Maria Grazia Carbonelli, direttore dell’Unità operativa dietologia e nutrizione, al S. Camillo Forlanini di Roma -. Per dimagrire non ci si può focalizzare su un solo alimento su un solo gruppo: bisogna ridurre l’apporto calorico e aumentare l’attività fisica». «Riguardo alla frutta e alla verdura - prosegue l’esperta -, va distinta la prima dalla seconda. La frutta è ricca di zuccheri semplici che incidono sulle calorie giornaliere e sulla glicemia, perciò il suo apporto va controllato, specie in caso di glicemia alta o di ipertrigliceridemia. La verdura, invece, è “a volontà”, perché ha un apporto calorico minimo e un alto potere saziante. Delle 5 porzioni al giorno fra frutta e verdura raccomandate dalle linee guida italiane, nelle diete ipocaloriche, io consiglio che due siano di frutta (150 grammi l’una) e tre di verdura, di almeno 200 gr.ammi a porzione. E suggerisco di limitare la frutta più zuccherina e di preferire verdura che si può consumare senza condimento (finocchi, cetrioli) o di condirla con un cucchiaio da cucina, a porzione, d’olio extravergine d’oliva, meglio se a crudo».

    E chi, per dimagrire un po’, pensasse di ricorrere a pasti di sola frutta? «I pasti di sola frutta possono essere consumati occasionalmente, per esempio fuori casa - risponde Carbonelli -, ma non devono essere la regola, specie per pazienti diabetici, per il carico solo glucidico, e per quelli che devono perdere peso, perché carenti di proteine e poco sazianti. Meglio associare la frutta a un piccolo panino con prosciutto o bresaola, accompagnato da una carota o un finocchio. Così, il pasto è più equilibrato e saziante».

    19 settembre 2014 | 10:58

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    Ecco a che cosa servono (davvero) i probiotici


    Dal "Corriere della Sera" 

     

    Ecco a che cosa servono
    (davvero) i probiotici

    I batteri «buoni» promettono molti benefici all’organismo: alcuni accertati, altri da dimostrare. Questi microrganismi non sono tutti uguali, e gli equivoci non mancano

    di Elena Meli

     

    Provate a digitare la parola “probiotici” in un motore di ricerca per le pubblicazioni scientifiche. In pochi secondi sarete sommersi da una valanga di oltre 11mila studi che spaziano fra gli argomenti più vari e soprattutto, a prima vista, dipingono i batteri “buoni” dell’intestino come una sorta di panacea per tutti i mali: sarebbero in grado di prevenire malattie come obesità, allergie, asma, dermatiti, aiutare contro l’ipertensione, migliorare la sopravvivenza dopo trapianti, perfino “dialogare” con il nostro cervello per spingerci a scegliere i cibi più adatti perché loro stessi possano proliferare. Un vero e proprio mondo a parte con cui conviviamo, che ha prerogative tali da far ipotizzare utilizzi ben più vasti della classica fialetta di “fermenti lattici” per ristabilirsi dopo una diarrea. Così la fantasia si è sbizzarrita e già oggi i probiotici si trovano un po’ ovunque, perfino nei cosmetici.

    Ma quali benefici possono dare davvero, qual è il modo più corretto e sensato di usarli, come si scelgono? Per rispondere a queste domande la prossima settimana, durante il Forum Internazionale dell’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza Paidòss a Napoli, un’intera giornata sarà dedicata a discutere quel che sappiamo a oggi sui batteri buoni e le loro caratteristiche. «Fare chiarezza è indispensabile perché, a fronte di centinaia di probiotici, sono pochi i batteri sui quali abbiamo certezze e indicazioni precise per l’uso clinico - osserva Giuseppe Mele, presidente Paidòss -. Molti credono che basti la parola “probiotico” ad attestare la bontà di un integratore o di un qualsiasi altro prodotto, ma la faccenda non è così semplice: le conoscenze di medici e consumatori devono migliorare perché possano essere fatte scelte consapevoli e mirate». Gli equivoci, infatti, non mancano, tanto che un documento pubblicato in estate su Nature Reviews ha fatto notare come sul mercato si possano trovare pure prodotti pubblicizzati facendo un uso “disinvolto” del termine probiotico, che invece ha un significato molto preciso. Come recita la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si tratta di “un organismo vivente che, somministrato in adeguata quantità, comporta un beneficio all’ospite”.

    Il documento pubblicato su Nature Reviews, nel richiamare alla necessità di criteri più stringenti perché un prodotto possa affermare di contenere probiotici, prende peraltro a esempio la normativa italiana sull’argomento, una delle più rigorose. Il Ministero della Salute ha infatti emanato linee guida in cui si specifica che la parola “probiotico” può essere usata sull’etichetta di integratori e alimenti solo se i batteri appartengono a ceppi usati tradizionalmente per integrare la microflora intestinale e sono caratterizzati geneticamente, se sono attivi nell’intestino e presenti in quantità tale da moltiplicarsi, se ne sono dimostrati sia la sicurezza per l’uso umano, sia i benefici ottenibili. Necessario anche indicare i ceppi batterici presenti, oltre alla quantità di cellule vive per ciascuno di essi. «Questo perché i probiotici non sono tutti uguali - spiega Lorenzo Morelli, docente di biologia dei microrganismi all’Università Cattolica di Piacenza e coautore del documento apparso su Nature -. L’attività biologica dipende dal ceppo di appartenenza: ceppi simili possono avere azioni opposte o assai diverse. Ciò implica che prendere un probiotico “perché tanto non fa male” può portare a grosse delusioni. Meglio chiedere consiglio al medico o al farmacista e sapere sempre ciò che si sta assumendo».

    «In soggetti con un’alterata permeabilità intestinale, come i prematuri o alcuni pazienti in terapia intensiva, il probiotico “sbagliato” potrebbe perfino provocare infezioni - interviene Salvatore Cucchiara, direttore dell’Unità di gastroenterologia ed epatologia pediatrica del Policlinico Universitario Umberto I di Roma -. Ogni probiotico ha un “punto d’attacco” diverso nell’intestino e azioni differenti da valutare approfonditamente: non basta uno studio per poter dire che un ceppo sia utile, servono prove certe». I ceppi al vaglio dei ricercatori sono tanti, per cui non è facile raccogliere un numero sostanzioso di dati per ciascuno. Quelli per cui ciò è avvenuto sono i più studiati da decenni, come spiega Mele: «Sappiamo, ad esempio, che ilLactobacillus rhamnosus GG è utile per le diarree acute da infezioni, per prevenire la diarrea da antibiotici e quella di chi è ricoverato in ospedale; ilLactobacillus reuteri, invece, serve contro le coliche infantili. Questi ceppi sono stati ben caratterizzati e sappiamo, ad esempio, che il L. rhamnosusresiste agli acidi gastrici e alla bile, aderisce molto bene all’intestino e lo colonizza efficacemente, tanto da poter essere ritrovato nelle feci anche quattro settimane dopo il trattamento; in più migliora la risposta immunitaria: tutte caratteristiche che lo rendono un probiotico “ideale” in caso di alterazioni della flora batterica intestinale».

    Posto che conta parecchio quali batteri stiamo introducendo con l’integratore o l’alimento di turno, i ricercatori sottolineano anche l’importanza della “dose”: «Per arrivare a una quantità ragionevolmente utile di probiotici mangiando, ad esempio, un formaggio arricchito, finiremmo per otturarci le arterie di colesterolo» ironizza Cucchiara . «Con meno di un miliardo di batteri vivi è difficile che si possa avere un qualunque effetto, perciò è importante verificare il dosaggio di probiotici nel prodotto che si acquista - sottolinea Morelli -. Detto ciò, non per forza una quantità molto elevata di batteri è meglio. Il loro compito è riprodursi una volta arrivati nell’intestino, per cui è inutile sovraccaricarsi con miliardi e miliardi di microrganismi». «Non esistono neppure prove scientifiche che dimostrino una superiore efficacia delle combinazioni di probiotici rispetto a un ceppo singolo - aggiunge Morelli -. Infine, attenzione ai prodotti che si propongono con una data di scadenza molto lontana, per esempio di anni: è vero che in una situazione ideale e nella forma di preparazione più adatta al ceppo (in polvere o in sospensione, ndr) i probiotici possono sopravvivere a lungo, ma è abbastanza difficile che tali condizioni di temperatura, umidità, luce e così via si mantengano quando il prodotto passa dall’impianto di produzione ai magazzini e poi ancora dalla farmacia a casa nostra».

    22 settembre 2014 | 10:06

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    Infanzia: Bambino Gesu', zaino pesante non fa male alla schiena


    Infanzia: Bambino Gesu', zaino pesante non fa male alla schiena


     24 SET 2014

    (AGI) - Roma, 24 set. - I pediatri del Bambino Gesu', a pochi giorni dall'inizio del nuovo anno scolastico, hanno voluto sfatare i "falsi miti" legati al peso degli zaini e alla postura degli studenti piu' giovani. Non esistono, spiegano gli esperti, nessi di causalita' tra zaino pesante e deformita' o deviazione della colonna vertebrale. L'uso abituale dello zaino (20-30 minuti al giorno) non crea problemi. L'importante, tuttavia, e' che non vi sia un sovraccarico di libri, il cui peso non deve superare il 10% di quello corporeo. Sfatato anche il mito della scoliosi dovuta a posture scorrette in classe: secondo i medici, la scoliosi si manifesta indipendentemente dalla posizione che i ragazzi assumono durante la giornata. Non esiste una postura corretta in assoluto, ma ne esiste una che aiuta l'attenzione e facilita la capacita' di concentrazione, ed e' legata a un cambio di posizione continuo sulla sedia. .
     


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    Lega Filo d'Oro, al via oggi la mostra fotografica con ANSA


    Lega Filo d'Oro, al via oggi la mostra fotografica con ANSA

    Un percorso nei 50 anni di storia dell'istituto e dell'Italia

    25 settembre, 11:49

     

    La Lega del Filo d'Oro, l'Associazione che dal 1964 si occupa in Italia di sordociechi e pluriminorati psicosensoriali, compie 50 anni. E per festeggiare il suo mezzo secolo di attività ha organizzato insieme all'Agenzia ANSA la mostra fotografica "50 anni di storia d'Italia, per filo e per segno". Un percorso fotografico che ripercorre con le immagini degli archivi storici dell'ANSA la storia dell'Associazione e la storia d'Italia dal 1964 ad oggi.

    La mostra viene inaugurata oggi a Roma, alle ore 11 presso la Galleria Alberto Sordi, e vedrà la partecipazione del segretario generale della Lega del Filo d'Oro, Rossano Bartoli, del direttore dell'Agenzia ANSA, Luigi Contu e dello showman e storico testimonial dell'Associazione, Renzo Arbore. Il sentiero fotografico (vedi anche il sito web: mostra50.legadelfilodoro.it) condurrà i visitatori in un viaggio in cui le storie di sordociechi ed educatori, attori e registi, campioni e Nobel, famiglie e volontari, politici e santi, soldati e operatori s'intrecciano e mostrano tutte le sfaccettature del nostro Paese: storico, solidale, innovativo, che cade ma si rialza, che esulta e che piange, ma che come la Lega del Filo d'Oro è capace di infondere positività ed ottimismo, consapevole che solo condividendo il valore della solidarietà sarà tutto più facilmente realizzabile. 

    La mostra, che prenderà il via dalla Capitale seguirà un percorso itinerante e raggiungerà nei prossimi mesi le città di Modena, Milano, Napoli, Bari, Palermo e Osimo, toccando così tutte le regioni dove l'Associazione ha una propria sede. Le date: ROMA Galleria Alberto Sordi 25/28 settembre 2014; MODENA Museo Lapidario Estense 9/12 ottobre 2014; MILANO Rotonda della Besana 23/26 ottobre 2014; NAPOLI Palazzo delle Arti 6/9 novembre 2014; BARI Fortino Sant'Antonio 27/30 novembre 2014; PALERMO Palazzo Branciforte 11/14 dicembre 2014; OSIMO Palazzo Campana 20 dicembre 2014.

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    Spendig review in ospedale, ananas invece liquido contrasto


    Spendig review in ospedale, ananas invece liquido contrasto

    Al S.Orsola di Bologna, maxi risparmio utilizzando le cucine interne

    25 settembre, 

     

    Succo d'ananas al 100% al posto del liquido di contrasto Lumirem. Passa anche per questo la spending review del S.Orsola di Bologna. A spiegarlo è Marco Storchi, responsabile dei servizi di supporto alla persona, illustrando un ampio piano di razionalizzazione della spesa.

    Clinici e dietisti hanno concordato che il liquido era sostituibile, per l'esame, col succo. Con beneficio per i costi (una fornitura annuale del liquido costa 14.000 euro, del succo 380) e per il palato dei pazienti.
    ll policlinico ha ripensato la mensa e risparmia nel 2013 738.000 euro sui circa 10 milioni che spende all'anno per la ristorazione.

    Con un'altra parte del progetto, che non ha interessato la mensa, il risparmio arriva a 980.000. Parte di questi soldi andranno ai lavoratori, prima di tutto quelli coinvolti nella riorganizzazione. A loro, oltre un centinaio, arriveranno in media 800 euro lordi. Ma l'entità esatta del riconoscimento cambierà secondo al grado di coinvolgimento nel progetto, grazie a parametri che saranno concordati coi sindacati.
    L'ospedale, con una delle prime esperienze in Italia, sfrutta il Dl 98/2011 che permette alle amministrazioni pubbliche di dare fino al 50% dei risparmi da razionalizzazione della spesa alla contrattazione integrativa. I risparmi sono stati ottenuti sposando la filosofia dell'internalizzazione dei servizi, dalla cucina (mantenuta con convinzione nel policlinico) ai trasporti, fino a parte delle pulizie (riportati alla gestione diretta).
    Sono stati riorganizzati i turni del personale di cucina, e ciò ha permesso di tagliare del 43% gli straordinari rispetto a due fa. Sul fronte delle forniture, le stoviglie monouso sono state sostituite da ceramica. I bicchieri in polipropilene con i biodegradabili. Collaborando con i dietisti, si è deciso di sostituire certi cibi con altri di pari qualità ma meno costosi: i salumi non vengono più acquistati porzionati in busta, ma vengono tagliati in cucina. Con un ovvio miglioramento pure della qualità del cibo. E sicuramente hanno gioito anche i malati sottoposti ad alcuni esami radiologici al fegato: clinici e dietisti infatti hanno concordato che il liquido di contrasto, il Lumirem, somministrato era sostituibile (ai fini dell'esame) con succo d'ananas puro. Con beneficio per i costi (una fornitura annuale del liquido di contrasto costava 14.000 euro, per il succo se ne spendono 380), ma soprattutto per il palato dei pazienti.
    Il risparmio sulla mensa è solo una parte di progetti avviati nel 2013, che hanno comportato anche una revisione di spesa sulla rilevazione di fumi, incendi, gas e allagamenti, servizio pure in parte reinternalizzato. Complessivamente il risparmio nell'anno scorso è stato di 980.000 euro, su un bilancio da 500 milioni. Dei soldi risparmiati 400.000 euro lordi (ogni anno per tre anni) andranno ai dipendenti: la metà appunto nelle buste paga di chi hanno portato a casa il risultato. L'altra metà sarà destinato a tutti, nel fondo per la contrattazione del resto dell'ospedale. 

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    Carenza di iodio nell’alimentazione


    Dal "Corriere della Sera"

     

    Carenza di iodio nell’alimentazione
    Ne soffre più di un italiano su dieci

    Al via una campagna informativa nelle scuole e tra i medici. «Nei neonati l’assunzione insufficiente di iodio può essere la causa di un deficit intellettivo e cognitivo»

    di L. Cu.

    Le quantità di iodio contenute in alcune delle principali classi di cibi 

     

    Più di un italiano su dieci (il 12%) soffre di gozzo, malattia legata alla carenza di iodio, e ogni anno sono 30mila i ricoveri per questo problema, con un costo per il Sistema sanitario nazionale di 150 milioni di euro. Da questi numeri è nata l’idea di una campagna informativa contro la carenza di iodio, in particolare nei bambini e nelle donne incinte, che toccherà Torino, Milano, Bologna, Pisa, Roma, Napoli, Potenza, Bari e Cagliari. Il progetto, realizzato dalla Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica (Siedp), vuole sensibilizzare cittadini e medici a un corretto stile di vita, promuovere una sana alimentazione, sfatare falsi miti e a prevenire le malattie causate dalla carenza di questo prezioso minerale. Si tratta di dieci incontri in alcune scuole primarie e dell’infanzia, da ottobre al prossimo maggio, e stage formativi per medici. La questione è di fondamentale importanza perché, come spiega Mohamad Maghnie, presidente della Siedp e e responsabile dell’Unità Operativa di Endocrinologia all’Ospedale Gaslini di Genova, «l’assunzione insufficiente di iodio, in particolare da parte delle donne in gravidanza, dei neonati e di tutti i soggetti in età evolutiva, può essere la causa di un deficit intellettivo e cognitivo».

    Analisi dello iodio nelle urine

    La carenza nutrizionale di iodio costituisce un grave problema sanitario e sociale. Si stima infatti che colpisca il 29% della popolazione mondiale. In Italia, un monitoraggio viene fatto dall’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi, tramite l’analisi della ioduria, ovvero la concentrazione di iodio in campioni di urine. I dati raccolti negli ultimi tre anni hanno mostrato che solo in tre regioni, tra cui la Liguria, è stato raggiunto un adeguato apporto del minerale nei bambini in età scolare. La ioduria è stata misurata anche in donne in gravidanza che non assumevano integratori: i risultati hanno mostrato un insufficiente apporto di iodio, che è invece fondamentale reintegrare in gravidanza e durante l’allattamento per garantirne l’aumentato fabbisogno. Anche i neonati risultano colpiti dalla carenza: si deduce dall’elevata frequenza di valori elevati di Tsh (ormone tireostimolante prodotto dall’ipofisi che regola la secrezione degli ormoni tiroidei) negli screening neonatali.

    Una tazza di latte al giorno

    Si sa che l’aria di mare è ricca di iodio, ma questo non è sufficiente per compensare le carenze di cui sopra perché - spiegano i pediatri della Siedp - «questo minerale bisogna mangiarlo: pesce di mare, periodicamente molluschi e crostacei, ma anche sale iodato, anche se poco». «La principale fonte per l’organismo umano è quella dietetica - ribadisce Mohamad Maghnie -. Lo contengono alimenti di origine animale quali pesce di mare, uova e latte. La prevenzione quindi inizia a tavola». Secondo gli esperti, una tazza di latte al giorno contribuisce in maniera significativa al fabbisogno giornaliero. Non ci sono invece differenze tra latte fresco e a lunga conservazione, né tra intero e scremato. Nell’allattamento al seno il neonato beneficia dell’apporto della madre, ma va tenuto conto che la quantità di iodio del latte si riduce nelle fumatrici. «In generale, con l’allattamento non è sempre garantita l’assunzione di un’adeguata quantità di iodio da parte del bambino, che trova nel latte materno la sua unica fonte di questa sostanza - aggiunge Maghnie -. Per questo, durante la gravidanza e l’allattamento, cioè quando il fabbisogno di iodio aumenta, è importante la supplementazione con specifici integratori». Particolare attenzione va posta ai prematuri, specialmente se alimentati per via parenterale (somministrazione di nutrienti per via venosa), perché le soluzioni somministrate ne contengo solo tracce. Nei bambini più grandi, dopo lo svezzamento, i cibi ricchi di iodio (come pesce o uova) vanno utilizzati regolarmente e dopo il primo anno di vita si possono condire gli alimenti con quantità moderata di sale iodato.

    Prevenire i deficit cognitivi

    Secondo uno studio pubblicato recentemente sull’European Journal of Endocrinology, più iodio in gravidanza permette di migliorare le capacità cognitive del bambino e il suo sviluppo psicomotorio e la funzione tiroidea materno-fetale. Sono stati condotti sette studi in Italia, Danimarca, Belgio, Germania, Spagna, in aree a carenza iodica lieve-moderata (ioduria: 36-109 mcg/l). Un gruppo di soggetti ha ricevuto un integratore iodato (50-300 mcg/die). Lo studio ha dimostrato che la supplementazione con iodio migliora alcuni indici tiroidei materni e può determinare effetti favorevoli sulle funzioni cognitive in età scolare dei figli. «I deficit cognitivi della carenza di iodio nei bambini possono essere almeno in parte prevenuti - spiega Maghnie - con un’assunzione supplementare di questa preziosa sostanza durante la gravidanza». Secondo un altro studio pubblicato suLancet nel 2013, anche una lieve carenza di iodio nella dieta materna può compromettere lo sviluppo intellettivo del bambino. Lo studio ha misurato la concentrazione urinaria di iodio in 1.040 donne durante il primo trimestre di gestazione e valutato alcuni parametri intellettivi dei figli a 8 anni. Ne è risultato che i figli delle donne che avevano dimostrato una carenza iodica lieve o moderata, presentavano un quoziente intellettivo inferiore nelle performance del linguaggio, della lettura e della comprensione dei testi, rispetto ai coetanei di madri con livelli di iodio normali. Due meta-analisi hanno inoltre stimato che l’effetto di una severa carenza nei bambini possa essere responsabile di un QI più basso di circa 12-13 punti.

    Rischi per bambini e adolescenti

    In generale, i rischi della carenza iodica nella futura mamma o nelle fasi di sviluppo del bambino sono ritardi nel linguaggio, dislessia, deficit psicomotori, piccoli tremori, ma anche malformazioni congenite e cretinismo. Nelle prime settimane di gravidanza, infatti, si formano alcuni degli organi più importanti, come il cervelletto. Nei casi in cui l’insufficienza di iodio è severa, per la mamma aumenta il rischio di aborto, mentre il neonato può andare incontro a mortalità neo- e peri-natale, ipotiroidismo, gozzo, deficit intellettivi gravi. La iodoprofilassi va, quindi, effettuata in ogni fase della vita, ricordando che la gravidanza e l’infanzia sono le fasi della vita in cui la carenza di iodio, anche lieve, può provocare gli effetti più gravi. Il rischio per i lattanti è, infatti, molto elevato: il loro fabbisogno di iodio, in rapporto al peso corporeo, è maggiore di quello presente in ogni altra età della vita.

    La cottura riduce il contenuto di iodio

    Ma, attenzione: è fondamentale non eccedere nella quantità. L’apporto giornaliero per un adulto è di 150 microgrammi. In gravidanza, il fabbisogno aumenta a 250 mcg. Il periodo in cui il fabbisogno di iodio aumenta in maniera significativa è da 0 a 5 anni: mentre un neonato ha bisogno di 40 mcg, un bambino da 0 a 5 anni ne necessita 90 e tra i 6 e 12 anni si arriva a 120. Attenzione in particolare ai trattamenti dimagranti e anticellulite contenenti alghe che sono particolarmente ricche di iodio (contengono da 1.000 a 2.000 mcg per kg). Infine, è sempre meglio evitare gli acquisti online di prodotti iodati. Nella preparazione del cibo, il contenuto di iodio si riduce del 20% con la frittura, del 58% con l’ebollizione, e del 23% con la cottura alla griglia. In commercio ci sono però formulazioni di sale iodato protetto che non risentono di queste perdite. Esistono poi patate e carote iodate (0,25-0,5 mcg/g), che possono contribuire al raggiungimento del fabbisogno. Va sottolineato che con i livelli di iodazione consentiti dalla normativa vigente (30mcg/kg), 5 g di sale iodato al giorno per l’adulto e 2-3 g per il bambino sono sufficienti per raggiungere il fabbisogno quotidiano. Di tutto questo si parlerà negli incontri programmati in diverse scuole: i pediatri illustreranno a bambini e genitori l’importanza del consumo di alimenti ricchi di iodio e proporranno un questionario per verificare la conoscenza del problema, acquisire informazioni sulle abitudini alimentari a scuola e a casa. Durante gli incontri saranno distribuite una locandina e una brochure 

    25 settembre 2014 | 

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    Epatite C, guarire è facile ma non ancora accessibile


    SANITÀ E POLITICA

    Epatite C, guarire è facile ma non ancora accessibile

    venerdì 26 settembre 2014

    di Redazione 
    AboutPharma and Medical Devices

     

    Istituzioni, esperti e pazienti si sono confrontati al Senato per individuare una strategia condivisa per la lotta all’HCV

    Guarire dalla malattia, eradicando l’infezione, si appresta a divenire un traguardo possibile per la grande maggioranza dei pazienti affetti da Epatite C. Uno scenario realizzabile, quello di cambiare la storia naturale della malattia dalla cronicità alla guarigione, grazie alle nuove terapie che stanno per essere commercializzate in Europa, e che prefigurano la possibilità di un approccio del tutto nuovo alla patologia. Ma come permettere ai pazienti di accedere finalmente alle cure –  costose – che stanno attendendo, e rendere queste terapie sostenibili per il Sistema Sanitario Nazionale? È stato il tema discusso ieri, 26 settembre, in Senato, al convegno “La lotta all’Epatite al banco di prova delle richieste dei Pazienti e dei bisogni del Sistema Salute”, promosso da AboutPharma and Medical Devices, con il patrocinio del Senato della Repubblica, del Ministero della Salute, dell’Associazione EpaC Onlus, della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva (SIGE), dell’Associazione Italiana Gastroenterologi & Endoscopisti Digestivi Ospedalieri (AIGO), e con il contributo non condizionato di Bristol-Myers Squibb. Nel corso del convegno si sono confrontati Istituzioni, policy-maker, comunità scientifica e Associazione pazienti.

     

    “Dopo 25 anni dalla scoperta del virus, siamo dinanzi alla svolta epocale di sconfiggere la malattia, grazie a terapie combinate composte da farmaci antivirali ad azione diretta, caratterizzati non solo da un alto profilo di efficacia, ma, anche, da una facile somministrazione orale e dalla quasi totale assenza di effetti collaterali”, ha dichiaratoMaria Rendina del Comitato coordinatore dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF), Gastroenterologa del Policlinico di Bari“Questi nuovi farmaci cambieranno il volto della terapia dell’Epatite C cronica – ha aggiunto la Rendina –: i pazienti potranno essere trattati più semplicemente e con una probabilità di successo molto elevata. Ciò vale in maniera particolare per alcune categorie di pazienti con importanti bisogni clinici non soddisfatti, come i pazienti con malattia epatica avanzata, che abbiano recidivato o siano risultati intolleranti alle terapie correntemente in uso, pazienti co-infetti HCV-HIV, pazienti con trapianto di fegato”.

     

    “Stiamo parlando di farmaci salva-vita – ha affermato Ivan GardiniPresidente dell’Associazione EpaC Onlus– già disponibili in alcuni Paesi europei, che sono in grado di salvare la vita a migliaia di pazienti ed evitare altrettante diagnosi di tumore del fegato che, ricordiamo, in Italia sono oltre 10.000 ogni anno e per il 70% riconducibili all’Epatite C. A questo punto ogni giorno diventa prezioso e per questo motivo dai pazienti ad altissimo rischio, ma esclusi dall’utilissimo ma insufficiente programma di uso compassionevole, si stanno levando proteste e costernazione. A questi si aggiungono tanti altri pazienti che, pur non essendo a rischio immediato, sono preoccupati che la loro malattia evolva in cirrosi e complicanze di varia natura. La scienza insegna che esiste un punto di non ritorno nella malattia avanzata di fegato oltre il quale, anche se si guarisce dall’infezione, il decorso non cambia e la malattia progredisce fino alle sue nefaste conseguenze. I pazienti lo sanno e sono terrorizzati. Chi non lo sarebbe?”.

     

    “Il problema non è solo il costo della terapia ma la corretta gestione di una patologia gravata da una lunga storia naturale e pertanto molto costosa, dove un farmaco usato al momento adeguato può diventare un risparmio per il SSN”, ha dichiarato Antonio Gasbarriniprofessore di Gastroenterologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.“Non è soltanto il costo elevato per singolo paziente a spaventare i decisori, quanto piuttosto il numero di pazienti da trattare, che si aggira tra le 300mila e le 400mila persone, cioè quelle diagnosticate, rispetto ai circa 1,3/1,5 milioni di persone infette stimate in Italia. Ciò pone la delicata questione dell’accesso all’innovazione terapeutica, che deve conciliarsi con il principio etico di curare tutti al meglio, evitando una selezione disomogenea dei pazienti da ammettere al trattamento. Proprio per garantire uniformità di trattamento, senza differenze regionali, sarebbe anche auspicabile l’adozione di un Piano diagnostico-terapeutico unico a livello nazionale e la rapida entrata in vigore del Piano Nazionale per la Lotta alle Epatiti Virali (PNLEV) che recentemente Associazioni, medici, pazienti e Ministero della Salute hanno prodotto nella versione definitiva, al fine di uniformare le cure e l’accesso ad esse in tutte le Regioni d’Italia”, ha Gasbarrini.

     

    “Il percorso da intraprendere deve tener conto della gravità della situazione e operare per salvaguardare la vita dei pazienti. Abbiamo apprezzato il lavoro di AIFA finalizzato a ridurre il prezzo di acquisto dei nuovi farmaci, ma dobbiamo dare certezze ai pazienti, e comunque tutelare i diritti di quelli più a rischio, affinché nessuno debba più morire per le complicanze dell’Epatite C.  Per questo motivo, abbiamo chiesto al Governo di stanziare subito le risorse economiche adeguate per curare almeno le 20-30.000 persone più urgenti a rischio vita, e parallelamente predisporre un piano pluriennale per curare tutti i pazienti con HCV nei prossimi anni a partire dal 2015 ”, ha commentato Ivan Gardini.

     

    “Il costo del farmaco va valutato anche in termini di abbattimento dei costi correlati alla malattia, sia diretti che indiretti, inclusi anche i costi sociali. Per questo motivo è condivisibile la proposta di un piano pluriennale per trattare gradatamente tutti i malati di Epatite C, stanziando un budget adeguato dedicato alla patologia che nel medio-lungo periodo sia compensato dai benefici di riduzione dei costi sia diretti, per la cura dell’HCV e delle patologie HCV-correlate (farmaci, ospedalizzazione, specialistica, gestione del paziente, trapianti), che indiretti (perdita di produttività e morte prematura)”, ha affermatoFrancesco Saverio Menniniprofessore di Economia Sanitaria e Direttore del Centro Eetha-Ceis dell’Università “Tor Vergata. “Bisogna infatti tenere conto che le terapie combinate con i nuovi farmaci in arrivo, bloccando la progressione della malattia, e, nel 90-100% dei casi, determinando la guarigione dei malati, consentono di ottenere forti risparmi della spesa socio-sanitaria. Uno studiorecentemente condotto dal mio gruppo di lavoro del Centro Eetha-Ceis di Tor Vergata, che ha preso in esame i soli costi diretti sanitari, realizzato per un orizzonte temporale compreso tra il 2013 e il 2030, ha infatti dimostrato che i nuovi farmaci anti-HCV potranno consentire una riduzione dell’11% del numero dei soggetti prevalenti in Italia, con un conseguente risparmio per il SSN compreso tra i 18 e i 44 milioni di euro”, ha concluso Mennini.

     

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    Farmaci: Italia scelta come capofila mondiale strategie vaccinali


    Farmaci: Italia scelta come capofila mondiale strategie vaccinali

     

     29 SET 2014

     

    (AGI) - Washington, 29 set. - L'Italia guidera' nei prossimi cinque anni le strategie e le campagne vaccinali nel mondo. E' quanto deciso al Global Health Security Agenda (GHSA) che si e' svolto venerdi' scorso alla Casa Bianca. Il nostro Paese, rappresentato dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, accompagnata dal Presidente dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) Sergio Pecorelli, ha ricevuto l'incarico dal Summit di 40 Paesi cui e' intervenuto anche il Presidente USA Barack Obama. "E' un importante riconoscimento scientifico e culturale all'Italia, soprattutto in questo momento in cui stanno crescendo atteggiamenti ostili contro i vaccini - ha dichiarato Pecorelli -. Dobbiamo intensificare le campagne informative in Europa, dove sono in crescita fenomeni anti vaccinazioni. Si tratta di un'operazione che l'Italia intende condurre con il coinvolgimento attivo di tutti gli attori, incluse le Universita'. Per prevenire la diffusione di malattie da tempo eradicate nei paesi occidentali e che, oltre all'impatto drammatico che hanno su decessi e patologie evitabili, impongono costi rilevanti ai sistemi sanitari". "Sul tema della salute dobbiamo rafforzare la cooperazione internazionale - ha affermato Lorenzin -. Il tema dei vaccini sara' una delle priorita' durante il semestre italiano di Presidenza Europea.
      Il nostro Paese si trova al centro dell'area mediterranea e le molte crisi internazionali hanno portato a nuovi imponenti flussi migratori. E' necessario rafforzare i controlli nei confronti di malattie endemiche riemergenti come polio, tubercolosi, meningite o morbillo. Se vogliamo evitare il collasso dei sistemi sanitari del Vecchio Continente dobbiamo rafforzare i processi di vaccinazione verso tutte le persone che vivono in Europa. L'Italia, attraverso l'operazione Mare Nostrum, ha svolto oltre 80.000 controlli sanitari negli ultimi mesi. Abbiamo gia' sufficiente esperienza per coordinare campagne di prevenzione contro nuove possibili epidemie". "Ma l'impegno dell'Italia per questa campagna - ha proseguito Pecorelli - a favore della vaccinazioni si realizzera' anche con il coinvolgimento degli atenei, partendo da importanti esperienze gia' maturate con il progetto Salute 10+, promosso da Healthy Foundation in due Regioni, Lombardia e Veneto.
      Iniziativa che ora si estendera' in altre 7 Regioni, andando nelle scuole medie a parlare ai ragazzi (e ai docenti) di corretti stili di vita e vaccinazioni. Il progetto sara' presentato il 3 novembre a Roma, nel corso dell'incontro sulle politiche vaccinali promosso da Ministero Salute e AIFA nell'ambito degli eventi del semestre di presidenza italiana".
      (AGI) .
      

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    Spuntino in classe, i consigli per una sana alimentazione


     

    Dal “Corriere della Sera”

     

    Spuntino in classe,
    i consigli per una sana alimentazione

    29 SETTEMBRE 2014 

     

    L’anno scolastico è cominciato: quasi 8 milioni di studenti in tutta Italia sono tornasti a sedersi tra i banchi. Lo studio «può  essere affrontato al meglio da bambini e ragazzi anche seguendo le regole di una sana alimentazione. Durante le ore di lezione a scuola, assume grande importanza lo spuntino: fornisce energia «a rapido consumo» che previene il calo – tipico della tarda mattinata – di attenzione e del tono dell’umore e spezza intervalli superiori alle 4-5 ore tra i pasti principali.

    Lo confermano gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù: «Senza sostituirsi alla prima colazione, lo spuntino non deve avere un apporto calorico eccessivo – sottolinea Giuseppe Morino, responsabile di Educazione Alimentare -. Dovrebbe fornire, infatti, il 5-10% delle calorie giornaliere e oscillare, in base all’età, tra le 100-125 calorie di un bambino di 6 anni e le 180-200 di un adolescente».

    Per il break di alunni e studenti, gli alimenti da privilegiare sono quelli facilmente digeribiliricchi di carboidrati e poveri di grassi, come la frutta o lo yogurt. Per non rendere monotono l’appuntamento di metà mattina possono essere proposte, saltuariamente, anche fette biscottatemerendine non farcite, frollini o piccole quantità di pizza, tipo 40 gr di “rossa” del fornaio.

    E’ importante che i bambini facciano sempre la prima colazione. In caso di rifiuto, è un comportamento errato dal punto di vista nutrizionale inserire una merenda extra-size nello zaino nel tentativo di compensare il digiuno della mattina.

    Sono dunque da evitare panini super-imbottiti, spuntini golosi, “merendone” o qualsiasi alimento che rappresenti un eccesso. Tutto ciò che va ben oltre lo spuntino, infatti, impegna la digestione degli alunni con conseguenze significative sulle prestazioni scolastiche e per l’eccessivo apporto calorico.

     Uno spuntino equilibrato e non troppo abbondante è importante anche per non togliere l’appetito del pranzo, così da permettere a bambini e ragazzi di mangiare un pasto completo anche a scuola, riducendo eventuali sprechi.

    «Se al posto dello spuntino leggero il bambino insiste per avere altri cibi – spiega Morino – sono necessari mediazione e buon esempio. Episodicamente, infatti, possono essere proposte merende più sostanziose, ma ciò comporta una maggiore attenzione ai menù di pranzo e cena che dovranno essere più contenuti. In linea di massima, per i bambini più piccoli sono fondamentali le indicazioni della mamma che potrebbe indirizzare le scelte alimentari del figlio, assicurando varietà e corretta quantità, coinvolgendolo nella preparazione dello spuntino in maniera giocosa puntando su colori e forma degli alimenti (macedonia-party)».

     Più complesse le strategie pro-spuntino sano da utilizzare con gli adolescenti che non considerano più la famiglia o gli insegnanti come unici modelli di riferimento. In questi casi può risultare utile differenziare maggiormente le proposte alimentari, magari attraverso l’inserimento – presso le zone ristoro – di un più ampio ventaglio di cibi a basso contenuto di grassi.

     

     

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    IV° SERATA DEL DONATORE EMA-ROMA


                           IV° SERATA DEL DONATORE EMA-ROMA

           Sabato 16 Maggio 2015 – AUDITORIUM REGINA APOSTOLORUM

                          CONTENUTI E IMMAGINI IN ELABORAZIONE

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    Resistenza agli antibiotici, “bisogna puntare sulla gestione e non sullo sviluppo di nuove molecole”


    Resistenza agli antibiotici, “bisogna puntare sulla gestione e non sullo sviluppo di nuove molecole”

    È la strategia suggerita dagli autori del report “The State of the World’s Antibiotics” 2015, pubblicato dal Center for Disease Dynamics, Economics and Policy: "Dobbiamo concentrare l’80 per cento delle nostre risorse globali sulla gestione e non più del 20 per cento sullo sviluppo di farmaci"


    “Dobbiamo concentrare l’80 per cento delle nostre risorse globali sulla gestione e non più del 20 per cento sullo sviluppo di farmaci”, ha affermato Ramanan Laxminarayan, direttore del Center for Disease Dynamics, Economics and Policy (CDDEP) di Washington DC e coautore del report “The State of the World’s Antibiotics 2015, pubblicato lo scorso 17 settembre. Continua quindi l’emergenza sull’uso degli antibiotici ma per l’esperto “il problema non è quanti nuovi farmaci ci saranno, perché se continuiamo ad abusarne, potrebbe essere come non averli mai scoperti”.

    Dal 2000 al 2010 in soli 10 anni il consumo globale di antibiotici è cresciuto del 30%, trainato soprattutto dai paesi emergenti o in via di sviluppo, come Sud Africa e India, dove gli antibiotici sono ampiamente disponibili come farmaci da banco e i servizi igienico-sanitari, specie in alcune zone, sono scarsi. In India, per esempio, il numero di infezioni da Klebsiella pneumoniae resistenti a una classe di potenti antibiotici, i carbapenemi, è raddoppiato, passando dal 29% del 2008 al 57% del 2014. Per contro, negli Stati Uniti e in Europa meno del 10% delle infezioni da K. pneumoniae sono resistenti ai carbapenemi. Ma non solo, dal report emerge come a essere cresciuto sia anche l’uso di antibiotici per il bestiame, soprattutto in Cina dove solo nel 2010, 15mila tonnellate dia antibiotici sono state destinate a questo uso, e la quantità è destinata a raddoppiare entro il 2030.

    Secondo gli autori del report quindi il problema è proprio nella gestione di questi farmaci, e l’unica soluzione sostenibile è limitarne l’uso eccessivo e improprio. Ne sono una dimostrazione molti dei Paesi ad alto reddito che hanno iniziato a istituire norme sull’uso degli antibiotici che stanno iniziando a pagare. Secondo gli Autori del report, il numero di infezioni da Staphylococcus aureus (MRSA), meticillina-resistenti, per esempio, è sceso repentinamente in molte aree, come per esempio nel Regno Unito, nel corso degli ultimi otto anni. Nel report sono anche indicati alcuni interventi in grado di prevenire la resistenza agli antibiotici nei paesi che non hanno ancora implementato buone politiche. Alcune di queste misure, come il miglioramento igienico-sanitario, sono evidenti, considerando che le politiche che limitano l’uso di antibiotici in agricoltura e negli ospedali potrebbero essere più difficili o controverse da implementare.

    Il problema della resistenza agli antibiotici non sarebbe quindi da attribuirsi unicamente e soprattutto alla mancanza di nuovi farmaci nella pipeline degli antibiotici, sostengono gli autori nel report. “I nuovi antibiotici – spiega Laxminarayan – sono notevolmente più costosi rispetto a quelli attualmente disponibili, molto di più di quanto le popolazioni dei paesi a basso e medio reddito possano permettersi. Decine di nuovi antibiotici sono stati sviluppati negli ultimi anni, ma su scala globale, quasi nessuno se li può permettere. Quando si tratta di infezioni resistenti agli antibiotici, i ricchi pagano con i loro portafogli e i poveri con la propria vita”.

    La ricerca presenta un quadro ancora più ampio sulle modalità e le aree d’impego di tali farmaci e sulla prevalenza dei diversi tipi di resistenza agli antibiotici. Il Centro ha basato la propria analisi sui dati della letteratura scientifica e sui sistemi di sorveglianza nazionali e regionali e ha calcolato e mappato il tasso di resistenza agli antibiotici per 12 tipi di batteri (i più comuni e potenzialmente mortali, tra cui Escherichia coli, Salmonella e Staphylococcus aureus meticillina-resistente) in 39 paesi, e le tendenze nell’uso degli antibiotici in 69 paesi negli ultimi 10 anni o più. I risultati sono visualizzabili mediante una ResistanceMap, uno strumento interattivo online che consente agli utenti di monitorare le ultime tendenze globali.

    I dati di ResistanceMap provengono da una varietà di fonti, dai piccoli laboratori privati in India ai grandi database dell’European Centre for Disease Prevention and Control, coprendo 30 paesi tra cui Sud Africa, India, Thailandia, Vietnam, Kenia, Australia e Nuova Zelanda. Lo strumento continuerà ad essere ampliato e aggiornato e prossimamente saranno inseriti i dati provenienti da Cina, Nepal, Mozambico e Filippine.

     

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    Trasfusioni, i dieci anni della legge 219: ancora troppe differenze regionali


    Trasfusioni, i dieci anni della legge 219: ancora troppe differenze regionali

    Dall’Avis un bilancio sul provvedimento entrato in vigore nel 2005 che ha riconosciuto il ruolo strategico delle associazioni di volontariato. Ogni giorno in Italia circa 8.300 trasfusioni, ma serve più omogeneità sul territorio

    di Redazione Aboutpharma Online 19 ottobre 2015

     

    Grazie agli oltre 3 milioni di donazioni di sangue che vengono effettuate ogni anno dagli italiani, nel nostro Paese, sono garantite in media oltre 8.300 trasfusioni al giorno. Manca però un coordinamento forte tra le Regioni per assicurare un corretto ‘Governo del Sangue’, oggi in balia di diversità territoriali. E’ quanto emerso dal convegno ‘Una legge che fa buon sangue’, ospitato dalla Camera dei Deputati e promosso dall’Avis (Associazioni volontari italiani sangue). Nel corso dell’incontro è stato stilato un bilancio dei primi 10 anni dall’entrata in vigore, il 21 ottobre 2005, della Legge 219 sul sistema trasfusionale, “legge che ha finalmente riconosciuto il ruolo fondamentale delle associazioni e il ruolo strategico del volontariato”, evidenzia Vincenzo Saturni, presidente di Avis Nazionale. La donazione volontaria di sangue è una caratteristica dell’Italia, aggiunge, ma “c’è da lavorare con i giovani per assicurare ai donatori più anziani il ricambio generazionale”. Ogni giorno, spiega Giancarlo Liumbruno, direttore del Centro nazionale Sangue, “si effettuano in media 8.349 trasfusioni di emocomponenti, di cui beneficiano oltre 1700 pazienti al giorno, 632mila pazienti all’anno”.

    L’attività trasfusionale dovrebbe perciò essere inserita nella programmazione sanitaria di ogni Regione e con puntuali finanziamenti. Ma così non è. “Il mancato esercizio da parte delle regioni del ruolo ad esse affidato rappresenta un enorme limite nell’applicazione piena della 219″, sottolinea Maria Rita Tamburrini, direttore dell’Ufficio VIII Sangue e Trapianti del ministero della Salute. “Abbiamo avuto difficoltà anche nel percorso di accreditamento perché ogni regione ha emanato un decreto diverso l’uno dall’altra. Mi auguro – ha concluso – che una revisione del titolo V ci dia la possibilità di rivedere questo sistema” nella direzione di un “maggior coordinamento delle Regioni e di un maggiore raccordo da tra queste e il Centro nazionale sangue”.

     

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    Pippi Calzelunghe fa 70 anni e apre la sua 'casa'


    Pippi Calzelunghe fa 70 anni e apre la sua 'casa'

    Iniziative e pubblicazioni, visitabile appartamento Lindgren

    16 novembre, 14:21
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    di Michele Cassano

     

    Non ha famiglia, ad accompagnarla sono solo un cavallo a pois e una scimmietta. Eppure Pippi Calzelunghe sembra destinata a non rimanere mai sola. Anche a 70 anni, quelli che compie in questi giorni, continua a raccogliere fan in tutto il mondo. Per questo la famiglia dell'autrice del romanzo per bambini, uscito appunto nel 1945, ha deciso di aprire la casa di Stoccolma che Astrid Lindgren abitò fino alla morte nel 2002. Per il compleanno della piccola peste sono state programmate tante iniziative, anche in Italia, oltre a nuove edizioni dei suoi libri per celebrarla.


        La Astrid Lindgren Society dà la possibilità di partecipare a visite guidate nell'appartamento della scrittrice. E' lì che i suoi classici, le lettere e gli articoli videro la luce. Proprio tra quelle mura una sera del 1941 la piccola Karin di 7 anni, figlia di Astrid, costretta a letto dalla polmonite, chiese alla madre di raccontarle la storia di tale Pippi Calzelunghe.

     

    Le avventure della ragazzina, che divenne simbolo di battaglie anarchiche e femministe, finirono su carta tre anni più tardi (quando la madre dovette rimanere ferma per diverso tempo a causa di una caduta sul ghiaccio), per essere pubblicate prima in Svezia, nel '45, poi negli anni in altre 70 lingue, vendendo, secondo le stime, 140 milioni di copie. La fama planetaria arrivò con l'immortale serie televisiva del '69 (ancora trasmessa dai canali per bimbi in Italia e non solo) e Pippi prese per sempre il volto di Inger Nilsson, la piccola dalle mille lentiggini e le inconfondibili trecce.

     

    Ora è possibile immergersi nelle stanze dove la Lindgren inventava quelle avventure, prenotando sul web un tour per dodici persone alla volta. Fa discutere, però, la scelta di limitare la visita ai maggiori di 15 anni, circostanza che è parsa tradire lo spirito della scrittrice ad una città fortemente legata alle sue storie (c'è una parco tematico a lei dedicato e i suoi manoscritti sono conservati nella biblioteca reale).

     

    In Svezia sono stati da poco editati, inoltre, i diari che l'autrice scrisse tra il 1939 e il 1945, nei quali descrive gli avvenimenti salienti di quel periodo, svelando di essersi ispirata nella scrittura di Pippi alla sua infanzia felice. In Italia, mentre in diverse città si programmano iniziative per festeggiare il compleanno, Salani ha pubblicato la traduzione riveduta e aggiornata del romanzo di Donatella Ziliotto e Annuska Palme Sanavio e le illustrazioni originali di Ingrid Vang Nyman. Mondadori ha invece appena portato in libreria Lotta Combinaguai, altra piccola peste nata dalla fantasia della Lindgren.

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

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    Zika, la lotta al virus diventa hi-tech: software e app per mappare l’evoluzione dell’epidemia


    Aziende

     

    Zika, la lotta al virus diventa hi-tech: software e app per mappare l’evoluzione dell’epidemia

     

    Da Ibm un aiuto tecnologico per monitorare la diffusione del virus, anche attraverso social network e dati sui viaggiatori. Mentre un supercomputer virtuale in crowdsourcing consente uno screening su milioni di composti chimici per individuare sostanze candidate a sviluppare trattamenti

    di Redazione Aboutpharma Online 28 luglio 2016

     

    Mappare l’evoluzione del virus Zika, seguirne le tracce anche attraverso i dati dei social network e quelli ufficiali sui viaggiatori. Ma anche passare al setaccio, attraverso un’applicazione digitale, milioni di composti chimici per individuare le sostanze candidate a sviluppare i trattamenti per combattere il virus. È, in sintesi, il contributo che il colosso informatico Ibm sta offrendo nella lotta al virus Zika, mettendo a disposizione risorse, tecnologia e competenze per aiutare gli scienziati, i servizi sanitari nazionali e le agenzie umanitarie.

    Ibm, ad esempio, fornisce la tecnologia e le competenze alla Oswaldo Cruz Foundation (Fiocruz) in Brasile, istituto di ricerca affiliato al ministero della Salute brasiliano, impegnato a mappare la diffusione di Zika utilizzando la tecnologia sviluppata da Ibm, gli indizi sui social media e i dati ufficiali sui viaggiatori.

    I ricercatori dei laboratori di ricerca di Ibm a San Jose, in California e in Brasile insegneranno agli scienziati di Fiocruz ad utilizzare Stem (Spatiotemporal Epidemiological Modeler), un software che modella e visualizza la diffusione delle malattie infettive analizzando fattori come la geografia, la meteorologia, il trascorrere del tempo, i modelli di viaggio, le strade e gli aeroporti. La piattaforma è stata utilizzata per studiare e aiutare a prevedere la diffusione di malattie infettive come l’influenza ed Ebola, ma anche quelle trasmesse dalle zanzare come la malaria e la febbre dengue.

    Si cercherà anche di comprendere le preoccupazioni dei cittadini, attraverso l’analisi dei tweet in lingua portoghese su Zika, Dengue e Chikungunya, ma anche la comparsa della zanzara Aedes aegypti, la specie principale responsabile di queste malattie. Fa parte dell’impegno contro Zika il progetto OpenZika attivo sull’Ibm World Community Grid, il supercomputer virtuale in crowdsourcing. Un’applicazione gratuita disponibile per il download fornisce automaticamente ai ricercatori la potenza di calcolo inutilizzata proveniente dai computer o dai dispositivi android dei volontari. Grazie a questa iniziativa filantropica, gli scienziati in Brasile e gli Stati Uniti hanno ora la possibilità di fare lo screening di milioni di composti chimici per individuare le sostanze candidate a sviluppare i trattamenti per combattere il virus. Non solo: Ibm Research e l’Istituto di Bioingegneria e Nanotecnologia di Singapore hanno recentemente annunciato di aver identificato una macromolecola che potrebbe aiutare a prevenire le infezioni virali come Zika.

     

     

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    Come si comunica con il paziente al centro


     

     

     

     

    Come si comunica con il “paziente al centro”

    La comunicazione digitale ha rovesciato le logiche del marketing e rafforzato la posizione del paziente, non più recettore passivo di “pubblicità” ma attivo nella continua ricerca di contenuti sul web. Da potenziale consumatore a utente che chiede risposte a un determinato problema di salute *in collaborazione con Fablab


    L’ingrediente prioritario di ogni efficace strategia di comunicazione è la conoscenza dell’universo al quale e con il quale si vuole parlare: nel nostro caso è il “paziente al centro”. Il mondo pharma presenta palesi specificità. A partire da quella, qui già ricordata, che l’obiettivo non è solo uno (il generico “consumatore”). I target sono almeno tre: paziente, medico e farmacista. Questo configura uno scenario multi-target e multi-direzionale, in quanto i tre attori, a loro volta, comunicano tra di loro.

    La triade ha peraltro una gerarchia. E il “paziente al centro” non è più uno slogan sbandierato dagli uni o dagli altri ma la realtà. Una realtà che è nata e si è sviluppata attorno al ruolo propulsore del paziente stesso. Come generatore di quell’enorme domanda di informazione che trova nei nuovi canali di comunicazione sconfinate possibilità di riscontro.

    L’irruzione dello “Zmot”, cosa significa

    All’interno di questo scenario in divenire si colloca un “nuovo” concetto di marketing: “Zmot”, acronimo di Zero moment of truth (il momento zero di verità). È un’espressione coniata sette anni fa da Google, essendone oggettivamente il principale pilastro.

    Tradizionalmente l’esperienza di acquisto del prodotto si articolava in tre fasi:

    • lo stimolo, quale la pubblicità o il passaparola;
    • lo scaffale (definito “primo momento di verità”), ossia il punto vendita dove avveniva – eventualmente – il confronto tra diversi prodotti e dove contava la consulenza dell’esercente;
    • l’esperienza del prodotto stesso (definito “secondo momento di verità”), cruciale non solo a cementare o meno la fedeltà del consumatore al prodotto e al produttore, ma anche a definirne gli effetti sul passaparola.

    Il “momento zero” è dunque quello che si è aggiunto con l’irruzione del web. È cioè la fase in cui, ricevuto lo stimolo, l’utente costruisce le sue convinzioni raccogliendo informazioni rispetto a un determinato prodotto. L’importanza di tale fase è documentata da Google stessa, che, nel lanciare l’acronimo, divulgò l’esito di un’estesa ricerca su 5.000 consumatori dove è risultato che l’88% consultava la rete e ricorreva in media ad almeno dieci fonti prima di procedere all’acquisto. Da notare che lo studio risale al 2011, un passato assai remoto data la velocità della rivoluzione digitale (inclusa la proliferazione degli smartphone che hanno permesso di far uscire il momento zero dalle mura di casa portandolo direttamente davanti allo scaffale).

    Oltre la “pubblicità”

    La fotografia scattata” da Big G dice parecchio. Quel “momento zero” è tale non solo perché definisce un ulteriore passaggio cruciale. Ma anche perché rimette l’intero marketing ai nastri di partenza, ridimensionando il ruolo dello stimolo pubblicitario, blindandolo in un percorso ben più attivo di approfondimento e verifica da parte dell’utente, prontissimo all’abbandono dei propositi di acquisto se non riceve adeguati riscontri ai propri dubbi e alle proprie domane. Correlativamente, è un meccanismo che rende tutte le fasi di tale “esperienza” di consumo ben più interrelate che in passato. Il citato “passaparola”, ad esempio, pur ritenuto da sempre importante, con l’amplificazione dei canali di comunicazione e interazione digitale, può oggi ingigantirsi. E assumere a dimensioni decisive per l’esito dell’intera campagna.

    Dal paternalismo all’empowerment

    Un impatto immediato di questo cambio di prospettiva che mette il “paziente al centro”, riguarda in special modo le aziende che devono necessariamente occuparsi di questo “momento zero”. A tale necessità si aggiunge il problema che a essere enorme non è solo la domanda di informazione ma anche l’offerta. Occorre capire come arrivare prima e meglio degli altri al paziente-consumatore muovendosi in un ecosistema complesso, diversificato quanto integrato, tra obiettivi, contenuti e piattaforme. In tutti i casi vale il concetto di fondo. Non si tratta di spingere il paziente verso un prodotto (e al suo acquisto) bensì quello di coglierne e generarne l’interesse per poi fornire risposte competenti ed esaustive al suo bisogno di approfondimento.

    Pertanto se l’azienda vuole continuare a essere un punto di riferimento credibile, deve supportare il paziente e orientarlo nella scelta. Il fenomeno denominato da alcuni semplicemente patient education o, in modo più corretto, empowerment, punta a responsabilizzare e a offrire al paziente i concetti e gli strumenti per poter comprendere l’informazione. Questo nuovo modello di comunicazione vede abbandonati i vecchi sistemi paternalistici secondo cui al paziente veniva calato tutto dall’alto, senza che gli venisse data la possibilità di essere partecipe in prima persona del processo di salute. In questa nuova ottica, al contrario, giocano un ruolo fondamentale la credibilità e l’affidabilità dei contenuti, così come dei canali e delle piattaforme. A questo punto non è difficile dedurre che la condizione necessaria per iniziare qualsiasi tipo di dialogo e scambio nell’ambito della salute è assicurarsi che medico, farmacista e produttore interagiscano in modo stretto e proficuo tra loro.

    A cura di Fablab

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    Perché la stupidità aziendale è un male necessario nelle organizzazioni complesse


    Perché la stupidità aziendale è un male necessario nelle organizzazioni complesse

    La standardizzazione dei comportamenti serve a mantenere l’uniformità di azione tipica delle multinazionali che operano sul mercato globale. La prospettiva cambia nelle imprese locali: qui l’assenza di “creatività” può mettere a rischio la vita stessa delle società. Dal numero 161 del magazine


    Spicer ed Alvesson nel loro lavoro “The stupidity paradox” hanno approfondito, tra gli altri, il concetto della cosiddetta “stupidità funzionale” definendola come l’incapacità di (anche validi) dirigenti di mettere in discussione le norme e le attese della propria organizzazione aziendale. In ciò il paradosso: manager molto intelligenti, competenti e capaci che pare subordinino le proprie capacità per assecondare le dinamiche aziendali piuttosto che indirizzarle all’innovazione e allo studio delle strategie. In questa prospettiva, la stupidità aziendale risiederebbe, proprio, nello svolgimento di attività in modo acritico e, soprattutto, meno efficiente (se non del tutto inefficiente o inutile). In effetti, il corretto inquadramento del fenomeno tratteggiato non può prescindere dalla prospettiva di analisi e di valutazione: molto dipende dalla “posizione” dell’osservatore e si scoprirà che poi tanto “stupida” non è!

    Due declinazioni del concetto

    Pertanto, il sintomo della “stupidità” deve essere letto almeno attraverso due prospettive: 1) l’azienda multinazionale e manageriale e 2) l’impresa locale ed imprenditoriale. A tale scopo, si pensi, ad esempio, a un’azienda multinazionale che operi, al contempo, su più mercati con prodotti/servizi omogenei. In questa prospettiva “globale”, il top management ha un’esigenza di controllo sull’organizzazione dovuta alla necessità di garantire l’uniformità di comportamenti, la qualità del prodotto, l’erogazione del servizio, altro, a livello globale. Si perdoni la semplificazione, ma è ovvio che lo stesso prodotto o servizio, al netto di possibili e/o necessarie declinazioni locali, dovrà avere i medesimi connotati “dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno”.

    L’uniformità dei sistemi complessi

    L’azienda è considerata e deve essere percepita come unitaria: si tratta di un indispensabile valore intangibile dell’impresa globale moderna. Potremmo mai immaginare Amazon, Coca Cola, Ikea, o qualsiasi altra realtà multinazionale che non presenti tratti comuni e chiaramente identificabili con le altre aziende appartenenti al medesimo brand? Come può, allora, il manager globale garantire tale unitarietà? La risposta è affatto semplice ma, ai nostri fini, due concetti chiave sono utili: segregazione delle funzioni, formalizzazione e standardizzazione dei processi aziendali. Attraverso la segregazione, si governano i conflitti di interesse aziendali e si mettono a comune servizio competenze e responsabilità complementari, necessarie per la definizione dei processi aziendali e loro conseguente formalizzazione e standardizzazione.

    Si alimenta, è vero, la burocrazia ma si creano i necessari presupposti della continuità aziendale in prospettiva multinazionale. Inoltre, nello scenario globale, eventuali best practice o lesson learned da “incidenti” devono essere analizzati e implementati su tutte le affiliate. Anche queste nuove attività possono essere lette, semplicisticamente, come stupidità aziendale: “che senso ha questo ulteriore controllo? Perdo solo tempo”… è la prima frase che si ascolta in azienda. La seconda è: “prima facevamo così ed era molto meglio”… il frasario è ampio e ben noto a tutti i lettori.

    Un metodo per garantire il rispetto delle regole internazionali

    Non da ultimo, la descritta necessità di controllo è strumentale a garantire il rispetto della normativa di riferimento e l’integrità dei comportamenti dei dipendenti e collaboratori dell’ente. Si pensi, ad esempio, alle politiche, e relativi controlli, in materia di compliance, di anti-corruption ed anti-bribery ed altro ancora dettati sia da normativa esterna (ad esempio: Fcpa, Uk bribery Act, D.Lgs. 231/2001, altro) che da scelte aziendali. In sintesi: nelle multinazionali comportamenti apparentemente senza senso rispondono – sovente – ad una necessità diffcilmente percepita (o conosciuta) a livello locale. Servono, ecco il paradosso, a garantire la continuità del gruppo nel modo più efficiente ed efficace possibile (non in assoluto). La lamentela, corretta, è sulla capacità dei gruppi di condividere e di spiegare a livello locale il sottostante di talune decisioni (e, quindi, le conseguenti standard operating procedures) che le fanno apparire “stupide” con il rischio di essere implementate non con convinzione ma come burocrazia, mero adempimento.

    Il danno è duplice. A livello di gruppo, si crede di aver mitigato un rischio e normalizzato dei comportamenti; a livello locale, il rischio non è percepito come tale e non è gestito nel modo migliore. Ma così si limita la genialità dei manager, soprattutto locali. Al fine di evitare queste possibili conseguenze nelle organizzazioni evolute vi sono specifici dipartimenti dedicati alla creatività che garantiscono un continuo approccio al mercato in linea con l’evolversi delle sue dinamiche (ivi incluse le sempre più comuni acquisizioni di aziende innovative). Nelle realtà locali, imprenditoriali, la prospettiva di analisi è differente e ci limiteremo solo a un accenno. Se è l’imprenditore a decidere e i manager lo assecondano in modo acritico siamo di fronte a un tanto comune quanto grave caso di “insensatezza” aziendale, la cui conseguenza estrema è la stessa sopravvivenza economica dell’impresa.

    Un fenomeno tra fisiologia e patologia

    In conclusione. La stupidità aziendale esiste. In taluni casi è fisiologica, necessaria, alla crescita ed allo sviluppo aziendale: ad un’analisi più attenta, ci si rende conto che poi tanto stupida non sia, anzi! In altri, è patologica ed è un prodromo della crisi di impresa nel lungo andare. Per comprendere con quale tipo di stupidità ci stiamo confrontando è necessario definire la giusta dimensione dell’osservazione: la prospettiva può far cambiare, anche notevolmente, il giudizio finale. Un connotato dell’intelligenza aziendale, in realtà, si rinviene nella capacità di spiegare il perché di talune scelte – apparentemente stupide – al fine di ottenere la condivisione di chi dovrà eseguirle ma anche di ascoltare le loro necessità e ricevere eventuali proposte. La saggezza aziendale, infine, è propria di chi è in grado di riconoscere un errore, ascoltando la “base”, e di porvi rimedio. Richiamandoci a Fernando Pessoa possiamo dire che nella stupidità c’è tanta intelligenza.

     

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    Prevenzione in farmacia: 5 mila casi di ipertensione scoperti in una settimana


    Prevenzione in farmacia: 5 mila casi di ipertensione scoperti in una settimana

    È il bilancio della campagna “Abbasso la pressione”, un’iniziativa Federfarma-Siia che ha coinvolto oltre 3.700 farmacia e oltre 48mila cittadini


    Circa 5.200 italiani hanno scoperto di essere ipertesi grazie a un controllo in farmacia. È il bilancio della prima edizione della campagna di prevenzione ed educazione sanitaria “Abbasso la pressione”, un’iniziativa di Federfarma e Siia (Società italiana ipertensione arteriosa). I dati sono stati resi noti oggi a Roma nel corso di una conferenza stampa.

    I dati

    La campagna si è svolta dal 17 al 23 maggio di quest’anno: in una settimana oltre 3.700 farmaci hanno monitorato gratuitamente la pressione arteriosa di 48.229 italiani. Gli utenti delle farmacie si sono sottoposti alla misurazione della pressione hanno risposto a un questionario online predisposto da Siia. Si tratta in prevalenza di donne (9.134 donne, pari al 60% del campione). Gli uomini sono stati 19.095 uomini (pari al 39,6%). Dati che rispecchiano l’utenza “tipo” delle farmacie italiane.

    Dai dati elaborati (47.217 in totale) emerge che 10.096 persone ignoravano di avere la pressione normale-alta o di essere ipertese. In particolare, delle 24.282 persone che hanno dichiarato di non essere ipertese o di non assumere alcuna terapia per abbassare la pressione, un quinto ha scoperto di avere valori pressori superiori alla norma (con ipertensione di grado 1, 2 o 3).

    La campagna ha permesso anche di valutare i risultati raggiunti da chi segue una terapia antipertensiva. È risultato “ben controllato” il 58,8% del campione, se si considerano i parametri stabiliti dalle linee guida europee del 2013. Ma prendendo come riferimento le nuove linee guida approvate lo scorso giugno, i soggetti ben controllati scendono al 38,9%.

    La prevenzione in farmacia

    Soddisfatto Marco Cossolo, presidente di Federfarma: “Ancora una volta la capillarità della rete delle farmacie italiane ha permesso di fare prevenzione raggiungendo un ragguardevole numero di persone, non solo i soggetti monitorati, ma anche le loro famiglie”. E anche Claudio Ferri, presidente Siia: “Il ruolo della farmacia sta diventando cruciale per la diffusione della prevenzione cardiometabolica sul territorio. Queste campagne rappresentano occasioni fondamentali per aumentare la consapevolezza dei cittadini sui rischi cardiovascolari correlati all’ipertensione”. La campagna ha ricevuto il contributo non condizionato di Teva e Omron e il patrocinio di Fofi, Utifar e Cittadinanzattiva.

     

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    Sanità nel Lazio: addio commissariamento dopo 11 anni


     

    La Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera all’attivazione della procedura. Il governatore Zingaretti: “Giornata storica, siamo passati da un disavanzo di due miliardi a un attivo di alcuni milioni di euro”

    sanità nel lazio

    Finisce, dopo 11 anni, l’era del commissariamento per la sanità laziale. La Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera oggi all’attivazione della procedura per l’uscita della Regione dalla gestione commissariale. Nella stessa seduta, la Conferenza ha espresso parere favorevole alla delibera della Giunta regionale sul “Piano riorganizzazione, riqualificazione e sviluppo del servizio sanitario regionale 2019-2021”.

    Sanità nel Lazio: si partiva da un “buco” di due miliardi

    “Oggi è una giornata storica per la regione Lazio. Ciò vuol dire che c’è un riformismo che cambia le cose e che ha portato il disavanzo da due miliardi di euro a un attivo di alcuni milioni di euro”, commenta il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, al termine della seduta della Conferenza Stato-Regioni. “In questi anni – aggiunge Zingaretti – sono migliorati i livelli essenziali di assistenza, cioè la qualità delle cure. Ora si apre una bella stagione di assunzioni e anche di investimenti per centinaia di milioni di euro sulle infrastrutture sanitarie. Zingaretti ha anche precisato di voler “fare squadra” con i policlinici universitari che “nel Lazio sono un grande patrimonio e hanno una centralità assoluta”.

    Ora sguardo al futuro

    L’assessore alla Sanità e l’Integrazione sociosanitaria della Regione Lazio, Alessio D’Amato, ringrazia “la struttura tecnica del Mef e del ministero della Salute” che hanno “reso possibile” questo risultato. Poi ricostruisce le tappe principali del percorso: “Il Servizio sanitario regionale – ricorda D’Amato – veniva commissariato l’11 luglio del 2008 per il più grande debito italiano e un disavanzo annuale che ammontava a circa due miliardi. Quando siamo arrivati in Regione il disavanzo era ancora di circa 700 milioni di euro con l’erogazione dei Lea inadempienti. Oggi per la prima volta si è chiuso in attivo il consuntivo e i punteggi Lea sono di 30 punti sopra la soglia di adempienza. Ora occorre andare avanti. Si proseguirà – conclude l’assessore – nell’attuazione del piano di riqualificazione che rappresenterà per i prossimi due anni l’atto di programmazione sanitaria regionale”.

     

     

     

     

     

     

     

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    Raccolta sangue in Italia: numeri stabili nel 2019


    
    

    Medicina scienza e ricerca

     
    Il 14 giugno si è celebrata la Giornata mondiale dei donatori: in Italia
    sono oltre 1,6 milioni e tornano a crescere nella fascia di età 18-25.
    Lo scorso anno sono stati raccolti 854.170 chilogrammi di plasma per
    la produzione di farmaci
     
    di Redazione Aboutpharma Online
     
    Stabile il numero di donatori di sangue in Italia, ma tornano a
    crescere quelli tra 18 e 25 anni, dopo un calo costante dal 2013. È
    quanto emerge dai dati del Centro nazionale sangue sulla raccolta 2019
    pubblicati in vista del World Blood Donor Day, la giornata mondiale
    celebrata ogni anno il 14 giugno. Per il 2020 l’Organizzazione
    mondiale della sanità (Oms) aveva scelto l’Italia per ospitare la
    manifestazione, ma l’iniziativa è stata rinviata al 2021 a causa delle
    pandemia.
     

    I numeri

     
    Nel 2019 in Italia i donatori di sangue sono stati 1.683.470,
    sostanzialmente stabili rispetto allo scorso anno. Vediamo, nel
    dettaglio, i numeri riassunti dal Cns in una nota.
     
    Sono 213.422 i donatori nella fascia più giovane (18-25 anni), 1,6% in
    più rispetto all’anno precedente. Un indicatore positivo che però
    rimane isolato, come dimostrano il calo registrato nelle fasce 26-35
    anni (-1,4%) e 36-45 anni (-3,6%) e l’aumento del numero dei donatori
    di tutte le fasce di età superiori (dai 46 ai 55 +0,5%, dai 56 ai 65
    +5,1%).
    I nuovi donatori sono poco più di 362mila, in calo del 2,3%, e le
    donne sono 538.386 (il 32% del totale).
    Circa il 92% del totale dei donatori del 2019, rilevano i dati del
    Cns, era iscritto alle associazioni.
    Aumentano i pazienti trasfusi, che nel 2019 sono stati circa 638mila
    contro i 630mila dell’anno precedente, mentre le trasfusioni sono
    state circa 3 milioni, ovvero una ogni 10 secondi.
    Resta stabile anche il numero dei donatori in aferesi, la procedura
    che permette di donare soltanto alcune parti del sangue intero come il
    plasma e le piastrine, che sono stati 202mila.
     

    La raccolta di plasma per i farmaci

     
    Già a inizio 2020 il Cns aveva pubblicato i dati sulla raccolta di
    plasma per la produzione di farmaci emoderivati. Nel 2019, ricorda il
    Centro, sono stati raccolti 858.170 chilogrammi di plasma per la
    produzione di farmaci plasmaderivati, quasi 14mila in più rispetto
    all’anno precedente,
     
    Per il sangue è stata garantita anche lo scorso anno l’autosufficienza
    totale, che per i medicinali derivati dal plasma è a livello nazionale
    mediamente del 70% circa.
     
    È proseguito anche nel 2019 il programma di donazione di medicinali
    plasmaderivati in eccedenza all’estero. Oltre 40 milioni di unità di
    farmaci sono stati prodotti e inviati dal 2013 ad oggi a paesi come
    Afghanistan, Armenia, Albania, India e in tempi più recenti anche
    Palestina ed El Salvador.
     

    La risposta alla pandemia

     
    “Viviamo in una situazione di sostanziale equilibrio – commenta il
    direttore  del Cns, Giancarlo Liumbruno – ma in alcune regioni
    periodicamente è necessario ricorrere al sistema della compensazione.
    La generosità dei donatori ci permette comunque di far fronte sia alle
    esigenze ordinarie sia a quelle straordinarie, come avvenuto
    quest’anno a causa dellapandemia di Covid-19. Ad un iniziale calo
    delle donazioni ha fatto seguito una risposta straordinaria agli
    appelli, al punto che durante la ‘fase 1’ hanno comunque donato il
    sangue 411.018 persone”.
     

    La campagna

     
    In vista del World Blood Donor Day il Cns vuole omaggiare il donatore
    per il suo contributo alla comunità. Partecipa infatti alla campagna
    dell’Oms che ha scelto come tema “Safe blood saves lives” e come
    slogan “Give blood and make the world a healthier place”, uno slogan
    che punta sulla doppia importanza della donazione di sangue. E lancia
    anche una sua iniziativa, con il motto “In ogni goccia c’è una storia.
    La nostra”. La campagna di comunicazione del Cns prevede infografiche,
    video, meme e gif animate per i social.
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    Kit sierologici, al via bando di gara per l’acquisto nelle scuole


     

     

    Kit sierologici, al via bando di gara per l’acquisto nelle scuole

    Le offerte dovranno essere presentate entro il 16 luglio prossimo. I kit dovranno essere disponibili entro il 10 agosto prossimo, in modo da essere somministrati a tutto il personale docente e non docente prima dell’avvio del nuovo anno scolastico

    ricerca su covid-19

    Il Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, ha bandito la “procedura semplificata e di massima urgenza” per l’acquisto e la distribuzione di due milioni di kit sierologici destinati al personale docente e non docente delle scuole italiane. Le offerte dovranno essere presentate entro il 16 luglio prossimo. I kit – spiega una nota – dovranno essere disponibili entro il 10 agosto prossimo, in modo da essere somministrati a tutto il personale docente e non docente prima dell’avvio del nuovo anno scolastico.

    La procedura

    I kit dovranno essere comprensivi di tutte le componenti necessarie a garantire utilizzo e risultato dell’analisi, aventi elevate caratteristiche di qualità, funzionalità e rapidità, adeguatamente validate da parte di laboratori qualificati o agenzie regolatorie a valenza nazionale o internazionale. L’invio della documentazione dovrà essere fatta tramite il portale di Invitalia e non sono ammessi ulteriori canali telematici. Come spiegato nel documento reso noto dal ministero della Salute, qualora lo ritenesse, prima dell’aggiudicazione della gara, il Commissario straordinario per l’emergenza Covid –19 potrà richiedere un campione dei test sierologici offerti dagli operatori economici in posizione utile in graduatoria, ai fini della successiva sottoposizione a un organo tecnico, in possesso di adeguate competenze in relazione all’oggetto dell’appalto, appositamente individuato dal Commissario straordinario per la verifica della conformità dei test sierologici proposti ai requisiti qualitativi minimi richiesti. L’esito negativo della verifica attestato dall’organo tecnico causa l’esclusione dalla gara dell’operatore economico sottoposto a verifica.

     

     

     

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    Vaccini Covid-19, il Parlamento invita le aziende a discutere e i Ceo non rispondono


     

     

    Vaccini Covid-19, il Parlamento invita le aziende a discutere e i Ceo non rispondono

    Secondo quanto riportato da Politico, il 25 giugno la Commissione parlamentare Envi ha invitato alcune aziende farmaceutiche per discutere sui progressi della ricerca, ma i Ceo di queste società hanno declinato l'invito

    device medici borderline

    I vertici di Astrazeneca, Sanofi, CureVac e Gsk sarebbero stati invitati il 25 giugno ad apparire davanti alla Commissione sull’ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare (Envi) e da quella dell’Industria, ricerca ed energia (Itre), per discutere su finanziamenti e progressi nella ricerca contro Covid. A quanto risulta a Politico che ha direttamente coinvolto il presidente della Commissione Envi, Pascal Canfin, le aziende hanno deciso di non presentarsi (seppur in via telematica).

    Il gran rifiuto

    Stando a quanto ha detto Canfin a Politico, Astrazeneca non ha risposto alla lettera di invito, mentre Gsk e Sanofi, che sono partner nella corsa al vaccino, hanno detto che avrebbe potuto presenziare il vice presidente di Sanofi vaccines il quale, tuttavia, non fa parte del comitato esecutivo dell’azienda. Solo CureVac, che ha ricevuto un prestito di 85 milioni di euro dalla Banca europea per gli investimenti, ha accettato di mandare il suo rappresentante.”Non è accettabile – ha rivelato Canfin a Politico – che sei disposto a ricevere supporto pubblico e poi non accetti di inviare un Ceo di fronte ai rappresentanti del popolo europeo”. Probabile a questo punto che l’incontro venga rimandato, forse, a inizio settembre.

    Rapporti non sempre idilliaci

    Vero è che l’Ue sta finanziando un gran numero di programmi per la ricerca, vero è che alleanze strategiche tra gli Stati stanno definendo accordi con le singole imprese, tuttavia il recente passato ha messo spesso in contrapposizione Big Pharma con le istituzioni europee. Un altro gran rifiuto, come riportato dal Guardian a maggio 2020, era riferibile a una richiesta della Commissione Ue di tre anni fa sull’attivazione di processi di fast-track per vaccini contro patogeni simili al coronavirus in vista di possibili pandemie. Risposta? Secondo Bloomberg e Guardian le aziende pharma hanno detto no. A scovare il nodo sono state Global health Advocates e Corporate europe observatory due Ong che studiano l’impatto delle lobby delle imprese sulle decisioni delle politiche comunitarie in Europa. Le aziende all’epoca parlarono di mancanza di opportunità e soprattutto la necessità di dare priorità ad altre patologie, soprattutto il cancro.

     

     

     

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    Plasma derivati, Kedrion e Columbia University Irving medical center insieme per la ricerca


     

     

    Plasma derivati, Kedrion e Columbia University Irving medical center insieme per la ricerca

    Secondo i termini dell'accordo, l'azienda italiana fornirà il plasma di pazienti convalescenti da Covid-19 destinato a essere utilizzato per la produzione della terapia IgG. Questo plasma da convalescente sarà testato dall'istituto americano contro le proteine virali per verificare il potere neutralizzante delle immunoglobuline iperimmuni


    L’intesaL’italiana Kedrion Biopharma ha creato una partnership con il Columbia University Irving Medical Center per un progetto di ricerca sullo sviluppo e sul test di una nuova terapia a base di IgG contro il Covid-19 messa a punto dalla stessa Kedrion e da Kamada, azienda biofarmaceutica israeliana specializzata in prodotti plasma-derivati.

    Secondo i termini dell’accordo, Kedrion fornirà alla Columbia il plasma di pazienti convalescenti da Covid-19 destinato a essere utilizzato per la produzione della terapia IgG. Questo plasma da convalescente sarà testato dall’istituto americano contro le proteine virali per verificare il potere neutralizzante delle immunoglobuline iperimmuni.

    Le tempistiche di sperimentazione

    Come ha spiegato Steven Spitalnik, Direttore Medico dei laboratori di ricerca clinica presso il Columbia University Irving medical center questa fase di valutazione del titolo neutralizzante presente nelle immunoglobuline iperimmuni dovrebbe completarsi entro l’inizio di agosto, mentre gli studi clinici sull’uomo potranno iniziare solo una volta ottenuta l’approvazione della sperimentazione da parte della Food and drug administration statunitense. “I primi campioni ci sono stati inviati la scorsa settimana – ha spiegato Spitalnik – e ci auguriamo di essere in grado di testarli nel giro di una-due settimane. Speriamo, quindi, nel corso di questo terzo trimestre, di poter valutare la terapia a base di IgG che potrebbe essere utilizzata in studi clinici su pazienti e volontari”. La speranza di Spitalnik, è che, se la terapia riceverà l’approvazione da parte della Fda, potrà essere somministrata al personale sanitario in prima linea e a rischio di ammalarsi di Covid-19 presso il Columbia University.

     

     

     

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    Vaccini e terapie anti-Covid, a che punto siamo


     

     

    Vaccini e terapie anti-Covid, a che punto siamo

    I risultati di Inovio e J&J, l'avviamento della fase III di Moderna e Pfizer, il fallimento di tocilizumab e la Russia che vorrebbe approvare il suo vaccino già a metà agosto. Un breve quadro dell'attuale situazione a livello internazionale


    Il vaccino di Johnson & JohnsonA fine luglio le novità riguardanti vaccini e terapie anti-Covid hanno visto un’accelerazione. Solo nelle ultime due settimane sono arrivati i risultati preliminari del vaccino di J&J, l’avviamento dell’ultima fase di sperimentazione del vaccino di Moderna e di Pfizer/Biontech, nuovi accordi per le forniture di farmaci nel Regno Unito e nell’Ue. Mentre i casi nel mondo continuano ad aumentare (lasciando per ora l’Italia in una situazione di stallo con poche centinaia di contagi al giorno), le industria farmaceutiche puntano al primo traguardo dell’anno: arrivare a settembre/ottobre con in mano qualcosa di più concreto dei dati preliminari dei vaccini e iniziare la distribuzione il prima possibile.

    Condotto dai ricercatori del Beth Israel Deaconess medical center insieme a Janssen Pharmaceutical, i risultati preclinici pubblicati su Nature hanno dimostrato una forte risposta immunitaria. In virtù di ciò è stato avviato il trial clinico di fase 1/2 in Belgio e Stati Uniti.

    Sui macachi funziona

    Anche Inovio ha fornito dati positivi dopo le sperimentazioni sui macachi. Giovedi 29 luglio l’azienda ha rivelato che la protezione sugli animali dopo 13 settimane dall’inoculazione ha fornito esiti interessanti abbassando drasticamente la carica virale. Sempre dai macachi arrivano buone notizie anche per Moderna, la biotech americana che per prima ha avviato gli studi sul vaccino anti-Covid. Il lavoro sulle scimmie, in collaborazione all’Istituto nazionale per le malattie infettive (Niaid) diretto da Anthony Fauci e pubblicato sul New England Journal of medicine, ha dato il via libera al trial di fase III su 30 mila volontari sani in 89 siti americani. Alla fase finale del vaccino è entrato anche il programma di Pfizer/Biontech.

    La Cina e la Russia

    Ma se vale la regola “chi primo arriva meglio alloggia” (sul mercato), allora Mosca potrebbe addirittura stare meglio di tutti. L’ipotesi, stando anche a quanto rivelato dai media russi, è che il Cremlino voglia dotarsi di un proprio vaccino (prodotto dal Gamaleya Institute) già a metà agosto, anticipando di qualche mese tutti gli altri competitori. E ci sono già dei possibili acquirenti come India, Brasile e Arabia Saudita. Infatti, come noto da qualche settimana, la Russia ha avviato una serie di test su alcuni volontari militari per testare l’efficacia del prodotto. Un po’ come accaduto in Cina. Anche là le sperimentazioni del vaccino della CanSino sono condotte (anche) su un gruppo di volontari dell’esercito, tuttavia i risultati non sono particolarmente confortanti. Sembra infatti che il vaccino non abbia convinto in quanto a risultati, senza considerare che ulteriori sperimentazioni fuori dal territorio nazionale potrebbero venire compromesse dalle arcinote tensioni con gli Stati Uniti. Intanto anche l’Australia sta lavorando alla profilassi: la sperimentazione di fase 1 su 40 volontari sani dell’Università Flinders di Adelaide avrebbe dimostrato l’assenza di effetti collaterali significativi.

    Altre terapie

    Sul fronte terapie preventive va segnalato soprattuto il fallimento di tocilizumab di Roche. Il farmaco non avrebbe effetti sul virus, come conferma l’azienda stessa, in quanto non sarebbero evidenti miglioramenti sulla condizione clinica dei pazienti. Già a giugno qualcuno aveva storto il naso sull’inefficacia di tocilizumab dopo che uno studio italiano ne aveva escluso i benefici. C’è poi remdesivir, l’antivirale contro Ebola di Gilead. L’azienda californiana ha chiuso da poco un accordo per una fornitura ad agosto con l’Ue (che coprirà circa 30 mila pazienti gravi). Infine, come rivela Reuters, nell’agone farmaceutico si inserisce anche Celltrion. La società coreana ha ottenuto il via libera dall’autorità regolatoria britannica per l’avviamento dei trial per un anticorpo anti-Covid.

     

     

     

     

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